SINAGOGA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1966)

Vedi SINAGOGA dell'anno: 1966 - 1997

SINAGOGA (συναγωγή)

M. Floriani Squarciapino

Il termine greco, traduzione dell'ebraico Bēt ha-Kěnesset (Casa dell'Assemblea), non è il solo che nel mondo classico abbia designato l'edificio ove le comunità ebraiche si riunivano per la preghiera comune e per l'insegnamento della Legge: fonti letterarie ed iscrizioni documentano anche ποσευχή, ἱερόν, οἶκος, σαμβαϑεῖον, ᾿Εβραϊκή, ecc. ed è opportuno ricordare che, prima di designare l'edificio di riunione, il vocabolo s. si riferì piuttosto alla "comunità".

La s. ebbe origine durante l'esilio babilonese, dopo la distruzione del primo Tempio di Gerusalemme, ma l'uso continuò dopo il ritorno in patria del popolo ebraico, tantoché si ebbero s. anche in Gerusalemme (specie per riunirvi i pellegrini) come è documentato, anteriormente alla distruzione del secondo Tempio, anche dalla iscrizione dedicatoria di Teodoto, figlio di Vettenio (Frey, C.I., ii, 504). È per altro plausibile che, almeno fino alla distruzione del secondo Tempio, le s. fossero più diffuse nella Diaspora che non sul territorio ebraico e certo le più antiche conosciute (per ora, ad eccezione di quelle di Delo e di Ostia, quasi esclusivamente da fonti letterarie ed epigrafiche) sono al di fuori della Palestina. Tale circostanza può contribuire a spiegare la genesi del tipo architettonico dell'edificio, nettamente influenzato dalla basilica civile ellenistico-romana, quale si presenta nei monumenti preservati, quasi tutti databili dal III sec. d. C. in poi.

I resti monumentali sino ad oggi noti, sia in Palestina, sia nella Diaspora, hanno consentito di delineare con sufficiente precisione fisionomia architettonica, planimetria e decorazione della s.; fonti letterarie ed epigrafiche, descrivendo edifici o nominandone talune parti, integrano i dati offerti dai monumenti e sono talora l'unico documento dell'esistenza di s. oggi perdute o non ancora scavate.

Pur non mancando eccezioni, le s. note, quasi tutte posteriori alla distruzione del secondo Tempio, sono state raggruppate in base alle caratteristiche di pianta, di alzato, di decorazione e di orientamento, in tre tipi fondamentali che sembrano succedersi cronologicamente.

I° Gruppo, che si può dire "tipo Galilea" poiché le s. meglio conservate, databili tra il III e il IV sec. d. C. sono appunto in Galilea (Cafarnao, Chorazin, Meiron, Kefar Bar'am, Umm el-Amed, Irbid, Giscala, ed-Dikke, ecc.), ha caratteristiche quasi costanti: l'aula sinagogale si ispira alla basilica ellenistico-romana (del resto doveva assolvere appunto la funzione di riunire parecchie persone); è rettangolare ed ha fronte, coincidente con uno dei lati brevi, sempre orientata verso Gerusalemme. La S. sorge generalmente nel punto più alto dell'abitato o presso il mare o sulla riva di un corso d'acqua. Sulla fronte si aprono generalmente tre porte (la centrale più ampia e più adorna) corrispondenti alla suddivisione interna in tre navate (di cui la centrale molto più ampia) ottenuta con duplice fila di colonne (per lo più con capitelli corinzî e alto dado sotto la base). Una fila di colonne corre parallelamente al lato di fondo. Sembra che lungo tre lati della sala, al di sopra del colonnato, fosse una galleria, riservata probabilmente alle donne, cui si accedeva, come a Cafarnao, da una scala esterna.

Lungo le pareti della sala erano generalmente file di panche per i fedeli (a Cafarnao ed altrove sono gradini in muratura), che facevano corona al posto d'onore, "la cattedra di Mosè" (un esemplare intatto in pietra di questo tipo di seggio si è rinvenuto a Chorazin).

La copertura dell'ambiente era a tetto con doppio spiovente terminante sulle facciate con frontone di tipo siriaco, cioè con lato di base spezzato da un arco.

Le pareti esterne erano divise nel senso dell'altezza da una cornice poggiante su una serie di lesene (Cafarnao, Chorazin). La sala era illuminata da finestre. In molti casi, dinanzi alla facciata, corre una specie di terrazza accessibile da gradinate sui fianchi (a Cafarnao, Meiron, Giscala, ed-Dikke); mentre a Kefar Bar'am vi è un portico colonnato e ad Umm el-Kanatir un protiro dinanzi all'unica porta centrale; l'importanza della facciata orientata verso Gerusalemme è accentuata dalla più ricca ornamentazione. Prima di parlare della decorazione è il caso di toccare il problema del luogo ove era conservata l'Arca della Legge nelle s. del tipo di Galilea: è opinione comune che nei tempi più antichi l'Arca non avesse un posto fisso, ma fosse un armadio mobile che veniva portato nella s al momento dei riti; tuttavia, secondo taluni studiosi, nelle s. del gruppo in questione, essa avrebbe avuto il suo luogo fisso in una sorta di recinto circondato da un elaborato tramezzo architettonico, addossato all'interno della facciata, in corrispondenza della porta principale. Tale apparato, di cui si è supposta l'esistenza in base ad elementi architettonici e scultorei rinvenuti, avrebbe bloccato l'ingresso principale lasciando in uso effettivo solo i due laterali; altre porte potevano essere sui fianchi della sala. La decorazione dell'edificio era affidata a rilievi che ornavano architravi e stipiti di porte e finestre, cornici dei frontoni maggiori e dei frontoncini (talora circolari o a linea spezzata che sormontavano porte e finestre), fregi che correvano sui colonnati, balaustrate che chiudevano le gallerie superiori: oltre ai consueti ornamenti delle varie membrature architettoniche i fregi presentano volute d'acanto o di vite, festoni e corone di fronde, intramezzate da rosette (tra cui tipica quella a sei petali), grappoli d'uva, melagrane, valve di conchiglie, segni magici (scudo di Davide, sigillo di Salomone, ecc.), leoni, aquile, grifoni affrontati a palme o a vasi colmi di grappoli. Sebbene taluni degli elementi della decorazione possano avere anche un particolare significato simbolico è evidente che, nel complesso, essa è derivata dal bagaglio ornamentale classico (anche se stilisticamente si distingue per una certa crudezza di incisione e per il prevalente gusto dell'intaglio); tipicamente ebraici sono la meïürāh (candelabro a sette braccia), il lulāb (ramo di palma), l'etrüfār (cedro), lo shüfār (corno d'ariete), l'Arca della Legge, che si inseriscono nel contesto decorativo. Che nel loro insieme i partiti decorativi derivino, come si è detto, dalla tradizione classica è provato anche dalla inattesa presenza di mostri marini, di eroti vendemmianti, di Ercole, di Dioniso, di centauri, che non si possono altrimenti spiegare (tanto più se si ricordi la rigida proibizione di non rappresentare immagini umane) se non con la ripetizione quasi meccanica di modelli ampiamente diffusi nel mondo classico. Solo nella s. di Bēt Shearim pare vi fosse, oltre alla decorazione plastica, anche una decorazione dipinta, ma gli scarsissimi resti di intonaci con tracce di colore non consentono di stabilirne i caratteri.

Il rinvenimento di frammenti architettonici decorati ha fatto supporre la presenza di s. "tipo Galilea" in molte località; è però bene ricordare che, pur essendo la decorazione scultorea tipica del primo gruppo, non è esclusiva di esso ed è quindi arrischiata qualunque illazione su planimetria ed alzato di tali edifici fino a che non se ne effettui lo scavo. Accanto all'aula sinagogale vi sono talora una corte porticata, come a Cafarnao, o piccoli ambienti di varia destinazione.

II° Gruppo, tipo Broadhouse. L'orientamento verso Gerusalemme della facciata delle s. del I° gruppo era causa di taluni inconvenienti per lo svolgimento dei riti (ad esempio chi entrava doveva compiere un giro di 180 gradi prima di iniziare la preghiera, che doveva essere pronunciata volgendosi verso la Città Santa), sicché, già nel corso del III sec. d. C., si notano tentativi di variare l'orientamento dell'edificio in modo da renderlo più rispondente alle esigenze del culto: ne è il risultato la s. costituita da una sala rettangolare orientata secondo l'asse minore, sicché è il lato lungo di fondo ad essere rivolto verso Gerusalemme. Gli ingressi possono essere o sull'opposto lato lungo, come a Dura Europos, o su uno dei lati brevi (come ad Eshthemoa, dove precede la facciata un portico colonnato). In questo tipo di costruzione l'Arca della Legge ha un posto fisso nella nicchia absidata adorna di semicolonne e frontoncino, scavata nella parete di fondo orientata verso Gerusalemme. A Bēt Shearim, che appartiene al I° gruppo, si mutò ad un certo momento l'orientamento dell'edificio chiudendo le porte dell'originaria facciata e costruendo contro di esse una piattaforma sopraelevata. Non si può affermare che vi sia un tipo di decorazione legato a questo tipo architettonico: a Dura Europos abbiamo infatti il più completo ciclo pittorico di scene dell'Antico Testamento, sino ad oggi noto, forse derivato dal ciclo di illustrazioni bibliche eleborato in Alessandria (v. illustrazione; dura europos); ad Eshthemoa, invece, pare esclusa una decorazione pittorica e sembra vi fossero rilievi e, sin dalla fase più antica, pavimenti musivi.

Forse a questo gruppo potrebbe appartenere la s. di Giaffa (III-IV sec. d. C.) di cui si conserva poco più del bel pavimento musivo adorno, tra l'altro, di un cerchio con bordura di altri dodici piccoli circoli con figure di animali, in cui il Sukenik ha riconosciuto i simboli delle dodici tribù di Israele.

Si distingue per il bel pavimento musivo anche la s. di Hammam Lif, antica Naro, in Tunisia (qui, a parte la měnürāh, che appare due volte, e le iscrizioni dedicatorie, i motivi decorativi sono tratti dal comune repertorio dei mosaici africani coevi, anche se a talune rappresentazioni si può dare significato simbolico). S. di questo tipo pare siano state viste anche a Khirbet es-Susiye ed a Nawa e pare si possa ricondurre ad esso anche la più antica s. di Hammat-Tiberiade. Come in quelle del 1° gruppo, cortili ed altri ambienti destinati ad abitazione o per conservare arredi si affiancano spesso all'aula di preghiera.

III° Gruppo, "tipo basilicale". Si afferma dal V sec. in poi e ripete il comune tipo basilicale delle chiese cristiane. Le s. di questo periodo hanno infatti un atrio con pozzo, un nartece e sono divise in tre navate da due file di colonne. L'abside che chiude la navata centrale è orientata verso Gerusalemme ed in essa doveva essere conservata l'Arca della Legge; sulle navate laterali v'era una galleria (matroneo?). La decorazione interna pare si accentrasse nei bei pavimenti a mosaico policromo. Generalmente i pavimenti delle navate laterali hanno motivi geometrici, mentre in quello della navata centrale ricorrono tre gruppi di rappresentazioni che potrebbero dirsi canoniche: a) una scena biblica, che di solito si rifensce ad una grande liberazione come il sacrificio di Isacco (Bēt Alpha), l'arca di Noè (Gerasa), Daniele tra i leoni (Noara); b) il cerchio dello zodiaco con al centro il carro del Sole e ai lati la rappresentazione delle stagioni (Bēt Alpha, Noara, Isfiya, nuova s. di Hammat-Tiberiade); c) la rappresentaziòne dell'Arca della Legge generalmente fiancheggiata da due candelabri a sette braccia (měnürāh) e da due leoni (Bēt Alpha, Noara, nuova s. di HammatTiberiade, Bēt Shean); ad Isfiya due candelabri a sette braccia fiancheggiano l'iscrizione dedicatoria racchiusa in una corona; a Gerico la měnürāh tra lulāb ed etrüg e l'Arca della Legge sono in due diversi pannelli decorativi; a Ma'on vi è la měnürāh tra due leoni.

Questo schema generale presenta spesso delle varianti, sia nei particolari sia nell'insieme: specialmente con l'andare del tempo cominciarono ad essere eliminate le figure umane, e in genere gli essere viventi, lasciando il posto ad elementi geometrici e ai soli oggetti sacri (a Noara, per esempio, il mosaico con Daniele ed i leoni fu rimaneggiato per far sparire le figure). Hanno mosaici prevalentemente geometrici e vegetali le s. di Hammath presso Gadara, Gerico, Cesarea, Bēt Shean, Apamea, Egina. Una menzione a sé meritano il mosaico della s. samaritana di Selbit (invece dell'Arca della Legge, tra i due candelabri è il monte Gerizim, verso cui è orientato l'edificio) e lo splendido mosaico di Ma'on, che ripete il motivo, noto dall'arte classica e diffuso nelle coeve basiliche cristiane (singolare la quasi identità con il mosaico della chiesa di Shellal) di stilizzati girali di vite, formanti una serie di medaglioni affiancati in cui sono inquadrati animali e oggetti varî (in alto come si è accennato, è rappresentata in luogo preminente la měnürāh tra due leoni).

Si è accennato, a proposito delle rappresentazioni dello zodiaco e dell'Arca della Legge alla nuova s. di HammathTiberiade ancora in corso di scavo: tali mosaici appartengono ad una s. del IV sec., sulla quale, nel VI, fu eretta una s. di tipo basilicale (tre navate, abside, nartece e varî ambienti annessi), che durò con varie modifiche, fin verso il IX secolo. La s. del IV ha forma insolita, in quanto, se per l'orientamento secondo l'asse minore si può ricondurre al II° gruppo, presenta una suddivisione in quattro navate, mediante tre file di colonne, fin qui non nota in altre s. di quel tipo; inoltre in fondo alla navata maggiore è una stanzetta quadrangolare sopraelevata, quasi in funzione di abside, che doveva contenere l'Arca. Al di sotto di questo edificio gli scavi del Dipartimento delle Antichità di Israele stanno riportando in luce murature più antiche, forse di un'altra sinagoga.

I mosaici della s. del IV sec. sono tra i più belli e raffinati rinvenuti in Israele e si potrebbe pensare fossero opera di maestranze di tradizione classica.

Si deve ricordare che nelle s. del I° gruppo si son trovate iscrizioni dedicatorie di donatori specie su architravi di porte e su colonne o su altri elementi architettonici; in quelle con pavimenti musivi le iscrizioni, generalmente in ebraico-aramaico, ma talora anche in greco, formano pannelli o sono racchiuse in corone che hanno una loro parte nel contesto decorativo del pavimento stesso. I mosaici sono generalmente eseguiti da artisti locali (quello di Bēt Alpha è firmato da Ananias e Marinus), che si servono di cartoni e modelli classici rivivendoli talora in uno stile fortemente influenzato dalla forma popolaresca di un'arte orientalizzante. Essi obbediscono generalmente, nelle scene figurate, alle leggi della frontalità, all'horror vacui e possono considerarsi come un tratto d'unione tra l'arte classica e quella ebraica del Medioevo.

Si sono sin qui ricordate non solo s. della Palestina ma anche della Diaspora quando esse rientravano in uno dei raggruppamenti, ma talune delle s. della Diaspora non possono catalogarsi entro questi schemi e ne accennano quindi brevemente a parte, qui di seguito.

S. di Delo: identificata in base ad alcune iscrizioni votive ad un ϑεὸς ὕψιστος è ancora piuttosto discussa. Risulterebbe composta da alcune stanze affiancate, due delle quali comunicanti tra loro attraverso tre porte e una con banchi addossati alle pareti e una cattedra in marmo bianco (simile ai seggi del teatro di Dioniso in Atene) identificata con la cattedra di Mosè. Se è una s., sarebbe la più antica di quelle sino ad ora note, poiché databile tra la fine del II e il I sec. a. C.

S. di Priene: impiantata su costruzioni precedenti, sembra abbia avuto due fasi: nell'ultima, più chiara, è costituita da una sala tipo Broadhouse con nicchia quadrangolare per l'Arca della Legge, nella parete di fondo; restano gli stilobati di due file di colonne, che dovevano dividerla in tre navate, ed è preceduta da un piccolo cortile. La decorazione doveva essere scultorea (rilievo con pavoni, měnürah, albero; rilievo con měnürāh tra etrüg lulāb e shüfār).

S. di Mileto: ha numerose ricostruzioni e modifiche; forse fu riadattata in epoca tarda in edificio d'altra destinazione. È costituita da una sala rettangolare, che aveva originariamente tre ingressi su un piccolo cortile colonnato; due degli ingressi vennero chiusi da pilastri in corrispondenza con le due file di colonne, che dividono la sala in tre navate. Sul fianco del complesso si apre un ampio cortile con file di piccoli ambienti sui lati.

S. di Sardi: attualmente in corso di scavo si data, per le iscrizioni rinvenute, nella prima metà del III sec. d. C. Non ne è ancora completamente delineata la pianta, ma pare constasse di una corte porticata su cui si aprivano i tre ingressi dell'aula sinagogale con colonne. Ha pavimenti musivi e rivestimenti marmorei alle pareti (un'iscrizione parla anche di pitture); si sono trovati due basamenti, forse per l'Arca della Legge e per il candelabro; proviene da essa una lastra di marmo con incisa una měnürāh stilizzata tra ramo di palma e shüfār.

S. di Leptis Magna: è stato supposto dal Ward Perkins che in una piccola s. fosse stato trasformato, prima del VI sec. d. C., l'ambiente a S-O della Basilica Severiana. È alquanto dubbia.

S. di Elche: si discute se si tratti di una s. o di una basilica cristiana: l'identificazione si baserebbe su una mutila iscrizione nel mosaico pavimentale.

S. di Aquileia: lunghissimo ambiente rettangolare terminato da abside e con nartece, ricco pavimento musivo con motivi geometrici e numerose iscrizioni di dedicanti. Discussa l'identificazione, si è pensato anche ad un edificio cristiano.

S. di Ostia: presenta almeno due fasi principali: la prima costruzione sembrerebbe della fine del I sec. d. C. (aula rettangolare con parete di fondo in leggera curva, fronte orientata verso Gerusalemme con tre ingressi, di cui quello centrale preceduto da una specie di propileo monumentale con quattro colonne; all'interno, lungo i fianchi e la parete di fondo, sedili continui in muratura; ampî finestroni illuminavano la sala. Perpendicolarmente alla fronte della sala si svolgeva un lungo ambiente in una parte del quale erano banconi in muratura ampî 2 m, addossati alle pareti). A parte alcune modifiche intermedie cui appartengono resti di muri con scarse tracce di intonaci dipinti (motivi vegetali, fasce), la s. fu ricostruita e ampliata agli inizî del IV sec. d. C.: l'aula ampliata incorpora parte del primitivo vestibolo sicché il propileo colonnato viene a trovarsi circa a metà dell'ambiente e costituisce una specie di divisione tra la parte anteriore e la più interna di esso. Nella parte più interna, addossata alle colonne sorge l'edicola della Türāh (absidata, con alto podio accessibile da gradini sulla fronte, adorna di due colonnine marmoree su cui poggiano architravi terminanti in mensole scolpite con i sacri simboli della měnürāh tra lulāb, etrüg e shüfar). La fronte dell'aula è sempre orientata verso Gerusalemme ed ha tre ingressi, che si aprono su un vestibolo allungato di nuova costruzione sul cui fianco S-E si allineano varî piccoli ambienti. L'ingresso a questo vestibolo era sulla strada verso N-E. La parte S del più antico vestibolo fu trasformata in una stanza con pavimento musivo in cui più tardi furono aggiunti un forno per pane, una tavola per impastare e anfore infisse al suolo. Una grande sala con ampî banchi di muratura lungo due pareti si affiancò all'aula sinagogale. L'aula sinagogale aveva pavimento a mosaico nella parte anteriore e in formelle di marmo policromo in quella più interna.

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