SILLABO

Enciclopedia Italiana (1936)

SILLABO

Agostino Tesio

Voce greca, che significa collezione. Con questo nome sono conosciute due serie di proposizioni condannate dai papi Pio IX e Pio X. Il Sillabo di Pio X è diretto contro il modernismo (v.). Assai più famoso di questo è il Sillabo che va sotto il nome di Pio IX. Il primo, o uno dei primi a suscitare l'idea d'un atto del genere del Sillabo, fu l'arcivescovo di Perugia, il cardinale G. Pecci, poi Leone XIII, nel concilio provinciale di Spoleto, del novembre 1849. Nel 1852 la rivista Civiltà Cattolica, nella prossimità della definizione dogmatica dell'Immacolata Concezione, parlò dell'opportunità di accompagnarla con una condanna esplicita degli errori del razionalismo. L'idea piacque a Pio IX, che incaricò il cardinale R. Fornari di consultare in proposito dotte personalità ecclesiastiche e laiche, alle quali fu inviata una lettera con una serie di 28 punti di studio da tenersi presenti nella raccolta degli errori. Le risposte proposero che la condanna degli errori fosse fatta con un atto pontificio distinto dalla bolla sulla Immacolata Concezione; e allora la commissione, che aveva terminato i suoi lavori attorno a quel dogma, fu trasformata in commissione di studio e ricerca sugli errori moderni. Mentre questa stava lavorando, O.-Ph. Gerbet, vescovo di Perpignano, pubblicava nel 1860 un'istruzione pastorale contro gli errori del tempo, condannando 85 proposizioni. Tale atto piacque a Pio IX, che sottopose a una commissione più ristretta lo studio di quelle proposizioni; e l'esito fu che nel 1862 fu sottoposto al parere dei 300 vescovi accorsi a Roma un catalogo di 61 proposizioni da condannarsi con una bolla pontificia. Ma un'indiscrezione permetteva al giornale di Torino, il Mediatore, di lanciare nell'ottobre di quell'anno alle discussioni d'un pubblico passionato quelle proposizioni e la rispettiva condanna. Pio IX attese la calma, e frattanto abbandonò il progetto di condanna per mezzo di una bolla, facendo ricorso a un altro mezzo. Secondo che l'occasione portava, egli aveva già condannato tutti quegli errori in altri atti; non c'era che da estrarli dalle sue encicliche, lettere apostoliche, allocuzioni. Una nuova commissione, dopo un anno di lavoro, poté presentare un catalogo di 80 proposizioni; questo fu il Sillabo, pubblicato l'8 dicembre 1864 insieme con l'enciclica Quanta cura, e inviato a tutti i vescovi ufficialmente con una lettera del cardinale segretario di stato.

Il Sillabo può essere diviso in 9 gruppi distinti di proposizioni, riguardanti errori e teorie diverse: 1. Panteismo, naturalismo, e razionalismo assoluto (prop.1-7); 2. Razionalismo moderato (8-14); 3. Indifferentismo e latitudinarismo (15-18); 4. La Chiesa, i suoi diritti e privilegi (19-38); 5. La società civile in sé stessa e nei suoi rapporti con la Chiesa (39-55); 6. L'etica naturale e cristiana (56-64); 7. Il matrimonio (65-74); 8. Sovranità temporale del romano pontefice (75-76); 9. Liberalismo moderno (77-80). Vengono così condannati gli errori dei panteisti neganti l'esistenza d'un Dio personale e distinto; dei razionalisti, che fanno la ragione umana suprema norma di ogni verità, indipendente da ogni rivelazione superiore; degli indifferentisti, che dicono buona qualsiasi religione; dei regalisti, liberali e statolatri, che sostengono lo stato origine e fonte di tutti i diritti, e a lui vogliono soggetta anche la Chiesa con la sua gerarchia e il suo magistero; dei fautori della libera morale, nonché di quelli che asseriscono il diritto altro non essere che un fatto materiale, sostenuto da forze materiali prevalenti; di coloro che negano al matrimonio la dignità di sacramento, e lo vogliono in tutto sottoposto all'autorità civile, che può anche scioglierlo; e finalmente, di quelli che vogliono piena separazione tra la Chiesa e lo Stato, e che sia concessa a tutte le religioni la stessa libertà che alla cattolica.

Quanto al valore dogmatico, non si può dire con certezza che il Sillabo sia una definizione ex-cathedra; i teologi sono discordi; tuttavia, se non si può ritenere come un atto emanato dal papa secondo il grado supremo della sua autorità di maestro, e cioè con il carisma dell'infallibilità, non è meno certo che esso importa una regola di dottrina, proposta come strettamente e universalmente obbligatoria dalla suprema autorità; e perciò tutti ì fedeli sono tenuti in coscienza a sottomettervisi.

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