VEROVIO, Simone

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 98 (2020)

VEROVIO, Simone

Saverio Franchi
Orietta Sartori

– Fiammingo, è documentato per la prima volta nel cinquecentesco Liber Confraternitatis B. Marie de Anima Teutonicorum de Urbe (Roma 1875, p. 167), dove è registrato con le parole: «Simon Verovius Buscoducensis Romam venit anno Iubilei 1575». L’origine o la provenienza da ’s-Hertogenbosch (Bois-le-Duc), nel Brabante settentrionale (oggi nei Paesi Bassi), sono confermate nel contratto nuziale del 1591. Si ignorano sia la data di nascita, collocabile a ridosso del 1550, sia il cognome originario. Nel 1882, prima che la notizia del Liber Confraternitatis venisse all’attenzione degli storici della musica (Casimiri, 1933, pp. 189 s.), Edmond Vander Straeten aveva ipotizzato ch’egli fosse di Werrevick (Wervik), località nelle Fiandre occidentali, in latino Viroviacum o Veroviacum. Una diversa congettura punta sul cognome Verhoeven, assai diffuso nelle Fiandre; si conoscono due stampatori di nome Abraham Verhoeven, padre e figlio, attivi tra il XVI e il XVII secolo ad Anversa, e cattolici come Verovio, ma si ignora se vi fossero relazioni (Awouters, 1971, pp. 25 s., 29 s.).

Non si hanno altre notizie di Verovio prima del 1586. In quest’anno egli iniziò l’attività editoriale nel campo della calcografia pubblicando Il primo libro delle melodie spirituali a tre voci in collaborazione con due fiamminghi che vivevano a Roma: il compositore delle «melodie», Jacobus Peetrinus di Mechelen (Malines), maestro di cappella del seminario romano, e l’incisore Martin van Buyten. La raccolta contiene componimenti devoti a tre e quattro voci e alcune strofe dell’inno attribuito a s. Bernardo, Iesu dulcis memoria; nelle riedizioni ampliate del 1588 e 1589 reca appunto il titolo Di Iacobo Peetrino il primo libro del Jubilo di s. Bernardo (Campagne, 2018, pp. 302-305).

Sempre nel 1586 pubblicò il Diletto spirituale, contenente «canzonette a tre et a quattro voci composte da diversi ecc.mi musici, raccolte et scritte da Simone Verovio scrittore in Roma», anche qui con incisione di van Buyten. Il contenuto di tipo laudistico riconduce ad autori dell’ambiente filippino quali Felice Anerio, Ruggero Giovannelli, Rinaldo del Mel, Luca Marenzio, Giovanni Maria Nanino, Giovanni Pierluigi da Palestrina, Francesco Soriano, Peetrinus e lo stesso Verovio con una canzonetta a tre voci («Gesù sommo conforto»).

I due libri del 1586 hanno fatto sorgere il sospetto che van Buyten avesse eseguito di suo pugno non il solo frontespizio bensì anche le pagine di musica: il dubbio è però fugato da un paio di esemplari del Diletto spirituale riedito con l’aggiunta dell’«intavolatura del Cimbalo et Liuto» (senza data), che recano la dicitura «Raccolte da Simone Verovio, intagliate et stampate dal medesimo» (Campagne, 2018, pp. 297-301). La dedica di Verovio (10 novembre 1586) ad Antonio Boccapaduli, l’ultimo prelato che ricoprì la carica di maestro della cappella pontificia, segretario dei brevi sotto Sisto V, compare sia nell’edizione per sole voci sia in quella con l’intavolatura; il rapporto fu favorito dalle nozze di Fabrizio Boccapaduli, nipote del dedicatario, con la figlia dell’agente diplomatico fiammingo a Roma, nonché dal cantore pontificio Christian Ameyden (Christiaan van der Ameijden).

Nel 1587 Verovio stilò un foglio volante, Essemplare di XIIII lingue principalissime, e un libro di calligrafia, il Primo libro delli essempi, costituito da tavole incise sempre da van Buyten il quale, dall’anno seguente (1588-93), incise anche i libri del calligrafo Ludovico Curione. Un Essemplare di lettere cancellaresche corsive di Verovio, «stampato in Roma in Parione all’insegna del martello», con dedica datata 20 novembre 1593, è nella Kunstbibliothek degli Staatliche Museen di Berlino.

Ch’egli fosse «calligraphus urbi et orbi notissimus» lo dichiara Gregor Aichinger nei suoi Virginalia (Dillingen 1607), venti laudi polifoniche sui misteri del Rosario, in versi latini che gli aveva fornito Verovio.

Una bella edizione è anche la Ghirlanda di fioretti musicali, collettanea di venticinque componimenti a tre voci, con le parti vocali sulle pagine di sinistra e l’intavolatura su quelle di destra; Verovio la dedicò (10 agosto 1589) al capitano Vincenzo Stella di Civitavecchia. Agli autori che aveva già pubblicati (Palestrina, Anerio, Nanino, Marenzio, Giovannelli, Soriano, Peetrinus) aggiunse i nomi nuovi di Gasparo Costa, Arcangelo Crivelli, Giovanni Battista Locatelli, Antonio Orlandini, Paolo Quagliati, Giacomo Ricordi, Annibale Stabile, Giovanni Battista Zucchelli, tutti attivi a Roma.

Il 5 gennaio 1591 fu firmato il contratto di matrimonio, da effettuarsi nel settembre successivo, tra Simone e Francesca Gioli, figlia del quondam Paolo e di Modesta Bernardoni di Gubbio, che gli recò la buona dote di 500 scudi, probabilmente investita nell’azienda di lui.

La coppia ebbe numerosi figli e il nome dei padrini che li battezzarono denota il favore di cui godeva Verovio (si riportano le date di nascita e di battesimo, ove note): Costanza (?/17 gennaio 1592), madrina Costanza Conti de Cuppis; Anna (2/9 novembre 1593), padrino il notaio Orazio Tabulatio; Gasparo (23/29 marzo 1595; morì il 28 agosto 1608), padrino Gasparo Alciati; Francesco (4/12 ottobre 1597), madrina la ricca signora Olimpia Bonaventura; Pietro Felice (29 luglio/5 agosto 1600), padrino monsignor Pietro Mellini, vicelegato a Viterbo dal 1595 al 1600; Geronimo Enrico (1/7 luglio 1603); Caterina (25 novembre/2 dicembre 1605), padrini l’avvocato romano Gabriello Falconio e la contessa del Pian di Mileto; Vittoria (morta a meno di un anno d’età il 12 ottobre 1606). Con il cognome Verovio si conoscono due cantanti: Giacomo Verovio (morto il 24 novembre 1615), tenore in S. Maria Maggiore (ottobre 1613-dicembre 1614) e suonatore di violone, che cantò nell’oratorio di S. Filippo Neri alla Chiesa Nuova, nel Carro di fedeltà d’amore di Pietro Della Valle (Roma 1606) e nell’Amor pudico di Quagliati (Palazzo della Cancelleria, 9 febbraio 1614), in cui impersonò il Sole e Torquato Tasso; infine la Verovia, celebrata cantante, che «ha fatto più anni stupire il mondo» e fu monaca nel convento dello Spirito Santo (Solerti, 1903).

Verovio pubblicò poi quattro collettanee di canzonette a tre o quattro voci, un genere della cui fioritura egli offrì la più compiuta testimonianza, predestinato peraltro alle versioni intavolate per cembalo e per liuto allegate a ciascun libro. Le Canzonette a quattro voci dedicate nel marzo del 1591 al cardinale Carlo di Lorena sono su testi amorosi; pochi nomi nuovi, romani e no (Paolo Bellasio, Rodiano Barera), si aggiungono agli autori già presenti nei libri precedenti (Palestrina, Nanino, Anerio, Marenzio, Giovannelli, Soriano, Quagliati e Stabile). Furono riedite nel 1597 a Venezia da Giacomo Vincenti con qualche aggiunta.

Nello stesso 1591 uscirono le Canzonette spirituali a 3 voci, prive di dedica, con un semplice frontespizio di tipo calligrafico; furono poi ristampate dallo stesso Verovio nel 1599, con dedica a Vincenzo Gonzaga, duca di Mantova. Una serie di componimenti devoti di Nanino, Anerio, Marenzio, Giovannelli, Orazio Griffi, Marcantonio Ingegneri, Giovanni de Macque, Asprilio Pacelli e Prospero Santini è conclusa da uno Stabat mater latino in dieci parti del gentiluomo fiammingo del Mel, originario di Mechelen, di famiglia intrinseca dei duchi di Lorena.

Di nuovo uno Stabat mater, ma stavolta in una parafrasi poetica volgare (Stava a’ piè della Croce), apre Il devoto pianto della gloriosa Vergine, et altre canzonette spirituali a 3 voci, un libro che Verovio stampò nel 1592 e dedicò a Massimiliano I duca di Baviera. Le dieci strofe – il testo è tratto dal Terzo libro delle laudi spirituali edito da Francisco Soto de Langa «ad instanza delli reverendi padri della congregatione dell’Oratorio» (Roma, Gardano, 1588) – sono musicate a due a due dai fratelli Nanino, Giovanni Maria e Giovanni Bernardino, indi da Pacelli, Giovannelli, Santini e Macque; segue mezza dozzina di brani che riconducono all’ambiente filippino, come Allor ch’io penso a voi (Anerio) e Mentre ch’io servo a voi (Mel), ricomparsi poi nel Tempio armonico dell’oratoriano Giovenale Ancina (Roma, Muzi, 1599). Gli autori nel libro sono gli stessi delle Canzonette spirituali, tolti Marenzio e Ingegneri, e con l’aggiunta, appunto, dell’altro Nanino, Giovanni Bernardino. Sul frontespizio è indicata l’ubicazione della casa dove Verovio allestiva e vendeva le proprie edizioni, nell’edificio sede del collegio Nardini nell’odierna via di Parione) zona classica del commercio librario e delle stampe; probabilmente Verovio vi abitò dall’inizio della sua attività.

L’edizione delle Lodi della musica è di nuovo profana e ha l’intavolatura per cembalo; priva di data e dedica, reca la dicitura «Libro primo. Raccolto intagliato et stampato da Simone Verovio in Roma» e in almeno un esemplare la data 1595 (Monaco di Baviera, Bayerische Staatsbibliothek); contiene diciotto componimenti a tre voci, sette dei quali dei due Nanino, accompagnati da altri autori favoriti (Anerio, Giovannelli, de Macque, del Mel); non vi è notizia di un secondo libro.

Oltre alle già ricordate intavolature cembalistiche nei libri di canzonette, Verovio diede una magnifica veste calcografica alle Toccate d’intavolatura d’organo di Claudio Merulo, pubblicate in due volumi. Il rapporto con il compositore fu mediato tramite i Farnese: Merulo era organista del duca di Parma, Ranuccio, mentre in Roma l’incisore era in contatto con il di lui fratello, il cardinale Odoardo. Al porporato dedicò nel 1598 il primo libro delle Toccate con un’epistola stilata nell’elegante corsivo calligrafico tipico delle sue edizioni. Quantunque il lavoro d’incisione del secondo libro fosse già stato avviato, esso apparve solo nell’ottobre del 1604, dopo la morte di Merulo (4 maggio 1604); Verovio lo dedicò a Bernardino, conte di Savoia-Racconigi. In precedenza era uscito il Dialogo pastorale al presepio di Nostro Signore (1600), un ciclo di laudi a tre voci di Giovanni Francesco Anerio, formanti una bella devozione musicale natalizia (il testo deriva da una laude filippina), con l’intavolatura per cembalo e per liuto. La dedica è a Enrico di Lorena, fratello del cardinale.

La devoluzione del ducato di Ferrara allo Stato della Chiesa fruttò l’edizione dei Madrigali [...] per cantare et sonare a uno e doi e tre soprani di Luzzasco Luzzaschi, già virtuoso di Alfonso d’Este, l’ultimo duca di Ferrara, e direttore del celebre «concerto delle dame»; l’autore, adattandosi al nuovo regime, dedicò l’opera al cardinale Pietro Aldobrandini, vicario del papa nel feudo ferrarese. Anche questa raccolta contiene l’intavolatura per cembalo, stampata in partitura sotto le voci: «edizione mirabile per bellezza e cura di incisione, per nitidezza della notazione musicale, disposta con felice distribuzione degli spazi, per eleganza di soluzioni grafiche nei gruppi di crome e semicrome, negli accordi dell’intavolatura, nel corsivo calligrafico del testo poetico delle parti vocali» (Franchi, 2006, p. 5).

Un’edizione priva di data, luogo e stampatore, che presenta aspetti grafici simili a quelli delle Toccate di Merulo, è stata putativamente attribuita a Verovio: sono le quindici Gagliarde a quattro voci di Giovanni Francesco Anerio, «intavolate per sonare sul Cimbalo et sul Liuto» (Becherini, 1939; Sartori, 1952, p. 150; Campagne, 2018, pp. 51, 84 s.). In letteratura è stata proposta la data del 1607, forse da intendersi ante quem e da anticipare di qualche anno.

Morì il 17 dicembre 1607 nella sua casa sotto il collegio Nardini; non era malato e la morte fu improvvisa. Fu sepolto due giorni dopo nella chiesa parrocchiale di S. Tommaso in Parione; l’atto di morte lo registra come «excellens scriptor».

Stava lavorando all’edizione delle Arie devote di Ottavio Durante, che uscì a suo nome pochi giorni dopo (la dedica dell’autore reca la data del 1° gennaio 1608); il frontespizio, con lo stemma del dedicatario, il cardinale Alessandro Damasceni Peretti Montalto, fu inciso dal lorenese Cristoforo Bianchi (Blanc). Si tratta di una raccolta di composizioni a voce sola su basso continuo – salvo i due madrigali spirituali di Battista Guarini che fungono da proemio ed epilogo, sono testi liturgici – dichiaratamente condotti nello stile «affettuoso», ricco di melismi in semicrome, delle Nuove musiche di Giulio Caccini (Firenze 1602). L’esemplare del Museo della musica di Bologna reca la data contraffatta 1624, ottenuta con sopraincisione su quella originale, forse per rimettere in circolazione l’opera dopo sedici anni (Franchi, 2006, p. 53).

Nessuno dei figli di Verovio proseguì l’attività paterna: si può perciò presumere che la sua officina sia passata a un altro calcografo esperto di musica, Nicolò Borboni.

Verovio diede un contributo di speciale importanza alla storia dell’editoria musicale, in particolare applicando alle edizioni di musica, dopo uno o due sporadici tentativi precedenti, la tecnica della calcografia. Rispetto alla composizione tipografica in uso su tutto l’arco del Cinque e del Seicento, l’incisione su rame offriva alla semiografia musicale due grandi pregi: consentiva sia di combinare più note in verticale, per rappresentare accordi di due o più suoni in simultanea, sia di raggruppare sequenze di note brevi (crome, semicrome, biscrome) mediante ‘travature’ che ne collegavano le ‘code’, sì da facilitarne la lettura a colpo d’occhio. In più, apriva il campo a un’eleganza e scioltezza di tratto che Verovio seppe sfruttare con esiti qualitativi di assoluta eccellenza. La sua produzione spicca inoltre per il rilievo dato sia alle intavolature per organo e cembalo, sia a un ampio repertorio di raccolte collettanee o di singoli autori nel campo della musica ‘spirituale’ coeva, con netta preponderanza sulle composizioni puramente profane: un repertorio che da più autori è ricondotto agli ambienti filippini, ma che con pari legittimità può essere stato usato in quelli gesuitici, in particolare nel seminario romano, dove agirono Peetrinus e lo stesso Anerio; alla Compagnia di Gesù lasciano pensare anche la larga frequenza di testi in latino e il rapporto privilegiato di Verovio con il cardinale Farnese, tramite il quale egli fu in contatto con Luzzaschi.

Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico del Vicariato, S. Tommaso in Parione, Morti, cc. 25v (12 ottobre 1606), 27v (17 dicembre 1607), 29r (28 agosto 1608); S. Lorenzo in Damaso, Battesimi, cc. 35v (17 gennaio 1592), 107r (9 novembre 1593), 151r (29 marzo 1595), 228v (12 ottobre 1597), 64v (5 agosto 1600), 171v (7 luglio 1603), 270v (2 dicembre 1605); Morti, c. 81r (24 novembre 1615); Archivio di Stato di Roma, Trenta notai capitolini, Ufficio 9, vol. 10, cc. 9-10 (5 gennaio 1591; notaio G. Quintiliano).

E. Vander Straeten, Les musiciens néerlandais en Italie du quatorzième au dix-neuvième siècle, Bruxelles 1882, pp. 518 s.; A. Solerti, Le origini del melodramma, Torino 1903, pp. 162, 166; R. Casimiri, S. V., in Note d’archivio per la storia musicale, X (1933), pp. 189-199, XI (1934), pp. 66 s. (con ricostruzione dell’attività); B. Becherini, Giovanni Francesco Anerio ed alcune sue gagliarde per cembalo, in La Bibliofilia, XLI (1939), p. 162; C. Sartori, Bibliografia della musica strumentale italiana stampata in Italia fino al 1700, I-II, Firenze 1952 (rist. 1968), ad ind.; Id., Dizionario degli editori musicali italiani, Firenze 1958, p. 163; M. Awouters, Simon Verhoeven (S. V.), Nederlands muziekdrukker en -uitgever te Rome van 1586 tot 1608, diss., Katholieke Universiteit, Leuven 1971; G.L. Anderson, The “canzonetta” publications of S. V., 1586-1595, D.M.A. diss., University of Illinois, Urbana-Champaign 1976; S. Franchi, Stampatori ed editori musicali a Roma dal 1550 al 1608, in Recercare, XI (1999), p. 46; L. Della Libera, Repertori ed organici vocali-strumentali nella basilica di S. Maria Maggiore a Roma: 1557-1624, in Studi musicali, XXIX (2000), p. 57; T.W. Bridges, V., S., The new Grove dictionary of music and musicians, XXVI, London-New York 2001, pp. 489 s.; J.W. Hill, Durante, Ottavio, ibid.,VII, London-New York 2001, p. 745; C.L.C.E. Witcombe, Copyright in the renaissance: prints and the privilegio in sixteenth-century Venice and Rome, Leiden 2004, pp. 289, 317; D.V. Filippi, V., S., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XVI, Kassel 2006, coll. 1509 s.; S. Franchi, Annali della stampa musicale romana dei secoli XVI-XVIII, I, 1-2, Edizioni di musica pratica dal 1601 al 1650, Roma 2006 (Indici 2012), ad ind.; D.V. Filippi, «Selva armonica». La musica spirituale a Roma tra Cinque e Seicento, Turnhout 2008, ad ind.; P. Nelles, The Vatican Library alphabets, Luca Orfei, and graphic media in Sistine Rome, in For the sake of learning, a cura di A. Blair - A.S. Göing - A. Grafton, Leiden 2016, pp. 447-450; A. Campagne, S. V.: music printing, intabulations and basso continuo in Rome around 1600, Wien-Köln-Weimar 2018 (con altra bibl.); S. Franchi, V., S., in Dizionario degli editori musicali italiani, a cura di B.M. Antolini, I, Pisa-Roma 2019, pp. 670-674.

Si ringrazia Augusta Campagne per le informazioni procurate.

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