SINTESI

Enciclopedia Italiana (1936)

SINTESI

Guido Calogero

. In generale, il termine di sintesi designa ogni forma conoscitiva che partendo da elementi singoli giunga a una conclusione unitaria, in contrapposizione all'analisi, la quale studia un complesso unico di realtà scindendolo nei suoi singoli costituenti. Come specifico termine filosofico, "sintesi" ha avuto significati diversi nella storia del pensiero. Aristotele l'adopera, al pari di quello equivalente di συμπλοκή, nella formula σύνϑεσις νοημάτων, designante il nesso predicativo che unisce i due termini del giudizio. Kant chiama in generale sintesi ogni forma di unificazione del molteplice operata dalla coscienza: tale è quindi, p. es., per lui, quella dell'immaginazione, che unisce immediatamente nella consapevolezza un complesso di dati empirici, mentre "sintesi pura" è quella che interviene soltanto a priori, come la sintesi costituita dall'unità delle categorie. La sintesi dell'immaginazione è d'altronde preceduta da quella anche più elementare dell'apprensione, e seguita da quella della ricognizione, mercé la quale è riconosciuto nella sua identità attraverso la durata del tempo il complesso fenomenico appreso dal senso e riprodotto dall'immaginazione. Ma il più importante uso kantiano del termine di sintesi è quello riferentesi alla sua concezione della sintesi a priori. Quest'ultima presuppone terminologicamente la distinzione dei giudizî analitici a priori, proprî della conoscenza deduttiva (intrinsecamente necessaria, ma in cui il predicato è già implicito nel soggetto, il risultato del sapere essendo solo ricavato per analisi dai dati di partenza), dai giudizî sintetici a posteriori, proprî della conoscenza induttiva (che accresce col predicato il contenuto ideale del soggetto, ma per l'empiricità sperimentale di tale aggiunta non possiede mai valore universale e necessario).

La sintesi a priori riunisce invece il carattere di novità e fecondità, proprio della sintesi induttiva, con quello di necessità aprioristica, proprio dell'analisi deduttiva, e si realizza infatti mercé l'unione della necessità e universalità trascendentale delle categorie coi dati empirici che esse informano nell'esperienza. E anche il Rosmini, che, considerando l'esperienza come determinata dall'unione del singolo contenuto sensibile con l'idea universale dell'essere, riproduce in certo modo la stessa concezione kantiana, dà a tale unione il nome di "sintesi primitiva". Diverso significato ha, poi, il termine di sintesi nella dialettica dell'idealismo postkantiano, nella quale, da Fichte in poi, serve a designare il momento conclusivo della triade dialettica, conciliante in unità quella tesi e quell'antitesi che nelle antinomie kantiane costituivano invece una contraddizione insuperabile. E questo significato esso conserva sostanzialmente nella filosofia del Gentile, che peraltro, per la sua impostazione soggettivistica, interpreta come "autosintesi" la sintesi dialettica in cui si realizza l'attività spirituale. Nel sistema crociano torna invece piuttosto il concetto kantiano della "sintesi a priori", ma non nel senso esclusivamente gnoseologico, bensì in quello più lato di operazione, onde ogni forma dello spirito, rendendosi esplicita, riduce a propria materia la forma che la precede, nel processo ideale e storico.