SFORZA, Sforza Maria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 92 (2018)

SFORZA, Sforza Maria

Edoardo Rossetti

SFORZA, Sforza Maria. – Figlio quartogenito del duca Francesco I e di Bianca Maria Visconti, nacque a Vigevano il 18 agosto 1451.

Poco si conosce della sua educazione che dovette comunque svolgersi in parallelo a quella del fratello Filippo Maria tra Abbiategrasso, Milano e Pavia sotto la supervisione di Franchino Caimi.

Nel luglio del 1455 il piccolo Sforza fu promesso sposo a Eleonora d’Aragona, figlia di Ferdinando I d’Aragona re di Napoli, in parallelo all’unione di Ippolita Sforza con Alfonso duca di Calabria; i contratti del matrimonio furono stipulati nel 1457 e Sforza ebbe la prospettiva di ricevere una dote di 40.000 ducati e una rendita opportuna nel Regno. Considerato il sostegno dato dagli Sforzeschi all’Aragona durante la prima congiura dei baroni (1459-62) e il pericolo di un progetto matrimoniale tra Sforza e Maria di Borgogna, re Ferdinando invitò il ragazzo a trasferirsi alla corte di Napoli in attesa di raggiungere l’età per perfezionare l’unione con Eleonora; si pensò di dotarlo con tutti i feudi calabresi del ribelle Marino Marzano, principe di Rossano, ma l’opinione contraria di Pio II, la pacificazione di Marzano e la morte (novembre 1463) senza successione legittima di Giovanni Antonio Orsini Del Balzo, principe di Taranto, indussero a prendere in considerazione l’investitura a Sforza del Ducato di Bari, con i castelli di Modugno e Palo che avrebbero garantito al giovane una rendita di 12.000 ducati l’anno. Il privilegio fu definitivamente sottoscritto il 9 settembre 1464.

Nell’ambito dei progetti di crociata di papa Piccolomini (marzo del 1464), fu previsto per Sforza, da parte del duca Francesco, la guida di un contingente milanese; e nel settembre del 1465 Sforza fu alla testa, insieme al fratello Filippo Maria, del sontuoso corteo che conduceva a Napoli la sorella Ippolita in vista del matrimonio con Alfonso d’Aragona. Contemporaneamente Azzone Visconti di Ierago prese possesso per suo conto del feudo barese, divenendone governatore.

La morte del duca Francesco Sforza (8 marzo 1466) aprì un primo periodo di tensioni fra i fratelli Sforza, la madre Bianca Maria Visconti e il nuovo duca Galeazzo Maria. Sembrò che, appoggiata da re Ferdinando I d’Aragona, la duchessa volesse fare assumere a Sforza una sorta di tutela sul governo del fratello maggiore, con una successione autonoma del più giovane nella Signoria di Cremona, dove il duca di Bari fu immediatamente inviato. Nel dicembre del 1466, il nuovo duca promise comunque ai fratelli il comando di una squadra di armati, un appannaggio annuo di almeno 4000 ducati e un palazzo in Milano.

Nonostante la presenza di Sforza in castello (4 dicembre 1467) insieme al fratello Galeazzo nel momento di maggiore tensione dello scontro con la madre, i carteggi rivelano un continuo interesse di Bianca Maria circa la sorte del figlio minore. Era sempre lei a pressare la cancelleria perché fossero espedite rapidamente le lettere di infeudazione a Sforza di Borgonuovo (poi ritornato al fratellastro Sforza Secondo), Mortara e Voghera. Nonostante le tensioni interne, Sforza partecipò alle campagne militari del 1467 a Imola e in Piemonte occupandosi dell’approvvigionamento dei cavalli per il campo sforzesco. Nel 1468 seguì costantemente la corte del fratello, ottenendo rassicurazioni circa l’effettiva concretizzazione della promessa di matrimonio con Eleonora d’Aragona stipulata da molti anni, ma fu anche a Milano e si occupò attivamente degli affari di Stato in vece del duca informando costantemente la madre. Nello stesso anno fu impiegato in due ambasciate a Casale Monferrato e a Ferrara, e fu presente al capezzale di Bianca Maria, deceduta il 28 ottobre a Melegnano.

Dopo la morte della duchessa madre, Galeazzo confermò ai fratelli le concessioni e le infeudazioni, ma gli attriti non cessarono. Sforza fu insignito del feudo di Saronno (4 marzo 1471), ma escluso dalla successione al Ducato nel testamento del duca (3 novembre 1471); partecipava con i fratelli alle parate militari e alle cerimonie ufficiali, ma era estromesso dalla gestione del governo e la sua compagnia d’armi non era di fatto operativa. Galeazzo sacrificò alla fine il matrimonio del fratello con Eleonora d’Aragona per assecondare il nuovo assetto della politica internazionale: nell’ottobre del 1472 si procedette all’annullamento e la giovane fu data in sposa al duca di Ferrara, Ercole I d’Este.

Il duca di Bari si spostò dunque politicamente sempre di più verso il gruppo di ghibellini già vicini alla madre Bianca Maria; Sforza Maria e il più giovane Ludovico Maria tramarono insieme contro il duca in accordo con il gruppo di nobili milanesi riuniti dall’umanista Cola Montano. A seguito di questa situazione, il duca Galeazzo inviò Sforza e Ludovico prima in missione militare nel Canavese, e successivamente (novembre 1476) in Francia (una missione che ai più sembrò un vero e proprio bando).

A un mese dall’assassinio del fratello (26 dicembre 1476), i due esuli rientrarono in Milano, pretendendo un ruolo attivo nella reggenza. Contro Bona di Savoia, duchessa vedova, e Cicco Simonetta, primo segretario, si unirono a Sforza e a Ludovico anche Ascanio e Ottaviano, insieme a Roberto Sanseverino, Donato del Conte e Ibietto Fieschi, sostenuti dai ghibellini milanesi, mentre Filippo Maria Sforza si tenne in disparte. Si pensò di affidare la reggenza direttamente al duca di Bari, per il quale si auspicava pure una diretta successione al potere. Una prima pacificazione tra le parti, mediata dal marchese Ludovico Gonzaga, si raggiunse nella seconda metà di febbraio (1477): i fratelli Sforza furono posti a capo del consiglio segreto, esautorato però a favore di un consiglio di castello più ristretto; si provvide per loro una dimora in Milano – a Sforza fu dato il palazzo di Porta Tosa e un grande appezzamento di terra con stalle posto appena fuori dalle mura – e un appannaggio di 12.500 ducati annui di entrata su Cremona.

Mai sopiti, i contrasti riesplosero il 25 maggio 1477, quando, a seguito dell’inquisizione di del Conte, si rivelarono i complotti orditi dei fratelli Sforza contemporanei alla campagna contro Genova (marzo del 1477); questi prevedevano l’eliminazione di Simonetta, ma anche del giovane duca di Milano, e la salita al potere del duca di Bari. Dopo l’arresto di del Conte, i fratelli Ludovico e Ottaviano Sforza, insieme a Sanseverino, presero quindi le armi asserragliandosi in Porta Tosa, ma i capi del partito ghibellino non collaborarono, costringendo Sforza e Ludovico a incontrare subito Bona di Savoia (26 maggio) per tentare una pacificazione. Il 13 giugno fu emessa comunque la sentenza di condanna contro i fratelli: Sforza era esiliato a Bari, mentre, deceduto Ottaviano, gli altri due (Ludovico e Ascanio) erano relegati a Pisa e a Perugia; solo Filippo Maria, estraneo ai fatti, rimase a Milano alla corte della cognata.

Nel complicato quadro di alleanze italiane che detonò nella Congiura dei Pazzi (26 aprile 1478), Ferdinando I d’Aragona – schierato contro i Medici e gli Sforza – armò Sforza nel suo esilio barese e fece pressione su Bona di Savoia per il perdono e il rientro dei cognati in Milano. Il duca di Bari non sembrò attivarsi direttamente fino a quando il cugino Sanseverino, al soldo delle truppe aragonesi, provocò la secessione di Genova da Milano. Mentre l’esercito sforzesco subiva una bruciante sconfitta a Giornico da parte degli svizzeri, alleati con il pontefice e il re di Napoli (28 dicembre 1478), e Sanseverino sconfiggeva i fiorentini, Sforza (23 dicembre 1478) e Ludovico (28 gennaio 1479) lasciarono l’esilio riunendosi a La Spezia il 4 febbraio, presto colpiti (con il Sanseverino) da una sentenza di ribellione e di bando emessa a Milano (1° marzo).

Le operazioni subirono a questo punto uno stallo a causa del differire degli aiuti pontifici e aragonesi, ma nel contempo trapelarono le notizie di un aggravarsi della salute del duca di Bari. Morì in effetti mercoledì 28 luglio 1479 a Varese Ligure, lasciando nelle mani del fratello Ludovico il Ducato di Bari e la campagna militare e politica contro Bona di Savoia e Simonetta.

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Ph. Argelati, Bibliotheca scriptorum mediolanensium, II, Milano 1745, col. 1389: N. Ratti, Della famiglia Sforza, I, Roma 1794, pp. 98-101; C. Canetta, Le sponsalie di casa Sforza con casa d’Aragona, in Archivio storico lombardo, IX-X (1882-1883), pp. 136-144, 768-782; L. Pepe, Storia della successione degli Sforzeschi negli stati di Puglia e Calabria e documenti, Bari 1900, pp. 1-16; N. Ferorelli, Il ducato di Bari sotto S.M. S. e Ludovico il Moro, in Archivio storico lombardo, XLI (1914), pp. 389-468; A. Giulini, Di alcuni figli meno noti di Francesco I Sforza, ibid., XLIII (1916), pp. 28-52 (in partic. pp. 38-40); P. Parodi, Nicodemo Tranchedini da Pontremoli genealogista degli Sforza, ibid., XLVII (1920), pp. 334-340 (in partic. p. 338); C. Santoro, Gli Sforza, Milano 1968, pp. 181, 210; R. Fubini, Excursus V. L’assassinio di Galeazzo Maria Sforza, in Lorenzo de’ Medici, Lettere, II, 1474-1478, a cura di R. Fubini, Firenze 1977, pp. 523-535 (in partic. pp. 525, 531); Id., Osservazioni e documenti sulla crisi del Ducato di Milano nel 1477..., in Essay presented to Myron P. Gilmore, I, History, a cura di S. Bertelli - G. Ramakus, Firenze 1978, pp. 47-103 (rist. in Id., Italia quattrocentesca: politica e diplomazia nell’età di Lorenzo il Magnifico, Milano 2002, pp. 107-135); G. Lubkin, A Renaissance Court. Milan under Galeazzo Maria Sforza, Berkeley-London 1994, ad ind.; N. Covini, L’esercito del duca. Organizzazione militare e istituzioni al tempo degli Sforza: 1450-1480, Roma 1998, pp. 184 s., 213 s., 345 s.; M. Pellegrini, Ascanio Maria Sforza: la parabola politica di un cardinale-principe del Rinascimento, I-II, Roma 2002, I, pp. 54-65; F. Somaini, Un prelato lombardo nel XV secolo: il card. Giovanni Arcimboldi vescovo di Novara, arcivescovo di Milano, I-III, Roma 2003, I, pp. 304-311; N. Covini, Donne, emozioni e potere alla corte degli Sforza, Milano 2012, pp. 31-33; M. Ferrari - I. Lazzarini - F. Piseri, Autografie dell’età minore. Lettere di tre dinastie italiane tra Quattrocento e Cinquecento, Roma 2016, pp. 173-176.

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