SAVOIA RACCONIGI, Filippo, conte di

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 91 (2018)

SAVOIA RACCONIGI, Filippo conte di

Andrea Merlotti

– Nacque intorno al 1510, probabilmente a Racconigi, terzo figlio del conte Bernardino I di Savoia Racconigi (1480 ca.-1527) e della genovese Violante Adorno.

Il padre apparteneva a una linea naturale degli Acaia, iniziata da Ludovico (ante 1413-1459/1461), figlio naturale dell’ultimo Savoia Acaia, principe di Piemonte. Infeudato di Racconigi, egli aveva dato origine a una linea dei Savoia che si era conquistata un ruolo preminente sulla scena subalpina, riuscendo spesso a condizionare in chiave italiana la politica della dinastia.

In quanto cadetto, Filippo era stato destinato alla carriera militare. Di un suo ruolo politico si può parlare solo con l’inizio dell’occupazione francese, nel 1536. Il duca Carlo II, costretto a lasciare Torino di fronte alle armate di Francesco I, aveva nominato luogotenente della città Ludovico II di Racconigi. Morto questi subito dopo l’ingresso dei francesi nella capitale, Filippo era divenuto il nuovo conte di Racconigi. Come diversi altri membri di Casa Savoia e una parte consistente della nobiltà piemontese, Filippo si schierò dalla parte francese. Un segno di questa sua scelta di campo fu il matrimonio il 10 gennaio 1537, pochi mesi dopo l’occupazione francese del ducato, con Paola Costa di Bene, il cui padre, Luigi, era ufficiale di Francesco I. Dalla sposa egli ottenne in dote i feudi di Tegerone e Motturone. Al contrario, suo fratello minore Claudio (che morirà nel 1582), conte di Pancalieri, restò accanto al duca Carlo II e più tardi seguì Emanuele Filiberto al servizio imperiale.

Inizialmente il ruolo di Filippo era di secondo piano, poiché la leadership dei filofrancesi era detenuta dallo zio Anton Ludovico di Savoia Racconigi, conte di Pancalieri (1485 ca.-1552). Filippo accettò la situazione e iniziò a collaborare strettamente con questi. Man mano, però, che Anton Ludovico, sempre più anziano e malato, si poteva impegnare di meno, Filippo ne assumeva cariche e funzioni. Nel 1547 fu chiamato a far parte del Consiglio di Torino e nella primavera del 1551 fu inviato a Parigi come delegato degli Stati generali del Piemonte. Il governatore del Piemonte Charles Cossé de Brissac scrisse allora a Enrico II consigliando di trattare Filippo nel miglior modo possibile sia «pour la qualité dont il est» sia perché, così facendo, avrebbe spinto «tousjours ceux de ce pais a s’affectioner au service de Sa Majesté» (Brissac al re, maggio 1551, in Negociation de Monsieur le marechal de Brissac, in Archivio di Stato di Torino, Corte, Biblioteca antica, Jb.III.12, cc. 199-201). Tornato in Piemonte, la morte di Anton Ludovico, pochi mesi dopo, ne fece il capo indiscusso della nobiltà piemontese.

Quando, con la pace di San Quintino, Emanuele Filiberto recuperò i suoi Stati, era consapevole di dover trovare un accordo con Filippo. Nel 1559 volle che questi e suo fratello Claudio lo accompagnassero a Parigi per assistere al suo matrimonio con Margherita di Valois e poi, rifondando la corte, chiamò entrambi i fratelli a farne parte: a Claudio affidò l’importante carica di sommellier du corps, ponendolo alla guida della camera; nominò Filippo, invece, gentiluomo di camera, formalmente sotto il comando del fratello minore. Nello stesso tempo chiamò i due nel Consiglio di Stato. Qui Filippo ebbe presto occasione di mettere in mostra le sue doti politiche. Nel giugno del 1560 il duca lo delegò, insieme al conte Giorgio Costa della Trinità (suo cognato, in quanto fratello della moglie Paola Costa), a trattare con l’assemblea degli Stati, convocata, non a caso, a Racconigi. L’azione di Filippo fu fondamentale per convincere la nobiltà ad aderire alle richieste ducali, separandola dagli altri ceti, e così favorire la politica del duca, che da allora non convocò più l’assemblea.

Fu durante l’assenza del marito che Paola Costa, nel giugno del 1560, dovette fingersi la duchessa Margherita per accontentare le pretese del pirata turco Uluch-Alì, che da tempo infestava le coste della contea di Nizza e che aveva catturato alcuni nobili sabaudi: un episodio spesso riferito a Maria de Gondi, che però all’epoca non era ancora alla corte sabauda e che vide protagonista, invece, la Costa.

Fu probabilmente per l’abilità mostrata nelle trattative con gli Stati generali, che nel 1561 Filippo fu scelto dal duca per trattare con i valdesi, che si erano posti in conflitto per difendere la loro libertà religiosa. Filippo ebbe un ruolo fondamentale nella stipula, il 5 giugno 1561, della Convenzione di Cavour, destinata a restare per quasi tre secoli la base giuridica dei diritti religiosi dei valdesi. Con essa, infatti, il duca riconosceva alla comunità riformata la libertà di culto all’interno delle loro valli. L’accordo suscitò le proteste del papa e degli ambienti cattolici, che ne imputarono la responsabilità a Filippo. Quest’ultimo per qualche tempo si autoesiliò dalla corte, ma non perse l’appoggio del duca che, anzi, provvide anche a sistemare la vertenza che da tempo opponeva Filippo e Claudio. Con un atto del 13 settembre 1562, infatti, il duca divise equamente fra loro il patrimonio di famiglia: Racconigi e Migliabruna a Filippo; Cavour e Osasco a Claudio; Pancalieri divisa a metà (inoltre diede a Claudio il feudo di Caselle).

Rientrato a corte, gli fu assegnato un palazzo vicino a quello del duca: prova del rango da lui detenuto nella nuova mappa del potere sabaudo. Il 14 agosto 1568, poi, fu chiamato a fare parte del ricostituito Ordine dell’Annunziata. Negli anni Settanta il duca affidò a Filippo numerosi compiti politici e amministrativi (nel 1571, per esempio, lo chiamò a far parte del magistrato delle Biade, istituito per far fronte all’approvvigionamento dei grani). Il 29 gennaio 1581 ottenne da Carlo Emanuele I, da poco salito al trono, il riconoscimento del suo rango di principe del sangue con diritto di succedere al trono in caso di estinzione delle altre linee dinastiche (cfr. Recueil général des pièces touchant l’affaire des princes légitimes et légitimez, I-IV, Rotterdam 1717, III, pp. 225 s., IV, pp. 316 s., 432-441).

Morì nel settembre del 1581, lasciando erede il figlio Bernardino.

Dal matrimonio con la Costa erano nati dieci figli, cinque maschi e cinque femmine. Oltre a Bernardino, degli altri quattro figli il più celebre fu certo Francesco (morto nel 1571) che, dopo esser stato paggio del re di Spagna Filippo II, proseguì la carriera militare, morendo per le ferite riportate nella battaglia di Lepanto. Le figlie sposarono esponenti della nobiltà sabauda: Ottavia il conte Francesco Provana di Beinette; Violante il conte Henry Nicolas de Cremieu (e non Octave Henry, come scrive Guichenon: cfr. C. Le Laboureur, Les Mazures de L’Abbaye Royale de L’Isle-Barbe, II, Paris 1681, p. 369); Bona il conte Claudio di Challant; Luisa il conte Luigi Isnardi di Sanfrè; Claudia il marchese Besso Ferrero Fieschi di Masserano. Una figlia naturale, Veronica, nata da una relazione con una dama dei signori Nucetto di Cavallerleone, sposò nel 1581 il barone Clemente Vivalda, presidente del Senato di Torino.

Fonti e Bibl.: S. Guichenon, Histoire généalogique de la Maison de Savoie, Lyon 1660, pp. 677, 679-681, 689, 706; J.C. Bruslé de Montpleinchamp, L’histoire d’Emanuel Philibert duc de Savoie gouverneur general des Pais-Bas, Amsterdam 1693, p. 158; V.A. Cigna Santi, Serie cronologica de’ cavalieri dell’Ordine supremo di Savoia detto prima del Collare indi della Santissima Nunziata, Torino 1786, p. 70, n. XCVII; G. Vernazza, Vita di Giambattista di Savoia, in Mémoires de l’Académie impériale des sciences, littérature et beaux-arts de Turin pour les années 1811-12, Littérature et beaux arts, Turin 1813, pp. 460 s.; A.M. Berio, Per una storia dei Savoia-Racconigi, in Bollettino storico-bibliografico subalpino, XLII (1940), pp. 60-107; R. De Simone, Tre anni decisivi di storia valdese. Missioni, repressioni e tolleranza nelle valli piemontesi dal 1559 al 1561, Roma 1958; A. Pascal, Fonti e documenti per la storia della campagna militare contro i valdesi negli anni 1560-61, in Bollettino della Società storica valdese, 1961, n. 110, pp. 51-126; T. Pons, Sulla pace di Cavour del 1561 e sui suoi storici, ibid., pp. 127-155; A. Mainardi, La famiglia dei Savoia-Racconigi, in Bollettino della Società per gli studi storici, archeologici ed artistici della provincia di Cuneo, LVII (1985), pp. 171-189; P. Merlin, Emanuele Filiberto. Un principe tra il Piemonte e l’Europa, Torino 1995, pp. 89 s., 129, 134, 155, 161, 241-245, 249, 297; Id., Torino durante l’occupazione francese, in Storia di Torino, III, Dalla dominazione francese alla ricomposizione dello Stato (1536-1630), a cura di G. Ricuperati, Torino 1998, pp. 15 s., 39, 49; A. Merlotti, Disciplinamento e contrattazione. Dinastia, nobiltà e corte nel Piemonte sabaudo da Carlo II alla Guerra civile, in L’affermarsi della corte sabauda. Dinastie, poteri, élites in Piemonte e Savoia fra tardo medioevo e prima età moderna, a cura di L.C. Gentile - P. Bianchi, Torino 2006, pp. 238-249.

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