MUSCOLARE, SISTEMA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1993)

MUSCOLARE, SISTEMA

Guglielmo Scarlato-Alessandro Prelle-Maurizio Moggio

(XXIV, p. 89; App. II, II, p. 371; III, II, p. 178; IV, II, p. 539)

Tessuto muscolare. - Negli ultimi anni sono stati compiuti significativi progressi nel campo delle conoscenze riguardanti il tessuto muscolare e la miogenesi grazie soprattutto a metodiche d'immunologia (immunoistochimica e immunoelettroforesi) e di biologia molecolare (tecniche di DNA ricombinante).

In particolare è stata meglio definita la struttura e la funzione del citoscheletro. Quest'ultimo è costituito da strutture fibrillari proteiche, citoplasmatiche, di fondamentale importanza per il mantenimento della forma delle fibre muscolari e della loro elasticità. Queste strutture comprendono: i filamenti intermedi, i microtubuli, i microfilamenti, i filamenti elastici e il lattice microtrabecolare.

I filamenti intermedi sono un gruppo eterogeneo di formazioni citoplasmatiche del diametro compreso fra i 7 e i 25 μm. Sono costituiti dai filamenti proteici, dalla cheratina, dalla desmina e dalla vimentina. La desmina può coesistere con la vimentina, e copolimeri di queste due proteine sono stati osservati in colture cellulari di muscolo. Sia la desmina che la vimentina sono localizzate alla periferia della linea Z, dove danno luogo alla formazione di una struttura tridimensionale a nido d'ape attorno alla stessa. Queste due proteine sembrano essere coinvolte nel mantenimento dell'allineamento laterale dei sarcomeri unendo trasversalmente le miofibrille adiacenti ai dischi Z. Mediante metodiche immunoistochimiche è stata osservata la presenza della vimentina soprattutto nelle cellule muscolari in coltura e allo stadio fetale. Nel muscolo umano normale questa proteina è espressa in minima parte, tanto da non essere visualizzata con le comuni metodiche immunocitochimiche. La vimentina invece è altamente espressa nelle fibre in rigenerazione che compaiono in talune situazioni patologiche del muscolo. La desmina, normalmente presente anche nelle fibre muscolari adulte, è maggiormente espressa nelle cellule in rigenerazione.

I microtubuli sono presenti in diversi stadi della miogenesi. La loro funzione è in stretta relazione con l'apparato mitotico cellulare: sono distribuiti parallelamente all'asse maggiore della cellula muscolare e hanno stretti rapporti con i filamenti intermedi, il reticolo endoplasmatico rugoso e la miosina. Si è ipotizzato che i microtubuli abbiano un ruolo nell'assemblaggio post-translazionale dei filamenti spessi.

Nell'ambito dei filamenti elastici si segnala la crescente identificazione di due proteine di alto peso molecolare, che potrebbero essere responsabili dell'elasticità della fibra muscolare e del mantenimento dell'allineamento delle proteine contrattili durante il loro scorrimento. Queste proteine vengono denominate titanina e nebulina e rappresentano le proteine muscolari di più alto peso molecolare sinora identificate (rispettivamente 1,4 megadalton e 600.000 dalton). La prima è localizzata a livello della banda anisotropa con un orientamento parallelo ai miofilamenti e un'estensione fra la linea Z e la linea M. Anche la seconda è localizzata a livello della banda anisotropa ma con un orientamento perpendicolare ai miofilamenti formando due linee, N1 e N2, visibili al microscopio elettronico.

Recentemente sono state compiute anche importanti acquisizioni riguardanti la composizione della plasmamembrana. Utilizzando tecniche di reverse genetic è stata identificata la proteina il cui deficit, come sarà detto più oltre, sarebbe responsabile della distrofia di Duchenne e per questo denominata distrofina.

Questa proteina, di circa 400 kdalton, è localizzata a livello della plasmamembrana e presenta analogie strutturali con proteine del citoscheletro quali la spectrina e l'alfa-actinina. È espressa non solo nel muscolo striato ma anche nel muscolo cardiaco, nel muscolo liscio e in piccole quantità nel sistema nervoso centrale. A livello della membrana muscolare la distrofina sembra uniformemente distribuita senza alcuna periodicità e localizzata al di sotto del sarcolemma e in piccole quantità nei tubuli-T. Inoltre è particolarmente concentrata a livello della giunzione neuromuscolare e di quella miotendinea. Il ruolo della distrofina potrebbe essere quello di legare una proteina intrinseca di membrana alle proteine del citoscheletro. In questo modo essa conferirebbe una maggiore stabilità strutturale al sarcolemma permettendogli di resistere allo stress causato dalla contrazione e dal rilassamento delle miofibrille. È stato dimostrato che la distrofina è anche associata a una glicoproteina di membrana e che questo complesso servirebbe ad ancorare la membrana al citoscheletro. Infine altri studi lasciano supporre che la distrofina potrebbe essere associata a livello di membrana con alcuni recettori per il calcio, intervenendo in tal modo nei processi di regolazione della permeabilità di membrana a tale ione.

Malattie muscolari. - Si definiscono come miopatie tutte quelle malattie in cui è presente una patologia primitiva a carico del s. muscolare. La diagnosi di queste affezioni viene posta in base all'esame clinico del paziente, alla valutazione di indagini neurofisiologiche quali l'elettromiografia, di esami ematochimici (dosaggio di enzimi muscolari) e della biopsia muscolare che consente lo studio del tessuto muscolare da un punto di vista morfologico, biochimico e genetico. Le miopatie, a seconda delle caratteristiche anatomopatologiche, biochimiche, cliniche, e del tipo di ereditarietà, si suddividono in: Distrofie muscolari; Sindromi miotoniche; Miopatie infiammatorie; Miopatie congenite; Miopatie dismetaboliche; Difetti della conduzione neuromuscolare.

Distrofie muscolari. − Le distrofie muscolari sono un gruppo di malattie determinate geneticamente e caratterizzate da una progressiva degenerazione del muscolo scheletrico con perdita delle proteine contrattili e successiva sostituzione connettivale e adiposa. Vengono a loro volta divise in vari gruppi in base alle caratteristiche cliniche e al tipo di ereditarietà.

Distrofie muscolari di Duchenne e di Becker: la distrofia di Duchenne, detta anche Distrofia muscolare progressiva, rappresenta la forma più frequente e grave di questo gruppo di malattie. Viene trasmessa con una ereditarietà legata al sesso, per cui i maschi possono risultare affetti e le femmine possono invece essere portatrici sane della malattia. In circa il 30% dei casi la malattia si presenta in forma sporadica, senza familiarità, a causa dell'alta incidenza di nuove mutazioni genetiche.

Manifestazione iniziale della malattia, nei primi anni di vita, può essere considerata la difficoltà a passare dalla posizione supina a quella eretta, per cui il bambino esegue tale manovra ''arrampicandosi'' con le mani lungo le gambe, tentando di far presa sulle tibie (segno di Gower). Intorno ai 3÷n,4 anni si osserva un globale deficit di forza della muscolatura scheletrica, specialmente di quella prossimale degli arti, mentre quella facciale è risparmiata. In questi pazienti è tipica l'andatura molto ciondolante degli arti (andatura anserina), determinata dall'ipostenia della muscolatura del cingolo pelvico e di quella prossimale degli arti. Altro segno distintivo, apparentemente contrastante con la diminuzione dell'energia muscolare, è l'aumento di volume del polpaccio (pseudoipertrofia) dovuto alla progressiva sostituzione, in detta regione, delle fibre muscolari con fibre connettivali. Nel 30% dei casi si associa una lieve forma, non evolutiva, di ritardo mentale. L'evoluzione clinica porta invariabilmente alla perdita della deambulazione intorno ai 10 anni e a morte verso i 20 anni, sovente per insufficienza cardiorespiratoria indotta da una coesistente compromissione della muscolatura cardiaca e di quella respiratoria. L'esame ematochimico più indicativo di questa distrofia è il dosaggio dell'enzima muscolare creatinfosfochinasi (CPK) che, specie nei primi anni della malattia, aumenta anche di migliaia di volte rispetto ai valori normali.

La distrofia di Becker rappresenta una variante allelica della distrofia di Duchenne. Dal punto di vista clinico è meno grave, a insorgenza più tardiva, con incapacità alla deambulazione intorno ai 30 anni e morte intorno ai 50. Di minore entità è la compromissione cardiaca.

La diagnosi di queste due distrofie era sino a pochi anni fa basata sull'ereditarietà legata al cromosoma X, sugli aspetti clinici, sul riscontro di livelli ematici elevati degli enzimi muscolari (creatinfosfochinasi), sul reperto istopatologico della biopsia muscolare (vasta sostituzione connettivale, fibre in necrosi, fibre a stampo, fibre calcio positive, splittings fibrali, fibre in rigenerazione). Recenti acquisizioni di biologia molecolare hanno però modificato tali concetti. Fondamentale è stata la scoperta e la codificazione di un gene di 2000 kb localizzato sul braccio corto del cromosoma X (Xp21) il cui prodotto fenotipico, detto distrofina, rappresenta la proteina muscolare mancante nei pazienti affetti da distrofia di Duchenne (assenza totale) e distrofia di Becker (assenza parziale). Tale difetto dipende da una delezione, mutazione o duplicazione a livello del locus Xp21.

La distrofina è sita al di sotto della membrana delle fibre muscolari e la sua esatta funzione non è ancora conosciuta. Sue analogie strutturali con una proteina delle membrane dei globuli rossi (spectrina) rendono verosimile l'ipotesi che tale proteina possa avere funzione di collegamento fra proteine del citoscheletro e le membrane muscolari. È inoltre ipotizzata una sua funzione nel regolare la permeabilità degli ioni calcio a livello delle membrane delle fibre muscolari. La distrofina è presente in minima parte anche nel tessuto muscolare cardiaco e nel Sistema nervoso centrale. In base a queste recenti conoscenze è oggi possibile diagnosticare queste distrofie, sia mediante lo studio genetico del DNA estratto da globuli bianchi dei pazienti per cercare l'alterazione cromosomica, sia direttamente sulle biopsie muscolari dei pazienti studiando l'eventuale deficit di distrofina mediante metodi immunologici (immunoelettroforesi e immunoistochimica).

La scoperta della distrofina ha notevolmente ampliato lo spettro clinico delle distrofie muscolari progressive: deficit di tale proteina sono infatti presenti non solo in pazienti affetti dalla distrofia di Duchenne o di Becker ma anche in persone in cui il difetto si manifesta solo con crampi, dolori muscolari, lieve ipostenia della muscolatura dei cingoli, o esclusivo aumento degli enzimi muscolari (CPK). Inoltre lo studio genetico e quello della distrofina permettono una più facile individuazione delle portatrici sane e la possibilità di una diagnosi prenatale condotta su prelievi dei villi coriali.

Distrofia di Emery-Dreifuss: altra forma rara di distrofia a ereditarietà legata al sesso; il difetto genetico è localizzato sul braccio lungo del cromosoma X. L'esordio della sintomatologia avviene prevalentemente in età giovanile ma anche in età adulta, con un deficit muscolare a carico del cingolo pelvico e dei muscoli pettorali; sono presenti contratture dei muscoli estensori del collo, manca invece pseudoipertrofia dei polpacci. I pazienti presentano una grave cardiomiopatia con precoci turbe della conduzione cardiaca.

Distrofia facio-scapolo-omerale: forma di distrofia a ereditarietà autosomica dominante, anche se rari casi possono presentare un'ereditarietà recessiva. Esordisce fra i 6 e i 20 anni con una ipostenia della muscolatura orbicolare degli occhi e della bocca. L'evoluzione del deficit muscolare è discendente con un progressivo coinvolgimento dei cingoli e degli arti prossimalmente. Talvolta il deficit muscolare si estende anche alla muscolatura estensoria del piede, configurando il quadro della distrofia facio-scapolo-peroneale.

Distrofia dei cingoli: malattia a ereditarietà autosomica recessiva che esordisce nella seconda o terza decade di vita. Nella forma classica è presente un deficit muscolare a carico dei cingoli scapolare e pelvico con successivo interessamento della muscolatura prossimale degli arti; una variante colpisce inizialmente e prevalentemente il cingolo pelvico. In realtà solo alcune forme di distrofia dei cingoli rappresentano un'entità nosografica ben definita. Spesso la distrofia dei cingoli è una sindrome con cui si manifestano altre patologie muscolari quali le polimiositi, la distrofia di Becker, le atrofie muscolari spinali, alcune miopatie congenite a esordio tardivo, le miopatie mitocondriali, alcune miopatie dismetaboliche (glicogenosi dell'adulto).

Sindromi miotoniche. - Questo gruppo di affezioni è caratterizzato dalla presenza del fenomeno miotonico (o miotonia), cioè da un ritardo del rilasciamento dei muscoli striati dopo contrazione. La miotonia viene definita spontanea quando compare dopo un movimento volontario, e meccanica quando compare anche o esclusivamente dopo percussione muscolare o stimolazione elettrica.

Distrofia miotonica o di Steinert: è una forma autosomica dominante con esordio nella terza decade di vita. Recentemente è stato localizzato il gene responsabile di questa malattia sul cromosoma 19. È generalmente presente miotonia meccanica e spontanea. L'atrofia dei muscoli temporali, del facciale, del massetere e dell'elevatore delle palpebre, conferisce un tipico viso ''allungato'' ai pazienti. Una severa ipostenia è presente in questi stessi distretti e a carico della muscolatura distale degli arti. La malattia è caratterizzata inoltre dalla presenza di anomalie di altri apparati, quali: cataratta polare, turbe disendocrine (atrofia testicolare e dell'ovaio, diabete), alopecia frontale. Un utile strumento diagnostico è l'elettromiografia, un'indagine neurofisiologica che permette di rivelare il fenomeno miotonico anche in quei rari casi in cui non è evidente clinicamente. La biopsia muscolare mostra aspetti talvolta peculiari costituiti da un'atrofia delle fibre muscolari del i tipo, da numerosissime centralizzazioni nucleari (nuclei a ''catenella'' nelle sezioni longitudinali), da fibre muscolari che si dispongono ortogonalmente al generale orientamento fibrale (fibre ad anello), dall'aumento delle attività istochimiche ossidative alla periferia delle fibre muscolari (masse sarcoplasmiche).

Distrofia miotonica congenita: questa forma è clinicamente manifesta sin dalla nascita. Spesso si osserva in bambini nati da madri portatrici di distrofia miotonica di lieve entità. La prognosi è spesso sfavorevole. I bambini affetti presentano una grave ipotonia generalizzata, diplegia facciale, ipostenia orbicolare di occhi e labbra e del massetere. Si associano difficoltà di suzione e deglutizione e ipostenia della muscolatura respiratoria. Le manifestazioni miotoniche sono generalmente assenti e la diagnosi è possibile solo attraverso l'esame della madre.

Miotonia congenita o di Thomsen: la malattia è presente sin dalla nascita ma spesso assume rilievo clinico nel corso dell'infanzia con difficoltà nella deambulazione. Progressivamente il fenomeno miotonico si diffonde a tutta la muscolatura e compare un'ipertrofia muscolare generalizzata (aspetto erculeo del paziente). È importante segnalare che in questa forma non vi è un deficit della forza muscolare. La biopsia muscolare non mostra un quadro distrofico (può essere anzi normale), spesso però è caratterizzata dall'assenza delle fibre muscolari tipo 2b.

Paramiotonia: forma particolare di miotonia nella quale il fenomeno miotonico compare solo dopo esposizione al freddo.

Distrofie distali: la sintomatologia è caratterizzata prevalentemente da un'ipostenia alle mani e, distalmente, agli arti inferiori; si ha inoltre pseudoipertrofia dei polpacci. La biopsia muscolare mostra un tipico quadro distrofico. Si riconoscono tre principali varietà: una forma cosiddetta ''scandinava'', di Welander, a ereditarietà autosomica dominante, caratterizzata da un lieve aumento degli enzimi muscolari (CPK); una forma ''non scandinava'' ugualmente autosomica dominante; una forma a ereditarietà autosomica recessiva o addirittura sporadica con un livello molto elevato di creatinfosfochinasi.

Distrofia oculo-faringea: la malattia, a ereditarietà autosomica dominante, si manifesta quasi esclusivamente in soggetti di derivazione etnica franco-canadese. L'esordio avviene nella quinta o sesta decade di vita con la comparsa di una ptosi palpebrale bilaterale e difficoltà alla deglutizione. Solo nelle fasi più avanzate vi è una compromissione dei movimenti oculari. La biopsia muscolare può presentare piccoli vacuoli otticamente vuoti delimitati da orletti rossastri all'interno di alcune fibre muscolari (rimmed vacuoles).

Distrofie muscolari congenite: sono gravi distrofie clinicamente manifeste sin dalla nascita. Il bambino si presenta gravemente ipotonico, con un deficit di forza generalizzato e difficoltà nella respirazione e nella suzione. Si riconoscono tre forme: la prima non ha evoluzione progressiva, il bambino ha una severa ipostenia prossimale e può presentare deformazioni muscolari o retrazioni tendinee (che configurano il cosiddetto quadro di artrogriposi multipla congenita). Spesso il dosaggio ematico degli enzimi muscolari è nella norma, la biopsia muscolare è caratterizzata soprattutto da un aumento del tessuto connettivale. La seconda forma, detta di Fukuyama, presente per lo più in Giappone, è caratterizzata da grave ritardo mentale, ipotonia e deficit muscolare ad andamento progressivo, pseudoipertrofia dei polpacci, reperto bioptico tipicamente distrofico e neuroradiologico di malformazioni cerebrali (lissencefalia, microgiria); la terza costituisce la cosiddetta sindrome della spina rigida in quanto, oltre a una grave ipostenia muscolare generalizzata, presenta una progressiva limitazione della flessione del collo e del tronco associata a scoliosi.

Miopatie infiammatorie. - Rappresentano un gruppo molto vasto di malattie muscolari il cui aspetto peculiare è costituito da alterazioni di tipo infiammatorio della muscolatura striata con conseguente degenerazione e necrosi delle fibre muscolari. Sovente sono presenti infiltrati di cellule infiammatorie sia in sede perivasale che fra le fibre muscolari. Buona parte di tale miopatie riconosce come momento patogenetico un'alterazione del sistema immunitario (malattie autoimmuni).

Se ne riconoscono diverse forme: polimiosite dell'adulto; dermatomiosite dell'adulto; dermatomiosite del bambino e dell'adolescente; dermatomiosite associata a connettivite; polimiosite associata a connettivite; dermatomiosite o polimiosite associata a tumori maligni. Tutte queste forme presentano alcuni aspetti clinici in comune, quali diffuse algie muscolari che aumentano alla palpazione, un deficit di forza per lo più alla muscolatura dei cingoli, degli arti prossimalmente e del collo, una progressiva difficoltà alla deglutizione e una tardiva ipotrofia delle masse muscolari. I segni cutanei (eritema del volto, edema periorbitale e iperemia peri-ungueale), caratterizzano le dermatomiositi.

Talvolta queste miopatie si associano a malattie sistemiche autoimmuni (connettiviti) quali l'artrite reumatoide, il lupus-eritematoso, la sclerodermia, talaltra riconoscono una precisa eziologia virale − HIV (Human Immunodeficiency Virus), virus influenzale, Coxsakie virus, ECHO-virus (Enteric Cytopatogenic Human Orphan) − o parassitaria (Toxoplasma, Tripanosoma, Cisticerco, Echinococco, Nematodi). La diagnosi precoce di queste miopatie è particolarmente importante in quanto, a differenza delle distrofie muscolari, in molte di queste forme è possibile instaurare un utile trattamento terapeutico di tipo antinfiammatorio e/o immunosoppressivo.

Miopatie congenite. - Sono definite in base a peculiari alterazioni anatomopatologiche del tessuto muscolare in quanto il quadro clinico, pur con le varianti di cui si dirà, è simile per tutte ed è caratterizzato da un'ipotonia muscolare più o meno acuta presente alla nascita e da un'ipostenia più o meno grave localizzata alla muscolatura dei cingoli scapolare e pelvico e a quella prossimale degli arti. Le masse muscolari sono ubiquitariamente ipotrofiche. Nei casi a evoluzione fatale vi è una grave compromissione della muscolatura respiratoria. Questi bambini presentano un caratteristico viso allungato e sovente dismorfismi scheletrici (palato ogivale, piede cavo, cifoscoliosi e sindattilia). Le principali miopatie congenite sono le seguenti:

Central core disease: miopatia a trasmissione autosomica dominante, con possibilità di casi sporadici. Deve la sua denominazione a un particolare reperto bioptico: la presenza, all'interno delle cellule muscolari, di zone di rarefazione alle quali corrispondono la mancanza di mitocondri e il conseguente annullamento delle attività enzimatiche tipiche delle proteine contrattili (adenosintrifosfatasi miofibrillari).

Miopatia nemalinica: malattia a trasmissione dominante o recessiva, ma che può anche avere insorgenza sporadica. È caratterizzata da un particolare reperto bioptico dimostrante la presenza, nelle cellule muscolari, di strutture a forma di bastoncello (corpi nemalinici) che verosimilmente derivano da una degenerazione della stria Z. Esistono differenti forme cliniche: congenite a evoluzione rapidamente fatale, per la grave compromissione della muscolatura respiratoria; a insorgenza nell'età adulta con una modesta ipostenia degli arti; addirittura asintomatiche e diagnosticate nell'adulto in ricerche sull'ereditarietà della malattia. Tutte le varianti possono essere associate a una cardiopatia.

Miopatia centronucleare: è più frequente nella razza nera. Spesso al quadro clinico comune a tutte le miopatie congenite, si aggiunge una ptosi palpebrale bilaterale. Può essere trasmessa in modo autosomico dominante o recessivo; esiste una forma con trasmissione legata al sesso ed esistono infine forme sporadiche a esordio in età adulta. La quasi totalità delle fibre muscolari presenta un nucleo centrale e le fibre del primo tipo possono avere un diametro inferiore al normale e possono essere numericamente predominanti.

Congenital fiber type disproportion: rara forma di miopatia congenita, che al comune quadro ipostenico associa, sin dalla nascita, contratture dei muscoli para-articolari. Il reperto bioptico dimostra una predominanza numerica delle fibre del primo tipo, che, però, appaiono ipotrofiche, e una normalità o un aumento del diametro delle fibre del secondo tipo.

Reducing body myopathy: varietà di miopatia in cui l'ipostenia può coinvolgere la muscolatura facciale e dare ptosi palpebrale; a livello istopatologico, può dare un reperto di inclusioni citoplasmatiche (vacuoli in degenerazione, figure mieliniche, ribosomi, glicogeno), che hanno la particolarità istochimica di ridurre i sali di tetrazolio senza aggiunta di specifici substrati.

Miopatia con aggregati tubulari: è una rara malattia che può presentare aspetti clinici particolari anche se nella maggior parte dei casi l'obiettività neuromuscolare è comune a quella della maggior parte delle miopatie congenite. Se ne riconosce una forma pseudomiastenica, caratterizzata da una progressiva incapacità nello svolgere sforzi muscolari protratti con recupero della stenia dopo riposo, e una forma pseudodismetabolica, caratterizzata da crampi muscolari, mialgie e rigidità muscolare indotta dall'esercizio. L'ereditarietà può essere di tipo sia autosomico dominante sia autosomico recessivo. Morfologicamente tale miopatia è caratterizzata dall'accumulo di formazioni tubulari proteiche orientate parallelamente all'asse maggiore della fibra muscolare, derivanti da un'alterazione metabolica sconosciuta.

Miopatie dismetaboliche. - Rappresentano un gruppo alquanto eterogeneo di affezioni determinate da diverse alterazioni del metabolismo muscolare a cui consegue un difetto nella produzione energetica della cellula muscolare. Queste alterazioni metaboliche riguardano l'utilizzazione dei diversi substrati energetici quali il glicogeno e i lipidi o direttamente la respirazione e produzione energetica cellulare quando le alterazioni sono a carico della catena respiratoria mitocondriale.

La biopsia muscolare è spesso caratterizzata dall'accumulo patologico intracellulare delle sostanze che non possono essere correttamente utilizzate ai fini energetici (lipidi o glicogeno). Quando l'alterazione riflette un danno della catena respiratoria mitocondriale, la biopsia muscolare mostra caratteristici accumuli intrafibrali di mitocondri, che spesso hanno dimensioni aumentate e possono presentare modificazioni strutturali come l'ispessimento delle membrane e le cosiddette inclusioni paracristalline, le quali sono ben visibili al microscopio elettronico. Inoltre la biopsia muscolare non mostra mai aspetti distrofici o infiammatori. A seconda della sede del difetto biochimico le miopatie dismetaboliche si dividono principalmente in: glicogenosi, lipidosi, miopatie mitocondriali. Una più attuale classificazione include le lipidosi nell'ambito delle miopatie mitocondriali.

Per opportunità espositiva, a quanto concerne le suddette forme seguirà un cenno sulle malattie ereditarie con manifestazioni metaboliche periodiche, quali l'ipertermia maligna, le miopatie tossiche e nutrizionali, le paralisi periodiche e le miopatie disendocrine.

Glicogenosi: il quadro clinico è generalmente caratterizzato da episodi di incapacità all'esercizio fisico, da crampi muscolari che insorgono dopo sforzi intensi ma di breve durata, dalla possibilità di riprendere lo sforzo fisico grazie al tardivo apporto energetico derivante dal metabolismo lipidico (fenomeno del second wind), da mioglobinuria con possibili conseguenti danni renali. Generalmente il paziente, fra un episodio e l'altro, presenta una forza muscolare normale o solo lievemente diminuita. L'esordio avviene generalmente prima dei 15 anni. In rari casi a insorgenza adulta è spesso presente una costante ipostenia muscolare. Fra le glicogenosi particolare rilievo ha la miopatia da deficit di maltasi acida, per le sue particolarità cliniche e anatomopatologiche. Si tratta di una forma a ereditarietà autosomica recessiva, insorgente nell'infanzia (forma più grave) o nell'età giovanile o anche adulta (forma meno grave), e che determina − a livello muscolare, epatico e dei globuli bianchi − un accumulo di glicogeno negli organelli (lisosomi) che di norma contengono, appunto, la maltasi acida. La compromissione del fegato, a seconda della sua entità, provoca una insufficienza più o meno grave; la compromissione dei globuli bianchi fornisce la possibilità di un utile riscontro diagnostico. La forma con inizio nei primi mesi o anni di vita decorre con grave ipotonia e ipostenia muscolare associate a rigonfiamento del cuore, della lingua e del fegato per l'accumulo di glicogeno lisosomiale non degradato; la morte avviene nei primi mesi di vita o entro la seconda decade, per insufficienza cardiaca o per deficit respiratori. La forma giovanile si manifesta, nel quadro di un deficit più o meno grave delle forze di base, con un ritardo delle acquisizioni motorie; porta al decesso entro i venti anni per problemi respiratori. Infine, nella forma dell'età adulta, l'esordio avviene dopo i venti anni con lieve o lievissima ipostenia a carico della muscolatura prossimale degli arti; a volte, però, la malattia si manifesta in modo subacuto con associati gravi deficit respiratori. Nei casi infantili l'esame bioptico muscolare evidenzia l'accumulo patologico di sostanze metacromatiche all'interno delle fibre. In tutte le forme, come si è detto, sono evidenti accumuli di glicogeno all'interno dei lisosomi, a livello muscolare, epatico e dei globuli bianchi, ben visibili in microscopia elettronica.

Miopatie mitocondriali: a seconda delle particolarità delle alterazioni funzionali si riconoscono tre varietà di miopatie.

La prima varietà è legata a un difetto biochimico a livello degli enzimi deputati al trasporto dei substrati energetici all'interno dei mitocondri muscolari (carnitina e carnitin-palmitoil-transferasi o CPT).

Per quanto riguarda il deficit di carnitina si conoscono due forme principali, a seconda che l'enzima manchi solamente a livello muscolare o vi sia anche un deficit nella sua sintesi epatica (forma sistemica). Nel primo caso vi è un'ipostenia muscolare a esordio subacuto o lentamente ingravescente, localizzata alla muscolatura prossimale degli arti. Nella forma sistemica accanto alla compromissione della forza muscolare è presente una grave insufficienza epatica. In quest'ultimo caso il difetto enzimatico è dimostrabile non solo a livello muscolare ma anche a livello ematico. L'aspetto bioptico muscolare è caratteristico per la presenza di grosse gocce lipidiche fra di loro confluenti, a volte disposte in lunghe catenelle, all'interno delle fibre muscolari. Nella forma sistemica accumuli di lipidi sono presenti anche a livello epatico.

Nel deficit di carnitinpalmitoiltransferasi (CPT) invece la forza muscolare di base è normale, compaiono però i dolori muscolari, ipostenia muscolare generalizzata e mioglobinuria dopo sforzi prolungati o dopo digiuno prolungato.

La seconda varietà deriva da difetti nell'utilizzazione dei substrati energetici per mancanza di diversi enzimi mitocondriali (piruvato decarbossilasi, enzimi della beta ossidazione degli acidi grassi, difetti del trasporto delle flavoproteine). Il quadro clinico è assai aspecifico e spesso caratterizzato solamente da una più o meno evidente ipostenia della muscolatura prossimale degli arti. Più raramente è presente anche una ptosi palpebrale bilaterale.

L'ultima varietà, particolarmente interessante, ha la sua origine in difetti di enzimi della catena respiratoria mitocondriale (complesso NADH CoQ reduttasi, complesso CoQ citocromo bc reduttasi, complesso IV, complesso V, deficit dell'accoppiamento della fosforilazione all'ossidazione).

Tutti questi deficit generalmente possono essere caratterizzati da ptosi palpebrale e oftalmoparesi estrinseca progressiva, associata o meno a un'ipostenia muscolare a evoluzione discendente. Al quadro miopatico può essere associata un'encefalopatia così come disturbi disendocrini, turbe della conduzione cardiaca, deficit staturali, cataratta, alterazioni elettroencefalografiche, aumento delle proteine nel liquido cefalo-rachidiano, aumento dei valori ematici dell'acido lattico, possibili episodi ischemici cerebrali. La biopsia muscolare è caratterizzata dalle cosiddette fibre ragged red, che contengono accumuli di mitocondri con al loro interno inclusioni cristalline.

In questi ultimi anni, nel quadro delle acquisizioni sulle differenze tra DNA cromosomico e DNA mitocondriale e sulla funzione che quest'ultimo svolge sulla sintesi di subunità di determinati enzimi della catena respiratoria, ricerche di biologia molecolare hanno dimostrato che alterazioni del DNA mitocondriale − delezioni ovvero perdita di alcuni nucleotidi che lo integrano − determinano un deficit nella sintesi delle corrispondenti unità enzimatiche e danno origine a determinate miopatie. Questi difetti possono comparire in modo sporadico o presentare caratteri di familiarità con trasmissione di tipo autosomico dominante, recessivo e di tipo materno. Quest'ultimo tipo di ereditarietà è caratterizzato da una trasmissione matrilineare a figli di entrambi i sessi ed è dovuto al fatto che il DNA mitocondriale di ogni individuo deriva esclusivamente dal patrimonio genetico mitocondriale materno.

Ipertermia maligna: forma autosomica dominante di cui sarebbe responsabile un gene localizzato nel cromosoma 19. È caratterizzata da un'abnorme risposta dei tessuti muscolari a determinate sostanze (succinilcolina; alotano, fluorano) impiegate nell'anestesia generale. Si manifesta in detta condizione con un elevato aumento della temperatura corporea, grave rigidità muscolare, notevole emoglobinuria con possibilità d'insufficienza renale secondaria; alla sua base esiste un forte aumento del metabolismo muscolare aerobico e anaerobico, una massiva necrosi cellulare con abnorme aumento dell'acido lattico e degli enzimi muscolari CPK.

Miopatie tossiche e nutrizionali: forme contrassegnate da un'ipostenia generalizzata di varia gravità, da un reperto bioptico di tipo infiammatorio o denunciante una sofferenza aspecifica. Sono attribuite a molteplici agenti: il cobalto, sostanze varie (alcool, oppioidi, clorochina, emetina, vincristina, colchicina) e a carenza delle vitamine E o D.

Paralisi periodiche: forma a ereditarietà autosomica dominante, che esordisce nella seconda decade della vita, con fasi a insorgenza acuta, di durata varia (da un'ora a qualche giorno), caratterizzate da ipostenia generalizzata, che risparmia la muscolatura respiratoria; queste fasi sarebbero provocate da variazioni, più frequentemente abbassamento, del livello sierico del potassio, riferite alla tendenza a un'alimentazione ricca di sodio e di carboidrati. Le fasi sono intervallate da periodi di completo benessere, e col progredire dell'età tendono a divenire meno frequenti e a scomparire del tutto, lasciando talora un'ipostenia di base.

Miopatie disendocrine: sofferenze di tipo miopatico si possono osservare in alcune disfunzioni della tiroide e delle paratiroidi: nell'ipotiroidismo, più raramente nell'ipertiroidismo, si può osservare un'ipostenia prossimale, talora associata a note di miotonia; nell'iperparatiroidismo si può avere ipostenia associata a una grave atrofia.

Difetti della conduzione neuromuscolare. − Queste malattie esprimono un'alterazione della giunzione neuromuscolare, o placca motrice, e sono essenzialmente caratterizzate da un'abnorme faticabilità muscolare. Comprendono la miastenia grave (myasthenia gravis) e la sindrome miastenica.

Miastenia grave: a sostanziale rettifica della conclusione della voce miastenia (XXIII, p. 155), oggi si può affermare che la patogenesi di questa malattia non è più oscura, grazie a una razionale sperimentazione nell'animale che ha portato a realizzare nella scimmia una malattia (myasthenia gravis sperimentale) simile a quella umana (v. farmacologia: Relazioni tra struttura chimica ed effetto farmacologico, App. IV, i, p. 760). Per la sua importanza si deve anche far presente che la soluzione del problema patogenetico ha permesso di risolvere quello terapeutico. Secondo le vedute attuali la patogenesi della miastenia è imperniata su un meccanismo autoimmunitario, cioè sulla formazione di autoanticorpi che bloccano la trasmissione dell'impulso nervoso agendo, a livello della giunzione neuromuscolare, sui recettori post-sinaptici dell'acetilcolina. Tale scoperta indica nella timectomia e più frequentemente, per la sua non-traumaticità, nella plasmaferesi, rimedi efficaci contro questa malattia. All'ovvio miglioramento della prognosi contribuisce la precocità della diagnosi, attualmente facilitata da particolari presidi diagnostici, offerti dalla farmacologia, col test al tensilon, e dall'elettromiografia, con i suoi tracciati.

Sindrome miastenica: in questa malattia della placca motrice, al contrario della miastenia, il difetto è a livello presinaptico ovvero nella parte nervosa della giunzione neuromuscolare. In questa sede vi è un'insufficiente liberazione di acetilcolina a cui segue un'insufficiente stimolazione nervosa della placca muscolare. In circa il 60% dei pazienti è associata a neoplasie maligne polmonari. La manifestazione clinica più frequente è una mancanza di forza agli arti inferiori associata a facile affaticabilità. Più raramente sono colpiti i muscoli facciali e oculari. Anche in questa affezione determinante per la diagnosi è l'esame elettromiografico, in grado di svelare il difetto di trasmissione neuromuscolare. Questa malattia può trarre beneficio da una specifica terapia atta a migliorare la liberazione di acetilcolina a livello sinaptico. Alla luce di recenti acquisizioni patogenetiche che riconoscono a questa malattia una genesi autoimmune vengono anche utilizzate terapie immunosoppressive.

Altri disturbi della trasmissione neuromuscolare, soprattutto per inibizione della liberazione dell'acetilcolina a livello del terminale presinaptico, si possono verificare nel botulismo, nell'intossicazione da magnesio e per azione di alcune sostanze tossiche, come il veleno di alcuni serpenti e zecche.

Bibl.: V. Dubowitz, Muscle biopsy, a practical approach, Londra 1985; A.G. Engel, B.Q. Banker, Myology, New York 1986; L.P. Rowland, Merritt's textbook of neurology, Filadelfia 1989; C.V. Rojas, E.P. Hoffman, Recent advances in dystrophin research, in Current biology, 1 (1991), pp. 420-29; M. Zeviani, S. Di Donato, Neurological disorders due to mutations of the mitochondrial genome, in Neuromuscolar disorders, 1 (1991), 3, pp. 165-72; C. Aslanidis e altri, Cloning of the essential myotonic dystrophy region and mapping of the putative defect, in Nature, 355 (1992), 6, pp. 548-51.

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