sindacato Associazione di lavoratori o di datori di lavoro costituita per la tutela di interessi professionali collettivi. Nel linguaggio economico e finanziario, coalizione di imprese.
Il sindacalismo è la dottrina e prassi politico-economica, di varia matrice ideologica e culturale, finalizzata all’organizzazione dei lavoratori in sindacato.
Nato in seno al movimento operaio e affermatosi progressivamente in tutti i paesi sviluppati a partire dalla prima fase della loro industrializzazione moderna (➔ operaio), il sindacalismo si è variamente configurato, nelle diverse aree geografiche, sulla base delle differenti situazioni politico-economiche, ma anche in relazione ai rapporti con i partiti politici operai.
La prima espressione teorica si definì, tra il 1850 e la fine del 19° sec., nelle trasformazioni del tradeunionismo inglese. La teoria del sindacalismo tradeunionistico postulava una concezione dicotomica della struttura sociale ed economica e fu organicamente esposta negli scritti di S. e B. Webb, venendo a costituire il maggior punto di riferimento per tutte le altre riflessioni sul s. che si diffusero in
Radicalmente diverso, il sistema del sindacalismo rivoluzionario formulato in Francia soprattutto da
Un sistema di relazioni industriali basato su un’espressione relativamente libera delle forze sindacali e su un ampio intervento dello Stato in campo economico e sociale cominciò a svilupparsi a partire dagli anni 1920. Esso comportava, fra l’altro, il riconoscimento reciproco, da parte dei lavoratori e degli imprenditori, delle rispettive rappresentanze, la definitiva stabilizzazione della procedura contrattuale, l’assunzione da parte dell’autorità pubblica di funzioni di arbitrato nei conflitti di lavoro e di indirizzo nell’evoluzione dei rapporti tra dinamica contrattuale, strategia imprenditoriale e politica economica e occupazionale. Questo sistema, intimamente connesso con il fenomeno del fordismo, si fondava sull’accresciuto potere d’acquisto dei salari e sul conseguente incremento della domanda: si delineava così un comune interesse dei lavoratori e degli imprenditori allo sviluppo della produzione e, pur rimanendo materia di conflitto la definizione delle condizioni salariali, normative e occupazionali, si configurava la possibilità di uno scambio tra incrementi di produttività e aumenti retributivi. Questo modello di relazioni industriali, la cui diffusione si accompagnò all’integrazione del movimento operaio nei sistemi politici occidentali e all’introduzione del welfare state, è stato rimesso in discussione, a partire dagli anni 1970, con l’emergere della crisi fiscale dello Stato e dei limiti ecologici dello sviluppo, in concomitanza con un netto rallentamento della
3. Il movimento sindacale in
Le origini. - L’associazione organizzata dei lavoratori volta alla tutela degli interessi economici (di gruppo, di categoria, di classe) costituì anche in Italia il nucleo originario del moderno sindacato. Nel corso del 19° sec., dopo la dissoluzione delle vecchie corporazioni di arti e mestieri, i lavoratori si vennero associando all’interno di un vasto movimento solidaristico il cui centro era costituito dalle Società di mutuo soccorso. A partire dagli anni 1880, la crisi sociale nelle campagne e lo sviluppo dell’industrializzazione favorirono l’avvento di una diversa forma di organizzazione dei lavoratori: le leghe di miglioramento e di resistenza. Tali organismi si ispiravano ai principi dai quali avrebbero tratto origine le stesse strutture sindacali: l’esclusivismo di classe, in quanto le leghe tutelavano solo i lavoratori manuali ed erano costituite e dirette solo da essi; la resistenza sul piano economico, poiché avevano il compito di difendere i lavoratori dalle azioni unilaterali dei padroni circa il salario, l’orario e le condizioni di lavoro; il ricorso ordinario allo sciopero sia come strumento di difesa sia come mezzo di pressione e di sostegno per le proprie azioni. Ordinate sulla base di uno statuto, in genere per mestieri, le leghe si affermarono nelle città e nelle campagne, dove assunsero una fisionomia fortemente politicizzata, come nel caso dei Fasci siciliani e del movimento bracciantile in Puglia e nella pianura Padana. A fianco delle leghe, che nonostante la presenza al loro interno di varie posizioni politiche si mantenevano sostanzialmente autonome dai partiti, venne costituendosi, in quegli anni, un’altra importante forma di organizzazione e di rappresentanza dei lavoratori: la federazione di mestiere. Fin dal 1872, nei settori a più elevato contenuto professionale quali quelli dei tipografi, dei ferrovieri e degli edili, si era affermata l’organizzazione di tipo federale, che raggruppava tutti i lavoratori di una stessa categoria. Scopo primario delle federazioni era quello di rendere omogenea la condizione di lavoro attraverso la stipula di convenzioni o contratti collettivi, la cui validità era estesa a tutti i lavoratori del mestiere, superando le primitive forme di accordo individuale e informale con il padrone. Negli anni 1890 si affermarono nuove strutture sindacali, le Camere del lavoro. Da una iniziale impostazione di pura assistenza nell’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, esse vennero via via trasformandosi in organismi di rappresentanza politica e sindacale di tutto il movimento dei lavoratori su un determinato territorio. Agli inizi del Novecento le Camere del lavoro e le federazioni di mestiere si coordinarono al fine di superare i contrasti che spesso nascevano circa la direzione degli scioperi, dando vita al Segretariato centrale della resistenza (1902-06). Nel 1906 la nascita della Confederazione Generale del Lavoro (
Il s. confederale e quello fascista. - Protagonista della lotta politica, crocevia di tutte le correnti ideologiche del movimento operaio, il s. confederale accettò l’ideologia socialista e stabilizzò i rapporti con i partiti sulla base del principio, tipico/">tipico della Seconda Internazionale, dell’autonomia intesa come divisione dei rispettivi compiti. La CGdL contribuì a generalizzare il sistema della contrattazione collettiva del lavoro, elaborò la prima forma di sindacalismo industriale come superamento di quello di mestiere e rappresentò sul piano generale
Si dicono s. di comodo (o s. gialli nel linguaggio comune) associazioni sindacali costituite e sostenute dai datori di lavoro e dalle loro associazioni. L’esistenza di tali organizzazioni è vietata dalla legge in quanto comprime la libertà sindacale e ne limita gli spazi per un’attività e un’organizzazione effettivamente genuina. I modi in cui i datori di lavoro sostengono i s. di comodo sono molteplici e difficilmente tipizzabili. L’esperienza offre una serie di esempi, che vanno dal finanziamento vero e proprio al più semplice, e meno grave, favoreggiamento, che comporta maggiori problemi per l’individuazione da parte del giudice. Ciò che comunque deve essere individuato, e che il nostro ordinamento ritiene strumento antigiuridico, è il rapporto di asservimento del s. di comodo al datore di lavoro. In caso di violazione di tale divieto da parte del datore, il giudice eventualmente adito dovrà inibire il comportamento, interdicendo l’azione di sostegno, ma non potrà disporre lo scioglimento dell’organizzazione costituita.
S. commerciali Intese miranti a incettare un prodotto o una materia prima per speculare sul rialzo del prezzo (dette anche rings). S. industriali (o, più propriamente, di produzione) Intese tendenti a sospendere per un certo periodo la concorrenza tra imprese dello stesso ramo (più note sotto il nome di cartelli o consorzi) e accordi che sboccano in forme più accentuate di concentrazione industriale in senso orizzontale o verticale (tra imprese cioè similari o tra imprese collegate da complementarità o strumentalità), dando vita in modo permanente a complessi economici (gruppi o trust) volti a rafforzare l’efficienza produttiva e a ridurre i costi di produzione.
Nella pratica finanziaria, s. azionari, accordo fra gruppi di azionisti, di maggioranza o di minoranza, di una società per azioni, che si obbligano reciprocamente ad assumere un atteggiamento uniforme nelle assemblee sociali. La liceità dei s. azionari, che una volta era posta in dubbio, è ora pienamente riconosciuta, anche se tuttora manca una specifica disciplina legislativa e se si riconosce la necessità di particolari limitazioni, soprattutto temporali. Gli scopi dei s. azionari sono raggiunti o mediante l’impegno reciproco dei partecipanti al s. di votare in assemblea secondo le decisioni prese, oppure conferendo la procura a un mandatario comune; una particolare specie di s. azionari è il s. di blocco, con il quale i partecipanti si obbligano a non vendere le proprie azioni oppure a venderle soltanto a un altro partecipante al sindacato. S. di difesa Associazione in partecipazione tra banche o imprese finanziarie che si propone di agevolare, animando il mercato, le contrattazioni di un certo numero di titoli che per il loro frazionamento in più mani hanno un mercato debole, oppure di ostacolare manovre di accaparramento degli stessi da parte di speculatori.
Per il patto di s. ➔ patto.