SERBO-CROATI

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

SERBO-CROATI (XXX, p. 422) - Letteratura (p. 423)

Giovanni Maver

Al decennio 1920-30, battagliero tanto dal punto di vista ideologico quanto da quello formale, segue, nella lirica serbocroata, un decennio in cui prevalgono accenti smorzati, sentimentali, intimi. Questo vale naturalmente più per i giovani che per gli anziani i quali, pur cercando nuove forme e nuovi temi (Vl. Nazor, Topuske elegije, Elegie di Topusko, 1933; T. Ujević, Ojadjeno zvono, La campana addolorata, 1935; D. Maksimović, Nove pjesme, Nuove poesie, 1936), non modificano gran che la propria fisionomia. Le innovazioni nel senso di una maggiore semplicità e spontaneità di canto s'incontrano soprattutto nella zona croata e caratterizzano sia i poeti che preferiscono restare fedeli alle forme tradizionali (D. Cesarić, nato nel 1902; N. Šop., 1904; O. Delorko, 1910), sia quelli che si compiacciono di uno stile dimesso, vicino alla prosa ritmata (D. Tadijanović, n. 1905). A tutti infatti è comune un senso di umana comprensione (ma non sempre di approvazione) della quotidianità della vita. Con questa intimità concorda bene il favore di cui in questi anni gode la poesia dialettale. Essa prevale fra i Croati, dove, specie nelle regioni marginali, ha una tradizione viva e qua e là addirittura profondamente radicata; una completa novità è invece una raccolta di poesie in un dialetto serbo meridionale, pubblicata nel 1940 dal giovane poeta K. Racin.

Nella prosa narrativa vanno anzitutto segnalate tre opere notevolissime: la trilogia, nella quale S. Jakovljević ha raffigurato, con penetrante realismo, che ne fissa i tratti essenziali, le tre tappe della guerra serba: il vittorioso "Anno 1914" (Godina 1914,1934), la tragica ritirata attraverso l'Albania (Pod krstom, Via Crucis, 1935), i combattimenti sul fronte macedone (Kapija slobode, La porta della libertà, 1936); e i due grandi romanzi che ritraggono con un'arte robusta la vita dei contadini croati: S naših njiva (Dai nostri prati, 1935-40) della giovane scrittrice Š. Košutić (nata nel 1902) e Ognjište (Il focolare) di M. Budak. A queste tre opere bisogna aggiungere il romanzo psicologico Pokošeno polje (Il campo falciato) di B. Ćosić. Eppure si ha l'impressione che il talento narrativo dei Serbocroati si manifesti meglio nel breve racconto che nel romanzo. L'interesse che destano questi racconti risulta ancora maggiore per il fatto che in essi viene illustrata, spesso con grande maestria, la vita delle singole regioni serbocroate: il Banato nei "Racconti" (Pripovetke, 1936) di V. Petrović; la provincia serba in quelli di Isidora Sekuli (Kronika palačkog groblja, Cronaca di un cimitero di provincia, 1940); la Bosnia, oltre che nei "racconti" (Pripokvetke, 1924, 1931, 1936), in cui I. Andrić rievoca il passato di questa terra di incrocio tra occidente e oriente, anche nelle novelle di A. Nametak (Dobri Bošnjaci, I buoni Bosnesi, 1937); la desolazione del Carso dalmata nella visione di Vj. Kaleb (Na kamenju, Sulla pietra, 1940); la vita di Zagabria nelle novelle a sfondo sociale di A. Cesarec (v. in questa App.).

Il regime degli ustascia è passato senza lasciare tracce durevoli nella letteratura. Non così la tormenta della guerra, che nelle terre serbocroate ha inciso profondamente, tanto nella vita dei singoli, quanto nella vita dei gruppi sociali ed etnici. La letteratura riflette questi cambiamenti profondi; all'inizio, durante le lotte, con canti lirici ed epici; poi con un bisogno sempre crescente di fissarne le gesta e trasmetterle alle generazioni venture. Fra le prime poesie (ma molte sono sorte negli anni dei combattimenti, anche se la loro pubblicazione non è anteriore al 1945) bisogna citare: la raccolta Pjesme partizanke (Canti dei partigiani), del nestore della poesia serbocroata Vladimir Nazor, che nonostante la non giovine età ha condiviso la vita dei partigiani; il "poema" Stojanka majka Knježopoljka (1942), in cui, con richiami stilistici ai canti indigeni delle prefiche, la "madre Stojanka" "chiama a vendetta, cercando i figli Srdjan, Mrdjan e Mladjen, morti durante l'offensiva fascista"; le poesie di un giovane poeta croato, morto nel 1943, I. Goran Kovačić; la "Poesia sulla biografia del compagno Tito" (Pjesma o biografiji druga Tita) di R. Zogović (noto già prima della guerra come critico letterario ed ora uno dei più quotati saggisti: Na poprištu, Sulla breccia, 1947); e le Piesme (Poesie) di Br. Ćopić. La letteratura in prosa va da libri di memorie a carattere soprattutto documentario (vl. Nazor, S partizanima, 1943-44, Coi partigiani, 1943-44; Vl. Dedijer, Dnevnik, Diario, 1945; a racconti che ritraggono realisticamente la vita dei partigiani: Oblaci nad Tarom, Nuvole sulla Tara, 1947, di Č. Minderović; Brigada, di Vj. Kaleb, 1947). UJna posizione a sé continua ad occupare I. Andrić che dai racconti brevi è passato ora ad opere di maggiore respiro, pubblicando nel 1945: Travnička hronika, Cronaca di Travnik; Na Drini ćuprija, Il ponte sulla Drina, e Gospodjica, La signorina).