MULTIMEDIALI, sistemi

Enciclopedia del Cinema (2004)

Multimediali, sistemi

Paolo Marocco

Il termine multimediale si riferisce a sistemi aggregativi di media differenti, o comunque di oggetti appartenenti a sorgenti e dispositivi di natura eterogenea, come suoni, video e testi. Si è diffuso tra gli anni Ottanta e il decennio successivo, grazie a diversi fattori: l'evoluzione della computer graphics e dei sistemi di digitalizzazione del suono, l'incremento di potenza dei personal computer e la diffusione di supporti ottici di archiviazione a capienza elevata come i CD-ROM. Queste componenti hanno permesso il passaggio dalla multimedialità primitiva (per es. quella dei laboratori linguistici, dove i media erano dispositivi separati), all'attuale multimedialità, in cui un dispositivo unico (il computer) può inglobare strumenti di input e output appartenenti a media, in passato disgiunti, come quelli tipici del mercato audiovisivo. L'innovazione te-cnologica ha permesso in questo modo la nascita di un nuovo tipo di estetica, gusto e forme di design che hanno influenzato anche l'immagine cinematografica. Il settore di applicazione della multimedialità si è inizialmente rivolto all'intrattenimento (videogiochi) e alla didattica (programmi per l'insegnamento, presentazioni di musei virtuali, facilitazioni per soggetti disabili ecc.); in seguito si è ampliato verso tutti i mercati in cui la catalogazione e l'efficacia di presentazione 'virtuale' dei propri prodotti potevano diventare autosufficienti rispetto alla fruizione o alla vendita (turismo, biblioteche, vendita per corrispondenza ecc.). Grazie all'esplosione della rete Internet (v. telematica), l'area multimediale ha ricevuto un ulteriore incremento, sia nelle applicazioni sia nei temi, fondendosi con il linguaggio ipertestuale proprio dei siti Internet. Tutto ciò è all'origine della rivoluzione digitale del terzo millennio, dove musica, cinema, televisione, videogiochi e Internet sono confluiti in un'unica entità, dando vita al mercato generalista e globale di una sorta di intrattenimento digitale (v. digitale, cinema: Prospettive future e interattività) che troverà ulteriore sviluppo nella telefonia mobile.

Storia e tecnica

La storia della multimedialità procede in maniera pressoché parallela all'evoluzione della telematica. Peraltro la multimedialità, essendosi affermata alcuni anni prima della rete Internet, si è avvalsa dello sviluppo, e a esso ha contribuito, dei supporti mobili di archiviazione, prima magnetici e poi ottici, adottati per la vendita e la commercializzazione dei cosiddetti prodotti multimediali. Questo aspetto, associato alla lentezza del primo periodo della rete Internet, ha favorito la multimedialità stand alone e avvantaggiato le forme d'interazione uomo-macchina su quelle caratteristiche delle comunità virtuali e dei videogiochi collettivi, dove il computer è più un dispositivo di mediazione che non un attore competitivo. L'evoluzione dei supporti mobili di archiviazione (CD-ROM, DVD ecc.) risulta fondamentale per l'ulteriore sviluppo della multimedialità: la possibilità di fruizione di un oggetto multimediale dipende infatti prevalentemente dalla leggerezza e capienza del supporto, oltre che dalla potenza della scheda grafica del computer (o della stazione di videogioco). Tuttavia lo scenario potrebbe mutare in direzione di una multimedialità 'di taglio' televisivo, e quindi indipendente dalla memorizzazione locale delle informazioni, per es. grazie all'affermazione della trasmissione satellitare o via cavo ottico. Nuove frontiere potrebbero addirittura rendere obsoleta la distinzione tra supporto e computer, come nel caso dell'e-book (dove pagina di lettura, memorizzazione del testo e processore sono un tutt'uno).I primi prototipi di dischi digitali (audio) furono proposti nel 1977 da tre produttori giapponesi: Mitsubishi, Hitachi e Sony. L'anno successivo Philips realizzò il primo lettore di videodischi (analogici) e propose, insieme a Sony, uno standard mondiale per i compact disc ottici digitali (12 cm di diametro, 74 min di ascolto, 16 bit stereo sound di qualità digitale). Nel 1983 fu presentato il primo CD-ROM, un compact disc contenente audio, testo e immagini, con capienza di circa 600 megabyte. Nel 1991 veniva lanciato sul mercato il CD-I di Philips, un CD interattivo con lettore proprietario, primo tentativo di convergenza tra TV e computer: il dispositivo era corredato di cortometraggi interattivi, ma non ottenne il successo auspicato, e pochi anni dopo fu abbandonato. Il 1998 è stato l'anno d'esordio del DVD: d'aspetto identico a quello di un CD, il nuovo formato possedeva una capacità di memorizzazione da 6 a 17 volte maggiore, e poteva considerarsi il primo dispositivo a larga diffusione adottato sia su PC sia su apparecchi televisivi. Il motivo della versatilità del supporto risiedeva nella capacità di immagazzinare un intero filmato (compresso in Mpeg-2), insieme alla traccia Dolby Stereo del sonoro e molte informazioni testuali (in genere utilizzate per informazioni su cast e credits del film, oltre ai sottotitoli in lingue differenti). Dal 1999 sono stati introdotti i DVD-Ram e altri formati di DVD riscrivibili, che permettono alla multimedialità una maggiore possibilità di visualizzare filmati a schermo intero, e, nel settore video, tendono a determinare la sostituzione del videoregistratore a supporto magnetico. Sulla scia di questi formati, sono sorti nuovi gadget tecnologici, come i Personal video decoder, che consentono la visione in diretta di una trasmissione televisiva e, contemporaneamente, la possibilità di tornare indietro e andare avanti, eliminare la pubblicità, oltre alla ricerca 'intelligente' dei programmi di un dato argomento o con un certo personaggio (per es. la televisione statunitense TiVo).Un corollario fondamentale della multimedialità sono i sistemi di compressione audio e video MPEG (Mov-ing Picture Expert Group). Questi sistemi consentono di ridurre lo spazio di immagazzinamento e trasmissione di un filmato tramite algoritmi che lo compattano per memorizzarlo (o spedirlo) e successivamente lo decompattano per consentirne la visualizzazione e l'ascolto. MPEG-1 era stato adottato dai video CD e dai CD-I di Philips, ma la qualità era ancora scadente. MPEG-2 è il sistema di compressione associato ai DVD, mentre MPEG-4 è lo standard di compressione per i nuovi ambiti di convergenza multimediale. MPEG-4, oltre a permettere il trasferimento di audio e video ad alta qualità, organizzati come un flusso indistinto di informazioni, prevede la definizione di oggetti multimediali strutturati come programmi o pagine Web: sembrerebbe quindi possedere tutti i fondamentali requisiti per diventare uno standard della televisione interattiva e dei protocolli (formati di trasmissione) futuri della rete Internet. MPEG-7 è lo standard successivo, più strutturato per facilitare il trattamento dei contenuti multimediali e la memorizzazione in base dati.Ipertestualità. ‒ Con il termine ipertesto si intende un costrutto multimediale in grado di contenere testo, suoni e immagini, con possibili correlazioni tra loro. Il neologismo hypertext si è diffuso insieme a tutta la terminologia che ha accompagnato la rete Internet, diventando sinonimo di pagina Web. Le origini del termine risalgono al 1965, quando T. Nelson lo utilizzò per esprimere un approccio al testo e ai media indirizzato al concetto di 'opera aperta'. I suoi obiettivi erano quelli di edificare una biblioteca virtuale, in cui lettura e scrittura avessero medesima autorità e in cui ognuno potesse operare sui testi altrui per mezzo di interventi personali (Nelson era probabilmente influenzato dal lavoro di M. McLuhan, fautore in quegli anni di nuove possibilità espressive che superassero la scrittura e offrissero un inventario di effetti visivi). L'idea di un complesso ipermediale di organizzazione delle informazioni era già nata negli anni Quaranta in ambito militare. Il sistema, ideato da V. Bush si chiamava Memex (Memory extender) e non fu mai realizzato a causa della primitiva tecnologia allora in uso (per es., il media video doveva essere rappresentato da microfilm). Queste due linee fondatrici rimangono alla base del concetto di ipertesto: il periodo accademico della rete Internet negli anni Ottanta riprendeva infatti l'immagine di una scrittura liberalizzata promulgata da Nelson, mentre il dibattito sulla multimedialità, nei primi anni Novanta, verteva molto sul concetto di opera che recuperava canoni tipici del testo anteriore all'invenzione della stampa e costretto a subire continue modifiche da parte dei trascrittori (G.P. Landow, Hypertext ‒ The convergence of contemporary critical theory and technology, 1992; trad. it. 1993). Questi aspetti, che avrebbero potuto creare un'originale coo-perazione tra i media di cui è composto l'ipertesto, sono quasi del tutto decaduti in favore di una legislazione di rete e regole di copyright piuttosto rigide. La grafica ipertestuale ha comunque invaso, a metà degli anni Novanta, i media tradizionali come carta stampata, televisione e cinema. Specialmente in quest'ultimo ambito, film come The terminator (1984; Terminator) di James Cameron, dove le soggettive del cyborg interpretato da Arnold Schwarzenegger, che visualizzano un sistema di puntamento a metà tra il videogioco e una telecamera del futuro, hanno anticipato le mode. Le installazioni e i film di Peter Greenaway sono stati il fenomeno cinematografico più vicino all'estetica ipertestuale e alla multivisione, con un utilizzo dello spazio orientato al dettaglio e alla pluralità scenica fino all'eccesso, dove ogni parte costituisce un tutto a sé. Queste tecniche hanno ripreso storici tentativi del cinema sperimentale, come le proiezioni parallele del Napoléon (1927; Napoleone) di Abel Gance e le ricerche di Dziga Vertov. All'interno di questa impalcatura visiva, Greenaway ha istituito un uso della scrittura in cui il referente testuale diventa segno pittorico. Negli ultimi film, specialmente in The pillow book (1996; I racconti del cuscino), l'autore ha contribuito a diffondere un nuovo stile della grafica ipertestuale, immediatamente adottato dalla rete Internet e valorizzato dalla tecnologia grafica più progredita.Interattività e videogiochi. ‒ Uno degli aspetti tipici della multimedialità è la possibilità di offrire un'interazione tra spettatore e spettacolo: l'utente del sistema multimediale ha la possibilità di interagire con le immagini, dialogare attraverso domande che gli vengono poste o semplicemente scegliere i percorsi da seguire, tramite rimandi (links) ad altre immagini, suoni, testi e oggetti vari. In questo modo, la fruizione dell'oggetto multimediale non è più sequenziale, ma dinamicamente costruita dal fruitore. L'interattività è caratteristica dei videogiochi e di tutti i sistemi ipertestuali come quelli proposti da CD-ROM, DVD e rete Internet (v. sopra: Ipertestualità). Sebbene l'interattività cinematografica non abbia ancora trovato una posizione autorevole né in ambito culturale né commerciale, è significativo il legame che si è venuto a creare tra il cinema hollywoodiano e le opere interattive d'intrattenimento popolare e leggero, come i videogiochi. Quando uscì Star wars (1977; Guerre stellari) di George Lucas, la battaglia finale stupì il pubblico e anticipò, in una prospettiva di verosimiglianza tangibile, la forma dei videogiochi degli anni successivi. Vent'anni dopo, il primo episodio della nuova serie, Star wars: episode 1 ‒ The phantom menace (1999; Star wars: episodio 1 ‒ La minaccia fantasma) ancora di Lucas, ha effettuato il percorso a ritroso: la gara centrale di Anakin Skywalker è ispirata a una versione 'demo', ossia non interattiva, di videogiochi come Colo-ny wars red Sun e Star ixiom. Questo scollamento indica che il mercato e l'estetica del videogioco, come avviene sul fronte della pubblicità e dei videoclip, hanno raggiunto una propria autorità e autonomia, capace di influenzare lo spettacolo cinematografico, almeno quello dei generi bellico, d'avventura e fantastico. Il videogioco è divenuto un grande ricettacolo dell'immaginario audiovisivo: attinge dalla televisione (specialmente dallo sport, le cui soggettive nelle gare automobilistiche sono simili a un videogioco) e dal cinema hollywoodiano, non solo come derivato dai grandi film di cassetta (la saga di Indiana Jones, Terminator ecc.), ma per le forme stesse di messa in scena. Tra queste emergono il piano-sequenza (ritornato ad affermarsi nel linguaggio cinematografico) e la soggettiva, che in questo caso definisce una partecipazione attiva all'azione, e quindi un'identificazione e un controllo del soggetto agente, associati a inquadrature ravvicinate di lato o leggermente arretrate, simili a quelle realizzate con la steadycam. Da un punto di vista etico, il videogioco riprende il fantasy d'iniziazione e lo spirito di certe religioni orientali tendenti al raggiungimento della conoscenza dopo un percorso di confronto e apprendimento, sottraendo allo spettatore la facile identificazione con l'eroe invincibile dello schermo (per es. il videogioco Tomb Raider, rispetto alla saga di Indiana Jones, è non solo la versione interattiva, ma quella umanizzata contemplante la sconfitta). D'altro canto, la logica 'uccidi o sarai ucciso', tipica dei videogiochi d'azione, rilancia un forte senso di competitività, che il cinema di consumo, in quanto forma di intrattenimento passivo e accogliente, tende ad annullare. All'interno di questa dialettica bipolare, stemperata nella sua componente di idealizzazione divistica, ma esasperata in quella di generatrice stressante di confronti, il videogioco presenta notevoli limiti rispetto a una fruizione collettiva e diffusa, come può fornirla una forma d'arte semplice e universale. Per es., nonostante una possibile inversione di tendenza tra le due forme espressive (vi sono film tratti da videogiochi, come Super Mario Bros., 1993, di Rocky Morton e Annabel Jankel), il videogioco non sembra essere in grado di offrire una nuova formula dello spettacolo cinematografico; nel senso che, quando il primo funge da modello metafilmico, e il cinema assume una dimensione en abyme, come nel caso di Last action hero (1993; Last action hero ‒ L'ultimo grande eroe) diretto da John McTiernan, questa struttura non riesce a restituire un simbolico filmico diverso da quello tradizionale, oppure a compiere una mutazione fondativa di nuovi generi, ma al più si presenta come un'evoluzione dei giochi d'inscatolamento tipici del musical.Arte. ‒ Lo statuto culturale della multimedialità, come tentativo di rottura rispetto ai limiti della tradizione, appartiene alle avanguardie artistiche e letterarie del 20° secolo. Già agli inizi del Novecento sia il Futurismo sia il Dadaismo, sia singole personalità artistiche, come G. Apollinaire e, negli anni Trenta, R. Magritte, avevano proposto commistioni tra arte figurativa e scrittura. Negli anni Cinquanta I. Isou e il movimento francese del lettrismo proposero in tale direzione anche modalità di esposizione e distribuzione: le opere prendevano la forma di una scrittura itinerante su più spazi fisici (sorta di 'vernissage del romanzo'), ed erano composte di un patchwork di ogni sorta di scrittura e costrutti poveri: parole incrociate, sciarade, sovrapposizioni con colore diverso, collage di giornali e riviste, fumetti ecc. Altre forme sperimentali dell'epoca, come il Nouveau roman e la scuola dell'OULIPO (Ouvroir de Littérature Potentielle), operavano sui processi casuali e combinatori delle strutture sintattiche, anticipando taluni aspetti dell'era informatica. Queste tendenze artistiche sarebbero confluite nella poesia visiva e nell'arte concettuale degli anni Sessanta e Settanta, appartenenti ancora a un uso delle tecnologie preinformatiche. Le prime applicazioni effettive del computer, sempre legate all'arte combinatoria, sono avvenute nel panorama musicale (negli anni Sessanta con K. Stockhausen e P. Boulez), mentre, per quanto riguarda il trattamento dell'immagine, si sarebbero dovuti attendere gli anni Ottanta (una delle prime installazioni digitali è stata nel 1985 Mont Fuji di Nakajima Ko). Tuttavia il movimento artistico che ha fatto della ricerca multimediale uno degli assunti centrali della propria poetica è stata la videoarte, da cui sono sorte le maggiori tendenze dell'arte contemporanea (in particolare, Digital Art, Net Art, Web Poetry). La videoarte, nata negli anni Settanta (dopo l'avvento del videotape), aveva esplorato tutte le possibilità del nuovo mezzo in relazione alla frammentazione dello spazio e del tempo. Rispetto al cinema, il video aveva la possibilità di essere trasmesso all'istante, di essere trasportato con facilità e contemporaneamente di detenere una memoria visiva: aspetti che connotano ontologicamente il fenomeno artistico. Alcune ricerche significative della videoarte precorrevano la multimedialità, soprattutto in due direzioni: la prima era quella di fungere da metadispositivo interpretativo e decostruttivo delle trasmissioni video di qualunque ordine (per es. i 'videoriporti' di sociologia televisiva di W. Wegman anticipavano le trasmissioni televisive, diffuse a partire dagli anni Ottanta, sotto forma di enciclopedie esplose e di frammenti di TV recuperata a un secondo livello); la seconda risiedeva nella possibilità di trovare nuovi contrappunti tra video, testo e suono (N.J. Paik già negli anni Sessanta, in collaborazione con J. Cage, eseguiva lavori di musica visiva, e nel decennio successivo avrebbe cercato di riunificare attorno al video i generi precedenti: musica, teatro, danza, immagine ecc.). A differenza della multimedialità, il video era però ancora legato alla centralità del corpo e, più in generale, dell'oggetto reale (molte performances di videoarte degli anni Settanta appartenevano alla Body Art). L'indagine numerica, invece, offre la possibilità di far corrispondere a una matrice di dati un'equivalente forma visiva (o sonora o testuale), facendo scomparire il referente reale. La telematica dissolve ancora di più questo percorso di deterritorializzazione, trasmettendo contemporaneamente e ovunque l'oggetto multimediale e privandolo di un'origine privilegiata. Questi elementi caratteristici costituiscono le nuove frontiere dell'arte multimediale, specialmente quello della Net Art (arte in Internet), che si presenta come una mostra permanente e uno spazio di comunicazione, dove i confini tra l'artista e il critico tendono ad annullarsi (rispettando il progetto etico dei primi ipertesti di T. Nelson) e le opere diventano libere e fruibili da chiunque. Questi presupposti teorici non sembrano ancora accompagnarsi a proposte di nuovo valore intrinseco, e ripetono, in condizioni più economiche e più raffinate tecnologicamente, gli assunti apparsi negli anni Settanta. La centralità dell'opera, come nucleo di un'esposizione e di un luogo d'incontro fisico, e l'ordine economico vigente nel mercato artistico tradizionale dei vernissage rimangono i deterrenti fondamentali della Digital Art e della Net Art (esistono rari casi di opere di confine tra il videogioco e l'arte digitale, che sfruttano il potenziale mercato del primo coniugandolo con l'attenzione visiva della seconda, come Eve di Peter Gabriel, un CD-ROM uscito nel 1997).La caratteristica fondativa della multimedialità, quella di poter diventare un medium che trascende le espressioni artistiche tradizionali, proprio per la possibilità di farle convivere in un unico sistema, si scontra con statuti antropologici e metodologici. Dopo le invenzioni fondatrici dal punto di vista dell'informazione e dell'intrattenimento, la scrittura, la musica (e in generale le arti) hanno sempre subito un'influenza interna da parte dei nuovi media, che agivano come stimolatori per nuove evocazioni retoriche e nuove strutture formali. Con l'avvento del computer, il coinvolgimento completo del medium all'interno di un'espressione composita e globale non viene più visto come sfumatura all'interno di una forma espressiva omogenea, ma come sovvertitore delle precedenti forme espressive, in quanto formulate in un corpo unico che riesce sia a dividerle sia a fonderle.Linee di tendenza. ‒ Le nuove frontiere della rivoluzione multimediale dovrebbero tracciare una convergenza con la realtà virtuale nel tentativo di coinvolgere completamente l'apparato sensomotorio dell'utente, per ora confinato allo sguardo, all'udito e, in misura più limitata, al tatto. In attesa di questa evoluzione tecnologica, le tendenze della multimedialità sono quelle di rivolgersi alle biotecnologie per ottenere un'interazione più avvolgente; vi sono stati esperimenti orientati alla trasmissione olfattiva, simulata tramite convertitori elettronici, i quali, in funzione di codici associati all'odore, stimolano a distanza essenze che riproducono la fragranza originaria. Più complesso sembra essere il problema della comunicazione del gusto, inteso in senso fisiologico.Il Siggraph, la maggiore rassegna mondiale sulle te-cnologie grafiche digitali, mostra nelle sue edizioni l'evoluzione del settore. Tra i sistemi presentati nel 2001 va menzionato un proiettore e un sistema di controllo che permette l'interazione con l'immagine diffusa in ogni punto dello spazio circondante (le pareti diventano una sorta di display interattivo). Un altro dispositivo interessante è il FEELEX, uno schermo flessibile che può mutare di forma e consistenza in funzione dell'oggetto rappresentato, dando all'utente la possibilità di percepirne le caratteristiche fisiche.

Bibliografia

P. Marocco, La galassia ipertestuale, in "Bianco e nero", 1997, 4, pp. 100-22.

M. Costa, L'estetica dei media, Roma 1999.

Aux frontières du cinéma, in "Cahiers du cinéma", 2000, nr. hors série. Come la tecnologia cambia il modo di divertirsi, in "Le scienze", 2001, 389, pp. 67-95.

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