STEVIN, Simon

Enciclopedia Italiana (1936)

STEVIN, Simon (Simone di Bruges)

Roberto MARCOLONGO

Nato a Bruges verso la metà del sec. XVI, morto nel 1620. Da giovane fu occupato in Anversa in una casa di commercio; poi fece lunghi viaggi in Europa e, per sfuggire al giogo della dominazione spagnola nelle Fiandre, si stabilì nella parte che ora costituisce l'Olanda, ove occupò, a quanto pare, la carica d'ingegnere delle dighe e godé della protezione del principe Alberto di Nassau.

Il nome dello St. resta soprattutto famoso per l'ingegnosa e straordinariamente semplice ricerca delle condizioni di equilibrio di due pesi situati su due piani inclinati adiacenti, mediante la caratteristica considerazione dell'equilibrio di una catena che collega 14 sferette eguali (una specie di rosario), avvolta intorno alla sezione retta triangolare dei due piani (v. statica). Lo St. aveva avuto un precursore in Leonardo da Vinci; e d'altra parte la condizione di equilibrio era già nota dalla statica medievale di Giordano Nemorario. Tale ricerca dello St. fu pubblicata nell'opera sulla statica De Beghinselen der Weeghkonst (1586) e riprodotta nell'edizione latina di tutte le sue opere fatta da W. Snellius: Hypomnemata id est de cosmographia, de praxi geometrica, de statica, de optica, ecc., voll. 2 infolio, 1605; tradotta in francese da A. Girard (1634).

Nel secondo volume, in cui è riprodotta la statica, lo St. deduce ancora la legge di composizione di due forze concorrenti ortogonali in una forma sostanzialmente identica all'attuale, ma con lunga e prolissa dimostrazione secondo il costume dell'epoca. Nell'idrostatica si deve allo St. la spiegazione del cosiddetto paradosso idrostatico (nemmeno questo sfuggito a Leonardo).

Si occupò ancora di problemi di prospettiva (1585) e di geometria e, sotto l'ispirazione delle opere di F. Viète, di trigonometria sferica per problemi di cosmografia, di navigazione (in un trattato del 1599 tradotto in latino da Grozio) e di alcune proprietà della lossodromica.

Si deve allo St. una traduzione dei quattro primi libri dell'aritmetica di Diofanto. Nell'aritmetica pratica lo St. fa un progresso nella notazione degli esponenti interi e frazionarî; e nelle sue opere algebriche, in cui è evidente l'influenza della scuola bolognese, si sviluppa maggiormente il calcolo letterale. Infine nell'opera scritta in fiammingo, De Thiende, edita a Leida dal famoso Plantin nel 1585 e pubblicata ancora in francese col titolo Ladisme e in inglese da R. Norton a Londra (The Art of Tenths of Decimal Arithmetic), lo St. fa, non l'invenzione, ma bensì la prima sistematica discussione delle frazioni decimali. Dalla notazione dello St., che adopera dei circoli in cui racchiude le cifre decimali, è derivata la notazione attuale. Notevole è poi che nella stessa opera si proponeva il sistema decimale non solamente per le misure di pesi e di monete, ma ancora per quelle di lunghezza, di superficie e di volume.

Lo St. infine deve essersi anche occupato di meccanica pratica, poiché gli si attribuisce la costruzione di carri a vela, mossi dalla forza del vento.

Bibl.: G. Loria, Storia delle matematiche, II, Torino 1931; L. Ch. Karpinski, The History of Arithmetic, Chicago 1925; P. Duhem, Les origines de la Statique, I, II, Parigi 1905, 1906.