SISMOGRAFO

Enciclopedia Italiana (1936)

SISMOGRAFO (dal greco σεισμός "scuotimento" e γράϕω "scrivo"

Giovanni Battista Alfano

Apparecchio destinato a fornire graficamente i dati di una scossa di terremoto per poter argomentare il vero movimento del suolo.

Molti ne furono ideati con principî e scopi differenti. È evidente che gli antichi cominciassero da apparecchi molto semplici detti sismoscopî e sismometri. Fu nel 1703 che l'abate De Haute-Feuille ne ideò il primo, costruendo una vaschetta con fori presso l'orlo, orientati secondo i punti cardinali; la vaschetta era riempita di mercurio fin presso i fori. Ad ogni scossa il mercurio, oscillando, traboccava da uno o più fori, e cadeva in apposite scodellette, indicando così non solo la direzione della scossa, ma anche la sua intensità, dalla quantità di mercurio traboccato. L'abate Atanasio Cavalli, nel 1784, vi aggiunse un orologio orizzontale con quadrante girevole e con fori corrispondenti alle diverse ore; il mercurio, cadendo nei fori che indicavano le ore, rivelava così anche l'ora della scossa. Sullo stesso principio di caduta di oggetti, il Mallet, nel 1858, ideò una serie di colonnine tutte della stessa altezza, ma di diametro crescente, le quali in seguito all'urto, cadendo sulla sabbia, in minore o maggior numero, in una o in un'altra direzione, potevano funzionare da sismoscopî e da sismometri.

Il Mensini nel 1875, faceva cadere dall'alto di una colonnetta una pallina. Il Brassart, nel 1882, costringeva la pallina, cadente per la scossa, ad abbassare il giogo di una bilancia e così un'orologio si arrestava indicando l'ora. Il Galli, nel 1879, ideò un cilindretto bilicato verticalmente, che, cadendo in un verso o in un altro, dava idea della direzione e della provenienza della scossa.

Contemporaneamente però per altra via si cercava di utilizzare un mezzo più scientifico; si ricorse al pendolo; e fu il P. Bina che, nel 1751, pensò d'utilizzarlo come apparecchio sismico; egli fece sì che una massa di piombo, sospesa ad un filo e munita di una punta nella parte inferiore, solcasse in uno strato di sabbia le tracce del movimento tellurico. Il duca Della Torre, nel 1794, ottenne che il pendolo, mettendosi in moto, facesse fermare un orologio. Il Pagani, nel 1834, aggiunse all'apparecchio alcune aste orizzontali scorrevoli, che, urtate e spostate dalla massa oscillante, indicavano la direzione e l'intensità del movimento sismico, mezzo che il Serpieri perfezionò.

Ma il pendolo non sempre obbediva all'oscillazione della terra; era chiaro che uno stesso pendolo non poteva oscillare all'unisono di tutti i movimenti della terra; il Cavalleri perciò ideò, nel 1858, di usare dieci pendoli di disuguale lunghezza, sospesi a un'asta inclinata all'orizzonte; tutti i pendoli mediante una punta attaccata alla loro parte inferiore toccavano nella sabbia, posta su un piano orizzontale. Tuttavia si desiderava che l'apparecchio pendolare avesse dato non solo questa registrazione rudimentale, ma anche un allarme allo scopo di potere con prestezza studiare la scossa.

A tal fine il Palmieri, nel 1874, dispose che un pendolo, nel mettersi in oscillazione all'atto di una scossa, avesse chiuso il circuito di un campanello elettrico, mediante una punta situata a breve distanza da un anello di mercurio, contenuto in apposita vaschetta. E affinché il pendolo fosse più pronto a entrare in oscillazione per le vibrazioni del suolo, il Guzzanti (1894) lo costruì ad asta rigida, utilizzandone così la forza elastica.

Si pensò anche che forse si sarebbe aumentata la sensibilità del pendolo rovesciandolo, cioè fissandolo al suolo per la sua asta, e portando la massa all'estremità libera superiore del sistema rigido. Il P. Filippo Cecchi, nel 1881, ideò appunto un pendolo siffatto, che anzi al momento della scossa lasciava cadere un cilindretto poggiato su di esso; il cilindretto cadendo metteva in movimento un orologio. Su questo stesso principio, l'Agamennone, nel 1895, costruì, con due pendoli a rovescio, un sismoscopio elettrico di squisita sensibilità.

I moderni sismografi risolvono in maniera più tecnica i varî problemi per conoscere le modalità del vero movimento vibratorio del suolo. Il più importante problema che si propone la sismologia, e che è indispensabile per la misura dell'intensità di una scossa, è quello di misurare l'accelerazione (a) della particella terrestre colpita dal moto sismico. La meccanica a tale scopo dà la formula a = 4π2 A/T2 in cui A è l'ampiezza reale dell'oscillazione della particella del suolo; T il periodo di tale movimento, ossia la durata completa della oscillazione. Occorre dunque misurare A e T, il che oggi si è ottenuto mediante i sismografi che descriviamo.

Sismografi per i moti orizzontali. - Il concetto che guidava gli antichi sismologi nel costruire i sismografi era quello di utilizzare un leggiero pendolo verticale munito di un indicatore che potesse trascrivere in un modo qualsiasi sopra una carta, o un vetro affumicato, i movimenti da esso subiti per effetto di una scossa. Ma in tal modo si registravano nella loro ampiezza e nel loro periodo i movimenti del pendolo e non quelli del suolo. Occorreva invece invertire le condizioni, e realizzare una massa inerte fuori la superficie della terra che, nei limiti del possibile, fosse stata indipendente dai moti sismici; contro tale massa inerte si sarebbe poggiato per scrivere un indicatore solidale col suolo vibrante. Ciò si poté ottenere mediante un pendolo relativamente pesante e di periodo prossimo o dissincrono da quello del suolo, e magari smorzato nelle proprie oscillazioni.

Sono questi i concetti su cui poggiano i moderni sismografi, i quali hanno masse che vanno dai cento grammi fino a 20 tonnellate.

Circa poi il periodo da dare ai pendoli sismici, per quanto non tutti i sismologi siano d'accordo su tale argomento, pure vale comunemente la norma di adoperare varî apparecchi a periodo differente, secondo gli scopi che si vogliono raggiungere. Così, se si vuole ottenere dall'apparecchio molta sensibilità, si sogliono adoperare pendoli (preferibilmente senza smorzamento) il cui periodo sia prossimo a quello del moto del suolo; se invece si desiderano grafici per ricavare il periodo e l'ampiezza del moto del suolo, si deve ricorrere al cosiddetto dissincronismo, o anche, per certi casi, allo smorzamento. Per dissincronismo s'intende una certa differenza tra il periodo del moto del suolo e quello dell'apparecchio. È perciò utile, anzi sembra necessario, che in uno stesso osservatorio sismico vengano adoperati varî apparecchi non smorzati a periodo differente, e qualche apparecchio con smorzamento; i quali possano funzionare da risonatori o da analizzatori, secondo i diversi casi e le diverse ricerche da eseguire (Proviero).

Costruire pendoli a massa pesante e a corto periodo fu la prima idea; si diede ad essi la lunghezza di qualche metro, di poco variabile secondo il periodo desiderato (Vicentini; tav. CLXXV, in alto a sinistra). Difficile invece era realizzare pendoli di lungo periodo. Occorrevano pendoli di una lunghezza di varie diecine di metri. È noto infatti che il periodo dei pendoli (ossia l'oscillazione completa) in funzione della loro lunghezza, è dato dalla formula

Sicché per realizzare, ad es., un periodo di 16 secondi occorre un pendolo lungo 64 metri. Ciò porterebbe alla conseguenza di dover costruire delle torri altissime per impiantare un apparecchio sismico ispirato a tale principio. Si ricorre perciò ai cosiddetti pendoli orizzontali o pendoli conici (fig. 1). Una massa M è sospesa per un filo metallico all'estremo di una colonna alta al più un 2 metri, ed è tenuta deviata dalla verticale mediante un'asta orizzontale λ, che poggia in un incavo (a) situato sulla colonna di sostegno. È necessario però che la retta (ha) che unisce il punto di sospensione del pendolo con il punto d'appoggio dell'asta orizzontale non coincida con la verticale che passa per il detto punto di appoggio, altrimenti il pendolo, in qualunque posizione fosse, si troverebbe in equilibrio indifferente e n0n oscillerebbe; occorre invece che il punto di sospensione (h) stia spostato in modo che le due rette: la verticale ph e la congiungente ha, facciano un piccolissimo angolo pha. In tal modo l'equilibrio del pendolo sarà stabile quando il suo centro di gravità si troverà al di sotto di un piano orizzontale che passi per a e nella posizione più bassa rispetto a tale piano. È evidente che tale pendolo, deviato dalla sua posizione di equilibrio stabile, vi ritorna dopo una serie di oscillazioni e il periodo di queste sarà tanto più lungo quanto più piccolo sarà l'angolo i come si rileva dalla formula

La quale, poiché sono quasi eguali i valori di π e √g, si può semplificare in

Ora quando l'angolo i è piccolissimo la frazione l/sen i tende all'infinito, e quindi anche T0; e perciò tali pendoli possono assumere periodi molto lunghi.

Se si volesse calcolare la lunghezza teorica di un dato pendolo orizzontale, si può utilizzare la già riferita formula del pendolo in cui l = (T0/2)2. Ossia, se un pendolo orizzontale ha, per es., un periodo di 14 secondi, la sua lunghezza teorica sarà 49 metri. Come si vede, coi pendoli orizzontali è raggiunto lo scopo di aver lunghi periodi, con sistema pendolare relativamente corto.

Nei sismografi l'apparato scrivente è formato, in generale, da una leva che ingrandisce il movimento del suolo. La leva c d e (figura1), con braccio corto in dc e braccio lungo de, ha il fulcro sostenuto da una colonnina f che è solidale col suolo. L'estremo e porta un pennino di vetro o di paglia che poggia sopra una zona affumicata, la quale ruota col cilindro t; per lo più il cilindro compie la sua rotazione in un'ora, ogni ora si sposta lungo il suo asse; a tale scopo è sostenuto da una vite che si svolge su una apposita madrevite mediante un movimento di orologeria. Sullo stesso cilindro, mediante un opportuno artificio, vengono registrati i segni dei minuti primi, trasmessi elettricamente da un cronometro che giornalmente viene controllato; e ciò per conoscere con estrema esattezza l'istante dell'inizio e delle diverse fasi della registrazione sismica, allo scopo precipuo di calcolare la velocità delle diverse vibrazioni originate da una scossa.

È chiaro che i moti del suolo se sono rapidi vengono trasmessi al sostegno della leva scrivente ed alla colonna che porta il pendolo, e sono registrati sul cilindro con movimenti dell'estremo del braccio lungo della leva, mentre l'estremo del braccio corto poggia sul punto teoricamente inerte formato dalla massa del pendolo sismico, reso stazionario per il suo peso e per il suo periodo lungo di oscillazione. Invece per moti lenti del suolo la colonna di sostegno entra in oscillazione e quindi anche il pendolo, che trascina con sé l'apparato scrivente. Di tale tipo sono i tromometrografi Alfani, i pendoli Agamennone e i pendoli Mainka (tav. CLXXV).

Ma la registrazione negli apparecchi sismici realizzata con pennini di vetro o di paglia, che scavano un solco in un leggiero strato di nerofumo deposto sopra una carta avvolta sul cilindro rotante, esige pendoli di massa molto rilevante (100 ÷ 1000 kg. ed anche più) per poter vincere appunto l'attrito degli aghi scriventi. Perciò si è ricorso alla registrazione fotografica, o alla registrazione magnetofotografica. Nella registrazione semplicemente fotografica un'asta attaccata al pendolo sismico non è in contatto con l'ago registratore, ma porta uno specchietto su cui cade un raggio luminoso di una piccola lampadina elettrica che impressiona una carta sensibile sulla quale vengono registrati i moti del pendolo. Con tale metodo bastano masse pendolari di 1 ÷ 2 kg. Di tale tipo sono gli apparecchi di Milne-Shaw.

Nella registrazione magneto fotografica all'asta pendolare è attaccata una bobina di filo di rame che può oscillare fra i due poli di una potente elettrocalamita. Le correnti indotte generate dallo spostarsi della bobina agiscono su di un galvanometro, il cui ago porta un leggiero specchietto che dà poi una registrazione fotografica. Onde in tal caso si possono usare masse leggiere (10 ÷ 20 kg.). Tali sono gli apparecchi del tipo Galitzin (tav. CLXXVI, in alto a sinistra).

I sismografi Galitzin comportano però notevoli difficoltà nella manutenzione e calcoli assai laboriosi per ricavare dai loro diagrammi i valori reali del moto del suolo. Furono perciò costruiti (dall'Alfani) nuovi tipi di pendoli orizzontali, anche a massa leggiera, in cui pure utilizzando la forza magnetica si ha registrazione fotografica senza il galvanometro intermediario; gli apparecchi, detti fotosismografi, corrispondono perfettamente a tutti i requisiti che offrono quelli di Galitzin; attualmente sono in azione a Firenze, a Trieste e a S. Fernando di Spagna (tav. CLXXVI), e dànno registrazioni perfettamente identiche e precise, come quelli Galitzin. È evidente che con qualunque mezzo si ottenga la registrazione, il grafico rappresenta molto ingrandito il moto reale del suolo. È compito dell'osservatore calcolare con esattezza l'aumento interno ed esterno del sismografo e dedurre dall'ampiezza d'onda registrata il valore vero di quella del moto sismico.

Sempre allo scopo di ottenere apparecchi oscillanti a lungo periodo, si sono inventati anche i cosiddetti pendoli invertiti, formati, in teoria (fig. 2) da un'asta verticale (z) che poggia sul suolo mediante una molla (n) attaccata al suo estremo inferiore e portante una massa (M) all'estremo superiore. L'equilibrio instabile in cui si trova tale sistema è reso stabile mediante molle di acciaio (x, y) antagoniste alla forza di gravità, e attaccate nella direzione dell'oscillazione del pendolo. Il periodo di questi pendoli è dato dalla formula

in cui ϕ è una quantità proporzionale alla forza elastica delle molle antagoniste. Ora quando e si fa prossimamente ugual e a g, il denominatore della su riferita formula si accosta a zero e quindi il radicando tende ad ∞; onde il pendolo acquista una lunghezza teoricamente infinita e quindi un periodo lentissimo. Tuttavia per il variare dell'elasticità delle molle, specialmente per effetto della temperatura, varia di molto anche il periodo di tali pendoli, e perciò richiedono sistemi di compenso un po' complicati. Tali sono gli apparecchi tipo Wiechert, che sono usati in quasi tutte le stazioni sismiche tedesche (fig. 3).

Sismografi per la componente verticale. - Un moto sismico che non sia perfettamente orizzontale si può sempre decomporre in tre componenti: due orizzontali e una verticale. Per individuare quindi un movimento del suolo occorrono tre sismografi: due per le componenti orizzontali (generalmente secondo le direzioni nord-sud e est-ovest) e un terzo per la componente verticale.

Anche i sismografi verticali sono poggiati sul principio della massa astatica. Questa si realizza mediante un peso notevole sostenuto da una molla, la quale in generale agisce sopra una leva di secondo genere al cui estremo libero è la massa (fig. 4). Per moti rapidi la massa è inerte. Per moti lenti la massa oscilla con la leva e si procura che il suo periodo sia dissincrono dai moti vibratorî del suolo. Nondimeno in tali apparecchi è difficile realizzare un periodo lento, il quale è dato dalla formula:

in cui E è il coefficiente di elasticità della molla spirale; L la lunghezza del braccio lungo della leva; l il braccio corto.

Gli apparecchi più in uso sono quelli dell'Alfani (fig. 5), del Wiechert, del Galitzin. Nel modello Vicentini la molla è laminare.

Smorzamento. - È facile comprendere che in ogni grafico di apparecchio sismico, di qualunque natura questo sia, l'ampiezza dell'oscillazione del suolo può riuscire ingrandita o impiccolita per fenomeni di interferenza positiva o negativa con le oscillazioni del pendolo. Ed è da sospettare che anche il periodo dell'oscillazione del pendolo, come viene rappresentato dal grafico, non riproduca esattamente il periodo dell'oscillazione del suolo; e perciò è argomento di profondo studio da parte dei sismologi fino a quale punto possa verificarsi tale influenza e quale calcolo si debba adottare per ottenere il valore del vero periodo dell'oscillazione del suolo da quello del grafico e da quello pendolare; perciò furono proposte varie correzioni e formule per conoscere i valori reali dell'ampiezza e del periodo del suolo.

Secondo molti sismologi sarebbe desiderabile che il pendolo sismico fosse, come si dice, aperiodico; ossia che, messo in oscillazione perché sollecitato dal moto tellurico, tornasse immediatamente nella sua posizione di riposo. E perciò furono escogitati varî mezzi per smorzare le oscillazioni pendolari; basta ricordare lo smorzamento prodotto da una lamina metallica attaccata verticalmente al pendolo e che oscilla in una scatola chiusa in modo da trovare una resistenza nell'aria o in un liquido. Più opportuno è lo smorzamento ottenuto da un campo magnetico prodotto dalle correnti indotte provocate dallo spostamento di una lamina di rame fra i poli di un'elettrocalamita (Galitzin e Alfani). Ma anche lo smorzamento nella pratica presenta inconvenienti, tra i quali quello di diminuire la sensibilità degli apparecchi e di dover usare formule ancor più complicate per assurgere al periodo e all'ampiezza reale del moto del suolo; certo è che il problema a favore o meno dello smorzamento non è ancora risolto. Nondimeno gli attriti delle leve scriventi, l'aria in cui oscilla il pendolo sono per sé stessi notevoli coefficienti di smorzamento e forse anche bastanti. Anzi il dissincronismo tra il periodo dell'oscillazione del pendolo e quello tellurico forse risolve il problema nella teoria e nella pratica con più semplicità che non lo smorzamento; come si è dimostrato con esperienze (Proviero), dalle quali si rileva, con grafici, che il periodo di un pendolo dissincrono riproduce fedelmente il periodo del suolo; sicché lo smorzamento non sarebbe assolutamente indispensabile come da molti si ritiene. Come si rileva, il problema di conoscere i valori reali dell'ampiezza e del periodo del moto del suolo è quasi risolto; e perciò è anche misurabile, con molta approssimazione l'accelerazione del moto sismico, in base a cui si è potuto stabilire una scala di gradi di intensità della scossa. Le scosse appena avvertite dall'uomo vanno dai 2 ai 10 millimetri al secondo, quelle catastrofiche raggiungono i 5000 millimetri al secondo.

Nondimeno si sono ideati sistemi per misurare direttamente l'accelerazione, onde il loro nome di accelerometri. Consistono, in generale, in parallelepipedi di varie dimensioni; queste sono calcolate in modo che i singoli accelerometri vengono abbattuti soltanto per determinati urti sismici. Ve ne sono tanti quanti sono i gradi delle scosse (Agamennone, Galitzin).

Modelli recenti fondati su altro principio permettono anche la registrazione dell'accelerazione e furono detti vibrografi dell'inventore Alfani (tav. CLXXVI in basso). Si è procurato di eliminare le masse pendolari con tutti i loro inconvenienti da correggersi per il dissincronismo e per lo smorzamento; e si sono utilizzate le variazioni di pressione prodotte da un peso di una ventina di chilogrammi nell'aria chiusa in un involucro tubolare di gomma; ad un estremo del quale si trova una scatola manometrica Marey, munita di pennino scrivente; l'apparecchio è stato adattato per vibrazioni orizzontali e verticali ed è utilissimo per scosse locali, quali quelle di un vulcano in eruzione o per lo studio di vibrazioni di edifici.

Bibl.: v. sismologia.