SFINGE BARBATA, Pittore della

Enciclopedia dell' Arte Antica (1966)

SFINGE BARBATA, Pittore della (Maler der bärtigen Sphinx)

L. Banti

Ceramografo etrusco così chiamato dal Benson che gli attribuisce alcune òlpai e oinochòai, imitanti la produzione corinzia del 630-615 a. C.

Il Payne, che aveva già riunito il primo nucleo di questi vasi, ha anche definito i caratteri del pittore e quelli dei vasi simili e mostrato definitivamente che essi sono di fabbrica etrusca. Il Benson e il Brown hanno aggiunto nuove attribuzioni. La decorazione si ispira al fregio di animali del Tardo Protocorinzio e della Transizione: sono frequenti le sfingi maschili, da cui deriva il nome del pittore. Rosette a punti, di tipo protocorinzio, riempiono il fondo, ma sono meno simnietricamente ordinate di quelle su vasi di Corinto. Il fregio a figure di animali ha elementi e motivi estranei al fregio greco; gli animali stessi hanno in parte perduto le forme naturali e si sono trasformati in senso decorativo; anche l'incisione è unicamente decorativa e non tiene conto della struttura interna. Il pittore è fra i più antichi imitatori, in Etruria, dei vasi protocorinzi a fregio di animali. Non è isolato: altri hanno lavorato vicino a lui, in un centro che può essere Caere o Vulci. Il Benson e il Brown lo datano al VII sec. a. C., ma egli non è anteriore al 6oo a. C. e può, anzi, essere più recente. La copiosa attività di questo pittore e della sua scuola ha avuto, per quanto possiamo sapere, una decisiva importanza per lo stabilirsi di una vera e propria tradizione vascolare etrusco-corinzia. Alla sua forte personalità va almeno in parte attribuita la responsabilità della impronta "transizionale", che la ceramografia etrusca conservò sino agli inizi del VI sec. a. C. (v. rosoni, ciclo dei).

Bibl.: H. Payne, Necrocorinthia, Oxford 1931, pp. 206-209; J. L. Benson, Geschichte d. korinth. Vasen, Basilea 1953, p. 30, n. 36; id., Corinthian Vase-Paintesr, in Am. Journ. Arch., LXXI, 1957, p. 176; W. L. Brown, The Etruscan Lion, Oxford 1960, p. 52 ss.; G. Colonna, in Arch. Class., XIII, 1961, p. 3 ss.