Sifilide

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sifilide Malattia infettiva, a decorso cronico intermittente, detta anche lue; è provocata da un microrganismo, il Treponema pallidum (o Spirochaeta pallida), scoperto da F. Schaudinn ed E. Hoffmann nel 1905. È distinta in acquisita e congenita.

Per analogia, in veterinaria, il termine indica malattie che hanno eziologia differente ma la cui trasmissione avviene con il rapporto sessuale.

Medicina

S. acquisita

Il contagio avviene per lo più nel corso di rapporti sessuali. La penetrazione del treponema è facilitata, se non condizionata, da soluzioni di continuo, anche minime, della cute o delle mucose. Tuttavia non è da escludere che possa avvenire anche in caso di integrità della barriera epiteliale, specialmente a livello delle mucose. Schematicamente, in base all’andamento delle fasi evolutive della malattia, si distinguono tre periodi: primario, secondario e terziario.

La fase primaria (s. primaria) comprende il periodo di incubazione (abitualmente di 15-25 giorni) e la comparsa delle prime manifestazioni cliniche della malattia. Queste hanno un carattere regionale e sono costituite: da un nodulo granulomatoso, cutaneo o mucoso, duro, abraso o ulcerato, detto sifiloma iniziale, situato nel punto in cui il treponema è penetrato nell’organismo (quando è ulcerato prende il nome di ulcera dura o ulcera sifilitica); e dalla adenopatia satellite, ossia dalla tumefazione delle ghiandole linfatiche prossimali. Subito dopo la comparsa di queste manifestazioni locali le reazioni sierodiagnostiche continuano a mantenersi negative, non essendosi ancora sviluppata nell’organismo un’apprezzabile reazione generale di ordine immunologico. In tale fase il successo della cura è praticamente sicuro. Se la malattia non è tempestivamente curata si realizza la progressiva e generale invasione dell’organismo.

Le reazioni sierodiagnostiche divengono per lo più positive prima ancora che la malattia entri nella fase della s. secondaria. Questa inizia in genere circa due mesi dopo il contagio e si manifesta con disturbi generali (astenia, inappetenza, cefalea, dolori articolari, muscolari e ossei, febbre) e con manifestazioni più significative, come alterazioni mucose e cutanee (sifilodermi secondari), tumefazione delle ghiandole linfatiche e della milza. Le manifestazioni cutanee possono essere rappresentate da una disseminazione di roseole (sifiloderma rubeolico, che è l’eruzione più comune e peculiare della malattia), oppure di papule (sifiloderma papuloso), che possono confluire in placche cutanee, talvolta assai grandi (condilomi piani). La durata del periodo secondario, nella s. non curata, pur essendo mal valutabile, si può considerare di 2-3 anni.

Nel periodo terziario (s. terziaria) si possono avere lesioni a carico di qualunque organo, con predominante interessamento degli organi interni. Tali lesioni, che hanno un carattere distruttivo, possono essere di tipo nodulare circoscritto: gomme e sifilodermi tuberosi; oppure infiltrativo interstiziale (evolventi verso la sclerosi cicatriziale). La loro gravità è in rapporto soprattutto con l’importanza dell’organo leso: assai gravi l’epatite interstiziale (con esito in cirrosi), l’aortite (evolvente verso la formazione di aneurismi), la coronarite (di cui è frequente conseguenza l’infarto del miocardio), e lesioni meningee, vascolari e parenchimali del sistema nervoso.

La spirocheta può raggiungere il sistema nervoso tramite il torrente circolatorio e lederlo nel suo parenchima specifico (s. parenchimatosa o ectodermica) o semplicemente nelle sue componenti mesodermiche (s. meningo-vascolare o mesodermica). La s. parenchimatosa può dar luogo a processi circoscritti, isolati o multipli, oppure a processi diffusi o distribuiti elettivamente a particolari sistemi. Il primo caso è rappresentato dalle gomme, che hanno un’azione compressiva e distruttiva sul tessuto nervoso: se sono isolate hanno una sintomatologia di tipo tumorale e come tali possono presentare un problema diagnostico di notevole delicatezza. Le altre due eventualità danno luogo a quadri molto bene caratterizzati: la paralisi progressiva (meningoencefalite sifilitica diffusa) e la tabe dorsale (meningoradicolite luetica).

La s. vascolare colpisce sia le arterie sia le vene attraverso processi di endo- e periarterite, di endo- e periflebite ed è causa di fenomeni angiospastici, con deficit transitori, e di rammollimenti quando l’obliterazione vasale diviene definitiva: la sintomatologia dei singoli casi è in rapporto con il distretto colpito.

Le meningiti sifilitiche possono verificarsi nello stesso periodo secondario, tra il 13° e il 18° mese dal contagio e di solito decorrono asintomatiche o con sintomatologia scarsa e priva di specificità; la loro esistenza è rivelata solo dall’esame liquorale, che dimostra linfocitosi e lieve positività delle reazioni delle prove colloidali. In casi relativamente rari la compromissione meningea del periodo secondario è contrassegnata da una sintomatologia imponente: cefalea tormentosa, dolori di tipo nevralgico alla nuca, ai lombi e agli arti; accessi convulsivi; paralisi di alcuni nervi cranici, di solito il III, il VI e l’VIII paio. La meningite luetica del periodo terziario ha una sintomatologia meno acuta della precedente: se il processo è localizzato alla convessità degli emisferi, e in tal caso è colpita prevalentemente la dura meninge (pachimeningite), si osservano crisi convulsive jacksoniane o generalizzate, mono- o emiparesi, emianestesia, afasia; se il processo colpisce la regione della base, che è la sede caratteristica delle leptomeningiti luetiche, la sintomatologia ha la sua manifestazione nella paralisi di alcuni nervi cranici, che in genere sono gli stessi che vengono colpiti nel periodo secondario.

S. congenita

La trasmissione dell’infezione al prodotto del concepimento avviene per via transplacentare, ossia da madre a figlio. Ne possono derivare varie conseguenze: morte endouterina del feto (seguita da aborto, o parto prematuro, spesso con feto macerato); nascita di un bambino già recante i segni dell’infezione sifilitica (s. congenita precoce: neonato generalmente piccolo, gracile, di aspetto vecchieggiante, presenza di ragadi peribuccali e perianali; eruzione bollosa alle mani e ai piedi, o pemfigo sifilitico; rinite ostacolante la suzione; pseudoparalisi di Parrot; tumefazione delle linfoghiandole, del fegato, della milza ecc.); infezione latente del neonato, nel quale i segni della s. si manifesteranno soltanto dopo mesi o anni (s. congenita tardiva: cheratite parenchimatosa, deformazioni ossee, come naso a sella e tibie a sciabola, alterazioni dentarie).

La s. nervosa congenita può interessare il sistema nervoso imprimendogli una particolare meiopragia, che espone l’individuo a una maggiore suscettibilità verso le malattie mentali; oppure può essere causa di svariati quadri lesionali: idrocefalia, arresti di sviluppo e conseguente insufficienza mentale, processi meningoencefalici.

Diagnosi e terapia

I test di screening evidenziano le reagine sifilitiche e includono il venereal disease research laboratory (VDRL) e la reagina plasmatica rapida (RPR). I test treponemici specifici evidenziano gli anticorpi antitreponemici e comprendono il test di assorbimento di Ac anti-treponema fluorescenti (FTA-ABS), il saggio di microemoagglutinazione per gli anticorpi contro Treponema pallidum (MHA-TP) e il test di emoagglutinazione per il Treponema pallidum (TPHA).

Gli antibiotici, e specialmente la penicillina, in un primo tempo hanno fatto sorgere la giustificata speranza di poter risolvere il problema terapeutico con un ciclo di cura intenso e di breve durata; in realtà l’azione treponemicida della penicillina (e anche della tetraciclina) consente di debellare rapidamente l’infezione in fase primaria; cure più prolungate e maggior numero di controlli clinici e di laboratorio sono necessari per la s. secondaria; nelle forme terziarie può essere talora necessaria l’associazione del bismuto all’antibiotico.

Veterinaria

S. del coniglio Causata da Treponema cunicoli, è una malattia coitale del coniglio, ad alta contagiosità, che si manifesta con tumefazioni, noduli e ulcere sui genitali e sul corpo. S. equina Malattia che colpisce i cavalli, gli asini e i loro incroci ed è causata dal Protozoo Flagellato Trypanosoma equiperdum. È chiamata anche durina o mal del coito o morbo coitale. Si manifesta con gonfiori e ulcerazioni degli organi sessuali e, in un secondo periodo, con esantema, depigmentazione della cute e con ulcere a fondo e margini callosi, sparse sulla pelle, grandi quanto uno scudo (in spagnolo duro, donde il nome del morbo). Si trasmette con il coito. È malattia cronica e a volte mortale se non curata precocemente; diffusa nell’Africa settentrionale, da qui passò anche in Spagna e nella Francia meridionale. Nei paesi del Nord l’infezione decorre in modo lento, fino a 1-2 anni, mentre in quelli del Sud si evolve con maggiore rapidità (1-2 mesi). L’esito è vario: l’indice di mortalità può salire da cifre minime al 70-80%. I medicamenti usati per le altre tripanosomiasi danno discreti risultati se usati precocemente.

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