Ricci, Scipione de'

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Vescovo di Pistoia e Prato (Firenze 1741 - ivi 1810), fu il maggiore rappresentante del giansenismo italiano. Compiuti gli studî al Collegio romano e all'univ. di Pisa, ordinato sacerdote (1766), visse a Firenze in un ambiente aperto alla contemporanea cultura francese e s'indirizzò rapidamente verso tesi gianseniste e gallicane. Quando poi Pietro Leopoldo sembrò impersonare il principe "illuminato", R., dal 1780 vescovo di Pistoia e Prato, pensò di poter attuare una serie di radicali riforme per metter fine alla decadenza del clero e all'indifferenza dei fedeli; autorizzato da Leopoldo (R., come molti vescovi di Francia, riteneva il potere civile il solo competente in problemi patrimoniali e disciplinari della Chiesa come in questioni matrimoniali), riformò seminarî, soppresse il culto delle reliquie e del Sacro Cuore, adottò un nuovo catechismo di carattere giansenista, introdusse nella messa preghiere in volgare. Queste e altre riforme furono approvate dal sinodo di Pistoia (1786). Ma presto si manifestarono reazioni violente, specialmente quando il granduca lasciò Firenze; nel 1791 R. dovette rinunciare al vescovato; dopo poco le sue riforme e gli atti del sinodo pistoiese furono condannati nella bolla Auctorem fidei. Più tardi, durante la reazione antifrancese, R. fu arrestato e imprigionato (1799); liberato per la vittoria dei Francesi a Marengo, sperò invano nell'appoggio di Bonaparte.

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