SCAMBIO

Enciclopedia Italiana (1936)

SCAMBIO

Ugo Spirito

. Economia. - Per scambio economico s'intende uno scambio fatto col fine di acquistare un bene la cui utilità è giudicata superiore a quella del bene che si dà in corrispettivo. L'enunciazione generale del rapporto di scambio è, quindi, la seguente: "Un soggetto economico A dispone di una quantità concreta di un bene, che, per lui, ha un valore minore di un'altra quantità di un altro bene, che si trova a disposizione di un individuo B; mentre che quest'ultimo (B), riguardo alla valutazione delle stesse quantità di beni, si trova in una condizione opposta: e, cioè, per lui, una pari quantità del secondo bene ha un valore minore di quella del primo, in possesso dell'individuo A" (K. Menger).

Lo scambio economico può essere semplice e complesso o pecuniario. Nel primo caso si scambiano direttamente due beni economici (baratto), nel secondo lo scambio avviene attraverso uno strumento di scambio: la moneta (compravendita).

Dalla semplice definizione di scambio si arguisce che in esso trovano fondamento tutti i concetti fondamentali della scienza economica e in particolare i concetti di bene economico, utilità, valore, prezzo, mercato, moneta, domanda, offerta, commercio. E che nella teoria dello scambio si dovesse trovare il fondamento della scienza economica ha messo bene in luce la cosiddetta economia marginalistica nelle sue varie tendenze e scuole. I presupposti scientifici che essa ha dimostrato impliciti nella teoria dello scambio sono i seguenti.

I. Identificazione dei concetti di utilità e utilità soggettiva o ofelimità. Se, in effetti, il soggetto A scambia con il soggetto B è perché ritiene la quantità del bene da lui posseduta di utilità inferiore a quella della quantità del bene posseduta dal soggetto B. Ma perché lo scambio possa avvenire occorre che il soggetto B faccia una valutazione opposta dei due beni. In altri termini, perché lo scambio si verifichi, si deve escludere a priori una valutazione oggettiva dei beni da scambiare. Naturalmente la valutazione soggettiva non concerne soltanto la qualità dei beni ma anche la quantità di essi: anzi, eccezion fatta per i beni unici e indivisibili, il rapporto di scambio si precisa sempre in determinate quantità e la ragion di scambio (ossia la valutazione soggettiva degli scambisti e il prezzo in cui convergono) varia col variare delle quantità possedute. Di qui la teoria marginalistica e matematica dello scambio rigorosamente formulata da L. Walras, da W. St. Jevons e da altri. In The Theory of political economy, lo Jevons riassumeva nella seguente proposizione tutta la teoria matematica dello scambio: "La ragione di scambio di due merci sarà l'inverso del rapporto dei gradi finali di utilità della quantità di merci disponibili per il consumo dopo che lo scambio è avvenuto". Una dimostrazione ad oculos del variare della ragione di scambio correlativamente al variare delle quantità dei beni si trova nelle note tabelle mengeriane.

II. Produzione regolata dal principio della divisione del lavoro. La valutazione soggettiva, in effetti, riguarda non soltanto le cose ma anche i servizî, e nello scambio, quindi, ognuno offrirà in corrispettivo quantità massime di quei servizî che valuterà meno, che, cioè, gli costeranno minor sacrificio. Ma i servizî che costano minore sforzo e che possono maggiormente essere valutati da chi ne beneficia sono quelli per i quali si ha maggiori attitudini e preparazione, sì che il lavoro finisce col dividersi tra gli uomini in guisa da dare il massimo di produzione.

Su questi due presupposti del massimo di utilità e del massimo di produzione dell'economia di scambio poggia tutto il sistema della cosiddetta economia liberale. Essa ha fede nell'armonia spontanea e non preordinata delle molteplici attività economiche e si conchiude in una visione fatalisticamente ottimistica della realtà. Lo scambio lasciato nella sua perfetta libertà individualistica non può non condurre al più perfetto equilibrio generale (v. equilibrio: Equilibrio economico) concepibile.

A questa concezione, che si può definire classica, dello scambio, si sono sollevate negli ultimi tempi obiezioni di principio, che, attraverso la critica della particolare teoria, tendono a inficiare i fondamenti stessi della scienza economica tradizionale.

I. Quanto alla possibilità di ottenere mediante lo scambio il massimo di ofelimità degli scambisti, si è obiettato che essa è condizionata a priori dalla differenza delle posizioni iniziali da cui si muove per effettuare lo scambio. Si è fatto notare a tal proposito che lo scambio presuppone la proprietà di ciò che si scambia e che la differenza delle proprietà precostituite durante la vita degli individui e delle generazioni (eredità) non consente di considerare il massimo di ofelimità degli scambisti come il massimo di benessere sociale. All'atto dello scambio, in effetti, l'ofelimità di ciascun bene è condizionata per ogni scambista dalla quantità di tutti i beni a sua disposizione, senza che il rapporto delle proprietà individuali possa comunque ritenersi un rapporto di equilibrio ofelimitario della stessa natura di quello che si dovrebbe instaurare con lo scambio.

II. Quanto poi alla collaborazione e alla divisione di lavoro che si effettua tra gli scambisti si è fatto notare che essa è regolata da un incontro di volontà che si puntualizza nell'atto dello scambio e che varia continuamente attraverso l'arbitrario variare delle ofelimità nei successivi atti di scambio. Ne consegue che ogni atto economico, e in particolare la produzione, è effettuato sulla base di previsioni che non hanno e non possono avere alcun rigore logico. Il produttore produce ignorando le ofelimità degli altri produttori e dei consumatori e porterà quindi sul mercato una certa quantità di prodotti a un determinato costo senza sapere quale quantità di prodotti e a quale costo porteranno sul mercato i suoi concorrenti e quale quantità di prodotti e a quale prezzo saranno disposti ad acquistare i consumatori. Sarà poi l'esperienza del mercato a regolare l'ulteriore produzione e l'ulteriore divisione di lavoro, ma essendo il mercato regolato da fattori sempre variabili e per definizione inconoscibili perché soggettivi (ofelimità del momento) la previsione resterà sempre aleatoria e la vita economica sempre in crisi e in squilibrio. Contrariamente alla conclusione della scienza tradizionale l'economia di scambio conduce, dunque, necessariamente allo squilibrio generale.

Muovendo da queste obiezioni alle teorie classiche si cerca oggi da più parti e per diverse vie di raggiungere una concezione più sistematica e organica della vita economica e della vita sociale in genere. Il risultato per ora più ragguardevole è quello teorizzato nella cosiddetta economia programmatica (v. App., p. 169), per cui la collaborazione degl'individui si estenderebbe dall'atto dello scambio a tutta la vita economica in un'intesa organica che regolerebbe tutta la produzione, la distribuzione e il consumo. Al principio ofelimitario variabile di momento in momento si sostituirebbe il principio obiettivo di una volontà concorde e tecnicamente ordinata e all'ideale ipotetico di un equilibrio generale che si dovrebbe realizzare miracolosamente per lo spontaneo incontro di infinite ofelimità arbitrarie si sostituirebbe l'ideale di un organismo totalitario in cui ognuno porterebbe il contributo di una volontà consapevole e non immediata. Naturalmente attraverso questa critica che l'economia programmatica rivolge all'economia di scambio tutti i presupposti della scienza economica tradizionale sono posti in discussione ed è posto in discussione lo stesso concetto di scienza economica.

Per lo scambio internazionale e la teoria dei costi comparati, v. commercio: Commercio internazionale.

Bibl.: Oltre alle opere principali dei maggiori economisti dai fisiocrati in poi, v. gli scritti dei teorici dell'economia marginalistica e specialmente: W. St. Jevons, The Theory of Political Economy, Londra 1871; K. Menger, Grundsätze der Volkswirtschaftslehre, Vienna 1871; L. Walras, Éléments d'Économie politique pure, parti 2, Losanna 1874-77; M. Pantaleoni, Principî di economia pura, Firenze 1889, 3ª ed., Roma 1931; V. Pareto, Manuale di economia politica, Milano 1906. Per la critica, cfr. il vol. sull'Economia programmatica pubbl. dalla Scuola di scienze corporative di Pisa, Firenze 1933. Cfr. inoltre U. Spirito, Capitalismo e corporativismo, 3ª ed., Firenze 1934; id., Il corporativismo come negazione dell'economia, in Nuovi studî, VII (1934), pp. 121-31.