SERVIO TULLIO

Enciclopedia Italiana (1936)

SERVIO TULLIO

Plinio Fraccaro

. Il sesto re di Roma. Mentre una leggenda raccontava che la madre sua Ocrisia, nobile signora latina, era già incinta di lui quando la guerra l'aveva resa schiava di Tanaquilla moglie di Tarquinio Prisco, un'altra leggenda narrava che essa l'aveva concepito, già schiava, dal genio del focolare della reggia; si spiegava nell'uno e nell'altro modo il suo nome Servius, e la fondazione del culto dei Lari a lui attribuita. E varî prodigi avevano annunciato poi la sua fortuna futura e ne avevano accompagnato la vita. Per le sue esimie doti, Tarquinio lo volle suo genero; e quando il re fu colpito dai figli di Anco Marcio, Servio, ad istigazione di Tanaquilla, che aveva fatto correre voce che le ferite non erano mortali, assunse il potere, lo mantenne anche dopo annunciata la morte del re e lo fece sanzionare dal popolo. Un vero favorito dalla Fortuna dunque, che da servo l'aveva innalzato a re. E si raccontava perciò di templi che egli aveva eretto alla Fortuna, che entrava di notte nella sua casa per una finestra e l'amava. E a lui si richiamavano varie istituzioni in favore degli schiavi. Tutt'altra origine attribuivano invece a Servio quelli che lo identificavano con Mastarna, un condottiero etrusco, che, venuto a Roma con i suoi, avrebbe occupato il Celio e sarebbe quindi succeduto a Tarquinio, mutando il suo nome in Servio Tullio. Questa versione conciliava una tradizione etrusca, che faceva uccidere da Mastarna un Tarquinio, con la lista dei re romani nella quale a Tarquinio succedeva Servio.

Il regno di Servio, durato 44 anni (578-535 a. C.), non fu senza gloria militare, per guerre combattute specialmente contro gli Etruschi, dodici città dei quali avrebbero riconosciuto la supremazia di Roma; ma fu dedicato soprattutto ad opere di pace. Ciò non evitò al re una fine tragica. Egli aveva dato le sue due figlie in spose ai due figli di Tarquinio. Ma la perfida figlia Tullia, sposa al mite Arunte, si accordò con l'ambizioso cognato Lucio Tarquinio, sposo della buona sorella di Tullia, e tolsero di mezzo sorella e fratello. Quindi Tarquinio assunse nel foro il potere regio e quando Servio accorse, dopo un diverbio, Tarquinio lo fece rotolare per i gradini della curia. Servio tentò di salvarsi con la fuga, ma raggiunto dagli sgherri di Tarquinio, fu ucciso. La feroce Tullia passò col cocchio sul cadavere del padre e l'orrido gesto fece chiamare scellerata la strada dove era stato compiuto.

La tradizione narra che S. riformò lo stato romano introducendo una costituzione nella quale patrizî e plebei furono divisi in classi per censo e al censo furono commisurati obblighi militari e finanziarî e diritti politici. Ogni classe contava un certo numero di centurie, le quali erano nello stesso tempo quadri di leva e sezioni dell'assemblea deliberante, detta appunto centuriata. L'antico ordinamento gentilizio per tribù genetiche e curie fu così superato. Per facilitare le operazioni amministrative, il territorio fu diviso in distretti territoriali detti tribù. S. ricinse poi con una cerchia di mura la città ch'era molto cresciuta oltre la primitiva cinta palatina, comprendendovi, oltre ai colli adiacenti al Palatino, anche il Quirinale, il Viminale e parte dell'Esquilino. Il limite religioso della città (pomerio) conservò sino alla fine della repubblica il tracciato della cinta di S., e il nome rimase alla cinta anche dopo che questa fu rifatta e ampliata a comprendere l'Aventino. Nel tempio di Diana sull'Aventino si leggeva nell'età di Augusto su una stele di bronzo un trattato di alleanza con i Latini, attribuito a S.; il tempio, eretto da Roma e dai Latini, era il centro sacro dell'alleanza, e, per il fatto di essere stato innalzato a Roma, indicava la posizione eminente di questa di fronte agli alleati. Questi tre fatti dimostrano l'importanza che la tradizione concorde attribuiva al regno di S. e possono essere ritenuti storici, per quanto molti critici moderni credano di doverli attribuire ad età posteriori (sec. V-IV). La leggenda aggiungeva che questo re popolare, costituzionale e assertore di libertà che aveva creato alcuni degli elementi che furono poi fondamentali nello stato repubblicano, come la costituzione per censo, avrebbe pensato di rinunciare al potere regio e d'istituire il consolato l'idea del quale i fondatori della repubblica avrebbero derivato dai commentarî del re. La plebe da lui protetta e sollevata lo pianse a lungo. Anche molti istituti giuridici venivano riferiti a S.

Bibl.: A. Schwegler, Römische Geschichte, 2ª ed., I, Tubinga 1867, p. 703 seg.; G. De Sanctis, Storia dei Romani, I, Torino 1907, pp. 362 e 374; E. Pais, Storia di Roma, 3ª ed., Roma 1926, II, pp. 29, 115; H. Last, in Cambridge Ancient History, VII (1928), p. 390.

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