Saturno (lat. Saturnus)
Antico dio latino. La sua arcaicità è attestata dall’essere ricordato nel Carmen saliare e nel calendario numano, che ne stabilisce la festa al 17 dicembre. Il suo nome era accostato dagli antichi a satus, part. pass. di serere «seminare»
La figura di S. non trovò diffusione fuori di
I Saturnali erano le feste, di carattere popolare, che si celebravano in onore di S. dal 17 dicembre (per 3 giorni al tempo di Augusto, poi aumentati). Durante i Saturnali, che si aprivano con una cerimonia religiosa e continuavano in modo sfrenato e orgiastico, era consuetudine scambiarsi doni augurali, abolire le distanze sociali e considerare sospese alcune leggi e norme.
Il secondo, per dimensioni, dei pianeti principali del
È noto fin dall’antichità, essendo (insieme a Mercurio,
2. L’esplorazione con sonde spaziali
S. è stato visitato per la prima volta nel 1979 dalla sonda
3. Composizione chimica e struttura interna
S. ha una composizione chimica simile a quella di Giove: entrambi i pianeti consistono prevalentemente di idrogeno, come indicato dal fatto che i loro punti rappresentativi nel diagramma massa-densità (➔ pianeta) cadono assai vicini alla curva che corrisponde a una composizione di puro idrogeno. Dopo l’idrogeno, l’elemento più abbondante su S., come su Giove, è l’elio. Nell’atmosfera, questo elemento è contenuto in percentuali relativamente piccole (∼7%): si pensa però che esso si concentri soprattutto negli strati interni, sicché la sua abbondanza complessiva si avvicinerebbe a quella solare (∼25%). Per quanto riguarda gli altri elementi (ossigeno, carbonio, silicio ecc.), le loro abbondanze sarebbero lievemente maggiori di quelle del Sole, che possiede ∼2% di elementi pesanti.
La struttura di S. (fig. 1) non sarebbe sostanzialmente diversa da quella di Giove, salvo una più completa differenziazione degli strati più interni. Al centro del pianeta, dove probabilmente si raggiungono temperature di ∼15.000 K, vi sarebbe un nucleo roccioso di silicati e metalli, circondato da un guscio di materiali ghiacciati (H2O, NH3 e CH4). Intorno a questo nucleo solido, avente un raggio di 10.000 o 15.000 km, si estenderebbe un mantello di idrogeno liquido nel quale si distinguerebbero, come su Giove, due strati: uno interno di idrogeno metallico, cioè idrogeno ionizzato, e uno esterno di idrogeno molecolare. Al di sopra dell’oceano di idrogeno liquido si estende l’atmosfera: tuttavia, il passaggio dalla fase liquida a quella gassosa avviene gradualmente, senza un confine netto.
4. Sorgenti interne di energia
S., come Giove, irraggia, sotto forma di radiazione infrarossa, circa il doppio dell’energia che riceve dal Sole. Si pensa che anche questo pianeta sia riscaldato da una conversione di energia gravitazionale in energia termica, ma i processi che si invocano sono diversi da quelli in atto in Giove. S., infatti, avendo una massa relativamente piccola, ha certamente già disperso il calore immagazzinato all’epoca della sua formazione; oggi, d’altra parte, non può contrarsi ancora apprezzabilmente. Si pensa allora che il meccanismo di riscaldamento dominante sia la ‘caduta’ dell’elio, contenuto nel mantello liquido, verso il nucleo: questo elemento si separerebbe lentamente dall’idrogeno, in cui è disciolto e, a causa della sua maggiore densità, precipiterebbe, liberando energia gravitazionale. Ciò spiegherebbe anche la scarsezza di elio nell’atmosfera del pianeta. Tale processo, d’altra parte, non si verificherebbe su Giove dove, data la temperatura più elevata del mantello, l’elio rimarrebbe disciolto nell’idrogeno.
L’atmosfera di S., ancor più di quella di Giove, è costituita soprattutto da idrogeno: infatti, come già detto, l’elio (il secondo elemento in ordine di abbondanza) rappresenta soltanto il 7% della sua massa. Gli altri elementi, come il carbonio e l’azoto, non si trovano allo
L’atmosfera di S., come quella di Giove, ha una struttura a bande, alternativamente chiare e scure. Queste bande, tuttavia, hanno colorazioni meno intense delle zone e delle fasce di Giove e presentano un minore contrasto di luminosità. La superficie visibile del pianeta consiste di nubi, le cui caratteristiche variano con la quota (fig. 2). Le nuvole più alte, bianche, consistono quasi certamente di cristalli di ammoniaca. Più incerta è la natura delle nuvole più basse, di colore giallo-bruno: in esse, come nelle loro omologhe gioviane, si ipotizza la presenza di composti dello zolfo (forse l’idrosolfuro di ammonio, NH4HS) e del fosforo. A quote ancora inferiori, dovrebbero formarsi nubi di acqua: anche se esse non sono state osservate, si invoca la loro presenza per spiegare la mancanza di vapor acqueo negli strati sovrastanti dell’atmosfera. Un’altra caratteristica saliente, che accomuna l’atmosfera di S. a quella di Giove, è l’esistenza di grandi ovali, assai stabili, variamente colorati. Fra i più notevoli, le tre macchie brune, situate a 42° di latitudine nord, e Anna, a 55° di latitudine sud. Quest’ultima macchia assomiglia alla grande macchia rossa di Giove, anche se ha dimensioni minori (è lunga ∼6000 km). Ripresi da distanza ravvicinata, gli ovali rivelano la loro natura di vortici atmosferici. Se per es. la struttura vorticosa si trova nell’emisfero settentrionale del pianeta, la rotazione oraria rivela che si tratta di un’area anticiclonica (cioè di alta pressione).
6. Magnetismo ed emissione radio
S. possiede un campo magnetico approssimativamente dipolare, il cui momento è ∼550 MT, dove MT = 8∙1025 unità elettromagnetiche è il momento del dipolo terrestre. Date le grandi dimensioni del pianeta, il campo magnetico alla sommità delle nubi ha un’intensità di ∼0,2 oersted, un valore un po’ minore di quello che il campo geomagnetico ha all’equatore (∼0,3 oersted). L’asse del dipolo magnetico è quasi esattamente parallelo all’asse di rotazione, una configurazione unica nel Sistema solare e che è in contrasto con le aspettative delle teorie dell’origine del magnetismo planetario. Il campo magnetico di S. è, inoltre, rovesciato rispetto a quello terrestre: il polo nord e il polo sud magnetici coincidono con i corrispondenti poli geografici, mentre sulla Terra si verifica l’opposto.
Di S. si conoscono oltre 50 satelliti. I cinque maggiori, aventi diametri di oltre 1000 km, furono scoperti nel 17° sec. da
Gli anelli di S. furono osservati per la prima volta nel 1610 da Galileo, che tuttavia, a causa del modesto ingrandimento del cannocchiale di cui disponeva, li confuse con dei satelliti. Fu C. Huygens, nel 1656, a riconoscere che il pianeta era circondato da un anello. Le osservazioni telescopiche successive rivelarono che si trattava, in realtà, di un sistema di anelli: nel 1675, G.D. Cassini distinse due anelli (denominati A e B), separati da uno spazio vuoto (divisione di Cassini); nel 1837 J.F. Encke scoprì, all’interno dell’anello A, un altro spazio vuoto (divisione di Encke); nel 1850, W. Bond identificò l’anello C, più interno. Già Cassini, nel 1705, aveva ipotizzato che gli anelli non fossero corpi compatti, ma consistessero di una moltitudine di piccoli oggetti: ciò, tuttavia, fu definitivamente accertato soltanto nel 1895 da J. Keeler. All’inizio degli anni 1970, grazie allo sviluppo delle astronomie fuori del visibile, si cominciò a chiarire la natura delle particelle degli anelli: l’osservazione della loro emissione termica, alle lunghezze d’onda infrarosse, rivelò che erano costituite soprattutto da ghiaccio d’acqua, mentre l’analisi degli echi radar (➔ radarastronomia) indicò che, almeno in larga parte, dovevano avere dimensioni maggiori di 1 cm. Informazioni assai più dettagliate sono state ottenute analizzando le fotografie e gli altri dati raccolti dalle sonde spaziali. È risultato, fra l’altro, che il sistema di anelli è assai più complesso di quanto appaia da Terra. La fig. 3 mostra schematicamente la struttura degli anelli A, B e C, evidenziando le lacune più notevoli (oltre alla divisione di Cassini e alla divisione di Encke già nominate, quelle dette di Huygens, di Maxwell e di Keeler): occorre tuttavia tener presente che gli anelli si risolvono, a loro volta, in migliaia di sottili anellini (ring;lets) e che le divisioni non sono, in generale, veri e propri vuoti, ma piuttosto fasce in cui le particelle si diradano. Sono stati anche scoperti altri anelli, assai rarefatti, sia all’interno sia all’esterno dei tre principali: l’anello D, che si estende dai limiti dell’atmosfera di S. fino all’anello C, e gli anelli F, G ed E, che si trovano oltre il bordo esterno dell’anello A. Un anello più grande è stato scoperto nel 2009, ampio fino a 12 milioni di km circa dal pianeta e con un’orbita inclinata di 27° rispetto agli altri anelli.