SOLARI, Antonio, detto lo Zingaro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 93 (2018)

SOLARI (Solario), Antonio, detto lo Zingaro

Roberto Cara

SOLARI (Solario), Antonio, detto lo Zingaro. – Non sono noti gli estremi della vita di Antonio, forse nato intorno al 1465 (Pagnotta, 2011, p. 65). Il nome del padre, Giovan Pietro (o forse Giovanni di Pietro; Coltrinari, 2000, p. 142), si ricava dal contratto della pala di Osimo, mentre sono ignoti l’identità della madre e la consistenza del nucleo familiare.

Il luogo di nascita, probabilmente Venezia, è stato chiarito nel 1828, quando riapparve la firma dell’artista – «Antonius de Solario | Venetus» – sulla Madonna con il Bambino e s. Giovannino della National Gallery di Londra (Moschini, 1828; Eze, 2009), in seguito confermato dai documenti marchigiani. È infondata la tradizione, diffusa da Bernardo de Dominici (1742), che voleva Antonio nativo del Regno di Napoli e precisamente abruzzese, di Civita d’Antino, nonostante che gli scrittori partenopei più antichi avessero indicato la sua origine veneziana. De Dominici ne fissò anacronisticamente la vita tra il 1382 e il 1455, attribuendo al pittore un corpus di opere estremamente eterogeneo (Martens, 2012), e ne fece il protagonista di un romantico canovaccio.

Come nel caso di altri artisti veneziani – per esempio, Pietro Lombardo –, è probabile che la famiglia provenisse dal Ducato di Milano, terra di origine dei Solari, scultori e architetti di Carona (località ora del Canton Ticino); ciò non toglie che questo ramo potesse essere radicato da tempo nella città lagunare. È da escludere che il cognome derivasse dall’assidua frequentazione del più noto Andrea Solari (Brown, 1987, p. 30). Il tardo soprannome Zingaro, con il quale il pittore è noto nelle fonti meridionali, è probabilmente legato al carattere itinerante, comune a molti artisti dell’epoca, della sua attività.

Le più antiche prove note di Antonio registrano l’influsso dei pittori attivi a Venezia sullo scorcio del Quattrocento: Antonello da Messina, Giovanni Bellini, Alvise Vivarini, Bartolomeo Montagna. Non gli spetta, anche per la datazione molto alta che è stata proposta per l’opera (1479; De Joannon, 2007), la Madonna del Rosario del Museo regionale di Messina, documentata fin dal 1489 e attribuibile a Salvo d’Antonio (Sricchia Santoro, 2017).

Tra le prime opere riferite ad Antonio si annoverano la Madonna del Museo civico di Belluno (rubata nel 1973), copia da un celebre dipinto di Giovanni Bellini (Catalogo..., 1983, p. 8), quella della collezione Rau di Stoccarda e la Sacra Famiglia con i ss. Giovannino ed Elisabetta (?) del Walters Art Museum di Baltimora (Pagnotta, 2011, p. 62). S’inserisce con difficoltà nel catalogo del pittore la Sacra conversazione in S. Maria Assunta di Cison di Valmarino, presso Vittorio Veneto, esibente caratteri pittorici in bilico tra la cultura lombarda bramantesca e quella veneta, che è stata riferita ad Antonio, con una datazione agli ultimi anni del Quattrocento, da Mauro Lucco (1983; e, in ultimo, Fossaluzza, 2014, pp. 103-106; respingono l’attribuzione: Dal Pozzolo, 2009, p. 38; Pagnotta, 2011, p. 97 nota 20).

Il primo documento concernente l’attività artistica di Antonio è un accordo, stipulato il 21 aprile 1502, tra Giacomo Crivelli, figlio di Vittore, e Solari, «habitator Firmi», il quale s’impegnò a terminare un polittico per l’altare maggiore della chiesa di S. Francesco a Osimo, rimasto interrotto a causa della morte del più anziano collega (Grigioni, 1906, pp. 115 s.; manca conferma alla notizia, diffusa negli studi locali, che Vittore e Antonio Solari fossero cognati: Pagnotta, 2011, p. 77). Precede probabilmente di poco questa commissione l’esecuzione, nella stessa Fermo, della Madonna con il Bambino in trono tra i ss. Alberto e Caterina d’Alessandria, Gerolamo e Maddalena per la chiesa di S. Maria Novella della Carità (ora S. Maria del Carmine), che introduce nelle Marche la pala d’altare unificata messa a punto a Venezia da Antonello da Messina e Giovanni Bellini (Modigliani, 1907b). Nell’estate del 1503 Antonio assunse l’incarico di dipingere un’altra ancona per S. Francesco a Serra San Quirico, forse mai portata a compimento per il suo improvviso allontanamento dalle Marche nell’inverno del 1504. Il 24 novembre, dopo avere persuaso i francescani di Osimo ad accantonare il polittico crivellesco per eseguire una pala d’impianto moderno, si presentò di fronte al capitolo con un garante che promise di sovrintendere al completamento dell’opera, già dipinta «pro maiori parte». La pala, di cui si conserva lo scomparto principale, ora sull’altare della famiglia Leopardi, nella chiesa reintitolata a S. Giuseppe da Copertino, fu ultimata nel 1506 dal fanese Giuliano Presutti, che eseguì le sezioni della predella e dei quadretti con santi lungo i pilastri laterali, oggi dispersi (Coltrinari, 2000, pp. 142-145); rispetto alla tavola di Fermo il dipinto di Osimo presenta una struttura spaziale dilatata e affollata, aperta su un fondo di paese, su cui si stagliano la Madonna, seduta su un alto trono, i ss. Francesco d’Assisi e Vittore in primo piano e altri dieci santi (è assai dubbio che sotto le sembianze di Vittore si celi il condottiero Boccolino Guzzoni).

Parte della critica (cfr. almeno: Lucco, 1988, p. 842; Coltrinari, 2000, p. 146 nota 2) fa immediatamente seguire al soggiorno marchigiano la decorazione del chiostro del Platano nel monastero benedettino dei Ss. Severino e Sossio a Napoli (ora Archivio di Stato), che le fonti locali del XVII secolo attribuirono a Solari (d’Engenio Caracciolo, 1623; Celano, 1692; non è chiaro se la data 1495 tramandata per l’attività del pittore, forse letta in un’iscrizione perduta, vada riferita agli affreschi; favorevole a datare il ciclo prima del soggiorno nelle Marche è Pagnotta, 2011). Le Storie di s. Benedetto, non documentate, versano in precario stato di conservazione (Ricciardi, 2004); vi sono stati tuttavia riconosciuti attivi, oltre a Solari, altri pittori di disuguale valore, in parte influenzati dalla pittura centroitaliana. Tra i possibili aiuti è stato riconosciuto Francesco da Tolentino, definito da una fonte locale «celebre discepolo dello Zingaro», che avrebbe seguito il maestro veneto a Napoli (G. Remondini, Della nolana ecclesiastica storia, III, Napoli 1757, p. 467; Toscano, 1994, p. 24).

Sembra essere di questo momento la Madonna tra i ss. Pietro e Francesco d’Assisi del Castello Sforzesco di Milano, cui seguì, forse durante un momentaneo ritorno a Venezia o in un ipotetico soggiorno milanese, un progressivo avvicinamento all’arte di Andrea Solari, con il quale Antonio fu in passato confuso. Opera di transizione tra il dipinto del Castello e la Madonna con il Bambino e un donatore, firmata, di Napoli (Museo e Gallerie nazionali di Capodimonte; Modigliani, 1907a) è una Madonna, nota da una fotografia della Frick Art Reference Library di New York (b11280773), che replica, addolcita nei tratti, quella del quadro milanese. Prossime al dipinto di Napoli sono la Madonna con il Bambino e s. Giovannino, firmata, della National Gallery di Londra (Fry, 1903) e la Madonna adorante il Bambino e due angeli dello Statens Museum for Kunst di Copenaghen, dov’è in nuce l’interesse per il patetismo di Tullio Lombardo (Tanzi, 2000), più evidente nelle opere successive (per Brown, 1987, p. 61 nota 26, le due Madonne sarebbero ancora quattrocentesche, mentre Pagnotta, 2011, pp. 92 s., le colloca tra le opere estreme del pittore, che segnerebbero il suo ingresso nella «maniera moderna»). In parallelo a questa fase va considerata la produzione del cosiddetto Maestro di Santa Dorotea, un artista probabilmente attivo a Venezia, che mostra tangenze anche con lo spagnolo Johannes Hispanus – documentato in città nel 1496-97 e dal 1506 nelle Marche – e risente dell’influenza dei lombardi, come Giovanni Agostino da Lodi (Tanzi, 2000, pp. 86 s.; Castellana, 2017).

Firmata e datata 1508 è la Testa del Battista della Pinacoteca Ambrosiana di Milano (Fry, 1905), che desume un modello iconografico diffuso in Lombardia. Per l’opera è stata proposta l’identificazione – di cui non si ha, però, alcuna certezza – con un dipinto raffigurante lo stesso soggetto, precocemente ricordato nei Poëmata di John Leland (1503-1552), erudito bibliotecario di Enrico VIII (autore di liriche in parte edite nel 1589 e poi di nuovo nel Settecento, in parte ancora manoscritte presso la Bodleian Library di Oxford), il quale dedicò due epigrammi ad altrettante opere di Solari conservate in Inghilterra: una Testa del Battista, «In caput D. Ioannis Baptistae ab Antonio Solariano pictum», e un ritratto, «In effigiem Thomae Dunovedi, ad Brienum Tuccam, equitem Anglum | ab Antonio Solariano Veneto depictam» (Bradner, 1956, pp. 828, 834 s.; la paternità solariana del ritratto è dichiarata solo nel manoscritto). Questo dipinto, di proprietà di Brian Tuke, tesoriere del re (dal 1528 alla morte, nel 1545) e già segretario del cardinale Thomas Wolsey, raffigurava il nobile ammiraglio Thomas Knyvett, morto in battaglia al largo di Brest il 10 agosto 1512, e dunque la sua esecuzione deve precedere tale data (Foister, 2002, pp. 141 s., 145-147, 150). Non è tuttavia stato chiarito quando abbia avuto inizio la permanenza di Solari oltre Manica.

Nel 1511 Antonio dipinse la Suonatrice di viola in busto della Galleria Doria Pamphilj di Roma, alla quale sono vicine per caratteri formali e cronologia, non esattamente coincidente, due Salomè con la testa del Battista, di formato simile, una conservata nella stessa collezione romana, l’altra di ubicazione ignota (Pagnotta, 2011, pp. 84-87).

Il soggiorno di Solari in Inghilterra, in rapporto con membri dell’entourage del sovrano, è confermato dal Trittico Whitypoll, datato 1514, dipinto su legno di quercia. Lo scomparto centrale raffigura la Sacra Famiglia con un angelo e il committente Paul Whitypoll (Bristol, Museum and Art Gallery), i due laterali le Ss. Caterina d’Alessandria e Orsola (Londra, National Gallery, in deposito al museo di Bristol). Nel retro di queste ultime sono raffigurati due putti che sorreggono un medaglione con le immagini di S. Giovanni Battista da una parte e di S. Paolo dall’altra, mentre in basso compaiono lo stemma Whitypoll da solo e inquartato con quello dei Gaunt, cui apparteneva la madre del committente. Paul Whitypoll (1485 ca.-1547), figlio di John, mercante di tessuti originario di Bristol ma operante a Londra, si arricchì commerciando con la Spagna e il Portogallo, e ottenne anche incarichi politici, venendo eletto alla Camera dei comuni (Miller, 1982). Accanto al trittico si colloca una Sacra Famiglia con s. Caterina d’Alessandria di ubicazione ignota (Pagnotta, 2011, p. 89), che conferma il progressivo irrigidimento dei modi del pittore.

Dopo il 1514 non si hanno più notizie di Antonio, che fonti cassinesi della fine del Seicento – di cui non è certa l’attendibilità – attestano come autore, nell’abbazia benedettina, verso il 1518-19, di affreschi da lungo tempo scomparsi (Caravita, 1870; Pagnotta 2011, pp. 93 s.).

Fonti e Bibl.: C. d’Engenio Caracciolo, Napoli sacra, Napoli 1623, p. 322; C. Celano, Notitie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli [...], giornata terza (1692), a cura di P. Coniglio - R. Prencipe, Napoli 2009, p. 227 (www.memofonte.it/ricerche/napoli/; 20 agosto 2018); B. de Dominici, Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani (1742), I, a cura di F. Sricchia Santoro - A. Zezza, Napoli 2003, pp. 271-304; G.A. Moschini, Memorie della vita di Antonio de Solario detto il Zingaro, pittore viniziano, Venezia 1828; A. Caravita, I codici e le arti a Monte Cassino, III, Montecassino 1870, pp. 10-14; R. Fry, A picture by Solario, in The Burlington Magazine, I (1903), pp. 353 s.; Id., On a painting by Antonio da Solario, ibid., VII (1905), pp. 75 s.; C. Grigioni, Notizie biografiche e artistiche intorno a Vittorio e Giacomo Crivelli, in Rassegna bibliografica dell’arte italiana, IX (1906), pp. 109-119; E. Modigliani, A Madonna by Antonio da Solario, and the frescoes of SS. Severino e Sossio at Naples, in The Burlington Magazine, XI (1907a), pp. 376-382; Id., Antonio da Solario, veneto, detto Lo Zingaro, in Bollettino d’arte, I (1907b), pp. 1-21; L. Bradner, Some unpublished poems by John Leland, in Publications of the Modern Language Association, LXXI (1956), 4, pp. 827-836; H. Miller, Withypoll, Paul, in The history of Parliament: the House of Commons 1509-1558, III, a cura di S.T. Bindoff, London 1982, pp. 649-651; Catalogo del Museo civico di Belluno, a cura di M. Lucco, I, I dipinti, Vicenza 1983, p. 8; M. Lucco, in Francesco da Milano (catal. Spilimbergo), a cura di V. Pianca, Vittorio Veneto 1983, pp. 18-22; D.A. Brown, Andrea Solario, Milano 1987, pp. 30, 61 nota 26; M. Lucco, A. S., in La pittura in Italia. Il Cinquecento, a cura di G. Briganti, II, Milano 1988, pp. 842 s.; G. Toscano, Itinerario di Francesco da Tolentino, in Antichità viva, XXXIII (1994), 5, pp. 20-28; F. Coltrinari, A. S.: nuovi documenti sull’attività marchigiana, in Pittura veneta nelle Marche, a cura di V. Curzi, Cinisello Balsamo 2000, pp. 139-147; M. Tanzi, Johannes Hispanus, cinquant’anni dopo, in Ioanes Ispanus. La pala di Viadana. Tracce di classicismo precoce lungo la valle del Po (catal.), a cura di M. Tanzi, Viadana 2000, pp. 11-91; S. Foister, Humanism and art in the early Tudor period: John Leland’s poetic praise of painting, in Reassessing Tudor Humanism, a cura di J. Woolfson, London 2002, pp. 129-150; G. Ricciardi, Una importante riproduzione degli affreschi di A. S.: le incisioni ottocentesche, in Scrinia, I (2004), pp. 147-152; D. De Joannon, Per la Madonna del Rosario del Museo regionale di Messina. Una datazione e un’attribuzione ad A. S. detto “Lo Zingaro”, in Scritti di storia dell’arte in onore di Teresa Pugliatti, a cura di G. Bongiovanni, Roma 2007, pp. 26-31; E.M. Dal Pozzolo, Ipotesi per un esordio, in Giorgione (catal., Castelfranco Veneto), a cura di E.M. Dal Pozzolo - L. Puppi, Milano 2009, pp. 37-50; A. Eze, Abbé Celotti and the provenance of Antonello da Messina’s ‘The Condottiere’ and A. S.’s ‘Virgin and Child with St John’, in The Burlington Magazine, CLI (2009), pp. 673-677; L. Pagnotta, Per A. S.: un riesame critico e alcune proposte attributive, in Bollettino d’arte, s. 7, XCVI (2011), 9, pp. 59-108; D. Martens, D’Antonio Solario dit le Gitan au Maître de Monteoliveto, ou la redécouverte d’un peintre brugeois de la fin du XVème siècle, in Revue belge d’archéologie et d’histoire de l’art, LXXXI (2012), pp. 5-72; G. Fossaluzza, Catalogo dei dipinti e delle incisioni, in Un Cinquecento inquieto, da Cima da Conegliano al rogo di Riccardo Perucolo (catal., Conegliano), a cura di G. Romanelli - G. Fossaluzza, Venezia 2014, pp. 96-215; S. Castellana, Johannes Hispanus, Persico Dosimo 2017, pp. 103-107; F. Sricchia Santoro, Saliba, Antonello e Pietro de, in Dizionario biografico degli Italiani, LXXXIX, Roma 2017, p. 692.

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