SCITI E SCIZIA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1994)

SCITI E SCIZIA

Bruno Genito

(XXXI, p. 186)

Il grande numero di scavi archeologici degli ultimi anni ha notevolmente allargato lo stato delle nostre conoscenze relative alle antiche popolazioni scitiche. Occorre tuttavia sottolineare che l'ampia area geografica (dalla Siberia all'Ungheria tra l'8° e il 3° secolo a.C.) nella quale sono comprese le tracce attribuite a quelle popolazioni non corrisponde ai limiti dei termini storiografici di Sciti e Scizia, relativi prevalentemente all'area compresa tra il Don e il Mar Nero. Le conseguenti numerose suddivisioni cronologiche, geografico-areali e storico-culturali dei ritrovamenti scitici, operate dagli studiosi, mentre rivelano l'ampiezza della problematica storica e l'enorme dilatazione geografica della questione, mettono in dubbio la concezione stessa dell'unitarietà etnico-culturale degli Sciti. Il grande dibattito sulla natura particolare e complessa delle forme di organizzazione politico-economica di quelle popolazioni, che ha investito diversi campi d'indagine, da quello storico-filologico a quello archeologico, da quello paleo-economico a quello socio-antropologico, ecc., ha ingigantito la questione.

Nonostante si sia cercato, nell'impostazione metodologica e nell'analisi storica, di mantenere separate le categorie socio-economiche (nomadismo pastorale, allevamento) da quelle etnico-culturali (Sciti, Sauromati, Sarmati, ecc.), gli studiosi sono stati inevitabilmente portati a ritenere i due aspetti della questione come sovrapponibili o addirittura interscambiabili. Ciò ha rappresentato una chiave interpretativa fuorviante che ha impedito di vedere come il sistema socio-economico nomadico-pastorale centro-asiatico abbia dato esiti diversificati, dalla pura e semplice pastorizia e allevamento con mobilità assoluta a forme analoghe di tipo transumante, e anche a punte di periodica stabilità, soprattutto sulle coste del Mar Nero, indipendentemente dalle coordinate etnico-culturali. Il ruolo sempre più centrale del cavallo in quel sistema socio-economico (come animale da tiro prima e da sella poi) si arricchì con il tempo di una funzione simbolico-rituale, portata fino alle estreme conseguenze del suo sacrificio, che evidenzia il passaggio a una fase matura ''equestre'' del nomadismo pastorale. Esempio tipico di questo modello interpretativo sulla genesi e sviluppo del nomadismo pastorale è quello fatto dagli studiosi sul kurgan di Aržan (nell'oasi di Tuva, Siberia meridionale; v. oltre), datato all'8°-7° secolo a.C., cioè al periodo antico scitico; la grandezza del seppellimento (con numerosi cavalli, tombe collettive e diversi tipi di morsi equini) e un'elaborata organizzazione rituale indicherebbero il controllo su una popolazione in continuo aumento e l'inizio, su larga scala, di una centralizzazione politica realizzata attorno a un grande capo militare. Questa interpretazione, come vedremo, pur riconosciuta come probabile da quasi tutti gli studiosi, tuttavia trova importanti eccezioni, come nel caso del kurgan di Issyk (Kazakistan), che fanno intravedere possibilità d'interpretazione diverse (v. oltre).

Il sistema sociale del nomadismo pastorale equestre, determinatosi dall'Asia centrale al Mar Nero dal 10° secolo a.C. in poi, ha trovato nel seppellimento il momento rituale/simbolico di testimonianza dell'eredità e della discendenza familiare. L'uso del kurgan (tumulo sepolcrale artificiale), in particolare, forma di seppellimento monumentale, individuale e/o collettivo, si spiega infatti con la necessità di erigere, sia sul piano simbolico, sia su quello materiale, ''scatole'' di antenati, manifestazioni fisiche di territorialità e/o località: speciali ''contenitori'', dominanti nello spazio geografico, effetto di operazioni di affiliazioni familiari che probabilmente costituirono, con la costruzione di spazi genealogici, una delle principali strategie di aggregazione sociale. La loro individuazione consente di ricostruire, a partire dal valore simbolico di queste strutture materiali, quelle originarie di lignaggio, anche se l'archeologia non sempre è riuscita a interpretare in maniera univoca il valore simbolico di questi rituali.

Nel caso di tombe prive di ricchi corredi è il kurgan stesso, e non il suo contenuto, a costituire un simbolo di prestigio; quanto poi al valore simbolico dei corredi, è difficile comprendere se questi, come d'altronde altri aspetti del rituale, riflettano o meno in maniera immediata le reali condizioni sociali, politiche ed economiche che gli inumati avevano in vita. Non è facile infatti riconoscere in quale misura i rituali funerari siano espressione di ruoli sociali realmente esistenti, e in quale misura, invece, essi rimandino a gerarchie ''congelate''. Le pratiche rituali potrebbero costituire, in questo secondo caso, fossili di istituzioni più antiche e rivelarsi come il riflesso di un ordine sociale accettato idealmente, ma non esistente realmente.

Se alcuni aspetti geografico-ambientali (pianura, steppa, ecc.) hanno influenzato la nascita del nomadismo pastorale, esso oggi è interpretato anche come l'effetto di una scelta umana, dovuta alla più profonda delle specializzazioni economiche e di adattamento culturale che l'umanità abbia mai messo in moto. Non è ancora chiaro se i tratti socioeconomici del nomadismo pastorale, come la piena dipendenza dallo stoccaggio (immagazzinamento della produzione eccedente), si siano originati prima nella Mongolia settentrionale e nella Siberia meridionale, nelle regioni della tradizione delle culture silvo-steppiche di Karasuk (13°-8° secolo a.C.) e Tagar (6°-1° secolo a.C.), o nella regione del Kazakistan orientale. In entrambi i casi, però, le caratteristiche culturali principali riconosciute dall'indagine archeologica risultano comuni a partire dal culto degli antenati fino a quello di animali solari, e al fuoco; inoltre le armi, i riti e le iconografie artistiche, tra cui il coltello, i cerchi, le aquile, i cavalli, l'immagine del cervo e di animali combattenti indicano un sistema ideologico relativo a un culto della fertilità legato, a sua volta, alla speranza dell'aumento del numero degli animali da pascolo. Il tratto culturale comune a questi popoli scitici, dalla Siberia al Mar Nero, è il linguaggio figurativo della cosiddetta ''arte animalistica''; essa consiste non tanto nel preferire come opzione figurativa gli animali, quanto nel rappresentarli in un modo del tutto particolare, a un tempo naturalistico e fantastico. La dimensione naturalistica è data dalle forme, dai dettagli anatomici, resi sempre con la massima aderenza alla realtà; quella fantastica dall'uso di originali espedienti compositivi, come la ''congiunzione zoomorfa'' (animali resi da parti di animali diversi), la ''posa contorsionista'' (l'animale in posizione innaturale), il ''galoppo volante'' (con le zampe tutte ripiegate sotto l'addome, o allargate nella massima estensione), che offrono alla rappresentazione generale quel carattere particolare mai raggiunto, in tutta la storia dell'immagine figurativa, dai tanti altri linguaggi artistici che hanno avuto, al centro, la figura animale. Pur nell'omogeneità e continuità culturale dei popoli scitici, gli studiosi hanno preferito distinguere diverse aree, come la Siberia, l'Asia centrale e l'Europa nelle quali distribuire i numerosi ritrovamenti.

Le scoperte più significative sono quelle nella valle di Minussinsk, con la cultura di Tagar, o quelle nell'Altai con i famosi kurgan del 5°-3° secolo a.C. di Pazyrik (8 kurgan), coperti di ghiacci perenni, e con quelli di Badaščkir e Tuekt sul fiume Karaol. Le culture di Saglin e Kayulgan, a ovest del bacino di Tuva e quella di Ujuk (alla quale appartiene il famoso kurgan di Aržan), a est del bacino e lungo il fiume Ujuk, quella di Tožin nella parte steppica del bacino di Tožin sul fiume Kemčik, altre in Mongolia settentrionale, in Transbaikalia, e in Cina settentrionale (Ordos) completano il quadro della cultura scitico-siberiana. Se per la maggior parte di queste culture sembra confermato, dall'analisi funeraria, un ruolo centrale del guerriero in tutte le sue manifestazioni, completamente diversa è la realtà del kurgan di Issyk nel Kazakistan, vicino ad Alma Ata, sul confine dell'Asia centrale cinese, generalmente databile tra il 5°-3° secolo a.C. e attribuito alla cultura dei Saka. Le caratteristiche molto diverse del kurgan di Issyk fanno infatti ritenere che non sempre l'aspetto militare fosse in ambiente scitico il centro della vita sociale. Il corredo di questa tomba non ha nulla in comune con quelli tipici del guerriero: il vestito incrostato in oro, la daga e il fodero in oro non presentano quelle caratteristiche militari e aggressive con cui solitamente viene glorificato un guerriero, capo di un clan, e assumono, piuttosto, un significato rituale che riflette gli ideali di un contesto pacifico domestico-familiare. Non è escluso, pertanto, che la nascita di una differenziazione sociale all'interno del mondo nomadico, causa a sua volta della costruzione stessa di un monumento di terra di particolare prestigio, qual è il kurgan, possa essere stata in relazione solo con un processo di segmentazione indipendente dalla nascita di un'élite militare, che al massimo ne poteva costituire l'effetto e non la causa.

In Europa i ritrovamenti sono raccolti nel periodo pre-scitico, antico e tardo scitico. Tralasciando il primo periodo, generalmente connesso alla popolazione dei Cimmeri, il periodo antico-scitico (6°-5° secolo a.C.) ebbe il suo centro nell'area del gruppo di Tiasmin, a limite tra la zona steppica e quella della silvosteppa. I siti principali sono Martonoša, Makjivka, Paštyskie, Zaščyta, Zabotin xv, Žurovka 407, Matronino, Hulay Horod, Smela, Sarpivka, Ryžanivka. Altro gruppo di ritrovamenti è quello di Kiev (Kanev), i cui siti principali sono Ažigoi, Marižin, Siniavka, Berešnyagi, Griščincy, Traktemirov, Mala Ofirna, Klevaka, Bobriča, che si distribuiscono in un'ampia zona di silvosteppa, larga circa 75 km, lungo il lato occidentale del medio Dnepr. L'area estremamente fertile, ricca di černozem ("terra nera"), fu densamente popolata se si tiene presente l'alto numero di insediamenti, costruzioni in terra e kurgan (in qualche caso anche 300). I cimiteri, molto vicini agli insediamenti, furono in uso per diverse generazioni e presentano tombe di due tipi principali: larghe e semplici fosse scavate nel terreno per la gente comune, e costruzioni sepolcrali più o meno elaborate per la classe più elevata. Un altro centro era Belsk, appartenente all'area del gruppo di Vorskla, sull'altro lato del Dnepr, al di fuori della Scizia vera e propria, dove è stato rinvenuto il più grande sistema difensivo in terra cruda di 4400 ettari. Il kurgan di Litoi-Melgunov, databile al 575-500 a.C., rappresenta il più antico seppellimento scitico nel territorio della Scizia, nel quale sono state rinvenuti numerosi oggetti tra cui una spada del tipo akinax, con fodero in oro decorato a rilievo, simile a quelli di Čertomlyk e Kelermes (v. oltre). In questa fase (7°-6° secolo a.C.) sono evidenti i grandi traffici commerciali con le isole dell'Egeo, quando la città di Olbia costituì la principale fornitrice delle popolazioni scitiche di ogni genere di beni di lusso (vasi in oro, argento, glittica, vino, olio e anche armi). Più tardi, nel 5° secolo, la presenza di ceramica corinzia e ateniese attesta il notevole ampliamento del volume dei traffici tra mondo ellenico e quello barbarico, collegati da un'importante strada commerciale, garantita da una sorta di Pax Scythica, che attraversava la Scizia, da Olbia lungo l'Ingul (probabilmente il Borysthene di Erodoto), attraverso il Dnepr e poi, verso est, attraverso il Don e il Volga, fino all'Ural e all'Asia interna. Lo studio di questa fase antico-scitica è stato arricchito notevolmente dai ritrovamenti del cosiddetto ''gruppo del Caucaso di Nord-ovest''. I kurgan di questo gruppo costituiscono l'eccezione più significativa tra tutti i kurgan scitici, in quanto, a differenza della maggior parte di essi, corrispondono, per quanto attiene al rituale funerario, quasi perfettamente al racconto erodoteo. I seppellimenti tipici sono costituiti da fosse rettangolari, coperte con un semplice tumulo di terreno, e gli esempi più famosi sono il kurgan n. 1 di Kelermes con il ritrovamento di numerosi oggetti in oro, tra cui una placchetta raffigurante un cervo, reso nella posa del ''galoppo volante'' (simile a quella di Kostromskaja) e una spada del tipo akinax con fodero in oro, decorato (v. sopra), databile tra il 675-550 a.C., quelli di Ulski, tra cui uno alto 15 m con circa 400 scheletri di cavallo, quello di Kostromskaja (con una placchetta raffigurante un cervo, simile a quella di Kelermes) e quello a Maly Kurgan (a sud-est di Azerbaigian).

Il gruppo degli Sciti Reali ha i suoi più importanti ritrovamenti a nord del Mar Nero, databili dal 6° secolo in poi e distribuiti, a distanza ravvicinata, lungo la riva occidentale del Don, da Taganrog alla congiunzione del fiume Medvediča con il Don. Otto kurgan si trovano a Alekšeyevka-Krivorošhe sul fiume Kalivta, dove sono stati rinvenuti un terminale in argento a forma di testa di toro e un vaso zoomorfo del 6° secolo riconosciuto come proveniente da Samo. A est del Dnepr si trovano il gruppo del Donec', che ha i suoi principali ritrovamenti a Bolšaja Gomolša, Hutor Prokrovskij, quello di Sula (Valle del), con circa 450 kurgan tra cui quelli principeschi di Starša Mogila e Sumeyko; a Bašivka è stata rinvenuta una costruzione in terra, lunga quasi 2 km e larga 600 m. Il gruppo dei ritrovamenti di Voronež, vicino a Rostov, si estende su un'area di 75 km2, con numerosi insediamenti e kurgan, i più antichi dei quali sono del 6° o degli inizi del 5°; di notevole importanza sono quelli di Častye e Mastjugino. Le tombe di questo gruppo sono molto ricche con oggetti di importazione greca, non molto diversi da quelli del gruppo del Donec'. I ritrovamenti nelle steppe a ovest del Dnepr hanno evidenziato a Kut, a ovest di Nikopoli, 315 tombe in 32 kurgan, e vicino a Nikopoli 190 tombe in 53 kurgan; a Tomakovka una spada in ferro e il suo fodero erano ricoperti da lamine d'oro decorate. A Rožnivka, vicino a Kerson, sono stati trovati specchi di bronzo di fattura ionica e a Boltynška, a 70 km a ovest di Dnepropetrovsk, un vaso dipinto greco dell'inizio del 6° secolo.

Nel periodo tardo-scitico (4° e 3° secolo a.C.) c'è una prevalenza di elementi culturali nuovi, forse riferibili all'arrivo di popolazioni dall'Est e i tipi di tombe più diffusi sono quelli a nicchia profonda, o catacomba, con camera sepolcrale sotterranea, scavata su uno dei lati, mentre soprattutto nella zona più meridionale si trovano altri tipi architettonicamente più elaborati, sul modello di quelli greci della Crimea. Di grande interesse sono le steli in pietra, spesso alte anche più di 2 m su cui è rappresentata una figura umana, con armi e spada; questo uso, già noto in Ucraina dal 3° millennio, si protrae fino all'epoca scita e si può riconnettere a quella delle steli rinvenute nel Kazakistan, generalmente interpretate come monumenti sepolcrali dedicati agli antenati, divenuti eroi, simboli divinizzati, del guerriero-progenitore. Il centro più importante di questo periodo fu Kamjanka, sul lato meridionale del basso Dnepr, di fronte alla moderna città di Nikopoli, con un'area di 1200 ettari distinta in due parti principali: la più grande, un centro industriale metallurgico, con lavorazione del ferro; la seconda, l'acropoli, quello amministrativo, con molti oggetti provenienti dalle città del Bosforo. Altri kurgan si trovano a Ogiz, Soloha, Kul-Oba, con più di 20 tombe a tumulo, tra le quali quelle principesche di Melitopol e Akkermen (vicino al fiume Moločna), dove sono state trovate frecce con fodero, una spada e una corazza. Nel kurgan di Čertomlyk (databile a circa il 400 a.C.), è stata rinvenuta la sepoltura di un capo, della moglie, dei servi e di un palafreniere, e tra gli oggetti 250 briglie decorate per cavalli, selle, finimenti e una spada del tipo akinax, con il fodero in oro decorato sul tipo di quelli di Kelermes e Melgunov (v. sopra). Nell'elevato numero degli inumati e nella grandezza del cerimoniale il rituale sacrificale riconosciuto a Čertomlyk ricorda molto da vicino quello di uno dei kurgan di Ulski. Ad Alexandropol studi di antropologia fisica sui crani hanno evidenziato in quello dell'inumato principale un tipo caratteristico sauromatico, mentre in quello dei servi un tipo pontico-settentrionale.

Nell'area del basso Dnepr altri kurgan sono stati rinvenuti a Gaimanova Mogila, a Balky; a sud di Žaporože un kurgan databile al 350 a.C. presenta corridoi e una larga camera sepolcrale, con dieci persone, il capo, la sua famiglia, guardie, donne, un solo cavallo e numerosi frammenti di briglie. A Tovstva Mogila, vicino a Oržonidze, a ovest di Nikopoli, un kurgan conteneva la sepoltura di sei cavalli e di numerose persone, mentre a Raskopana Mogila, vicino ad Apostolove, 17 crani di cavalli e un largo calderone in bronzo, forse fuso a Olbia alla fine del 5° secolo. A Ilinčy e a Elizavetovskaja sul Don sono presenti forti influenze greche nell'uso di costruzioni in pietra e nella planimetria di parecchie tombe reali. Gruppi a parte costituiscono i ritrovamenti scitici della Bulgaria, come quelli di Berežovo-Panaguriçte del 4° secolo, quelli in Dobrugia settentrionale come il grande e sontuoso kurgan di Agigiol, in Ungheria, con i ritrovamenti di Zöldhalompusta (ritrovamento di una placchetta a forma di cervo, come quelle di Kelermes e Kostromskaja), Tapioszèntmarton, Artand, e quelli del gruppo Podolio (Nemirov) e Podolio-occidentale (Nowosioka Grzymaioska, Bratyszow, Dupliska, Sapohov, Kragle, Lenkivtcy). Lontane reminiscenze della cultura scitica si ritrovano ancora nella cultura di Wisock, estrema ramificazione orientale della civiltà di Lausitz, diffusa a oriente della Vistola, sino alla regione di Gorina o Witaszkowo (Vettersfelde) in Polonia sull'Oder.

Con l'arrivo dei Saka e degli Hsiung-nu nel 3° sec. a.C. in Asia centrale viene generalmente considerata esaurita l'esperienza storica autonoma degli Sciti; in Europa il consolidamento delle frontiere del grande impero persiano d'epoca partica prima e sasanide poi, e l'arrivo dei Sarmati tra la fine del 4° e l'inizio del 3° secolo a.C. a occidente del Don, determinano un vero e proprio ricambio tra le popolazioni nomadiche. Si avvia, così, quel processo storico che con la costituzione dell'impero romano prima e bizantino poi, tra il 1° ed il 4° secolo d.C., e la dissoluzione del primo, porterà all'arrivo di nuove popolazioni di provenienza steppica, tra cui i Roxolani, i Goti e altre tribù germaniche, che più nulla hanno a che fare con gli Sciti.

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