Seno

Enciclopedia Dantesca (1970)

seno

Domenico Consoli

Con riferimento alla parte del corpo, solo in Fiore CXXX 10 in seno avea rasoio tagliente, / che 'l fece fabbricare a Tagliagola, dove però il contesto generale, che descrive l'abbigliamento di Falsembiante, è tutto orientato in senso metaforico.

Può significare figuratamente la sede del complesso dei sentimenti e delle inclinazioni naturali che definiscono la personalità: pertanto nella domanda di Virgilio a Stazio, dimmi... / come poté trovar dentro al tuo seno / loco avarizia (Pg XXII 22), dentro al tuo seno ha lo stesso valore che " in te "; con ulteriore progressione semantica giunge a significare direttamente quello stesso complesso di sentimenti e inclinazioni: e quindi avaro seno (If XVIII 63) è quanto " indole avara ".

In qualche caso, per altra assunzione figurata, ha analogia col " grembo " materno: Poi che fu piacere de li cittadini de la bellissima e famosissima figlia di Roma, Fiorenza, di gettarmi fuori del suo dolce seno - nel quale nato e nutrito fui in fino al colmo de la vita mia, ecc. (Cv I III 4: ovvia l'allusione all'esilio).

Più comunemente indica la " parte interna " di qualcosa: in tal senso D., rivolgendosi alla serva Italia, la invita tra l'altro a guardare le sue marine in seno (Pg VI 86), cioè nelle regioni interne, per vedere se alcuna parte del suo territorio goda di pace.

La parola è ancora usata a proposito dell'interno della fiamma in cui si purificano i lussuriosi (‛ Summae Deus clementïae ' nel seno / al grande ardore allora udi' cantando, Pg XXV 121) o dei fuochi in cui si nascondono gli spiriti beati: Mentr'io diceva, dentro al vivo seno / di quello incendio tremolava un lampo / sùbito (Pd XXV 79).

Con differente accezione sta per " spazio cavo " del cielo: quel carro a cu' il seno / basta del nostro cielo e notte e giorno (Pd XIII 7); in verità qui non sembra riferirsi all'intero emisfero celeste, ma all'" angusto spazio attorno al nostro polo, che mai non tramonta al voltar timone ", come precisa il Venturi. Il Tommaseo rimanda a Georg. II 123 " extremi sinus orbis ".

Quanto a le ninfe etterne [le stelle] / che dipingon lo ciel per tutti i seni (Pd XXIII 27), esiste qualche dissenso tra i commentatori. Benvenuto spiega: " idest quae stellae adornant coelum per omnes partes et capacitates suas "; il Buti " per tutte le sue piegature: imperò che 'l cielo è curvo e piegato in verso noi ". Il Cesari preferisce intendere i s. del cielo come " i nidi e ' ripari, dove sono incastonate " le stelle. Il Tommaseo torna in parte all'interpretazione più antica: " qui ‛ seni ' dipinge i menomi spazii avvivati di luce ", seguito in genere dai moderni esegeti. Nello stesso ambito semantico di " cosa cava " s'inserisce il riferimento alla valletta dei principi (Pg VII 76).

Con valore traslato, il vocabolo denota lo " spazio ", cioè la " capacità " del linguaggio o della mente a contenere l'oggetto della visione: Ogne lingua per certo verria meno / per lo nostro sermone e per la mente / c'hanno a tanto comprender poco seno (If XXVIII 6).