SILICIO

Enciclopedia Italiana (1936)

SILICIO

Vincenzo Caglioti

Elemento chimico che ha per simbolo Si, peso atomico 28,06, numero atomico 14; isotopi Si28, Si29, Si30. Il silicio non si trova libero in natura, ma solo come ossido o nei silicati. Esso è l'elemento più abbondante della crosta terrestre, dopo l'ossigeno, che ne costituisce il 50%, e rappresenta il quarto del peso dei primi 16 km. di crosta terrestre. Il suo peso perciò è pari a quello dei restanti novanta elementi presi insieme.

Secondo V. M. Goldschmidt, i primi 120 km. di spessore della crosta terrestre sono costituiti da silicati del peso specifico medio 2,8, mentre fino alla profondità di 1200 km. si trovano silicati complessi di peso specifico 3,6 ÷ 4.

Il silicio appartiene al 4° gruppo del sistema periodico ed è l'omologo superiore del carbonio. Mentre quest'ultimo è il costituente essenziale del mondo organico, il silicio è il costituente più importante del mondo inorganico, e solo in via eccezionale si trova contenuto in alcuni organismi animali e vegetali. Così ad es., piccole quantità se ne trovano nella paglia delle graminacee, con funzione di sostegno, e nel tessuto connettivo.

Il silicio è stato scoperto nel 1810 e ottenuto nel 1822 da Berzelius per riduzione del fluoruro con potassio metallico. La preparazione del silicio metallico si basa sulla riduzione del biossido o degli alogenuri con magnesio, alluminio o carbone.

Il silicio cristallino si può ottenere per riduzione del fluosilicato potassico, secondo lo schema:

Per riduzione invece del biossido col magnesio o con l'alluminio, secondo la reazione:

si ottiene un prodotto, detto silicio amorfo, dotato di grande reagibilità. Se s'impiega silice finemente divisa, la reazione di riduzione è molto violenta; in tal caso il silicio evapora e brucia di nuovo nell'aria, dando un'intensa luce bianca e lasciando un residuo di silicato di magnesio. Poiché questa reazione dà poco fumo, è usata per ottenere i cosiddetti lampi al magnesio in fotografia.

La preparazione industriale del silicio si esegue nel forno elettrico. Si scalda sabbia silicea e coke in pezzi, tenendo gli elettrodi immersi nella massa. I forni sono gli stessi che si usano per preparare il carburo di calcio. Di solito, si aggiunge alla miscela dell'ossido di calcio; questo dà come prodotto intermedio il carburo di calcio, che per le sue proprietà riducenti facilita la preparazione del silicio.

Quando la riduzione viene fatta in presenza di ferro si ottiene una lega di ferro e silicio, la quale a seconda delle condizioni di preparazione, può contenere fino al 90% di silicio. Essa viene usata nella preparazione degli acciai come disossidante del bagno metallico. Il silicio abbassa la solubilità del carbonio nel ferro e determina la separazione del carbonio nella ghisa sotto forma di grafite. Le ghise al silicio hanno grande resistenza agli acidi.

A seconda del modo di preparazione, il silicio ha aspetto diverso, dovuto alla differente grandezza delle particelle e al contenuto di impurezze. Cristallizza nel sistema cubico in ottaedri appiattiti, aventi la stessa struttura del diamante, con α0 = 5,42 Å; fortemente splendenti, di color grigio scuro. Fonde oltre i 1400°, ha peso specifico 2,3 e durezza circa 7 della scala di Mohs. I cristallini sono fragili e si polverizzano facilmente.

Il silicio non ha grande reagibilità; è praticamente insolubile in tutti gli acidi; brucia anche difficilmente. Verso i 1300° si combina con l'ossigeno e l'azoto, e all'arco elettrico anche con l'idrogeno, formando una piccola quantità di silicometano.

È un elemento leggermente elettronegativo, e si combina perciò facilmente tanto coi metalli, quanto coi metalloidi. Col fluoro reagisce a temperatura ordinaria, e con incandescenza, formando fluoruro di silicio; con gli altri alogeni si combina al calor rosso.

Con tutti i metalli reagisce ad alta temperatura; con alcuni di essi forma siliciuri veri e propri, talvolta ben cristallizzati. Così, ad es., forma siliciuri col bario, col calcio, con lo stronzio e col magnesio. Si conoscono anche siliciuri di nichelio, manganese, ferro e cobalto. Con altri metalli invece forma delle leghe. Così, si scioglie nell'alluminio fuso, ma col raffreddamento si separa di nuovo in bei cristalli. Lo stesso fa con l'argento.

Gli ossidanti, come ad esempio l'acido nitrico, la miscela nitrato potassico-acido fluoridrico, e il clorato potassico sciolgono il silicio a temperatura ordinaria. Gli acidi cloridrico, bromidrico, iodidrico l'attaccano soltanto a caldo.

La soda e la potassa caustica lo sciolgono, svolgendo idrogeno e formando i rispettivi silicati, secondo lo schema:

Questa reazione è stata utilizzata per la produzione d'idrogeno partendo da ferrosilicio.

Composti con l'idrogeno (silani). - Se si tratta con acido cloridrico diluito il siliciuro di magnesio, si formano varî idruri di silicio, come SiH4 o silicometano, o monosilano; Si2H6 silico etano o disilano; Si3H8 o trisilano, ecc. Mediante condensazione con aria liquida e distillazione frazionata, si riesce a separare questi composti l'uno dall'altro; essi, se pure sono formalmente identici ai corrispondenti composti di carbonio e idrogeno, sono però dotati di grande reagibilità. L'umidità dell'aria li decompone e qualche volta ne determina l'esplosione.

L'idrogeno di questi composti può essere parzialmente sostituito anche dagli alogeni, cosicché si conoscono, ad esempio, SiH3Br, monobromosilicometano, SiH2Br2, SiHBr3, SiBr4.

Oltre ai silani, si conoscono altre due serie di composti contenenti idrogeno: i silossani e i silosseni.

I primi rappresentano prodotti intermedî fra i silani e il biossido di silicio. Si possono considerare derivanti dai silani, per sostituzione parziale degli atomi d'idrogeno con ossigeno. Il prosilossano ad esempio:

formalmente corrisponde alla formaldeide

il disilossano (Si⊄H3)2O corrisponde formalmente all'etere metilico (C⊄H3)2O. Questi composti sono prodotti gassosi, più stabili all'aria di quelli contenenti solo idrogeno.

I silosseni sono anch'essi composti intermedî fra i silani e il biossido di silicio. Fra essi il più importante è il composto (Si2H2O)3 che si ottiene per azione dell'acido cloridrico alcoolico sul siliciuro di calcio Ca2Si. Questo composto ha una particolare struttura apparentemente analoga a quella dal siliciuro di calcio di partenza e costituita da lamine esagonali sovrapposte. Ha forti proprietà assorbenti e l'idrogeno che contiene può essere facilmente sostituito dagli alogeni, avendosi, ad es., Si6O3Br6. I silosseni sono solidi, insolubili, qualche volta luminescenti; s'incendiano spontaneamente all'aria, trasformandosi in biossido di silicio, e reagiscono facilmente con l'ossigeno e con gli alogeni.

Composti alogenati. - Il tetracloruro di silicio si prepara scaldando in corrente di cloro il silicio, o una miscela di biossido di silicio e carbone. È un liquido incoloro, mobile, che con l'acqua reagisce, idrolizzandosi, secondo lo schema:

A questo si deve la formazione di nebbia. quando si espone all'aria il tetracloruro di silicio. Ancora più fitta diventa la nebbia, se in contatto si evapora dell'ammoniaca.

Il tetracloruro di silicio reagisce anche con alcuni ossidi metallici, come l'ossido di alluminio, secondo lo schema:

tale reazione è anzi molto energica.

Col bromo il silicio forma SiBr4, tetrabromuro di silicio, e con lo iodio un tetraioduro SiI4, un esaioduro Si2I6 e un sottoioduro Si2I4. Si conoscono anche derivati alogenati misti.

Se si riscalda la silice con fluoruro di calcio e acido solforico, si forma il tetrafluoruro di silicio:

Questo composto è un gas incoloro, di odore pungente e soffocante, che all'aria umida forma una densa nebbia. Ha un calore di formazione molto elevato (360.000 calorie) e perciò è molto stabile: neppure la scarica elettrica lo decompone. Con l'acqua invece reagisce, formando silice gelatinosa e acido fluosilicico:

Quest'acido si conosce soltanto in soluzione acquosa; è un acido forte, e scioglie i metalli, svolgendo idrogeno. Siccome non contiene acido fluoridrico libero, ma è dissociato in ioni H+ e ioni SiF6- -, può essere conservato anche in recipienti di vetro.

Si conoscono molti sali dell'acido fluosilicico. Essi sono, per la maggior parte, solubili in acqua; i sali di potassio e bario sono invece difficilmente solubili, e perciò impiegati per mettere in libertà l'acido perclorico dal perclorato potassico e l'acqua ossigenata dal perossido di bario. La soluzione acquosa di acido fluosilicico s'impiega come disinfettante. Viene impiegata inoltre per indurire oggetti di gesso. Tale azione è probabilmente dovuta alla formazione di fluoruro di calcio. I fluosilicati di calcio e magnesio rendono impermeabili i materiali da costruzione porosi (fluatazione), in seguito alla formazione di fluoruro di calcio e silice.

Il fluosilicato d'ammonio s'impiega per rendere incombustibili i legni.

Con lo zolfo il silicio forma un composto SiS2 o bisolfuro di silicio, che è stabile all'aria umida, mentre reagisce col vapor d'acqua, formando silice e svolgendo idrogeno solforato.

Il silicio forma col carbonio un carburo SiC, che prende il nome di carborundo (v. abrasivo: Abrasivi artificiali) e presenta grande interesse pratico per la sua durezza, conducibilità elettrica e refrattarietà.

Si conoscono alcuni organoderivati del silicio, di formula generale SiR4, Si2R6, in cui R indica il radicale organico come CH4, C2H5, C6H5, ecc. Questi composti sono relativamente stabili. I composti derivanti da radicali alifatici sono liquidi, generalmente solubili; quelli contenenti radicali aromatici sono generalmente solidi e ben cristallizzati.

Silice.

Si conoscono due ossidi del silicio: SiO e SiO2. Il primo, SiO, è una sostanza gassosa, stabile soltanto ad alta temperatura; si può ottenere per riscaldamento del biossido con carbone. Le sue proprietà sono poco note.

Molto più interessante invece dal punto di vista pratico è il biossido, SiO2, comunemente chiamato silice, che è uno dei minerali più abbondanti e più diffusi della crosta terrestre.

Esiste in tre modificazioni distinte: quarzo, tridimite e cristobalite; si rinviene inoltre, sotto forma più o meno idrata, a costituire l'opale, e sotto forma terrosa, a costituire la farina fossile, che proviene da scheletri di antiche diatomee.

La silice ha una grande importanza scientifica e industriale. Combinata con ossidi basici, costituisce i silicati, mentre è il costituente essenziale di moltissimi materiali da costruzione, come le sabbie, il gres, il granito, il porfido, le lave, le pozzolane, l'argilla.

Già in natura si trovano giacimenti di silice ad alto grado di purezza. Il metodo migliore per prepararla in laboratorio consiste nello scaldare la silice idrata che si ottiene precipitando il silicato sodico con acido cloridrico, o decomponendo con acqua il cloruro o il fluoruro di silicio, dializzando e seccando il precipitato ottenuto.

Il quarzo stabile a temperatura ordinaria è trigonale; riscaldato a 575° si trasforma nella cosiddetta modificazione β, che si differenzia di poco dalla prima. La trasformazione è reversibile. Entrambe le modificazioni α e β a loro volta si presentano in due forme, levogira e destrogira, riconoscibili dalla posizione reciproca delle facce dei cristallini; esse si distinguono l'una dall'altra dalla disposizione degli atomi di silicio e ossigeno nell'interno della cella elementare, quale risulta dall'analisi röntgenografica. Tale disposizione è rappresentata per le due forme del quarzo β dalla fig. 1 (a sinistra, levogira).

Riscaldato a 870° il quarzo si trasforma in tridimite esagonale, stabile fino a 1470°. Questa modificazione si ritrova in alcune rocce eruttive che sono cristallizzate da magmi liquidi, nelle lave vulcaniche e nelle meteoriti. La velocità di trasformazione del quarzo in tridimite è però così lenta, che si compie soltanto dopo lunga esposizione a temperature comprese fra 870° e 1470°. In presenza di mineralizzatori invece, come ad es., wolframato o fosfato sodico, la trasformazione avviene facilmente ed è reversibile.

La tridimite, raffreddata rapidamente, non ha tempo di trasformarsi in quarzo, e però, al disotto di 117° si trasforma in una modificazione rombica, o α tridimite. Fra 117° e 163° esiste poi un'altra modificazione di tridimite, detta tridimite β, che è molto affine a quella stabile al disopra di 163° (tridimite β2).

La cristobalite è stabile al disopra di 1470° fino al punto di fusione, e si ritrova nelle stesse rocce in cui si rinviene la tridimite. Cristallizza nel sistema cubico.

In tutte le varietà di silice gli atomi di ossigeno sono disposti ai quattro vertici di un tetraedro al cui centro si trova un atomo di silicio. L'orientazione e la disposizione reciproca dei tetraedri (fig. 2) si differenzia di poco nella tridimite (1) e nella cristobalite (2); risulta molto diversa invece nel quarzo (3).

Anche la cristobalite si ritrova in un'altra modificazione, detta α cristobalite, stabile al disotto di 230°. La silice sotto forma di cristobalite fonde a 1700°, sotto forma di quarzo a 1550°. La silice fusa, quando solidifica, resta vetrosa, e in questa forma si chiama comunemente vetro di silice, lo si usa per la preparazione di apparecchi scientifici. Per riscaldamento prolungato, detta silice cristallizza, o, come si dice comunemente, devetrifica. I campi di stabilità delle diverse modificazioni del biossido di silicio si possono perciò delimitare come segue:

Le altre modificazioni si possono esprimere col seguente schema:

Un'idea chiara delle trasformazioni che la silice subisce col crescere della temperatura si può avere rappresentando su un sistema di assi cartesiani la tensione di vapore delle diverse fasi in funzione della temperaiura (figura 3).

La densità del quarzo è 2,65, quella della tridimite 2,43; quella della cristobalite 2,33; quella della silice vetrosa 2,20.

Tutte queste varietà di silice si comportano diversamente al calore; esse si dilatano cioè in maniera diversa. Tutte subiscono infatti variazioni di volume brusche in corrispondenza delle trasformazioni allotropiche; solo la silice vetrosa presenta un coefficiente di dilatazione bassissimo (5,4 • 10-7), ed è perciò usata per la fabbricazione di apparecchi che possono essere esposti a sbalzi di temperatura. La variazione della dilatazione in funzione della temperatura è rappresentata dalla fig. 4.

La conoscenza del coefficiente di temperatura della dilatazione ha un particolare interesse per la fabbricazione dei materiali refrattarî (v.). Soltanto così si può infatti spiegare perché tutti i materiali refrattarî a base di silice, prima di venire adoperati, devono essere trasformati nella fase cristobalite.

La silice è praticamente insolubile in acqua; è inattaccabile dagli acidi. Gli alcali fusi l'attaccano, trasformandola in silicato:

Entra in combinazione con gli acidi molibdico e tungstico, per formare silicomolibdati e silicotungstati. Anche con l'ossido di alluminio forma un anione complesso allumosilicico, di cui si conoscono sali.

Con l'acido fluoridrico secco, la silice forma tetrafluoruro di silicio; in presenza di acqua forma acido fluosilicico:

I metalli alcalini, il magnesio, il ferro, l'alluminio dànno silicio e formano siliciuri; il carbonio forma carburo di silicio. La silice con gli ossidi basici dà silicati. Questi si possono far derivare dai varî acidi silicici.

Numerose ricerche sono state eseguite per preparare gli acidi silicici liberi. I più semplici, come l'orto- e il metasilicico, pare siano stati ottenuti sia facendo reagire il cloruro di silicio con l'acqua, e separando con ossido d'argento l'acido cloridrico formato, sia dializzando l'ortosilicato di etile, sia trattando silicato di calcio artificiale con acido acetico e dializzando. Essi sono prodotti amorfi; l'acido metasilicico pare sia cristallino. Le loro proprietà sono poco note ed è addirittura poco probabile ammettere allo stato attuale in modo indiscutibile la loro esistenza.

In tutti i silicati il gruppo [SiO4] è disposto a tetraedro, e cioè un ione Si-IV si trova al centro di un tetraedro che ha ai vertici quattro ioni O- -.

In acqua sono solubili soltanto i silicati alcalini; quelli che sono solubili in acido si decompongono, mettendo in libertà silice più o meno idrata; ma la maggior parte sono attaccabili soltanto con acido fluoridrico. Le soluzioni acquose dei silicati alcalini hanno reazione alcalina; esse sono fortemente idrolizzate. Così ad es., il metasilicato sodico è idrolizzato secondo lo schema:

Se si acidifica una soluzione di silicato sodico, vien posto in libertà acido silicico; questo però non precipita subito, ma resta in soluzione colloidale, formando il cosiddetto sol di silice. L'acido silicico è stabile sotto forma colloidale, sia in soluzione acida, sia in soluzione alcalina. Per aggiunta di elettroliti, si rapprende in gel. Le soluzioni colloidali si possono ottenere allo stato di sufficiente purezza dializzandole, il che si ottiene versando semplicemente le soluzioni in un sacchetto di carta pergamena, tenuto immerso in acqua pura, fino a che gli elettroliti presenti diffondono attraverso le pareti del sacco.

Il sol di silice si trasforma per essiccazione o per precipitazione, mediante aggiunta di elettroliti, in gel che è trasparente, chiaro, molle e sufficientemente elastico.

Ray e Ganguly hanno determinato la regione di formazione dei geli di silice a partire da soluzioni di silicato sodico potassico acidificate con acido cloridrico. Si vede dalla fig. 5 che tale zona di formazione è funzione del PH e della concentrazione della soluzione.

L'acqua del gelo di silice può facilmente essere sostituita da alcool, benzolo, ecc.

Il gelo di silice preparato di fresco contiene una gran quantità d'acqua, che raggiunge anche 330 molecole per una di SiO2. Una gran parte dell'acqua è legata solo meccanicamente e può essere eliminata per semplice compressione meccanica. La maggior parte può essere eliminata all'aria secca. In un essiccatoio, ad es., si può ottenere un gelo completamente solido, facilmente polverizzabile, che contiene fino a sei molecole di acqua per una di silice.

Le proporzioni di acqua trattenute sono funzione della tensione di vapore dell'ambiente in cui si opera l'essiccazione. Nel vuoto, ad es., si riesce a ottenere un gelo di silice con 0,1 H2O per ogni molecola di silice.

Col diminuire del contenuto di acqua, il gelo si va sempre più contraendo, ma è sempre trasparente; quando il contenuto di acqua scende a circa 2 molecole per una di silice, il gelo diventa opaco. L'opacità è dovuta al fatto che l'acqua, evaporando, lascia dei pori, in cui entra l'aria.

Dagli studî di van Bemmelen e Zsigmondi risulta che nel gelo di silice, oltre all'acqua frammista meccanicamente e a quella di costituzione, si trova altr'acqua nei capillari che si formano fra una micella e l'altra di silice. Quest'acqua si elimina difficilmente.

Le curve di idratazione e di disidratazione della silice non sono completamente reversibili, perché, una volta che i canalicoli sono stati riempiti dall'aria, l'acqua non può più penetrare nei pori come prima. Il gelo di silice è röntgenograficamente amorfo; appena però se ne osserva lo spettro, questo appartiene alla fase cristobalite, il che fa ritenere che esso è costituito da miscele di acqua e silice anidra. Del resto, anche dal punto di vista magnetico, il gelo di silice si comporta come una miscela di acqua e silice. Opportunamente preparato, per es., quando è precipitato insieme con ossido di ferro, alluminio, rame e cromo, dopo l'eliminazione di questi ossidi, diventa attivo, nel senso che assorbe composti organici, gas, vapori nitrosi.

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