SENSORE

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

SENSORE.

Fabiana Arduini
Laura Micheli
Daniela Romanazzo
Roberto Steindler

– Sensori di grandezze chimiche. Classificazione e proprietà. Biosensori elettrochimici. Bibliografia. Sensori di grandezze fisiche. Sensori a semiconduttore. Sensori a fibre ottiche. Sensori IR. Sensori per mappe. Sensori di prossimità. Sensori di velocità. Bibliografia

Sensori di grandezze chimiche di Fabiana Arduini, Laura Micheli, Daniela Romanazzo. – I s. chimici sono dispositivi integrati in grado di identificare e/o quantificare, in un sistema in analisi, una o più specie chimiche (analiti). Possiedono caratteristiche analitiche quali l’elevata sensibilità, l’accuratezza e la rapidità di misura, nonché requisiti operativi quali le limitate dimensioni, la maneggevolezza e la stabilità nel tempo. Tali caratteristiche ne consentono la trasferibilità sul campo, per un tempestivo intervento di controllo, e l’uso per operatori non specializzati, fornendo un’importante e valida alternativa ai metodi analitici tradizionali. I s. chimici sono classificati in base al tipo di trasduzione di segnale impiegata.

Classificazione e proprietà. – Nei sensori elettrochimici si misura una variazione delle proprietà elettrochimiche del sistema indotta dalla presenza dell’analita sottoposto ad analisi. Le proprietà elettrochimiche misurabili sono: conducibilità nei s. conduttimetrici, corrente elettrica nei s. amperometrici, potenziale chimico nei s. potenziometrici, resistenza al trasferimento di carica nei s. impedimetrici. La misura prevede l’impiego di celle elettrochimiche combinate con uno strumento di controllo e misura (galvanostato, potenziostato, conduttimetro). Nei sensori ottici si misurano la variazione dell’assorbimento dell’intensità luminosa, la fluorescenza o la chemiluminescenza dovute alla presenza dell’analita sottoposto ad analisi. La misura prevede l’impiego di spettrometri. Nei sensori calorimetrici si misura la variazione di temperatura dovuta a una reazione esotermica o endotermica generata dall’analita in esame. La misura prevede l’impiego di termistori. Nei sensori piezoelettrici si misura la variazione della frequenza di risonanza, conseguente a una variazione di massa, dovuta alla presenza dell’analita sottoposto ad analisi. La misura prevede l’impiego di microbi-lance al quarzo (QCM, Quartz Crystal Microbalance).

Gli elettrodi stampati

I s. più diffusi sono i s. elettrochimici e, tra questi, un importante esempio è rappresentato dai s. basati sull’impiego di elettrodi stampati in cui l’elettrodo di lavoro, l’elettrodo di riferimento e il controelettrodo sono ottenuti mediante stampa serigrafica, su supporti quali materiali plastici, carta e tessuti, utilizzando particolari inchiostri conduttori (inchiostro di grafite, inchiostro d’argento ecc.). Gli elettrodi stampati possono essere prodotti in serie e modificati con nanomateriali (nanotubi di carbonio, grafene e nanoparticelle di oro) che ne elevano le prestazioni di trasduzione. La modifica può essere apportata durante il processo di stampa oppure, in seguito, mediante drop casting o metodi elettrochimici. Nel drop casting una goccia di una dispersione del nanomateriale in un opportuno solvente viene depositata sulla superficie dell’elettrodo di lavoro e si attende l’evaporazione del solvente stesso: il s. risulta così modificato con il nanomateriale. La modifica mediante metodi elettrochimici sfrutta le proprietà delle reazioni di ossidoriduzione: un esempio è rappresentato dalla deposizione di nanoparticelle di oro a seguito della riduzione elettrochimica di acido tetracloroaurico.

Tra i s. elettrochimici, con quelli voltammetrici si misura l’intensità della corrente elettrica generata dalla riduzione o ossidazione di una specie elettroattiva al variare della differenza di potenziale elettrico applicato (ddp). La ddp applicata può essere costante o variabile nel tempo, a seconda della tecnica voltammetrica selezionata. Una tecnica voltammetrica molto sensibile è lo stripping anodico, che si basa sulla capacità di alcuni metalli di formare amalgame o leghe sulla superficie dell’elettrodo di lavoro. Lo stripping anodico, usato per l’analisi di metalli pesanti, consta di due fasi: la prima prevede l’elettrodeposizione del metallo in esame sull’elettrodo di lavoro, mediante l’applicazione di un potenziale di riduzione negativo alla soluzione contenente il catione metallico; la seconda fase prevede la ridissoluzione (o stripping) del metallo depositato per applicazione di un potenziale di ossidazione crescente nel tempo. Durante quest’ultima fase viene registrata la corrente elettrica generata e proporzionale alla concentrazione del metallo. Il grafico ottenuto è un picco la cui posizione sull’asse dei potenziali consente l’identificazione della specie metallica, mentre la sua altezza ne permette la quantificazione fino a concentrazioni dell’ordine di parti per bilione (ppb) o parti per trilione (ppt). La tecnica di stripping con elettrodi stampati è stata utilizzata per misurare ppb di piombo nel latte oppure di piombo, zinco e cadmio in acque contaminate, oppure di arsenico in acque potabili (Neagu, Arduini, Calvo Quintana et al. 2014, p. 747).

biosensore

Biosensori elettrochimici. – Quando i s. chimici sono modificati con un biocomponente come un enzima, un anticorpo o una sequenza di DNA (DeoxyriboNucleic Acid), si definiscono biosensori. Un biosensore è un dispositivo analitico che incorpora un elemento di riconoscimento biologico (o di derivazione biologica) integrato o intimamente associato a un trasduttore di segnale chimico-fisico. Il segnale in uscita è conseguente alla reazione tra il biocomponente e l’analita e proporzionale alla concentrazione dell’analita stesso. I biocomponenti conferiscono ai s. chimici maggiori prestazioni in termini di specificità e sensibilità.

Quando il biocomponente è rappresentato da un enzima si parla di biosensori enzimatici, tra i quali un importante esempio è rappresentato dal biosensore per la misura del glucosio.

Tale biosensore trova una vasta gamma di applicazioni, nella chimica clinica e in urgenze per la misura del glucosio nel sangue, e nel settore alimentare per la determinazione di glucosio in succhi di frutta, vino e altri alimenti. Recentemente un biosensore a glucosio è stato applicato all’area dei beni culturali per il monitoraggio dello stato di conservazione dei materiali cartacei, essendo il glucosio uno dei prodotti di degradazione della cellulosa (Micheli, Mazzuca, Cervelli et al. 2014). Il biosensore utilizzato è costituito da un elettrodo stampato, modificato con nanoparticelle di blu di Prussia (esacianoferratoferrico), sul quale è immobilizzato l’enzima glucosio ossidasi (GOx) che catalizza la seguente reazione:

Formula

La concentrazione di acqua ossigenata prodotta è proporzionale a quella di glucosio. L’acqua ossigenata è una specie elettroattiva che genera una variazione del segnale di corrente elettrica a un potenziale applicato di −50 mV in presenza di blu di Prussia.

immunosensore

Quando il biocomponente è rappresentato da un anticorpo (o un antigene), in grado di riconoscere selettivamente un antigene (o un anticorpo), si parla di immunosensore. Il funzionamento dell’immunosensore prevede quindi una fase di riconoscimento attraverso il legame antigene-anticorpo, seguita dalla misura di una specifica reazione tra un substrato e l’enzima con cui l’anticorpo è stato precedentemente marcato (Ammida, Micheli, Palleschi 2004, p. 164). Le prestazioni degli immunosensori possono essere amplificate sia modificandoli con nanomateriali sia grazie alla possibilità di marcare l’anticorpo specifico con più di una molecola di enzima, tramite il complesso avidina-biotina (Romanazzo, Ricci, Volpe et al. 2010, p. 2615).

Quando il biocomponente è rappresentato da una molecola di DNA si parla di sensore a DNA. Il principio di misura si basa sul riconoscimento da parte di una sonda a DNA di molecole target. Il progresso tecnologico e la natura semplice dei costituenti e dei legami chimici del DNA rendono le sequenze nucleotidiche di facile progettazione e sintesi. Inoltre, alcune sequenze di DNA, definite aptameri, esprimono specificità di legame anche nei confronti di molecole diverse dalle sequenze nucleotidiche, quali, per es., proteine e metalli pesanti. La potenzialità di impiego dei sensori a DNA è estremamente elevata, in quanto le sequenze nucleotidiche possono essere facilmente funzionalizzate per il riconoscimento selettivo di un elevato numero di analiti. Una recente applicazione riguarda la quantificazione di anticorpi in campioni di sangue intero.

La sonda di DNA è modificata a un’estremità con l’antigene e con un gruppo tiolico, utile all’immobilizzazione su elettrodi stampati di oro, e all’estremità opposta con l’antigene, identico al primo, e con una molecola elettroattiva (blu di metilene). In assenza dell’anticorpo da rivelare, la sonda assume una conformazione chiusa che mantiene la molecola elettroattiva vicino all’elettrodo, con conseguente segnale di corrente registrato. In presenza dell’anticorpo la sonda assume una conformazione aperta che allontana la molecola elettroattiva dalla superficie elettrodica, con conseguente diminuzione del segnale di corrente. La differenza di corrente registrata sarà proporzionale alla concentrazione dell’anticorpo da rivelare (Vallée-Bélisle, Ricci, Uzawa et al. 2012, p. 15197). I gruppi di ricerca che lavorano in questo settore così avanzato sono presenti in tutti i continenti e il limite per queste ricerche è dovuto solo alla fantasia degli scienziati che ci lavorano.

Bibliografia: N.H.S. Ammida, L. Micheli, G. Palleschi, Electrochemical immunosensor for determination of aflatoxin B1 in barley, «Analytica chimica acta», 2004, 520, pp. 159-64; D. Romanazzo, F. Ricci, G. Volpe et al., Development of a recombinant Fab-fragment based electrochemical immunosensor for deoxynivalenol detection in food samples, «Biosensors and bioelectronics», 2010, 25, 12, pp. 2615-21; A. Vallée-Bélisle, F. Ricci, T. Uzawa et al., Bioelectrochemical switches for the quantitative detection of antibodies directly in whole blood, «Journal of the Amer ican chemical society», 2012, 134, pp. 15197-200; L. Micheli, C. Mazzuca, E. Cervelli et al., New strategy for the cleaning of paper artworks: a smart combination of gels and biosensors, «Advances in chemistry», 2014, http://www.hindawi.com/journals/ac/2014/385674/ (26 ott. 2015); D. Neagu, F. Arduini, J. Calvo Quintana et al., Disposable electrochemical sensor to evaluate the phyto remediation of the aquatic plant lemna minor L. toward Pb2+ and/or Cd2+, «Environmental and science technology», 2014, 48, pp. 747-48.

Sensori di grandezze fisiche di Roberto Steindler. – Nell’ambito dei s. fisici, quelli a uscita elettrica rimangono i più importanti, sia per la diffusione, sia per le numerose applicazioni, e sono quindi, ancora oggi, i più commercializzati. Le applicazioni dei s. a fibre ottiche sono anch’esse notevoli, grazie alla crescente diffusione di componenti optoelettronici. Tra le ricerche più avanzate nel settore, particolare riferimento va fatto alla miniaturizzazione e alla realizzazione di s. per mappe. I s. fisici fanno riferimento a grandezze meccaniche (lunghezze e spostamenti, deformazioni, velocità, accelerazioni, forze, pressioni, vibrazioni ecc.) e grandezze termiche (in particolare, temperature). Per quanto riguarda le grandezze acustiche, si fa uso di particolari s. di pressione (capacitivi e piezoelettrici), atti a rilevare oscillazioni di pressione di piccola entità: il loro utilizzo diventa sempre più rilevante, visto il crescente problema dell’inquinamento acustico, Per quanto attiene alle grandezze elettriche e alle grandezze magnetiche, si parla generalmente di sonde. Per quanto riguarda le grandezze ottiche, numerose sono le applicazioni, anche recenti, di celle fotoelettriche e fotoconduttive, sensibili a radiazioni luminose e infrarosse.

Sensori a semiconduttore. – I s. a semiconduttore costituiscono un’evoluzione dei classici s. a conduttore (s. di spostamento, come potenziometri e LVDT, Linear Variable Differential Transformers; s. di deformazione, come gli estensimetri elettrici a resistenza; s. di pressione e di forza; s. di temperatura, come i termometri a resistenza di platino; ecc.) e devono il loro sviluppo alle tecniche di fabbricazione tipiche della microelettronica. In questo modo tali s., di ridotte dimensioni, possono essere disposti in strutture, che risultano così sensorizzate, assieme ad altri componenti (resistori, transistor ecc.) con conseguente elaborazione in loco dei segnali dei s. stessi. Utilizzando la diminuzione di temperatura dei semiconduttori (drogati o meno), con la temperatura si possono realizzare sensori termici; se si utilizza la diffusione di un semiconduttore p in una base n, si possono realizzare s. di deformazione (estensimetri a semiconduttore), da cui ottenere quindi s. di pressione, di forza e di accelerazione.

fig. 4

Sensori a fibre ottiche. – Ai s. a fibre ottiche di intensità e di fase (intrinseci ed estrinseci) hanno fatto seguito, più di recente, i sensori a reticolo di Bragg (FBG, Fiber Bragg Grating; fig. 4): mediante un’apposita tecnologia laser, nel core di una fibra viene realizzata una variazione periodica dell’indice di rifrazione; il passo di tale variazione p è dell’ordine di 0,5 μm. Inviando nella fibra un segnale a larga banda di lunghezze d’onda, vengono trasmesse tutte le lunghezze d’onda tranne quella λB, legata al passo del reticolo dalla relazione λB=2np, con n dipendente dall’indice di rifrazione del core; tale lunghezza viene pertanto riflessa. Un sensore di deformazione che utilizza una fibra ottica con reticolo di Bragg funziona pertanto sul seguente principio: al variare della deformazione, varia il passo p del reticolo e quindi la lunghezza d’onda λB riflessa; rilevando la variazione di λB si può così risalire alla deformazione. L’ingombro relativamente modesto di un reticolo (dell’ordine di 1 cm) consente di inserire in una stessa fibra più reticoli. Ciò può dar luogo a svariate applicazioni, specie in campo civile: per es., in una struttura cementizia, un s. a fibra ottica di questo tipo può essere inserito nel conglomerato cementizio in fase di getto e può pertanto essere utilizzato per

un monitoraggio permanente della struttura. Studi avanzati sono in corso anche per monitorare con questi s. parti di aeromobili. I s. a fibra ottica a reticolo di Bragg possono essere utilizzati anche per rilevare variazioni di temperatura, visto che anche a una dilatazione termica corrisponde una variazione del passo del reticolo.

Sensori IR. – I s. IR (Infrared Sensors) appartengono alla categoria dei s. a semiconduttori cui si è già accennato: in questo caso la grandezza che provoca una variazione della risposta del conduttore è una radiazione, in particolare una radiazione infrarossa. Poiché l’intensità della radiazione dipende dalla temperatura della sorgente emittente, si realizzano in questo modo sensori di temperatura senza contatto: in passato, allo scopo, erano utilizzate termopile (più termocoppie miniaturizzate assemblate in serie); da qualche tempo i s. IR hanno sostituito le termopile, visto che, a differenza delle prime, non necessitano di raffreddamento.

I s. IR possono rilevare temperature elevate, come dell’ordine della temperatura ambiente, o anche inferiori; la precisione è dell’ordine del grado. L’utilizzazione dei s. IR, semplice e rapida, richiede comunque alcuni accorgimenti: conoscere l’emissività del misurando, evitare la presenza di un mezzo assorbente tra misurando e s., cautelarsi dall’emissione dell’ambiente circostante.

Sensori per mappe. – Crescente diffusione rivestono strutture complesse formate da singoli s. organizzati in matrici (arrays), associati a sistemi a scansione più o meno complessi; in tal modo è possibile rilevare una distribuzione bidimensionale di una certa grandezza. Sempre più importante è diventato negli ultimi tempi, mediante apposite termocamere, il rilevamento di mappe di temperatura ottenuto, in particolare, mediante s. IR: allo scopo si utilizzano sempre più frequentemente termocamere a scansione elettronica, costituite da un array di s., ciascuno dei quali è focalizzato su una porzione della superficie da esaminare. Un apposito software

mette a disposizione un’immagine che fa corrispondere a temperature diverse colori diversi: è così possibile rilevare mappe di temperatura a frequenze di centinaia di Hz (fino al migliaio di Hz). Le applicazioni del rilevamento di mappe di temperatura sono numerose: si ricordano il controllo delle perdite di isolamento negli edifici, l’individuazione di punti caldi in circuiti elettrici, la localizzazione di malfunzionamenti in meccanismi e apparecchiature meccaniche, la diagnosi precoce di tumori che danno luogo ad anomalie di temperatura sulla pelle. La miniaturizzazione degli estensimetri elettrici a resistenza (le dimensioni delle griglie possono essere di frazioni di millimetro) consente di rilevare mappe di deformazione con notevole accuratezza: è cosi possibile, per es., studiare il comportamento meccanico in corrispondenza a singolarità di forma che possono dare luogo a inneschi di crisi.

Sensori di prossimità. – Esigenze diverse, come il parcheggio di una vettura, l’utilizzazione di robot domestici, l’individuazione di ostacoli, hanno dato luogo a una crescente diffusione dei s. di prossimità, i quali, pur se basati su principi noti da tempo, hanno trovato crescente diffusione negli ultimi tempi. Si ricordano anzitutto i sensori induttivi: sono costituiti da una bobina di modesto ingombro assiale (4÷5 mm) e di piccolo diametro (~4 mm), la cui induttanza varia a seconda della distanza dalla superficie di un materiale a elevata permeabilità magnetica; più in particolare, l’induttanza aumenta al diminuire della distanza e il campo di misura è dell’ordine del millimetro. Un campo di misura più elevato (dell’ordine di 10 mm) si può ottenere mediante sensori capacitivi: un’armatura del condensatore è costituita dal s., l’altra dalla superficie dell’oggetto da rilevare, purché conduttrice. Campi di misura elevati (anche dell’ordine del metro) si possono raggiungere con sensori a ultrasuoni: in essi si ha l’emissione di impulsi ultrasonori e il rilevamento di echi di ritorno; il vantaggio rispetto ai tipi precedenti è quello di non dover fare riferimento a superfici a elevata permeabilità magnetica o, almeno, conduttrici. Anche i sensori ottici, basati sull’emissione di radiazioni infrarosse e su echi rilevati mediante fotocellule IR, non devono far riferimento a superfici magnetiche o conduttrici; problemi però possono essere dovuti alla natura delle superfici degli oggetti da rilevare (entità della radiazione riflessa).

Sensori di velocità. – La necessità di controllare la velocità dei veicoli, in particolare in autostrada, ha dato un notevole sviluppo a s. idonei allo scopo; il loro funzionamento si basa sulla definizione di velocità v = Δs/Δt. Esempio di un s. basato su tale principio è un dispositivo (autovelox) dotato di due sistemi emettitore-ricevitore assemblati in un’unica apparecchiatura.

fig. 5

L’emettitore è un LED (Light Emitting Diode) a infrarossi che emette quindi una radiazione non visibile, mentre il ricevitore è una fotocellula a infrarossi: il passaggio di un veicolo in corrispondenza del la prima radiazione (A nella fig. 5) e la conseguente riflessione rilevata dal ricevitore avviano un contatore; il passaggio del veicolo in corrispondenza della seconda radiazione (B nella fig. 5) e la conseguente riflessione arrestano il contatore. La precisione del s. è molto elevata, dell’ordine dello 0,1%. Sempre sulla definizione di velocità è basato un altro s., detto telelaser: un fotodiodo emette una radiazione laser ad alta frequenza che viene riflessa dal veicolo in arrivo. Il s. misura il tempo di volo, cioè l’intervallo di tempo necessario al fascio laser per colpire il bersaglio e tornare indietro al dispositivo fotoricettore: dal tempo di volo si passa alla distanza fra sorgente laser e bersaglio (d=ct, dove d è la distanza tra s. e veicolo, c è la velocità della luce e t il tempo di volo); dall’emissione di due impulsi laser a un intervallo di tempo prestabilito si ricavano due distanze, la cui differenza è lo spazio s percorso dal veicolo in tale intervallo, ed è così possibile calcolare la velocità del veicolo.

Bibliografia: E.O. Doebelin, A. Cigada, M. Gasparetto, Measurement systems: application and design, Boston 2004 (trad. it. Strumenti e metodi di misura, Milano 2008); T.G. Beckwith, R.D. Marangoni, J.H. Lienhard, Mechanical measurements, Upper Saddle River (N.J.) 2007; Proceedings of 16th international conference on sensors and measurement technology 2013, Nürnberg, 14-16 May 2013, www.ama-science.org/proceedings/listing/1396; R. Steindler, Dispense del corso di Misure meccaniche e termiche, Sapienza Università di Roma, a.a. 2013-14.

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