Segnale

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segnale Genericamente, indicazione di tipo ottico o acustico, per lo più stabilita d’intesa o convenzionale, con cui si dà una comunicazione, un avvertimento, un ordine a una o più persone. Concretamente, qualsiasi oggetto, strumento o dispositivo usato per fare segnalazioni; in particolare, l’informazione contenuta nella trasmissione del messaggio, qualunque sia il mezzo trasmissivo.

Antropologia

Numerose popolazioni fanno uso di s. ottici o acustici, per comunicare a distanza. Tra i s. ottici, i più diffusi sono quelli per mezzo del fuoco e del fumo (Indiani d’America) con i quali si comunicano notizie di ogni genere, dai successi venatori all’avvicinarsi di gruppi nemici. Fischi e tamburi sono impiegati nei s. acustici. Il linguaggio fischiato, che permette di tenere una conversazione anche a 2 o 3 km di distanza, è stato in uso, fino a tempi recenti, tra i Berberi. Quello ottenuto per mezzo di un tamburo, percosso con le sole mani o con bacchette, è utilizzato prevalentemente in Melanesia e Polinesia.

Biologia
O

gni comunicazione trasmessa da un punto a un altro di una cellula, o di un organismo, oppure da uno a un altro individuo, o ancora dall’ambiente agli organismi.

I s. trasmessi nell’interno dell’organismo (unicellulare o pluricellulare) si distinguono in nervosi e chimici o ormonali. In realtà, si tratta sempre di s. di natura chimica, ossia di particolari sostanze che, o attraverso le connessioni nervose, o per via circolatoria, o per diffusione, determinano uno stimolo sulle strutture competenti (➔ recettore). Così l’impulso nervoso può stimolare il muscolo a contrarsi, la ghiandola a secernere ecc.; lo stimolo di determinati ormoni può controllare lo sviluppo di dati organi o l’attività di dati tipi di cellule; il tasso di anidride carbonica disciolta nel plasma sanguigno controlla l’attività dei centri nervosi che presiedono ai movimenti respiratori ecc. Oltre a queste indispensabili comunicazioni interne, gli organismi hanno la possibilità di comunicare sia con individui della stessa specie sia con individui di specie diversa, per mezzo di una grande varietà di segnali. I s. chimici (che possono essere captati da organi specifici come quelli dell’olfatto e del gusto, o anche da organi sensoriali meno specializzati) sono i più comuni: le sostanze che hanno la funzione di s. sono comprese sotto il nome di ferormoni (➔).

Altri tipi di segnalazioni sono usati dagli organismi vegetali e, soprattutto, animali: i s. acustici (compresi gli ultrasuoni), tattili, termici, visivi, luminosi (comprese le radiazioni non visibili dello spettro) sono fra i più comuni, con una grandissima varietà di aspetti e di combinazioni, che sono alla base della vita di relazione. Gli esseri viventi sono anche in grado di captare s. provenienti dai fattori fisici e chimici dell’ambiente esterno, e su questa capacità si basa l’adattamento, cioè la congruenza degli organismi con l’ambiente. Le piante e gli animali sono sensibili alla qualità, alla intensità, alla durata dello stimolo luminoso, e così possono accordare i ritmi della propria vita alle vicende astronomiche e meteorologiche; s. come la pressione globale, o la pressione parziale di un dato gas, hanno grande importanza per regolare la distribuzione degli animali acquatici, soprattutto, e anche di quelli terrestri. La temperatura dell’ambiente e le sue escursioni, il grado di umidità, il contenuto in sali dell’acqua, le correnti ecc. rappresentano altrettanti s., che i vari organismi sono in grado di captare e a cui rispondono in modi che sono stabiliti dalla loro peculiare costituzione genetica.

Geologia

S. geodetico Contrassegno che serve a individuare permanentemente sul terreno un punto geodetico (punto trigonometrico o caposaldo orizzontale; caposaldo altimetrico o di livellazione). I più importanti contrassegni adottati dall’Istituto geografico militare sono: per i punti trigonometrici su terreno normale un centrino di superficie (dischetto metallico con impresso un triangolo) ancorato a un getto di calcestruzzo al piano di campagna e, interrato 40 cm al di sotto sulla stessa verticale e ancorato ad altro getto di calcestruzzo, un altro centrino (di profondità) simile, ma più piccolo del precedente; in roccia, il contrassegno è costituito da un solo centrino cementato in un foro; su un manufatto viene murato un centrino in modo che sia visibile sulla superficie muraria; quando il manufatto ha un asse di simmetria ben visibile a distanza (per es., guglia di campanile) non è necessario alcun contrassegno. I capisaldi altimetrici sono costituiti da un contrassegno orizzontale di porcellana con testa semisferica annegata in un getto di calcestruzzo sul fondo di un chiusino con coperchio di ghisa e da un contrassegno verticale (mensola di ghisa con testa emisferica) murato sopra una parete verticale a 3 m d’altezza sul piano di campagna nei pressi del contrassegno orizzontale.

Tecnica

Denominazione generica utilizzata per indicare qualunque grandezza elettrica applicata all’ingresso di un’apparecchiatura (s. d’ingresso) o disponibile all’uscita dell’apparecchiatura stessa (s. di uscita).

Tipi di segnale

A seconda dei casi, il s. può essere costituito da una tensione elettrica, da una intensità di corrente, da una radioonda (nei sistemi di radiotrasmissione) o da una intensità luminosa (nei sistemi in fibra ottica). I vari tipi di s. si distinguono in base all’andamento nel tempo (forma d’onda) della grandezza considerata. In tal senso si possono avere s. sinusoidali, s. impulsivi, s. a gradino, s. a dente di sega ecc. Particolarmente importanti sono i s. di cadenza o di temporizzazione (spesso indicati con il termine inglese s. di clock), costituiti da impulsi di frequenza prefissata e utilizzati per sincronizzare le varie funzioni di circuiti sequenziali, in particolare di quelli alla base dei microprocessori e degli elaboratori elettronici. I s. possono essere caratterizzati anche in base al loro contenuto spettrale e in tal senso si hanno s. a bassa frequenza, s. ad alta frequenza, s. a banda stretta, s. a banda larga, s. a radiofrequenza, s. modulati ecc. Il s. può essere analogico o numerico (o digitale) a seconda che vari con continuità o che sia opportunamente campionato e quantizzato. A seconda del tipo di informazione associata al s., si hanno s. telegrafici, s. telefonici, s. audio, s. video ecc.

Nella radiotecnica, il s. di sincronismo (o s. sincronizzante) è quello usato per la sincronizzazione di un oscillatore, di un gruppo di stazioni radiotrasmittenti, di immagini teletrasmesse ecc.

Generatori di segnale

Apparecchi destinati a fornire tensioni elettriche aventi particolari andamenti nel tempo, usati a scopo di misurazione o di controllo. Una categoria importante è costituita dai generatori di s. sinusoidali, modulati o non modulati. Lo schema tipico comprende un oscillatore a radiofrequenza, un modulatore che può attuare un’eventuale modulazione d’ampiezza o di frequenza o di fase con s. esterni oppure con s. generati da un altro oscillatore facente parte dell’apparato stesso e, infine, un attenuatore per variare in modo noto il livello della tensione d’uscita; è anche possibile regolare il grado o indice dell’eventuale modulazione. Un apposito alimentatore stabilizzato fornisce le tensioni necessarie per il funzionamento dei vari circuiti. L’oscillatore è di norma di tipo piezoelettrico, eventualmente seguito da stadi di divisione o di moltiplicazione di frequenza. La stabilità dell’oscillatore è di primaria importanza per la costanza della frequenza del s. d’uscita. Generatori a frequenza variabile di migliore qualità sono i sintetizzatori di frequenza, in cui il s. è ottenuto per divisione, moltiplicazione, somma e differenza di opportune armoniche di un unico oscillatore piezoelettrico di alta stabilità. Altri generatori di s. sono i generatori di forma d’onda (o generatori di funzione), con i quali si possono ottenere s. d’uscita periodici di vario tipo (onde quadre, rettangolari, triangolari, a denti di sega, impulsive ecc.) o anche aperiodici (per es., con andamento esponenziale decrescente nel tempo). Tali generatori possono utilizzare appositi circuiti a rilassamento seguiti da opportuni circuiti integratori o differenziatori, oppure possono generare la forma d’onda desiderata distorcendo il s. fornito da un oscillatore sinusoidale.

Elaborazione (o processamento) del segnale

Per acquisire, trasmettere, riprodurre s. è necessario fare uso di apparati specifici quali trasduttori, circuiti elettrici, canali di trasmissione, che, oltre a espletare la loro funzione, possono introdurre disturbi e distorsioni nocivi alla corretta rivelazione del contenuto informativo. È pertanto utile realizzare circuiti e apparati che abbiano il compito di correggere e limitare gli effetti di tali disturbi e distorsioni o di effettuare altre operazioni d’interesse, in modo da rendere possibile o agevolare i successivi processi di interpretazione o di utilizzazione del segnale. Con riferimento soprattutto ai casi in cui le alterazioni sul s. sono eseguite al fine di ottenere effetti utili, si dice che è stata effettuata una elaborazione, o processamento (processing), del s. stesso.

Elaborazione analogica e numerica. Si possono distinguere due tipi fondamentali di elaborazione, quella analogica e quella numerica (o digitale), in relazione al tipo di s. considerato. I metodi di elaborazione analogici sono stati sviluppati prima di quelli numerici e consistono essenzialmente nell’uso di filtri, equalizzatori, modulatori, demodulatori e di altri circuiti propri della tecnica delle comunicazioni elettriche. I s. numerici sono facilmente ottenibili trasformando i s. analogici con opportuni convertitori analogico-digitali e sono rappresentabili con sequenze di dati. Tali s. sono quindi discreti sia in ampiezza sia nel tempo, poiché i singoli campioni sono intervallati di un tempo T, detto intervallo di campionamento. In generale tutte le tecniche analogiche di elaborazione possono essere implementate per via numerica, mentre non è possibile affermare il contrario. I principali vantaggi delle tecniche numeriche sono legati alla maggior precisione e accuratezza dei metodi di elaborazione, insieme alla possibilità di utilizzare un insieme di dispositivi molto più vasto e flessibile, in forma spesso totalmente integrata. Per contro, le tecniche analogiche devono ancora essere usate quando la frequenza dei s. è troppo elevata, come nel campo delle microonde o delle onde millimetriche, e nella situazione in cui si debbano elaborare segnali di potenza elevata, anche se, per tali applicazioni, si devono realizzare circuiti dedicati di notevole complessità.

Le tecniche numeriche di elaborazione (DSP, digital sig­nal processing) del s. sono innumerevoli e in continua evoluzione; esse possono essere classificate sia in base alle applicazioni (telecomunicazioni, informatica, tecnica dei controlli e della regolazione ecc.), sia in base alle metodologie usate.

Filtri numerici (o digitali). Una classe molto importante di dispositivi per l’elaborazione del s. è costituita dai filtri numerici, mediante i quali si possono effettuare operazioni simili a quelle che nel caso analogico sono realizzate con i filtri elettrici. Questi ultimi hanno lo scopo di modificare il contenuto spettrale dei s., attenuando in modo selettivo alcune bande di frequenza rispetto ad altre. Per conoscere i fondamenti dei filtri numerici e di altri più complessi dispositivi per l’elaborazione del s., si consideri il seguente elementare schema iterativo di calcolo:

sk=csk−1+ek; uk=Re[sk] per k=0, 1, 2, 3,…

in cui k è l’indice dell’istante k-esimo, ek e uk sono rispettivamente le sequenze numeriche dei s. di ingresso e di uscita, sk è la sequenza degli stati interni al dispositivo, c è un coefficiente moltiplicativo e Re[ ] è l’operatore parte reale. Mentre sk e c sono delle grandezze complesse, i segnali ek e uk sono rappresentati da sequenze di numeri reali. Per sviluppare il procedimento iterativo, è necessario considerare inizialmente il valore k=0, assegnando un valore allo stato iniziale s0 (tipicamente s0=0), e poi ripetere il calcolo dell’espressione ricorsiva per successivi valori di k, ottenendo un campione del segnale di uscita uk in corrispondenza di ogni campione del s. di ingresso ek. Facendo operare, secondo schemi in cascata o in parallelo, più algoritmi analoghi a quello descritto, si ottengono filtri numerici di varia complessità.

Filtri adattativi e predittori lineari. In quasi tutte le applicazioni relative alle comunicazioni elettriche e ai sistemi di telerilevamento, i s. numerici utilizzati non sono noti in modo deterministico ma sono costituiti da sequenze casuali che possono essere caratterizzate solo con metodi statistici. Tale caratterizzazione deve inoltre essere usata non solo con riferimento ai s., ma anche per la maggior parte dei canali di trasmissione, che non sono generalmente noti in forma deterministica, ma possono assumere differenti caratteristiche ingresso-uscita in funzione del tempo e di differenti condizioni operative. Pertanto in molti casi anche i dispositivi filtranti devono risultare variabili in maniera tale da funzionare in modo ottimale nelle varie situazioni. Tale ottimizzazione avviene in passi successivi e in intervalli di tempo di norma molto maggiori dell’intervallo di campionamento T, mediante algoritmi esterni al filtro. Filtri o altri circuiti numerici, i cui coefficienti sono calcolati mediante opportuni algoritmi, sono anche utilizzati nei predittori lineari adattativi (ALP, adaptive linear predictor). In questo caso si suppone di conoscere sia il s. trasmesso sia il canale solo in modo statistico. Lo scopo di un predittore adattativo è quello di determinare, a partire dal s. ricevuto, il s. trasmesso e le caratteristiche del canale sulla base delle ipotesi statistiche che è possibile formulare. Nei predittori lineari si fa l’ipotesi che il campione k-esimo possa essere predetto a partire da una combinazione lineare di N campioni precedenti. Sottraendo il campione predetto dal campione effettivamente ricevuto, si ottiene il cosiddetto errore di predizione, sul quale si possono applicare le opportune ipotesi effettuate sul processo stocastico. Generalmente si fa in modo che i campioni di errore siano resi minimi, per es. nel senso dell’errore quadratico medio, ottenendo in tal modo una determinazione dei coefficienti del filtro. Gli algoritmi di predizione lineare sono molto utili in alcuni processi di codifica, detti LPC (linear predictive coding), nei quali l’informazione relativa a sequenze relativamente lunghe viene compressa in un numero di campioni di gran lunga inferiore. Ciò che caratterizza il metodo LPC è che il processo di predizione lineare non viene applicato al fine di rilevare la sequenza relativa alla stima del s. trasmesso, ma solo per determinare l’insieme dei coefficienti del filtro. Tali coefficienti rappresentano un efficiente metodo di codifica del s. in esame. A partire dai coefficienti ottenuti mediante il metodo LPC, il s. di partenza può essere facilmente ricostruito.

Algoritmi nel dominio della frequenza. Risultati analoghi a quelli ottenibili con i filtri numerici possono essere ottenuti operando nel dominio della frequenza. Tale elaborazione consiste nei seguenti passi: a) calcolo dello spettro in frequenza a partire dalla sequenza nel tempo; b) modifica dello spettro in frequenza in funzione dell’applicazione d’interesse; c) calcolo della nuova sequenza nel tempo a partire dallo spettro in frequenza modificato. Per i s. numerici, gli spettri in frequenza, così come gli andamenti nel tempo, sono costituiti da sequenze numeriche. Le operazioni di trasformazione dal tempo alla frequenza e viceversa si ottengono utilizzando le trasformate di Fourier diretta e inversa, che nel campo dei s. numerici corrispondono agli algoritmi di trasformata discreta (DFT, dis­crete fourier transform). Nel 1965 fu introdotto un algoritmo che permette di effettuare le operazioni di DFT diretta o inversa organizzando i calcoli in modo da richiedere un numero di moltiplicazioni molto limitato (algoritmo di Cooley e Tukey). Tale algoritmo, detto FFT (fast fourier trans­form), rappresenta una pietra miliare nel campo della elaborazione del s. e ha permesso, grazie all’essenziale risparmio di calcoli, di applicare gli algoritmi nel dominio della frequenza in campi ove altrimenti non sarebbe stato possibile.

Telecomunicazioni

S. orario Denominazione di ogni s. che consenta di effettuare a distanza una determinazione di tempo: si tratta, genericamente, di un s. (ottico, acustico, elettrico, radioelettrico) le cui caratteristiche (per es., l’istante d’inizio e la durata) sono controllate, direttamente o indirettamente, da un orologio di precisione. Prima dell’avvento delle radiocomunicazioni i s. orari erano esclusivamente ottici (l’abbassarsi a un determinato istante di un palloncino vistosamente colorato, l’accendersi o lo spegnersi di una lampada ecc.) o acustici (colpo di cannone, fischio di sirena ecc.): naturalmente, s. di tal genere hanno una portata limitata e sono per di più affetti da errori di varia natura. S. orari acustici e ottici vengono tuttora usati per segnalazioni di non grande precisione e di carattere locale (per es., per segnalare il mezzogiorno civile nelle grandi città). S. caratterizzati da una notevole precisione e da una portata assai vasta sono viceversa quelli emessi da apposite stazioni radiotrasmittenti e da quasi tutte le stazioni di radiodiffusione (radiosegnali orari). Quelli emessi da apposite stazioni dovrebbero propriamente chiamarsi s. campione di tempo e di frequenza, in quanto consentono la determinazione molto accurata (sino a qualche unità su 1010) sia del tempo sia di frequenze, per i più svariati usi scientifici e tecnici.

Trasporti

S. aeroportuali visivi Sull’area di manovra di un aeroporto si usano vari tipi di s.; una prima suddivisione è fra s. diurni e s. notturni. Altro tipo di s. è quello che serve a delimitare o individuare particolari porzioni dell’area di manovra. A tutti questi s. vanno aggiunte le luci di segnalazione, sia degli aeromobili, sia delle infrastrutture a terra, e l’indicazione luminosa a lunga distanza della posizione della pista a mezzo di luci stroboscopiche che si accendono in successione nel verso della direzione di atterraggio. S. ferroviari Si distinguono: s. dei treni; s. della linea e delle stazioni; s. per le manovre con locomotiva; s. accessori. I s. dei treni sono s. acustici (fischi di locomotiva) dati dal macchinista per richiamare l’attenzione lungo la linea, per domandare aiuto o per l’arresto del treno a s. fissi, per la messa in moto dei treni con locomotiva attiva in coda o intercalata, per il comando dei freni a mano e per il segnale d’allarme con treni frenati a mano. Sono ancora s. dei treni i fanali, per la segnalazione in testa e in coda ai treni, con luce bianca o verde o rossa. I s. della linea e delle stazioni sono situati in punti determinati della linea e indicano al personale dei treni la via libera o la via impedita. I s. per le manovre con locomotiva sono eseguiti dal manovratore con la bandiera rossa, con il fanale con luci bianca e rossa e con il fischietto a trillo. I s. accessori comprendono i dischetti per deviatoio (che si distinguono in indicativi e imperativi), i s. indicatori da deviatoio, i dischetti per bilance a ponte e per piattaforme, i fanali per colonne idrauliche, i s. per abbassamento e successivo alzamento dei pantografi, i s. per indicare un tratto neutro della linea di contatto, i s. per ordinare l’attivazione delle apparecchiature di ripetizione continua dei s. in macchina, le tabelle a protezione dei cantieri di lavoro, le tabelle per segnalazioni acustiche. S. marittimi Riguardo alla natura dei s. usati, si distinguono s. ottici, acustici, radioelettrici. Tra i s. ottici viene ancora usata la segnalazione a braccia (o telegrafo a braccia), eseguita da un segnalatore che impugna due banderuole quadrate e con le diverse posizioni delle braccia indica le varie lettere dell’alfabeto. La stessa segnalazione veniva effettuata nel passato mediante un apparecchio detto semaforo a braccia. S. stradali Il segnalamento stradale ha lo scopo di agevolare e rendere quanto più è possibile sicura la circolazione stradale, sia per il traffico automobilistico, sia per quello pedonale. Direttiva principale nell’adozione dei s. stradali è quella di unificare quanto più è possibile i tipi e di rendere semplici e facilmente distinguibili i simboli. Il d. legisl. 285/30 aprile 1992 distingue i s. in: verticali, orizzontali, luminosi e s. e attrezzature complementari.

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Tensione elettrica