SAVORGNAN DI BRAZZÀ, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 91 (2018)

SAVORGNAN DI BRAZZÀ, Pietro

Francesco Surdich

– Nacque a Castel Gandolfo, presso Roma, il 25 gennaio 1852 dal conte Ascanio (1793-1877) e da Giacinta Simonetti, marchesa di Gavignano, erede della stirpe dogale veneziana dei Priuli.

Il padre, viaggiatore in Medio Oriente e in Egitto, pittore e scultore, era discendente di una delle famiglie più antiche del Friuli infeudata da Berengario nel 921. Oltre a Pietro, i due ebbero molti altri figli: Francesco; Filippo, che fu botanico, sindaco di Manzano in Friuli dal 1901 al 1919 e poi senatore nella XXIII legislatura; Lodovico, ingegnere, artista e viaggiatore che percorse tutta l’Eritrea e gran parte dell’Etiopia; Giovanni; Giacomo, che il 1° gennaio 1883 partì per l’Africa assieme ad Attilio Pecile ed esplorò la regione dei corsi superiori dell’Ogooué, dell’Alima e del Licona; Pio, che fu medico; Antonio, balì di Malta, e inoltre Giuseppe, Detalmo, Giacinto, Marianna e Maddalena.

Savorgnan ricevette la prima educazione al Collegio romano sotto la guida del gesuita Angelo Secchi, celebre astronomo, fino a quando, in seguito a un incontro con l’ammiraglio Louis de Montaignac, giunto a Roma per rendere omaggio a Pio IX, nel 1866 decise di iscriversi al Collegio dei gesuiti di Sainte Geneviève a Parigi. Nel dicembre del 1868 fu ammesso alla Scuola navale di Brest, dove si diplomò nel giugno del 1870, quando si imbarcò sulla fregata Revanche. In terra africana prese parte, sulla Jean-d’Arc, alla repressione di una insurrezione dei Kabili e a vent’anni riuscì a imbarcarsi sulla fregata Venus, che sorvegliava la costa occidentale africana per contrastare il fenomeno della tratta, approfittando della circostanza per penetrare lungo i fiumi Ogooué e Gabon-Bemboue, di cui non si conoscevano ancora le sorgenti.

Nel 1874 chiese la naturalizzazione e ottenne la cittadinanza francese; da allora, dopo essere stato reintegrato nei ruoli della Marina francese con il grado di sottotenente di vascello di complemento, per un ventennio si sarebbero sviluppate le sue esplorazioni nell’Africa centrale, con le conseguenti ricerche geografiche, antropologiche e naturalistiche realizzate nel corso di tre spedizioni grazie anche a un consistente contributo finanziario della famiglia. La prima di queste ebbe inizio il 20 agosto 1875 dal porto di Bordeaux, da dove il 20 ottobre raggiunse il Gabon a Libreville, per arrivare, nel febbraio del 1876, su un piccolo vapore della Marina francese, a Lambarané, sulla foce dell’Ogooué, il punto più estremo delle installazioni europee verso l’interno. Risalì il fiume cercando di contrastare lungo il percorso la tratta degli schiavi acquistandoli e liberandoli. A bordo di piroghe raggiunse Lope il 19 dicembre e poi Booué, Doumé (aprile 1877) e Poubara, fino alla confluenza dell’Ogooué con il Passa, accorgendosi che le acque dell’Ogooué, provenendo da sud, non rappresentavano la via sperata per raggiungere il centro dell’Africa, ma proseguì ugualmente via terra verso est percorrendo circa cento chilometri lungo l’altopiano dei Batéké, attraverso una distesa quasi desertica che offriva solo miglio e manioca: per sfamarsi si nutrirono anche di formiche bianche, bruchi e cavallette affumicate condite con olio di palma. Da un capo dei Batéké Savorgnan venne a sapere che esisteva un altro fiume verso est, l’Alima, dove da paesi lontani arrivavano con le piroghe alcuni popoli per acquistare manioca in cambio di pesce affumicato e sale, per cui dedusse che quel fiume potesse essere tributario dei laghi salati ipotizzati allora al centro dell’Africa. Venne anche a sapere che un popolo aggressivo, gli Apfuru, armati di numerosi fucili, abitavano su un territorio nel quale l’Alima sfociava in un vastissimo fiume; respinto da questi indigeni, decise di proseguire via terra con solo dieci uomini di scorta, scoprendo in questo modo, a solo 50 chilometri dall’Equatore, due altri affluenti del Congo: il Licona e il Labai Okua. Poiché stava per iniziare la stagione delle piogge, nell’agosto del 1878 decise di rientrare, e giunto alla costa venne a sapere che Henry M. Stanley il 12 agosto aveva raggiunto la foce del Congo portando a soluzione il grande enigma dell’Africa centrale. Le scoperte di Savorgnan si sarebbero rilevate ugualmente preziose, perché il grande fiume a pochi chilometri dalla costa diventava impercorribile a causa delle rapide, mentre risalendo l’Ogooué e l’Alima si sarebbe potuto raggiungere il Congo proprio al di sopra del tratto non navigabile aprendo una più agevole via indiretta per penetrare nell’Africa centrale.

A Parigi venne accolto trionfalmente e i risultati da lui ottenuti suscitarono l’interesse di re Leopoldo II, che nell’agosto del 1879 lo invitò a Bruxelles per proporgli di mettersi al servizio dell’Associazione internazionale dell’Africa; ma Savorgnan, dichiarandosi ufficiale della Marina francese, non accettò, preferendo imbarcarsi il 27 dicembre per il Gabon per organizzare una spedizione, comprendente anche alcuni senegalesi, che, sulla scorta delle esperienze precedenti, avrebbe percorso l’Ogooué senza difficoltà fondando la prima stazione del Comitato francese dell’Associazione africana, Franceville, alla confluenza del Passa. Per evitare di reincontrare gli Apfuru, fra l’8 marzo e il 13 giugno 1880 si diresse verso il fiume Congo via terra attraverso l’altopiano dei Batéké, raggiungendo il 28 agosto, a M’Bé, il regno di Makoko, un capo temuto e rispettato dalle tribù dell’interno che lo accolse con grande solennità concludendo con lui un trattato secondo il quale il suo regno era posto sotto la protezione della Francia, cui si concedeva un vasto territorio situato a nord delle prime rapide del Congo, dove poi sarebbe sorta Brazzaville.

Dopo essere arrivato sullo Stanley Pool il 10 settembre, domenica 7 novembre, ridiscendendo verso il mare alla ricerca di una via più breve di quella dell’Ogooué, presso Matadi, alle falde delle montagne del Mayombe, incontrò Stanley. Da lì si diresse verso la costa seguendo la riva destra del Congo e su un vapore britannico il 16 dicembre raggiunse Libreville, da dove spedì a Parigi il testo del trattato. Risalì di nuovo l’Ogooué, di cui l’8 febbraio avrebbe raggiunto le sorgenti, per esplorare poi, costeggiando il Loudima, il bacino del Niari-Ciulu, il fiume che sbocca sull’oceano a settentrione del Congo, giungendo a Landana (Cabinda) il 17 aprile. Rientrò quindi in Francia, dove ricevette un’accoglienza calorosa dall’opinione pubblica e piuttosto riservata dalle sfere ufficiali.

Nonostante le precarie condizioni di salute che lo costrinsero a un periodo di soggiorno a Vichy per curare il fegato e una bronchite cronica, appena tornato a Parigi moltiplicò i contatti e le iniziative per esporre i suoi progetti su come si sarebbe dovuto operare in Africa, a cominciare dagli ambienti d’affari e dal governo e dal parlamento, dove delegati dalle vedute ristrette facevano a gara con le preoccupazioni dei nazionalisti apprensivi.

Il 4 novembre 1882 venne ratificato il trattato con il re Makoko e il mese dopo il governo presentò alla Camera una legge per il finanziamento di una nuova missione intitolata ‘l’Ovest Africano’, per cui Pietro di Brazzà, promosso tenente di vascello e nominato commissario generale della Repubblica per l’Ovest africano, venne incaricato di una nuova spedizione, che aveva lo scopo di gettare le basi di una immensa colonia e che partì da Bordeaux il 1° gennaio 1883, sbarcando a Libreville il 23 febbraio. Risalito il corso dell’Ogooué fino a Franceville (22 luglio 1883), percorse l’Alima (gennaio 1884) arrivando alla confluenza con il Congo, che discese con il canotto a vapore. Riunitosi con il fratello Giacomo e con Pecile, impegnati in una missione scientifica, si diresse alla reggia del re Makoko per consegnargli, il 19 marzo 1884, la ratifica del trattato. Fino all’inizio di ottobre del 1885, per più di due anni e mezzo, percorse le vallate dell’Ogooué e del Congo per dedicarsi al lavoro di sistemazione delle stazioni coloniali e alla definizione dei territori che il re aveva ceduto alla Francia, rifornire le postazioni, assicurare la completa sicurezza delle vie fluviali del Léfini e dell’Alima e tentare di occupare la regione del Niari-Kouliou reclamata da Stanley in nome dell’Associazione africana di Leopoldo II. Inoltre, attorno al villaggio N’Tamo, sulle rive del Congo, fondò Brazzaville.

Dopo quarantadue mesi di assenza venne richiamato in Francia. Tornò a Parigi il 10 novembre 1885 accolto dal mondo politico con molta diffidenza, che cercò di rintuzzare con una serie di conferenze, riuscendo a essere nominato luogotenente-governatore della nuova colonia dell’Ovest africano il 17 aprile 1886 e tornare nuovamente in Africa nel marzo del 1887 per compiervi ulteriori esplorazioni, aprire scuole e favorire la penetrazione missionaria, nonché esplorare il territorio tra l’Oubangui e il Sanga aprendo la strada verso nord, tra il Camerun e la zona dello Stato Libero.

Rientrato a Parigi nel febbraio del 1888, continuò a difendere il suo operato e i suoi progetti dai numerosi attacchi che gli vennero mossi. In quelle circostanze fu iniziato alla massoneria nella loggia Alsace-Lorraine di Parigi, dalla quale però si sarebbe dimesso nel 1904 per le responsabilità che questa aveva avuto nella gestione della colonia dell’Africa equatoriale francese. Nel maggio del 1889 tornò per un breve periodo in Congo, assieme a un giovane ingegnere francese, Léon Jacob, per gettare le basi di una strada ferrata da Brazzaville a Loango attraverso la valle del Niari-Kouilou. Dopo la fondazione del Comitato per l’Africa francese si recò nuovamente in colonia, prima per sostituire momentaneamente Charles de Chavannes nella sua amministrazione e inoltre per verificare la possibilità di diffondere la coltivazione del caffè e del cacao nell’alto Sangha e nell’alto Oubangui-Chari, territori ambiti anche dalle altre potenze coloniali.

All’inizio del 1895, mentre discendeva il Sangha a tutta velocità, un’errata manovra gettò il battello sulle rocce: Savorgnan di Brazzà, raccolto allo stremo delle forze, dovette rientrare in Francia, dove venne insignito del titolo di commendatore della Legion d’onore, e il 12 agosto sposò Thérèse de Chambrun, appartenente a un’antica famiglia di Lozère, da cui ebbe quattro figli: Giacomo, Antonio, Carlo e Marta. Nei due anni successivi alternò le sue presenze in Francia, dove venne chiamato anche per fornire delle spiegazioni sulla sua gestione finanziaria in colonia, continuando a essere oggetto di una pesante campagna denigratoria (fra i pochi a difenderlo fu Pierre Loti), e in Congo, fino a quando, nel gennaio del 1898 mentre si trovava su una nave diretta in Francia, venne improvvisamente allontanato dal suo posto di commissario generale a causa delle pressioni di quanti erano ostili ai suoi progetti e collocato a riposo il 5 maggio 1889 con la pensione di tenente di vascello.

Trasferitosi in Algeria nella bella villa Dar es-Sangha, nel 1901 tentò di pubblicare una relazione sugli errori e gli orrori del colonialismo europeo, ma il suo dossier venne insabbiato. Grazie a una legge apposita ottenne dal governo francese, nel 1903, una pensione annua di diecimila franchi, che fino ad allora era stata riconosciuta solo a Louis Pasteur e, sotto la pressione dell’opinione pubblica internazionale, nell’aprile del 1905 venne inviato ancora una volta in Congo, dove gli indigeni si stavano ribellando a un sistema di tassazione molto pesante. Mentre stava ridiscendendo l’Oubangui e il Congo in battello, dopo aver concluso la sua inchiesta, che mise in evidenza la delittuosa connivenza esistente a danno degli indigeni tra le autorità locali e le società impegnate nello sfruttamento del territorio, si ammalò di dissenteria e ricevette l’ordine dal governatore Emile Gentil di tornare in Francia. Morì però a Dakar il 14 settembre 1905, sollevando dei dubbi fra i parenti, che ritennero sempre fosse stato avvelenato sulla nave per impedire che il suo rapporto su quanto aveva visto in Congo arrivasse a Parigi.

Il governo francese proclamò di volerlo seppellire al Pantheon ma, per il rifiuto della moglie, dopo i funerali nazionali celebrati a Parigi il 3 ottobre con un immenso concorso di popolo, venne tumulato ad Algeri su una collina che si affaccia sul Mediterraneo e sulla lapide venne inciso un passo intitolato La sua memoria è pura di sangue umano. Il 6 dicembre fu posta a Brazzaville la prima pietra di un mausoleo destinato a ospitare le sue spoglie, che vi vennero traslate il 6 ottobre 2006.

Opere. Numerose lettere di Savorgnan di Brazzà furono pubblicate, negli anni delle sue spedizioni in Africa, sul Bollettino della Società geografica italiana e sul Bulletin de la Société de géographie de Paris; Voyages dans l’Ovest Africain de Monsieur de Brazza, 1875-1887. Textes et dessins inédits, in Le Tour du monde, II (1887), pp. 289-336; ibid., III (1888), pp. 1-64; Conférences et lettres de P. S. de B. sur ses trois explorations dans l’Ovest Africain de 1875 à 1886, a cura di N. Ney, Paris 1887.

Fonti e Bibl.: Un cospicuo fondo di documenti (18 bauli) su Savorgnan di Brazzà, donati dalla famiglia della moglie, è conservato dal Centre des Archives d’Outre-mer di Aix-en-Provence; vedi inoltre gli archivi Charles de Chavannes, ovvero del primo segretario di Savorgnan, conservati nella Biblioteca nazionale di Parigi, dove si trova pure il fondo della Società geografica francese contenente suoi rapporti. In Italia numerosi documenti si conservano nell’Archivio storico del ministero degli Affari esteri, nell’Archivio storico del ministero della Marina, nell’Archivio Brazzà che, assieme alla biblioteca di famiglia, si trova nell’omonimo castello di Moruzzo; altra documentazione su di lui nell’Archivio comunale di Moruzzo e nell’Archivio di Stato di Udine, nell’Archivio della Società geografica italiana e nell’Archivio storico capitolino, che custodisce i documenti del ramo romano della Famiglia Brazzà, donati nel 1955 al Comune di Roma dalla contessa Olga Schiling, vedova di Ascanio; tra le fonti edite, G. Savorgnan di Brazzà, Giornale di viaggio (1 gennaio 1883 - 31 dicembre 1885), a cura di E. Mori - F. Savorgnan di Brazzà, Firenze 2008.

Per l’enorme numero di scritti pubblicati su Savorgnan di Brazzà si limitano le indicazioni bibliografiche ai contributi più significativi del periodo successivo all’inizio della seconda guerra mondiale, rimandando a essi per le numerose indicazioni bibliografiche relative agli anni precedenti: E. Zorzi, Al Congo con Brazzà, Milano 1940; L. Fiorentino, P. S. di B., Torino 1952; H. Brunschwig, Brazzà explorateur, l’Ogooué 1875-1879, Paris 1966; Brazzà et la prise de possession du Congo: la mission de l’Ovest africain, 1883-1885, a cura di C. Coquery-Vidrovitch, Paris 1969; Brazzà explorateur. Les traités Makoko, 1880-1882, a cura di H. Brunschwig - G. Lagarde - J. Vansina, Paris 1972; Savorgnan de Brazzà (1852-1905) (catal.), Paris 1980; R.E. Nwoye, The public image of P. S. de B. and the establishment of French imperialism in the Congo, Aberdeen 1981; P. S. di B. esploratore friulano (catal., Brazzacco), a cura di C. Baldissera, Pordenone 1982; J. Autin, S. di B. Un profeta del Terzo Mondo, Tricesimo 1985 (a p. 274 segnala, fra le fonti utilizzate, ma senza fornire ulteriori indicazioni, documenti degli Archives du ministère de la Marine e degli Archives des ministères des Colonies della Francia e del Belgio); R. Rabut, Brazza, commissaire général. Le Congo français (1886-1897), Paris 1989; S. Saccone, P. S. di B. secondo un rapporto sull’Africa Equatoriale Occidentale (Parigi, 9 novembre 1883), in Miscellanea di Storia delle esplorazioni, XVIII (1993), pp. 175-220; M. Petringa, Brazzà. A life for Africa, Bloomington 2006; C. Pirzio-Biroli, P. S. di B. esploratore leggendario (1852-1905), Mariano del Friuli 2006; P. S. di B. dal Friuli al Congo Brazzaville. Atti del Convegno internazionale, Udine... 2005, a cura di F. Savorgnan di Brazzà, Firenze 2006 (con molti contributi sulle fonti, in partic. di Isabelle Dion, Bénédicte de Capéle e Nadia Fusco); Una vita per l’Africa. P. S. di B., a cura di I. Pucci, Firenze 2006; R. Maran, Il nobile esploratore. Vita di P. S. di B., Udine 2011; F. Surdich, L’Africa degli esploratori friulani, in Hic sunt leones. Esploratori, geografi e viaggiatori tra Ottocento e Novecento. Dal Friuli alla conoscenza dei paesi extraeuropei, a cura di P. Visentini, Udine 2011, pp. 119-137; E. De Pieri, P. S. di B. Esploratore di pace, Sant’Angelo in Formis 2013.

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