Sismologia. Perche trema l'Emilia

Il Libro dell Anno 2012

Giovanni Caprara

Sismologia. Perché trema l’Emilia

Purtroppo ce ne eravamo dimenticati: anche la pianura Padana è zona sismica. L’ultimo evento, nel 1570, aveva provocato danni perfino maggiori. La causa è uno scontro tra placche. La natura alluvionale del suolo amplifica gli effetti del terremoto.

Perché la pianura Padana ha tremato così intensamente e tanto a lungo tra maggio e giugno 2012? Il 20 maggio alle 4,04 del mattino un sisma di magnitudo 5,9 della scala Richter scuoteva l’area di Finale Emilia. Era l’inizio di una serie di scosse che sarebbe continuata prima verso est e poi più decisamente verso ovest, per fortuna con decrescente intensità anche se alcune rimanevano superiori ai 5 gradi della scala Richter. Tutte avevano un ipocentro abbastanza superficiale (tra 10 e 15 chilometri di profondità) e questo ha provocato disastri più significativi. Fosse stato più profondo, le conseguenze sarebbero state meno dannose. Assieme ai picchi più elevati si manifestava con continuità una successione ravvicinata di terremoti (superando anche il centinaio al giorno) di basso livello della scala Richter (intorno a due). Se questi non generavano altri effetti materiali significativi, accentuavano però lo stato di disagio e di paura delle popolazioni che non si rendevano ben conto del perché il cuore della grande pianura si fosse scatenato in quel modo.

Il massimo, infatti, che la storia sismica proponesse fino a quel momento era il terremoto del 1570, quando una scossa intorno a 6 gradi della scala Richter (secondo le valutazioni compiute, ovviamente, in seguito) aveva distrutto;; metà della città di Ferrara allora governata dagli Estensi.

Ma il guaio, anche all’epoca, fu che la terra continuò a sussultare per circa quattro anni sia pure con sempre minore vigore. Il timore era dunque che l’evento si ripetesse provocando una paralisi senza fine della regione.

Le cause dei terremoti in Val Padana sono sempre le stesse, sia nel Cinquecento sia oggi.

Esse sono il frutto dello scontro in atto e continuo tra la placca africana che spinge verso nord e la placca euroasiatica. La pianura Padana è il lembo superiore della placca africana e quindi viene progressivamente schiacciata dagli Appennini proiettati verso le Alpi.

Purtroppo la pianura è formata da depositi alluvionali, quindi è un suolo argilloso che invece di smorzare gli effetti li accentua favorendo un’amplificazione delle onde sismiche le quali riescono, per questo, a farsi sentire anche a grande distanza dal luogo d’origine. Infatti così è accaduto, tanto che il fenomeno è stato avvertito quasi nell’intera Italia settentrionale e, scendendo, persino nell’area toscana. Il modo con il quale si è manifestato l’evento è stato, in conclusione, favorevole, come hanno spiegato i geofisici.

Dagli ultimi mesi del 2011 le regioni della pianura avevano avvertito un intensificarsi di scosse che veniva seguito dagli studiosi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) con grande attenzione per decifrarne la ragione. Finché il 20 maggio l’energia che si era accumulata nel sottosuolo nell’arco di centinaia di anni ha sprigionato il terremoto più violento, creando una faglia tra est e ovest lunga una quarantina di chilometri.

Altri movimenti tellurici seguivano con tono decrescente e ciò significava che l’energia si stava liberando dalla faglia in modo graduale, con tempi più lunghi.

Se invece questo processo si fosse concentrato interamente nel primo episodio, la violenza sarebbe stata molto più elevata e quindi avrebbe dato luogo a un evento più catastrofico e tremendo per la popolazione.

Proprio perché il ricordo sbiadito di Ferrara distrutta risale al Cinquecento, e per fortuna altre tragedie non hanno segnato i secoli successivi, la Val Padana era ritenuta un’area a basso rischio, in particolare le zone colpite tra maggio e giugno. Infatti, bisogna arrivare al 2003 perché il territorio venga preso in considerazione e adeguatamente inserito nella carta del pericolo sismico. Nei giorni del terremoto il presidente dell’INGV, Stefano Cresta, si chiedeva: c’è qualcosa di anomalo nei fatti dell’ultimo anno? In altre parole, che cosa potrà riservarci il futuro?

Nessuno lo può dire perché le scienze della Terra sono disarmate nei confronti di questi fenomeni. L’unica certezza è che l’intera penisola è un paese ad alto rischio sismico, tra i più alti del pianeta. Dunque non resta che esserne consapevoli e agire per prevenire con adeguati criteri edilizi i danni causati dalla natura che non sempre è benigna.

Terremoti con magnitudo superiore a 5

Gradi   Località                              Data (dal 1960)

6,2         Irpinia (Campania)                       21 agosto 1962

6,1         Belice (Sicilia)                            15 gennaio 1968

6,4         Friuli                                          6 maggio 1976

5,9         Friuli                                          15 settembre 1976

6,1         Golfo di Patti (Sicilia)                  15 aprile 1978

5,9         Valnerina (Umbria)                      19 settembre 1979

6,9         Irpinia (Campania/Basilicata)        23 novembre 1980

5,9         Lazio e Abruzzo                          7 maggio 1984

5,8         Basilicata                                   5 maggio 1990

5,8         Umbria e Marche                        26 settembre 2009

6,3         Abruzzo                                     6 aprile 2009

5,9         Emilia                                        20 maggio 2012

CATEGORIE