Sclerosi multipla

Enciclopedia della Scienza e della Tecnica (2008)

sclerosi multipla


Malattia del sistema nervoso centrale caratterizzata dalla presenza di numerose aree di infiammazione che comportano la compromissione o addirittura la perdita delle funzioni esercitate dalle strutture nervose coinvolte dalla lesione. Nella maggior parte dei casi la sclerosi multipla ha un esordio tra i 20 e i 40 anni, con un picco di incidenza intorno ai 30, e colpisce le donne più frequentemente degli uomini. La malattia presenta una diversa distribuzione geografica, con minore incidenza nella zona periequatoriale e un incremento con la latitudine sia in direzione nord sia verso sud. Eziologia e meccanismi patogenetici sono tuttora sconosciuti, ma è probabile che la sclerosi multipla sia causata da fattori ambientali che agiscono su un terreno geneticamente predisposto. Vi sono alcune evidenze che indicano una componente ereditaria, legata in particolare ai geni che controllano il sistema immunitario. L’ipotesi più attendibile è che la malattia sia provocata da un’anomala risposta immunitaria rivolta contro elementi propri della mielina, che costituisce il rivestimento delle cellule nervose. Lesione tipica della sclerosi multipla è la ‘placca’, un’area di demielinizzazione nell’ambito della sostanza bianca del sistema nervoso centrale. In fase acuta, tale lesione è caratterizzata da un infiltrato infiammatorio, che comporta l’alterazione della barriera ematoencefalica, cui consegue la rottura delle guaine mieliniche. Successivamente, si osserva la comparsa di una proliferazione astrogliale reattiva e di una perdita assonale irreversibile, oppure, in alcuni casi, rimielinizzazione più o meno parziale. Tuttavia, una buona parte delle lesioni può andare incontro a un processo di regressione completa dell’infiammazione, con scomparsa del sintomo. Le aree di lesione sono preferenzialmente distribuite intorno ai ventricoli laterali, al pavimento dell’acquedotto e del quarto ventricolo, anche se talvolta possono avere sede sottocorticale o interessare in parte la sostanza grigia. Il corpo calloso, i nervi ottici e il tronco cerebrale sono frequentemente interessati. Anche il midollo spinale è spesso sede di lesioni, soprattutto nel tratto cervicale. Nel suo stadio iniziale, la malattia tende a seguire un decorso denominato remittente, in cui ogni riacutizzazione è seguita da una remissione pressoché completa. Con il passare del tempo, però, segni e sintomi tendono a non scomparire totalmente e si può assistere a una continua progressione del deficit neurologico. Quando la progressione si manifesta sin dall’esordio si parla di forme primariamente progressive (15%). Una discreta percentuale di pazienti (10÷20%) è affetta da forma benigna, poco invalidante anche dopo 10 anni dall’esordio. È stato osservato che, dopo 15 anni di malattia, ca. un terzo dei pazienti presenta un grado lieve di invalidità; dopo un periodo più prolungato di osservazione (ca. 25 anni), tale proporzione si riduce a un settimo. Inoltre, si delinea un migliore andamento quando l’esordio si presenta prima dei 40 anni con un disturbo visivo o sensitivo. Il sintomo d’esordio più frequente è la perdita di forza, che riguarda prevalentemente gli arti inferiori. Nel corso dell’evoluzione della malattia, la lesione della via motoria, isolata o associata ad altri sintomi, generalmente contribuisce a produrre l’invalidità permanente. Tuttavia, sono numerose le componenti del sistema nervoso che possono essere colpite, sia all’esordio che nell’evoluzione, e quindi le manifestazioni possibili sono molto variabili (disturbi ottici, urinari, della sensibilità, dell’equilibrio, alterazioni psicologiche e cognitive). La diagnosi si basa su dati clinici e strumentali. La presenza di sintomi attribuibili a diverse strutture cerebrali e in momenti diversi è essenziale e spesso sufficiente per una diagnosi di certezza. Tra gli esami strumentali vanno segnalati, per la loro importanza, l’esame del liquor (con presenza di immunoglobuline oligoclonali e aumento dei linfociti) e il neuroimaging, in particolare la risonanza magnetica nucleare (RMN). L’esame del liquor tuttavia, non costituisce un elemento sufficiente per la diagnosi. La RMN è fondamentale per valutare non soltanto la sede e l’estensione delle zone di demielinizzazione, ma anche la fase di attività e il decorso della malattia, nonché l’efficacia dei trattamenti. La somministrazione endovenosa di alte dosi di steroidi è il trattamento più indicato per la fase acuta della malattia, per ridurre i sintomi clinici e i tempi della ripresa funzionale. Si utilizzano inoltre altre molecole efficaci nel prevenire la comparsa di riacutizzazioni. Tra questi è da menzionare l’interferone-β (normalmente prodotto dall’organismo per modulare la risposta immunitaria), i cui effetti positivi consistono nel determinare una diminuzione nella frequenza delle esacerbazioni cliniche e soprattutto una ridotta progressione del danno encefalico. Altri trattamenti, seppur di minore efficacia, si basano su farmaci immunosoppressivi (mitoxantrone) o su un anticorpo monoclonale (natalizumab) capace di interferire con l’azione dei linfociti responsabili del danno al sistema nervoso. (*)

Imaging diagnostico computerizzato,

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