Soia

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soia Nome comune di Glycine max (v. .), pianta annua delle Fabacee. Interamente ricoperta di fitti peli, ha fusti eretti e ramificati, foglie composte, simili a quelle del fagiolo, fiori in fascetti, con corolla violacea o bianca, legumi giallo-brunastri o neri, lunghi 3-5 cm. I semi sono ovoidei o reniformi, lunghi sino a 1 cm e possono essere di colore giallo, verde, bruno, rossastro o nero.

Coltivata da tempo remotissimo e su larga scala in Oriente, la s. si è diffusa all’inizio del 20° sec. anche in altre aree geografiche, grazie non solo alle sue caratteristiche di pianta che migliora la fertilità del terreno, facile da coltivare e in grado di fornire redditi soddisfacenti, ma soprattutto al suo elevato contenuto in olio e proteine, che ne rende molto interessante l’impiego nell’alimentazione sia animale sia umana. Nel 1996 è stata prodotta negli USA una soia transgenica, resa resistente agli erbicidi (in particolare al glifosato) mediante un vettore plasmidico; è l’organismo geneticamente modificato più coltivato al mondo.

I semi di s. sono una buona sorgente di olio (20-25%), di proteine (35-45%), di carboidrati (20-25%), di fosfatidi (2-5%). Le proteine sono in gran parte simili a quelle della caseina del latte, ma piuttosto diverse da quelle di altre Fabacee; contengono amminoacidi essenziali nella misura di circa un terzo del proprio peso e sono caratterizzate da una facile digeribilità. Soprattutto l’elevata percentuale di lisina fa della s. un interessante integratore proteico. I lipidi contengono trigliceridi e fosfolipidi, oltre a pigmenti, tocoferoli, steroli e derivati dei trigliceridi. Sono presenti in massima parte gliceridi di acidi insaturi (oleico 25-35%, linoleico 45-55%, linolenico 5-10%), mentre la frazione satura rappresenta il 10-15% (palmitico 10-12%, stearico 4-5%). Nel seme sono inoltre presenti enzimi (lipossigenasi) e alcuni costituenti biologicamente attivi che esercitano azione tossica se il prodotto viene consumato fresco; tali effetti scompaiono con la tostatura. I semi sono lavorati per separare l’olio dalla parte rimanente ricca in proteine (farina di s.).

L’olio di s. subisce diversi trattamenti a seconda degli usi ai quali è destinato. Innanzi tutto vengono precipitate e separate tramite centrifugazione le sostanze mucillaginose (ricche in fosfatidi); poi viene trattato con acqua calda per separare la lecitina idratata; può quindi essere trattato con alcali per ridurre l’acidità libera, decolorato e idrogenato, per ridurre gli acidi grassi insaturi, aumentandone la stabilità e il punto di rammollimento. L’olio trova impiego anche per usi industriali (vernici, preparazione di resine alchidiche modificate), nella formulazione di pesticidi, per ridurre la formazione e lo sviluppo di polveri nel trasporto di cereali; se ne propone da più parti, in alternativa ad altri oli vegetali, l’uso come carburante.

Le farine di s. sono usate per l’alimentazione umana e del bestiame per il loro elevato contenuto proteico. La s. e le sue farine vengono utilizzate anche per la preparazione del latte di s., comunemente utilizzato nei paesi orientali e diffuso anche in quelli occidentali, specie tra le persone allergiche al latte vaccino. Si ottiene dai granuli mantenuti prima in acqua, poi macinati e spappolati sempre in acqua; dopo filtrazione si conserva in condizioni asettiche. Dal latte di s. si ottiene una cagliata che, pressata, fornisce formaggio. Le proteine di s. trovano anche applicazioni industriali: si usano nella patinatura della carta e, come materia prima, per produrre adesivi, plastificanti, lubrificanti, materie plastiche, fibre tessili.

Riscaldando il latte di s. a temperatura di poco inferiore a quella di ebollizione, si forma sulla superficie del liquido una pellicola cremosa, denominata yuba, che può essere usata per scopi alimentari (avvolgere carni o vegetali) oppure, tagliata in striscioline o in pezzetti, per preparare zuppe.

La produzione mondiale di s. è caratterizzata da un elevato e costante ritmo di crescita: nel 2008 ha sfiorato il tetto dei 231 milioni di t, con un incremento di quasi il 45% rispetto alla fine degli anni 1990. I principali produttori del mondo sono gli USA (80,5 milioni di t nel 2008), il Brasile (59,9), l’Argentina (46,2), la Cina (15,5), l’India (9,0). Il maggior contributo all’incremento della produzione mondiale nella seconda metà del 20° sec. è venuto dagli USA, che hanno più che quadruplicato la loro produzione. La coltura è stata introdotta con successo in molti Stati del Sud della federazione, dove ha soppiantato anche quella tradizionale del cotone. Il maggior incremento produttivo degli ultimi 10 anni spetta invece ad Argentina e Brasile, che in questo arco di tempo hanno raddoppiato la loro produzione. L’Italia (346.245 t nel 2008), che fino all’inizio del 21° sec. deteneva il primato della produzione di s. in Europa, è stata superata dalla rapida ascesa dei paesi dell’Europa dell’Est (Russia, Ucraina, Serbia). La s. italiana proviene in massima parte dalle regioni della Pianura Padano-Veneta (Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna).

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