scienza Insieme delle discipline fondate essenzialmente sull’osservazione, l’esperienza, il calcolo, o che hanno per oggetto la natura e gli esseri viventi, e che si avvalgono di linguaggi formalizzati.
In particolare, la s. moderna rappresenta l’insieme delle conoscenze quale si è configurato nella sua struttura gerarchica, nei suoi aspetti istituzionali e organizzativi, a partire dalla rivoluzione scientifica del 17° secolo. Fu concepita inizialmente (principalmente con G. Galileo) come concezione del sapere alternativa alle conoscenze e alle dottrine tradizionali (relative al modello aristotelico-tolemaico), in quanto sintesi di esperienza e ragione, acquisizione di conoscenze verificabili e da discutere pubblicamente (e quindi libera da ogni principio di autorità). Successivamente il ruolo della s. si è andato via via rafforzando dal punto di vista sia sociale e istituzionale sia metodologico e culturale, e la s. è diventata uno degli aspetti che meglio caratterizzano, anche per le innumerevoli applicazioni tecniche,
1.1 La s. in Egitto e in Mesopotamia. Secondo
Intensa fu la reazione critica suscitata dalla scuola ionica. Già nel 6° sec. Pitagora aveva iniziato una radicale eversione dell’orientamento dei naturalisti, attribuendo all’anima o alla mente la priorità rispetto ai fenomeni fisici. La finalità, che è una proprietà della mente, governa e spiega i movimenti e le trasformazioni delle cose. Il numero è un’entità intelligibile ed eterna mediante la quale soltanto può essere compresa la reale natura delle cose. I pitagorici costruirono un’astronomia geometrica: al centro dell’universo stava una massa di fuoco attorno alla quale ruotavano la Terra, la Luna, il Sole, i pianeti e la volta delle stelle fisse. La perfezione dei corpi celesti è insieme geometrica e morale: essi sono incorruttibili, e quindi divini. Come i filosofi ionici, anche i pitagorici mescolarono nelle loro teorie due elementi: l’osservazione empirica e il pensiero astratto; l’intera storia della s si svolgerà intorno a questi due poli.
Le pubblicazioni dell’Accademia dei Lincei, fondata nel 1603 da F. Cesi, si avvalsero per la prima volta dei nuovi strumenti scientifici: se Galileo era lo scienziato divenuto con il cannocchiale «scopritore, non di nuove terre, ma di non più vedute parti del Cielo», Cesi con l’uso del microscopio rivelò parti mai vedute di animali e vegetali. Con l’affermarsi del razionalismo cartesiano gran parte dell’orientamento empirico proprio dei Lincei e poi della scuola galileiana andrà perduto a vantaggio di una sistemazione filosofica coerente sia da un punto di vista metodologico sia metafisico.
Il gran successo dei Philosophiae naturalis principia mathematica (1687) di
La stessa cosa avvenne a metà Ottocento con l’evoluzionismo darwiniano: nonostante C. Darwin ritenesse di aver seguito il metodo baconiano e il modo di ragionare di Newton, i risultati della sua ricerca non erano coerenti con lo status della s. del tempo. Ciò può essere ripetuto per altre grandi innovazioni: per es., per il mancato riconoscimento della legge di
La storia della s., mantenendo aperta la connotazione delle metodologie scientifiche, può così contribuire a una migliore comprensione degli sviluppi della s. moderna, la quale non fornisce, se non apparentemente, un unico schema esplicativo della realtà.
2. Classificazione delle scienze
Il problema di una classificazione delle s. s’impose in età rinascimentale, quando ormai la crescente varietà e specializzazione delle s. non poteva più venire inquadrata negli schemi sommari ideati da Aristotele e ripresi dai cultori medievali delle s. del trivio (grammatica, dialettica e retorica) e del quadrivio (geometria, aritmetica, musica, astronomia). Il problema fu affrontato da
Dopo la nascita della meccanica newtoniana, che realizza la sintesi della dinamica dei corpi terrestri con quella dei corpi celesti, e la sistemazione da parte di Buffon e di A. Humboldt dei dati della storia naturale, nascono nuove classificazioni più comprensive e accurate. Il fisico A.-M. Ampère applica un procedimento per dicotomie successive, che dalle due grandi categorie delle s. cosmologiche (o della materia) e noologiche (o dello spirito) gli permette di ricavare progressivamente ben 128 s. specifiche. Interessanti le classificazioni di
Il pensiero antico non riconosce due tipi di conoscenza, una filosofica e l’altra strettamente scientifica. In Platone si avverte l’esigenza di una distinzione tra il sapere delle s. particolari (aritmetica, geometria, astronomia) e la s. perfetta che è la dialettica (propria del filosofo), ma la distinzione resta generica e incerta. L’affacciarsi di un’istanza empirica si avrà in Aristotele, che tuttavia non operò una netta differenziazione tra due tipi di conoscenza.
La classificazione aristotelica delle s., tramandata dagli Arabi e ripresa in Occidente dalla scolastica, contribuì a tenere distinto il sapere della mente dall’opera della mano e fissò tra i cultori delle varie s. una gerarchia, dominata dal filosofo e dal teologo. Il pensiero medievale fu caratterizzato in larga misura/">misura dal tentativo di conciliare in una visione unitaria le concezioni sulla natura con le verità di fede delle Scritture. Lentamente, con
Una netta distinzione tra una s. della natura e una filosofia della natura maturò con il sorgere dell’empirismo moderno e con l’affermarsi dei procedimenti induttivi e dei metodi quantitativi nell’indagine della natura. Con l’ipotesi eliocentrica di
Il principio dell’hypotheses non fingo di I. Newton rappresenta il più chiaro ammonimento a non cercare spiegazioni dei fenomeni naturali che non siano verificabili con l’osservazione attraverso procedimenti matematici. La fisica newtoniana rappresenta in larga misura il modello di conoscenza scientifica a cui guarderà l’empirismo sei-settecentesco (con J. Locke,
Il tentativo più compiuto di operare la distinzione tra s. e filosofia è quello di
Nella seconda metà del 19° sec. il fondatore del positivismo A. Comte e il teorico della logica induttiva J.S. Mill sostennero la superiorità metodica delle s. esatte, chiedendosi se s. ‘morali’ come la psicologia e la sociologia avrebbero mai potuto raggiungere una capacità di predizione dei fenomeni analoga a quelle della fisica e della meccanica razionale. Dalla teoria dell’evoluzione dei viventi formulata da Darwin, che distrusse l’antica certezza della superiorità della specie umana, derivò una completa riformulazione della biologia, delle s. dell’uomo e della società.
Nel 20° sec. orizzonti fino ad allora imprevedibili sono stati aperti dalla genetica e dalle neuroscienze, che fanno ricorso a varie discipline e rendono instabili i confini tra le s. della natura e le s. dell’uomo. In fisica, la scoperta della radioattività naturale, la teoria della relatività di Einstein, il sorgere della meccanica quantistica hanno segnato profonde svolte concettuali, stimolando riflessioni concernenti il valore statistico delle cosiddette leggi di natura, la difficoltà di adeguare agli eventi fisici i nuovi metodi matematici e gli strumenti di misura, l’unificazione di teorie generali come il campo, la meccanica quantistica, la gravità, le
Disciplina che si occupa dell’analisi critica dei metodi, linguaggi, teorie, entità delle s. empiriche e umane (senza escludere le loro problematiche specifiche: si potrà così parlare di filosofia della fisica, di filosofia della biologia, di filosofia della psicologia ecc.). 4.1 Origine e sviluppo. Le sue radici storiche vanno ricercate nel 19° sec., in The philosophy of the inductive sciences founded upon their history di
L’estensione delle tesi di Mill, insieme all’impiego del calcolo di Boole al campo della chimica, porterà B. Brodie (The calculus of chemical operations, 1876) a sviluppare una teoria chimica assiomatizzata, in grado di rendere conto di tutti i fatti allora noti, escludendo il concetto di atomo a favore di attributi osservabili, legati a cambiamenti qualitativi delle sostanze chimiche e a mutamenti di massa, prima e dopo una reazione. La critica di Brodie al concetto di atomo fu ulteriormente sviluppata nell’epistemologia di
La serrata critica alle concezioni ‘induttivistiche’ della s. da parte di K. Popper rappresenta un ulteriore esempio del contrasto tra orientamento razionalistico, volto a sottolineare il ruolo della teoria, e orientamento empiristico, volto a individuare le basi osservative del discorso scientifico. In seguito, L.J. Wittgenstein e studiosi quali S. Toulmin, N.R. Hanson e Th. Kuhn avrebbero messo in discussione l’impostazione logicista e astorica del neopositivismo, sottolineando l’importanza, anche sul piano teorico, della storia della s. ai fini di una corretta e plausibile indagine epistemologica. In questa prospettiva, benché con esiti differenziati, si situano J. Agassi, P.K. Feyerabend,
A questa controversia d’interesse prevalentemente epistemologico si è sovrapposta quella sulla neutralità o non-neutralità della s., cioè sull’eventuale dipendenza dal contesto sociale non solo delle applicazioni industriali e militari delle scoperte scientifiche, ma anche dei programmi di ricerca non ‘finalizzati’ e del conseguente sviluppo della s. ‘pura’.
In teologia, s. è la facoltà intellettiva per cui Dio conosce le cose, reali o possibili, presenti o future. I teologi distinguono in Dio una s. di visione da un’altra di semplice intelligenza: con la prima Dio conosce le cose reali esistenti o future; con la seconda le cose possibili, quelle cioè che potrebbero essere se Dio decidesse di dar loro l’esistenza, ma che non saranno mai. Tra queste due s., ammesse comunemente da tutti i teologi, il gesuita L. Molina ne pone una intermedia, detta perciò s. media. In essa Dio conosce quelle cose o quelle azioni libere della creatura razionale, che, benché non esistite, sarebbero esistite se egli avesse deciso il verificarsi di alcune condizioni. Queste azioni libere e condizionate vengono chiamate dai teologi futuribili. Secondo i molinisti non si vede come Dio possa conoscere questi futuribili con lo stesso mezzo con cui conosce i futuri, perché essi non sono futuri, né in quello in cui conosce i meramente possibili, perché i futuribili sono qualche cosa di più. Di conseguenza si deve ammettere un terzo mezzo, cioè una terza s., nella quale sarebbe appunto possibile conciliare la prescienza divina con la libertà umana.