SORGENTE

Enciclopedia Italiana (1936)

SORGENTE (fr. source; sp. fuente; ted. Quelle; ingl. spring)

Michele Taricco

Si dice sorgente o polla una vena d'acqua sotterranea nel punto in cui essa viene a giorno per defluire, a seconda della portata, in rigagnoli, fossi e anche in corsi d'acqua di maggiore importanza. Le sorgenti si possono dividere, sebbene senza limiti precisi, in ordinarie, minerali e termominerali.

Sorgenti ordinarie. - Le sorgenti ordinarie sono quelle che dànno un residuo fisso, dovuto a sostanze saline, tra 0,2 e 0,5 per mille e hanno una temperatura media prossima alla temperatura annuale del luogo; quando rispondono a determinati requisiti igienici sono largamente impiegate per l'alimentazione umana e convogliate ai centri abitati mediante acquedotti (v. acquedotto).

Per rendersi conto del fenomeno idrologico delle sorgenti occorre tener presenti (v. sotterranee, acque) le modalità secondo cui, partendo dalle precipitazioni atmosferiche, si costituisce e si sviluppa la circolazione sotterranea delle acque in dipendenza del grado di permeabilità e della disposizione degli elementi litologici che concorrono a formare il bacino di alimentazione delle falde acquifere freatiche, carsiche e artesiane. Sono specialmente le falde freatiche e le carsiche quelle che dànno origine a sorgenti; le falde artesiane, finché rimangono tali e cioè con livello piezometrico più alto del livello liquido, possono dare sorgenti artificiali mediante perforazioni.

Le sorgenti ordinarie si manifestano nei punti in cui i livelli di falde acquifere sono tagliati dalla superficie del suolo, ad es. sui pendii e ai piedi di rilievi collinari o montuosi, nei fondo valle, ecc.

Delle sorgenti ordinarie sono state proposte varie classificazioni rispondenti a scopi diversi: qui il loro esame sarà fatto raggruppandole nei tre tipi più comuni: sorgenti di contatto, di sfioramento e di fessura.

Le sorgenti di contatto sono quelle che sgorgano al limite tra una roccia impermeabile e quella permeabile che la ricopre; si possono considerare tali le sorgenti di vetta, in cui il contatto avviene tra la parte fratturata p e la parte compatta i della stessa roccia (fig. 1 a); quelle di detrito, sgorganti ai piedi di falde detritiche p poggianti su fondo impermeabile o meno permeabile del detrito stesso i (fig. 1 b); quelle di strato (di emergenza e di deflusso), in cui lo strato impermeabile i su cui scorre la falda idrica, viene raggiunto, in seguito a erosione, dalla superficie esterna. Lo strato impermeabile può essere orizzontale (fig.1, c), o piegato a sinclinale verso il centro della valle d'erosione (fig.1, d) e dare sorgenti S sui due fianchi, o inclinato in un solo senso e dare sorgenti sul fianco ove affiora a quota più alta (fig.1, e); non si avranno sorgenti di strato quando questo s'immerge ad anticlinale (fig.1, f). Un caso particolare di sorgenti di contatto in cui queste sono così vicine da dare una linea continua è quello dato dalla zona dei fontanili o delle resorgive; tali fontanili affiorano tra l'alta e la bassa pianura padana alla sinistra del Po. Si estendono dal Piemonte al Veneto e hanno importanza agricola perché usati nell'irrigazione di prati o marcite permettono di avere foraggi freschi anche nell'inverno.

Se una massa rocciosa permeabile si trova con la base immersa in una conca di roccia impermeabile (fig. 2, a) o è comunque circondata ai piedi o ricoperta da roccia impermeabile (fig. 2, b), l'acqua che vi penetra dall'esterno si accumula saturando tale massa fino al livello del punto più depresso dell'orlo impermeabile e poi, con nuovi afflussi, si riversa su di esso come sopra lo sfioratore di una diga, donde il nome di sorgente di sfioramento. Siccome poi la superficie di livello assunto dall'acqua nell'interno della massa non è piana, ma convessa verso l'alto in dipendenza delle quantità degli afflussi e delle resistenze che l'acqua deve vincere per mantenersi in moto, così è possibile che si abbiano sorgenti anche in punti dell'orlo meno bassi (S1, nella fig. 2, a); col diminuire degli afflussi nei periodi meno piovosi, ia curva si abbassa e la sorgente S1 può scomparire, mentre la più bassa S è perenne. Per le sorgenti di sfioramento sono soprattutto da considerare i bacini costituiti da rocce permeabili in grande ed essenzialmente da quelle calcaree e dolomitiche che si presentano in natura in grandi masse, fino a costituire interi rilievi montuosi; tali rocce, stratificate o no, sono generalmente fratturate, con una fitta rete di canaletti secondo le fratture e i giunti di stratificazione, più o meno allargati per soluzione o per erosione fino a dare grotte e canali percorsi da veri fiumi. In ragione della grande estensione che possono avere in superficie e del grande potere assorbente, tali formazioni dànno origine alle sorgenti più copiose, le quali però, a causa delle relative rapidità con cui l'acqua può circolare per l'ampiezza dei meati, sono anche le più variabili di portata e le più vulnerabili nella purezza e nella limpidezza.

Sono dette sorgenti di fessura quelle che escono da una fessura o da un canaletto in roccia resistente. Le più frequenti sono nei calcari, in cui i canali poco sopra accennati possono venire a giorno al disopra dell'orlo impermeabile; che se invece vengono a giorno sull'orlo stesso, la distinzione tra sorgenti di fessura e sorgenti di sfioramento non è sempre possibile con l'esame delle sole modalità esterne.

Si possono dire di frattura certe sorgenti dovute a dicchi di pegmatiti, di quarzo, ecc. che attraversano rocce magmatiche più o meno alterate o fratturate, i quali essendo a pareti piane ed estese, sottili e costituiti da rocce per lo più fragili, sono spesso minutamente fratturati ed esercitano sulla massa che li contiene un'azione di drenaggio; non sono infrequenti nelle zone granitiche.

Le sorgenti di contatto sono tra le più comuni in tutta Italia: sui fianchi di valli che incidono le argille plioceniche o le marne terziarie impermeabili, dove queste vengono a contatto con coperture permeabili di alluvioni, di tavolati di travertino, di rocce basaltiche fratturate, di sabbie plioceniche; alla base di formazioni conglomeratiche, molassiche poggianti su marne terziarie; al contatto di calcari, di dolomie con scisti, come quelli a fucoidi, quelli raibliani, ecc. del Mesozoico. In Italia le sorgenti di sfioramento sono specialmente frequenti nel Mesozoico, in cui appunto sono più abbondanti le formazioni calcaree e dolomitiche: basterà citare le sorgenti di Caposele di oltre 4 mc. al secondo, utilizzate per il più grande acquedotto esistente, il Pugliese; le sorgenti dell'Acqua Marcia per Roma, del Serino per Napoli, di Scillato per Palermo, del Clitunno, ecc., tutte da rocce calcaree del Mesozoico; di sorgenti di calcari del Paleozoico si hanno esempî nell'Iglesiente in Sardegna; tali quelle di Domusnovas e di Gutturu Pala, di qualche centinaio di litri al secondo; la maggiore è quella del Cologone nel Nuorese, che viene però da calcari mesozoici e alimenta il corso perenne del Cedrino. Come esempio di sorgente di fessura si cita quella del Vitello d'oro, che esce da un condotto naturale in conglomerati calcari terziarî e si precipita da circa 10 m. di altezza nell'alto corso del Tavo.

La portata delle sorgenti, cioè il loro quantitativo d'acqua (per lo più in litri) per unità di tempo (per lo più il minuto secondo), varia nell'anno con le precipitazioni e la loro distribuzione, ma le variazioni avvengono con un ritardo tanto più sensibile quanto più lungo e più lento è il percorso sotterraneo, in dipendenza dell'ampiezza del bacino di alimentazione e delle proprietà del sottosuolo; e così mentre nelle rocce permeabili in grande con bacini ristretti il ritardo può essere anche solo di poche ore, nelle rocce omogeneamente permeabili può giungere a parecchi mesi. Anche le ampiezze delle variazioni variano nello stesso senso: nel primo caso ora citato le portate di piena possono giungere anche a una decina di volte quelle normali, mentre nel secondo non superano le due o tre volte.

Il percorso sotterraneo medio dipende dall'ampiezza del bacino imbrifero geologico; è da osservare, a proposito di bacino, che mentre quello imbrifero che alimenta le acque di superficie, ad es. le fluviali, dipende dalla conformazione morfologica e può essere delimitato con criterî puramente topografici. sulle carte a curve di livello, i bacini imbriferi delle sorgenti possono essere delimitati, assai meno facilmente, solo in base alla tettonica, e possono risultare anche notevolmente diversi da quelli topografici l'acqua che cade è divisa dalla linea di displuvio in due parti che scorrono in due bacini imbriferi topografici diversi; invece quella che penetra può andare in parte in un bacino diverso da quello in cui cade. Il fenomeno è talora reso manifesto mediante la misura delle portate nell'anno, quando queste sono maggiori delle portate dovute ai quantitativi assorbiti e perfino ai quantitativi totali di acqua caduta.

Anche la temperatura delle sorgenti è alquanto variabile, e sulle sue variazioni si fanno sentire in buona parte le stesse influenze che agiscono sulle variazioni delle portate.

Rispetto al tempo le sorgenti possono essere perenni, cioè ad eflusso continuo, o stagionali, e cioè ad efflusso limitato a una parte dell'anno: un curioso tipo è quello delle sorgenti intermittenti, che dànno acqua a brevi intervalli di tempo; l'intervallo in cui l'acqua non esce è quello che occorre per riempire un serbatoio interno che poi per una frattura o condotta a sifone è scaricato all'esterno (fig. 3).

Bibl.: Vedi sotterranee, acque.

Sorgenti minerali e termominerali.

Acque minerali. - Le acque d'infiltrazione nell'attraversare lentamente le rocce costituenti il loro bacino imbrifero sciolgono dei sali, in esse contenuti, in quantità variabilissime a seconda della durata del percorso, della solubilità dei sali, del potere solvente che all'acqua stessa conferiscono anche i gas che essa ha sciolto attraversando l'atmosfera e specialmente l'anidride carbonica e l'ossigeno nonché gli stessi sali di cui essa man mano si arricchisce; perciò tutte le acque sotterranee sono più o meno mineralizzate. Lo sono naturalmente meno quelle a percorso sotterraneo più breve, quelle che circolano in rocce poco solubili, come in generale le magmatiche e le scistose cristalline; più mineralizzate sono quelle che attraversano formazioni saline, gessose, calcaree, dolomitiche, in ordine decrescente.

Una nozione comune sulla qualità dell'acqua, dipendente appunto dal contenuto in sali, è quella della durezza, che si rivela nell'uso domestico con la maggiore o minore facilità con cui l'acqua cuoce i legumi e scioglie il sapone o, nell'industria, depone incrostazioni nelle caldaie e nelle condutture. Sulla durezza e sua determinazione, v. acqua, I, p. 344.

La presenza di certi sali entro determinati limiti è utile nelle acque potabili; oltrepassati tali limiti, alquanto variabili secondo gl'igienisti dei varî paesi e secondo la natura dei sali o gas, l'acqua non può più essere usata come bevanda ordinaria, perché ingrata al gusto o all'olfatto e causa di disturbi nell'organismo sano.

Nella classificazione delle acque in base al contenuto in sali si può seguire la classificazione proposta da D. Marotta e Sica in Le acque minerali d'Italia (Roma 1933); il residuo fisso è determinato dopo averlo portato a 1800.

I. - Acque oligo-minerali, aventi un residuo fisso non superiore a gr. 0,2‰.

II. - Acque medio-minerali (residuo a 180° superiore a o,2 e inferiore a 10‰).

Nella classe I e in parte della II sono comprese le acque potabili, in cui il residuo fisso non dovrebbe superare il mezzo per mille. La classe III ha invece grande importanza per la cura delle infermità dell'uomo e talora anche per l'industria. L'analisi chimica che serve di base alla classificazione dà i componenti espressi in ioni, forma sotto la quale secondo le vedute moderne si trovano dissociate le molecole delle soluzioni saline assai diluite come quelle delle sorgenti minerali.

D'altra parte l'analista determina effettivamente i componenti salini in ioni, cosicché il loro raggruppamento in sali è, specialmente quando gli ioni sono di molte specie, alquanto arbitrario. I componenti più frequenti delle acque minerali sono i seguenti:

Cationi: sodio, potassio, litio, calcio, magnesio, stronzio, ferroso, alluminio; anioni: cloro, iodio, bromo, solforico, idrocarbonico, arsenioso; ad essi si aggiungono: silice, anidride carbonica libera, idrogeno solforato, acido borico, ecc.

Le denominazioni usate nella classificazione sopra esposta sono sufficientemente chiare per indicare le caratteristiche chimiche di ogni suddivisione. I componenti più abbondanti o più efficaci, espressi per facilità di esposizione e secondo l'uso finora seguito, sono: per le salse A: il cloruro di sodio, il solfato di sodio e di calcio e ioduri; tali acque sono al gusto più o meno salate; per le solfuree B: l'idrogeno solforato libero o come solfuro di sodio, di potassio, ecc., bicarbonato, cloruro e solfato di calcio; odore più o meno marcato di uova fradice; per le arsenicali-ferruginose C: il bicarbonato e carbonato di ferro, l'arsenito di sodio, ecc.; la presenza del ferro dà un sapore astringente; per le bicarbonate D: i bicarbonati di sodio, di calcio, di magnesio, il solfato di sodio; per lo più le acque sono acidule, gassose; per le solfate E: i solfati di sodio, di magnesio e di calcio, spesso con cloruro di sodio; tali acque sono più o meno amare e salate.

La classificazione essendo basata sull'analisi chimica, permette di ordinarvi, con una certa elasticità, quasi tutte le sorgenti minerali; va notato però che le percentuali e il numero dei componenti, come gli effetti terapeutici, sono assai variabili; taluni dei componenti meno abbondanti sono invece tra i più attivi nella terapia, come lo iodio, il litio, l'arsenico e le sostanze radioattive.

Assai spesso le acque minerali vengono a giorno con temperature superiori a quelle delle sorgenti ordinarie, cioè a temperature più elevate della media annuale della regione; si dicono allora acque o sorgenti termominerali. Prendendo per base la temperatura le sorgenti si dividono in:

Fredde, con temperatura non superiore a 20°.

Ipotermali, con temperature comprese tra 20° e 30° (secondo altri autori tra 20° e 34°). Termali, da 30° a 40° (omeoterme tra 34° e 38°, cioè fra le temperature dell'epidermide e del corpo umano sano).

Ipertermali, con temperature superiori a 40° (o a 38°).

La temperatura ha una grande influenza sul processo di mineralizzazione delle acque sotterranee, essendo uno dei fattori più importanti del loro potere solvente. La classificazione delle acque termominerali dal punto di vista chimico-terapeutico è quella già esposta, di Marotta e Sica.

Sull'origine delle sorgenti termo minerali si hanno tre teorie che si possono indicare come esogena, endogena e mista.

Teoria esogena. - Secondo questa teoria le sorgenti termominerali non sarebbero che un caso speciale delle sorgenti comuni, in cui l'acqua delle precipitazioni esterne s'infiltra lentamente nel suolo raggiungendo grandi profondità, aumentando gradatamente di temperatura e sciogliendo sali dalle rocce attraversate, per poi risalire rapidamente alla superficie per vie pressoché aperte, di piccolo attrito, rappresentate da speciali accidenti tettonici quali fratture faglie, superficie di discordanza. La salienza sarebbe data da pressione artesiana (altitudine della zona di assorbimento maggiore di quella di scaturigine), dalla diminuzione del peso specifico per effetto della temperatura e specialmente della miscela con gas e vapori e dalla tensione di questi. Per comprendere il fenomeno del riscaldamento giova ricordare alcune nozioni sperimentali di fisica terrestre. Se si esaminano le temperature che s'incontrano nella crosta terrestre accessibile all'uomo, man mano che si scende, si osserva che le oscillazioni giornaliere e stagionali della temperatura esterna si attenuano rapidamente fino a scomparire ad una profondità vāriabile tra 6 e 30 m. circa a seconda dell'ampiezza di tali oscillazioni e delle proprietà conduttrici del suolo; a tale profondità si ha cioè uno strato a temperatura costante, la quale è all'incirca la temperatura media annuale del luogo. A partire da questo strato la temperatura va aumentando regolarmente verso l'interno, con un aumento di un centigrado ogni 35 m., media di molti valori dedotti da pozzi, gallerie, trivellazioni in varie parti del globo. Se questo aumento continuasse nella stessa misura anche nelle profondità maggiori, non raggiunte dall'uomo (la trivellazione più profonda era nel maggio 1934 di m. 3357, in California), si avrebbe la temperatura di 100° a meno di 3500 m.; a 44 km. la temperatura sarebbe di 1258°, superiore a quella di fusione di molte rocce magnetiche (graniti, basalti, ecc.) tra 17 e 20 km. si avrebbero temperature tra 500° e 600°; questi dati saranno richiamati in seguito, a proposito della teoria endogena di A. Gautier.

Al numero di metri di cui è necessario scendere per avere l'aumento di un grado si dà il nome di grado geotermico, e quello di gradiente geotermico all'aumento di temperatura per metro. Il grado geotermico si allontana in casi speciali anche notevolmente da 35; nelle regioni carbonifere, in prossimità di giacimenti di pirite, ecc. dove avvengono lente ossidazioni può scendere a metà; nelle regioni vulcaniche attive o da poco spente può scendere a pochi metri; raggiunge invece un valore quasi quadruplo (125) nell'Africa del Sud, alla miniera aurifera di Village-Deep nel Witwatersrand, in cui si ha la coltivazione più profonda del mondo (metri 2368), per l'elevatezza del grado geotermico si ha al fondo una temperatura di soli 36°,7 che viene abbassata artificialmente nei cantieri a 29°,4.

Spiegato il riscaldamento dell'acqua con l'esistenza di strati a temperatura crescente con cui essa viene a contatto, il ciclo di una sorgente termominerale può essere schematicamente rappresentato, secondo L. De Launay, con la fig. 4, in cui PP è il profilo del terreno, la parte soprastante a QQ rappresenta la zona di alimentazione, QQ il livello di saturazione. QQB la zona di penetrazione o circolazione lenta delle acque, BS la via di ascesa da una frattura che verso la superficie può anche presentare diramazioni secondarie con altrettante sorgenti, costituenti un gruppo, aventi costituzione e temperature alquanto diverse a seconda della miscela con le acque superficiali. Se la quota di QQ è superiore a quella di S, l'acqua da B può risalire anche per sola pressione idrostatica o artesiana, come accade nel maggior numero dei casi. L'artesianità si riconosce mediante la misura di portate a livelli alquanto diversi, ad es. di 20-30 cm.; quando essa esiste, le differenze di portata sono, con grande approssimazione, proporzionali alla differenza dei livelli di erogazione corrispondenti.

La connessione delle sorgenti termali con linee di frattura, di trasgressione, ecc. è dimostrata dall'osservazione nella maggior parte dei casi ed è quindi ammessa dai sostenitori delle varie teorie genetiche; inversamente dall'esistenza di sorgenti termali lungo determinate linee si ha una fondata presunzione che le linee stesse corrispondano a fratture, dislocazioni, filoni, ecc., la quale può essere convalidata con accurati esami e rilevamenti geologici.

Uno dei più chiari e grandiosi esempî della stretta relazione tra sorgenti termali e accidenti geologici venne dato da B. Scotti per la Toscana; esso è riportato da M. Canavari nel suo pregevole Trattato, da cui lo riportiamo, nella fig. 5. In questa, i numeri 1-27 corrispondono alle sorgenti termali o bagni di cui nell'elenco riportato nella stessa pagina è data la temperatura in centigradi.

Tutte queste sorgenti e altre di minor importanza si manifestano al contatto tra rocce antiche, prevalentemente mesozoiche che qua e là compaiono in Toscana, quali membri isolati della cosiddetta Catena Metallifera e rocce del Terziario superiore e del Quaternario, forse in conseguenza del supposto sprofondamento post-terziario della Catena Metallifera stessa in relazione anche con i concomitanti fenomeni vulcanici che lo accompagnarono (trachiti del Monte Amiata, di Orciatico, di Montecatini in Val di Cecina, ecc.) e con altri fenomeni contemporanei di metallogenesi (miniere di mercurio e di antimonio) e con i ben noti soffioni boriferi.

Alcune di esse sorgenti minerali sono in evidente connessione con faglie, come, p. es., quelle dei Bagni di Lucca, di Montecatini in Val di Nievole, ecc. (Canavari).

Tornando alla questione dell'origine, quella ammessa dalla teoria esogena spiega logicamente: a) la presenza di acque termali discendenti incontrate a grandi profondità nei trafori che hanno attraversato le Alpi; b) la ripercussione, sia pure affievolita e ritardata, delle precipitazioni esterne sulle portate delle sorgenti, avvertita spesso quando si sono eseguite misure accurate e prolungate di entrambe; c) la relazione che spesso si nota tra la composizione delle rocce attraversate e quella delle acque, ad es. tra rocce saline e gessose del Mio-pliocene (zona gesso-solfifera) e del Trias con le sorgenti saline, solfatiche e solfuree che in esse si presentano.

La teoria però non sembra rendere soddisfacente conto delle enormi quantità di sali e di gas disciolti e poortati a giorno in molti casi, né della possibilità che le sole forze della pressione e della capillarità possano far giungere l'acqua a profondità in cu̇i la contropressione dei vapori e dei gas dovrebbero impedire ogni penetrazione; non spiega infine la connessione non rara delle sorgenti termali con giacimenti metalliferi filoniani, in cui la provenienza dei minerali è generalmente ritenuta endogena e dovuta a processi intimamente collegati con la presenza di magmi e specialmente con lo sviluppo da essi di gas e vapori. Sono, ad es. acque filoniane quelle termali incontrate a Boccheggiano negli scisti permici, le termali di Guardia Piemontese (Cosenza) in scisti e calcari paleozoici, le termali di Sardara (Cagliari) in scisti silurici, quelle di Plombières nei graniti e molte altre. Anche la speciale frequenza delle acque termali nelle zone vulcaniche attive o spente e la stretta parentela tra i gas delle sorgenti e quelli che si svolgono dalle fumarole, dalle solfatare, ecc. mal si spiegano con una provenienza superficiale.

Teoria endogena. - Già Élie de Beaumont aveva accennato alla possibilità che le sorgenti term0minerali si potessero considerare come vulcani ridotti ad emettere gas e vapori che per lo più arrivano alla superficie condensati. Il Suess pure ritenne che la maggior parte delle sorgenti termali si dovesse, come i vapori dei vulcani, a provenienza dall'interno della terra e diede perciò a tali acque la qualifica di giovanili. Anche A. Gautier attribuisce l'origine delle acque termali a magmi interni o anche ad una specie di distillazione di masse rocciose che per ragioni tettoniche sono scese a profondità con temperature tali da dare sviluppo di vapori e di gas; egli infatti ha dimostrato con esperimenti che da polvere di numerose rocce magmatiche e cristalline già portate prima a 2000 si sviluppano al calor rosso (sui 5000) notevoli quantità di vapor d'acqua e di gas, specialmente di CO2 e di H, cosicché ha potuto calcolare che da un chilometro cubo di granito che scenda alla profondità delle masse semifuse si sviluppano da 25 a 26 milioni di mc. d'acqua, quantità che basterebbe ad alimentare per un secolo una sorgente termale di 7-8 litri al secondo.

La teoria endogena trova la sua base migliore nella stretta relazione che si nota in tutto il mondo tra vulcanismo attivo o in estinzione e un gran numero di sorgenti termali: così nel Giappone, nella Nuova Zelanda, nel Parco Nazionale degli Stati Uniti (Yellowstone Park) e più vicino a noi nell'Islanda, nell'Alvernia, in Boemia, in Italia (Euganei, Lazio, Campi Flegrei, ecc.).

Lo studio dei vapori e dei gas che si sprigionano, a varie temperature, dalle fumarole e dalle solfatare mostra la grande analogia, per non dire identità, della loro costituzione con quella dei gas delle acque termali, così l'esame al Yellowstone Park ha mostrato il passaggio pressoché graduale delle prime alle seconde; i gas più frequenti e abbondanti sono per tutte, solfatare e sorgenti, l'acido solfidrico, il carbonico, i cloruri alcalini e il vapor d'acqua, gli ultimi due condensati nelle sorgenti.

Teoria dell'origine mista. - Essa prende posto tra le due precedenti, attribuendo l'acqua e parte dei sali ad origine esogena, i gas, la maggior parte dei sali, il riscaldamento e la salienza ad origine endogena; questa teoria sembra la meglio adatta a spiegare il maggior numero dei fenomeni idrotermali. Gli stessi geyser del Parco Nazionale americano, che sembravano di origine endogena incontestabile, secondo studî recentissimi di E. T. Allen e A. L. Day hanno un'origine mista: la loro potenzialità e la natura stessa dei depositi sono strettamente legate con la ricchezza d'acqua della zona in cui ciascuno si manifesta, ricchezza dipendente dalla conformazione e costituzione della zona stessa.

Praticamente è assai difficile escludere la partecipazione delle acque di origine esterna all'alimentazione delle sorgenti termali, dato che queste devono attraversare terreni più o meno imbevuti di acque esterne, rispetto alle quali la vena in ascesa esercita una vera aspirazione.

Come conclusione si può dire che lo studio dell'origine di un'acqua termominerale è dei più complessi e richiede la collaborazione di numerose discipline (geologiche, mineralogiche, idrauliche, chimiche, fisiche) per giungere a risultati soddisfacenti. Mentre sono già numerosi, anche se non sempre completi, gli studî su singole sorgenti, sono ancora scarsi gli studî d'interi gruppi regionali, che permettano deduzioni di valore generale. Da quanto finora si conosce non sembra giustificata l'attribuzione di tutte le sorgenti minerali a una sola causa, endogena o esogena; spesso sembra probabile l'intervento di entrambe.

Depositi delle acque termominerali. - In dipendenza della ricchezza in sali le acque termominerali o anche solo minerali possono dare origine a depositi di rocce e minerali nella zona circostante alla scaturigine. Concorrono a tali deposizioni varie cause, come l'evaporazione, particolarmente dell'anidride dai bicarbonati, favorito dall'aerazione, dalla ventilazione e dall'assorbimento da parte di organismi vegetali; nel caso di sorgenti solfuree concorrono alla deposizione dello zolfo l'azione di batterî e quella ossidante dell'aria.

Il deposito più frequente e abbondante è quello del carbonato di calcio, proveniente dal bicarbonato che è più solubile; si formano così calcari a grossi cristalli (filoni di alabastro, stalattiti e stalagmiti), travertini, calcari spugnosi, terrosi, ecc.; dalle acque calde si hanno rocce aragonitiche, pisolitiche, ecc. I depositi di travertino sono frequenti; la località che ha dato il nome (lapis tiburtinus) si trova nella pianura di Bagni, sotto Tivoli, ove le Acque Albule ne depositano tuttora. In modo analogo si hanno deposizioni di limonite e ocre da acque contenenti bicarbonato di ferro; qui ha luogo anche l'ossidazione del sale ferroso in ferrico.

Grandiosi e noti in tutto il mondo sono i depositi di silice e di travertino, mescolati o in strati alternanti o distinti, cui dànno luogo i geyser dell'America. A depositi idrotermali è pure attribuito il riempimento di filoni metalliferi (solfuri di piombo, di zinco, di rame ecc. con ganghe di quarzo, calcite, barite, fluorite, ecc.).

Importanza delle sorgenti termominerali e minerali. - L'importanza maggiore di queste acque è dovuta alle proprietà curative per una estesa gamma delle infermità che affliggono l'uomo. Lo studio di tali proprietà ha assunto ormai l'importanza di una branca speciale della medicina detta crenoterapia (v.). Le virtù curative sono dovute a un complesso non peranco chiarito in tutte le sue particolarità; vi concorrono la temperatura, i componenti chimici disciolti o gassosi, lo stato particolare di ionizzazione e quello colloidale di taluno dei componenti, il contenuto in sostanze radioattive, le modalità d'impiego (bevanda, bagno, fangatura, ecc.; v. anche stazioni iorominerali). L'Italia è uno dei paesi più ricchi per numero e varietà di sorgenti adatte a tutte le cure. Esse sono disseminate su tutto il territorio, dalle Alpi alla Sicilia e alla Sardegna; più frequenti sono in Toscana e nelle zone vulcaniche già accennate. Un prezioso contributo alla conoscenza delle acque minerali e termominerali d'Italia sta portando una pubblicazione iniziata dal comitato per la chimica del Consiglio nazionale delle ricerche in unione alla Direzione generale della Sanità pubblica; di tale pubblicazione è apparso il primo quaderno (Lazio); di ogni sorgente vengono date notizie generali, geologiche, dati analitici chimici, fisici, biologici, curativi e bibliografici. Sui luoghi di cura si hanno interessanti pubblicazioni della Direzione generale della Sanità, dell'Ente Nazionale Industrie Turistiche (E. N. I. T.) e di privati cultori.

La grande importanza terapeutica delle sorgenti minerali e termominerali ha naturalmente un riflesso anche nel campo economico e sociale; poiché le cure, per essere efficaci, devono essere fatte sul posto, attorno alle sorgenti più rinomate si sono sviluppati e si sviluppano grandiosi stabilimenti, alberghi, pensioni, ville, ecc. con popolazione permanente e specialmente fluttuante assai numerosa (v. stazioni idrominerali).

D'importanza industriale crescente è pure, per molte acque minerali, l'imbottigliamento per il consumo a distanza come bevanda allo scopo di cura, ma specialmente in sostituzione dell'acqua comune nelle regioni dove essa è scadente; milioni di bottiglie sono distribuite e consumate annualmente in tutta Italia ed anche esportate all'estero e nelle colonie.

In qualche caso vengono estratti sali per usi medicinali; per usi industriali si estrae il sale e dai soffioni l'acido borico; anche l'anidride carbonica si va sempre più utilizzando, comprimendola allo stato liquido o riducendola anche solida (ghiaccio secco).

Quando la portata e la temperatura sono elevate si sfrutta il calore per riscaldamento di locali (Acqui); l'esempio più grandioso del mondo in questo campo è fornito dai soffioni di Larderello, Castelnuovo, Monte Rotondo, ecc., situati nel bacino del Cornia; l'energia termica dei grandiosi soffioni, che ora si creano con trivellazioni anche di 500-600 m., è utilizzata non solo per l'evaporazione delle acque boriche, ma anche per produrre energia elettrica di parecchie migliaia di kW. Con apparecchi (separatori, evaporatori, ecc.) e trattamenti chimici (aggiunta di soda, calce, acido solforico, ecc.) si producono acido borico, borace, carbonato d'ammonio, anidride carbonica liquida e solida e da poco e per la prima volta in Italia, l'elio.

Dato il grande numero di sorgenti termominerali esistenti in Italia le possibilità di altre utilizzazioni sono numerose e taluna anche semplice; ad es. è preconizzato l'impiego per il riscaldamento di serre per la floricoltura e la frutticoltura forzata.

Bibl.: E. T. Allen, Neglected factors in the development of thermal Springs, in Proc. Nation. Acc. of Science, XX (1934), p. 345; M. Canavari, Manuale di geologia tecnica, Pisa 1928; L. De Launay, Recherche, captage et aménagement des sources thermo-minérales, Parigi 1899; id., Cours de géologie appliquées, ivi 1933; A. Gutier, La genèse des eaux thermales, Congresso intern. d'Idrologia, Venezia 1906; E. Haug, Traité de géologie, Parigi 1907; E. Kayser, Lehrbuch der allgemeinen Geologie, Stoccarda 1912; Comitato per la chimica del Consiglio naz. delle ricerche e Direzione generale della Sanità pubblica, Le acque minerali d'Italia, quaderno primo (Lazio), Roma 1933; Ente Nazionale Industrie Turistiche (E. N. I. T.), Viaggi d'istruzione per medici alle stazioni termali d'Italia, ivi 1922, 1923, 1924 e 1925.

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