SIMMETRIA

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1981)

SIMMETRIA

Mario Ageno

. Simmetria nelle molecole biologiche (XXXI, p. 805). - Il problema della s. delle molecole che fanno parte degli organismi viventi si è posto, come conseguenza delle scoperte di J.B. Biot e di L. Pasteur, nella prima metà del secolo scorso. Biot scoprì che la proprietà di far ruotare il piano di polarizzazione di luce rettilineamente polarizzata (attività ottica), scoperta da D.E. Arago nel quarzo (1811), non è esclusiva di tali sostanze e neppure dello stato cristallino. La presentano anche molte sostanze organiche allo stato liquido o di vapore (come l'essenza di trementina), o anche in soluzione in un solvente inattivo (come l'acido tartarico e lo zucchero di canna). Mentre i cristalli di quarzo si presentano in natura nelle due varietà destrogira e levogira, le sostanze otticamente attive estratte da organismi viventi sono alcune solo destrogire, altre solo levogire, con potere rotativo specifico loro caratteristico. L. Pasteur risolse questo primo enigma nel 1848.

Portando avanti ricerche iniziate diciotto anni prima da J.-L. Gay Lussac e successivamente da J.J. Berzelius su di uno strano prodotto ottenuto casualmente in una fabbrica di acido tartarico, E. Mitscherlich aveva preparato due sostanze che, dal punto di vista chimico, erano entrambe tartrato doppio di ammonio e potassio e, dal punto di vista cristallografico, presentavano la stessa forma cristallina: tuttavia, l'una era otticamente attiva (destrogira, come tutti i tartrati naturali), l'altra era invece inattiva. Il fatto colpì l'immaginazione di Pasteur, allora allievo della Ècole normale supérieure. Quattro anni dopo, ottenuta la laurea, egli, persuaso che tra le due sostanze una differenza di struttura dovesse pur esserci, ne confrontò accuratamente i cristallini al microscopio. Si accorse così che i cristallini della sostanza inattiva, pur possedendo gli stessi elementi di s., erano in realtà di due forme, una l'immagine speculare dell'altra, come i cristalli naturali di quarzo. Separò pazientemente a uno a uno i cristalli di una forma da quelli dell'altra, e da essi ottenne così due soluzioni separate, l'una destrogira e l'altra levogira. Non v'era dunque dal punto di vista chimico e cristallografico alcuna differenza tra sostanze inorganiche e sostanze organiche. Era chiaro che quando l'attività ottica era legata esclusivamente allo stato cristallino (quarzo, clorato di sodio), essa doveva imputarsi alla particolare disposizione delle molecole nella struttura cristallina. Quando invece una sostanza risultava otticamente attiva anche in soluzione (tartrati), ciò doveva attribuirsi alla s. della molecola, a come cioè sono disposti nello spazio gli atomi che la costituiscono. Ci si rese conto nel seguito che esistono due tipi di molecole otticamente attive: quelle, dissimmetriche, che possiedono come unico elemento di s. un asse di s. ordinario; e quelle, asimmetriche, che non possiedono alcun elemento di simmetria. Tutte le molecole di questi due tipi non sono sovrapponibili alla loro immagine speculare e sono quiudi otticamente attive. Esse vengono modernamente indicate come molecole chirali. Sappiamo oggi che un gran numero di sostanze otticamente attive si separa dalla soluzione racemica soprassatura in forma di cristalli misti (inattivi) oppure di cristallini separati dei due isomeri ottici, a seconda della temperatura. La fortuna di Pasteur fu che la temperatura di transizione del suo tartrato è di 27,2 °C: al di sopra di questa temperatura la sostanza forma soltanto cristalli misti, privi di attività ottica; Pasteur sperimentò a temperatura ambiente inferiore.

La scoperta di Pasteur metteva dunque ogni cosa a posto in campo chimico e cristallografico, ma apriva evidentemente una grossa questione in campo biologico, una questione che, fino a oggi, non ha ancora trovato una soluzione completamente soddisfacente. Nel mondo inorganico esistono soltanto molecole achirali, cioè sovrapponibili alla loro immagine speculare, e mescolanze racemiche di molecole chirali (in cui i due opposti enantiomeri sono presenti in quantità uguali). Le proprietà fisico-chimiche dei due isomeri di ciascuna sostanza chirale sono assolutamente identiche, a eccezione di quelle direttamente legate all'asimmetria delle molecole, come l'attività ottica. Se in laboratorio cerchiamo di produrre, a partire da sostanze a molecola achirale, una sostanza chirale, ciò che otteniamo in ogni caso è una mescolanza racemica dei due isomeri ottici, perché le probabilità di formazione dell'uno o dell'altro tipo di molecola sono uguali. Come si spiega allora che negli organismi viventi uno solo dei due isomeri (e in tutti gli organismi sempre lo stesso) è esclusivamente presente? Per es., le proteine biologiche sono tutte formate da una catena di amminoacidi, disposti in fila come le palline di un rosario: gli amminoacidi sono tutti (a eccezione della glicina) sostanze a molecola chirale. Nelle proteine biologiche di tutti gli organismi conosciuti sono presenti solo gli amminoacidi di una sola e ben determinata forma, quella che per la sua struttura chimica viene indicata con la lettera L. Gl'isomeri ottici di chiralità opposta, gli amminoacidi della forma D, sono completamente assenti.

Si badi che non vi è nulla di strano nel fatto che, oggi, un organismo vivente sia in grado di utilizzare o sintetizzare solo amminoacidi della forma L. L'organismo già possiede in sé stesso l'asimmetria molecolare: utilizza solo sostanze che possiedono una compatibilità sterica con le sostanze, interne all'organismo, con cui quelle debbono reagire e coi catalizzatori organici (gli enzimi, sempre chirali) che rendono possibili tali reazioni. Processi del genere sono del resto ben noti, anche per ricerche di laboratorio. Come aveva già capito benissimo lo stesso Pasteur, il problema riguarda invece essenzialmente l'origine della vita sulla Terra: com'è stata possibile in un mondo inorganico che non conosce asimmetria molecolare, la prima sintesi asimmetrica in cui una sostanza chirale è stata prodotta in una sola forma, non accompagnata dalla forma enantiomerica, opposta?

Le ipotesi che sono state fatte per rispondere a questa domanda e le ricerche sperimentali che ne sono derivate nel corso dell'ultimo secolo, sono numerosissime e non è possibile, per ragioni di spazio, elencarle e discuterle tutte. Ci limiteremo perciò a ricordare brevemente le più significative tra esse, lasciando da parte quelle che facendo ricorso a entità del tutto ipotetiche come la "forza vitale" (F.R. Japp, 1898) sono in realtà prive di valore esplicativo. Le ipotesi scientificamente fondate possono suddividersi in due gruppi, a seconda che pongono l'instaurarsi dell'asimmetria molecolare nel mondo dei composti del carbonio, prima della comparsa della vita sulla Terra o ne fanno un processo successivo a quest'ultima. Tutte le più antiche teorie appartengono al primo gruppo; solo nell'ultimo trentennio si è incominciato ad associare l'asimmetria ai processi evolutivi della biologia (v. vita: Origine della vita, in questa App.).

Si è cercato prima di tutto d'individuare in natura un qualche agente fisico asimmetrico, capace di favorire uno dei due enantiomeri di ciascuna sostanza o all'atto della produzione o nel corso di processi fisici o chimici in cui la sostanza possa esser coinvolta in natura. Si è creduto per es. che la radiazione elettromagnetica circolarmente polarizzata fosse ciò che si cercava (J.H. van't Hoff, 1894). A. Cotton dimostrò che i due isomeri ottici assorbono diversamente luce circolarmente polarizzata (per es. destrorsa) di lunghezza d'onda prossima a quella di una banda di assorbimento (dicroismo circolare). Se l'energia dei quanti è sufficiente per spezzare qualche legame molecolare, uno, il più assorbente dei due isomeri, può allora venir distrutto più rapidamente dell'altro e una soluzione racemica della sostanza, attraverso un prolungato irraggiamento, può diventare otticamente attiva. Solo nel 1929 W. Kuhn riuscì a dimostrare sperimentalmente la realtà dell'effetto, che è, d'altra parte, molto piccolo. La difficoltà sta nel fatto che mai nessuno è riuscito a dimostrare in modo persuasivo la formazione in natura di un'apprezzabile componente di radiazione e. m. circolarmente polarizzata prevalentemente in un verso, né per riflessione della luce solare sull'acqua, né per effetto del campo magnetico terrestre (A. Byk, 1904), né in qualsiasi altro modo. Recentemente tuttavia (F. Vester, 1957) è stata avanzata l'ipotesi che la radiazione e. m. responsabile della fotolisi selettiva sia stata la radiazione di frenamento degli elettroni emessi nelle radioattività β naturali, circolarmente polarizzata sinistrorsa, a causa della non conservazione della parità nelle interazioni deboli (T.D. Lee e C.N. Yang, 1956, C.S. Wu, 1957). L'effetto è tuttavia così piccolo che, fino a oggi, non ha potuto esser messo sicuramente in evidenza in laboratorio con grosse sorgenti di radiazioni, il che rende dubbia la validità dell'ipotesi. Si è anche pensato (Y. Yamagata, 1966) che la non conservazione della parità nelle interazioni deboli debba avere come conseguenza una piccolissima differenza tra le energie di legame dei due enantiomeri di una stessa sostanza, a causa d'interazioni d'ordine superiore tra il nucleo e gli elettroni atomici. La valutazione quantitativa dell'effetto sembra tuttavia tale da escludere ogni possibilità di spiegazione per questa via dell'asimmetria biologica.

Seguendo una linea di pensiero completamente diversa, sono stati anche fatti numerosi tentativi di spiegare il fenomeno che c'interessa su basi statistiche o probabilistiche. Si è dimostrato innanzi tutto (K. Pearson, 1898) che ogni volta che una miscela racemica subisce un processo fisico o chimico, si verificano nelle percentuali dei due isomeri delle fluttuazioni statistiche, che possono funzionare da innesco per la selezione definitiva (nella stessa o in un'altra sostanza) del tipo di s. in esse prevalente. D'altra parte, se all'inizio di uno di questi processi, uno dei due isomeri prevale anche di molto poco sull'altro, il processo non provoca una racemizzazione ulteriore, ma al contrario tende ad aumentare la purezza ottica dei prodotti della reazione (W. Langenbeck e G. Triem, 1936). Infine, è stata provata sperimentalmente l'esistenza di processi sia fisici (cristallizzazione da soluzione soprassatura, F.S. Kipping e W.J. Pope, 1898 e 1909; E. Havinga, 1941) sia chimici (autocatalisi, catalisi stereospecifica,M. Calvin, 1969), in cui uno dei due isomeri ottici viene selezionato a caso, a seconda della s. delle molecole che per caso dànno inizio al processo: questo si svolge poi come un processo a scatto, autorigenerativo. È tuttavia da porre in rilievo che tutti questi processi statistici o probabilistici, per quanto molto interessanti sotto l'aspetto sia concettuale sia tecnico, funzionano egregiamente come selettori di chiralità in un ambiente limitato, come l'apparecchio di laboratorio. Ma in grande, nell'oceano primitivo per es., se dànno luogo a un isomero separato in un punto, daranno sicuramente luogo in un altro punto alla separazione dell'isomero opposto: il loro prodotto non può essere che racemico, in media.

Passiamo alle teorie che fanno dell'instaurarsi dell'asimmetria biologica un fatto coevo o successivo alla comparsa dei primi organismi viventi sulla Terra. A sostegno di esse stanno, oltre al sostanziale fallimento delle teorie fin qui considerate, i fatti seguenti:1) non è del tutto vero che gli enantiomeri della specie "sbagliata" siano sempre del tutto assenti, nel mondo biologico. Per es., amminoacidi della forma D ("sbagliata") sono presenti come costituenti della parete batterica (mentre sono del tutto assenti negli organismi superiori); 2) esiste nel fegato dei mammiferi un enzima, la D-amminoacido-ossidasi, la cui funzione sarebbe quella di eliminare dall'organismo gli amminoacidi della forma D che venissero eventualmente ingeriti. La presenza di questo enzima fa pensare che la sparizione dal mondo biologico dei D-amminoacidi sia dopotutto un fatto relativamente recente.

È stato poi dimostrato da G. Wald (1957) e verificato sperimentalmente nel suo istituto, che da una miscela racemica di monomeri (amminoacidi, nucleotidi) tendono a formarsi per polimerizzazione essenzialmente solo due tipi di polimeri, quelli formati da monomeri tutti della forma L e quelli formati da monomeri tutti della forma D: essi sono di gran lunga i più stabili e la velocità di polimerizzazione è per essi molto maggiore. Wald ne dedusse che, con la comparsa della vita sulla Terra, debbono essersi così formate essenzialmente due popolazioni enantiomere, cioè l'una formata da sostanze di una certa chiralità e l'altra dalle stesse sostanze della chiralità opposta. La selezione naturale deve poi aver eliminato una delle due, avendo l'altra a un certo punto realizzato sulla prima un qualche vantaggio evolutivo. Le lunghe e complesse catene alimentari che collegano specie a specie, avrebbero fatto sì che la scelta della chiralità sia stata in definitiva la stessa per tutte le specie viventi. Più recentemente M. Ageno (1973) ha mostrato come due popolazioni simili ma di chiralità opposta non potrebbero evolvere mescolate, oltre la comparsa della riproduzione sessuale.

La questione decisiva sembra tuttavia essere un'altra. Le due popolazioni enantiomere ipotizzate da Wald non sembra possano essere mai esistite. La varietà dei possibili polimeri lineari (proteine o acidi nucleici) realizzabili è talmente vasta, da escludere che nell'oceano primitivo abbiano potuto sintetizzarsi contemporaneamente, partendo da tentativi casuali, due sistemi di polimeri esattamente enantiomeri. Se, com'è probabile, la vita è comparsa, contemporaneamente o quasi, più volte, in punti diversi della superficie terrestre, attraverso processi indipendenti, possono certamente essere apparse popolazioni di diversa chiralità (nel senso di Wald) ma non enantiomere, semplicemente diverse, cioè appartenenti a linee filetiche differenti. È probabile che, quando queste popolazioni siano venute a mescolarsi e siano entrate in competizione per il nutrimento (achirale), una di esse sia stata costretta all'estinzione. Ciò si può dimostrare rigorosamente, ove si ammetta che l'interazione tra le due popolazioni si possa descrivere mediante le ben note equazioni di Volterra (Ageno, 1975). Il problema pertanto non sembra possa ancora ritenersi completamente risolto.

Bibl.: R. Bentley, Molecular asymmetry in biology, New York, Londra, vol. I, 1969; vol. II, 1970; W.A. Bonner, Origins of molecular asymmetry, in Exobiology, a cura di G. Ponnamperuma, 1972, pp. 170-234.

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