GATTI, Saturnino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 52 (1999)

GATTI, Saturnino

Roberto Cannatà

Figlio di Giovanni, nacque a San Vittorino (L'Aquila) con ogni probabilità nel 1463, poiché nel censimento aquilano del 1508 risulta avere quarantacinque anni (Chini, 1927, p. 83).

Sulla scia dell'Antinori (ibid., p. 87), altri studiosi, in particolare Bindi (p. 132) e Serra (p. 99), ritennero San Vittorino il paese natio dell'artista. Chini in un primo tempo (1913, p. 34) ipotizzò la nascita del G. a L'Aquila dal momento che il padre, Giovanni Gatti da San Vittorino, aveva formato nel 1462 a L'Aquila una società con Nardo di Cione da Collebrincione per esercitare l'arte della macelleria. Tale opinione fu successivamente smentita dallo stesso Chini (1954, p. 222). E del resto in ben tre documenti aquilani il G. appare registrato con la semplice denominazione "de Sancto Victorino", senza cioè l'interposizione del patronimico tra il suo nome e la località d'origine (Mannetti, p. 36).

A quattordici anni, il 4 maggio 1477 il G. presenziò a un atto notarile stipulato fra lo scultore e pittore Silvestro di Giacomo da Sulmona (Silvestro dell'Aquila) e gli esecutori testamentari del cardinale Amico Agnifili, al cui monumento sepolcrale, terminato nel 1480, sarà impegnato lo stesso Silvestro. È probabile che il G. abbia compiuto i primi passi artistici proprio con questo artista, scultore e pittore.

La prima notizia sull'attività del G. risale al marzo del 1488 quando s'impegnò a dipingere per Pier Benedetto di Pietro da Pizzoli una cappella nella chiesa di S. Domenico a L'Aquila. L'anno dopo, il 23 maggio 1489, ricevette un acconto di 45 fiorini da Domenico di Antonio Paoluccio per dipinti da eseguirsi nella chiesa di S. Panfilo a Tornimparte. Il relativo contratto di allogazione venne registrato il 1° maggio 1490. Nel luglio dello stesso anno, insieme con il socio Giovanni Antonio di Percossa da Rocca di Corno, con il quale aveva già collaborato nella chiesa di S. Spirito alla badia sulmonese, accettò di dipingere affreschi nel convento dei celestini di S. Caterina a Terranova di Calabria (probabilmente l'odierna Terranova Sappo Minulio). In un atto del 15 febbr. 1494, assente il G., venne rilasciata a Giovan Antonio di Giordano da Norcia la quietanza del pagamento finale per le pitture fatte dall'artista insieme con i suoi soci, nella chiesa di S. Maria della Plebe dove aveva dipinto nella cappella del presepio e aveva eseguito la "cona magna de panno lineo" (Petrini) sopra l'altare maggiore. In questo stesso periodo il G. condusse a termine gli affreschi per la tribuna della chiesa di S. Panfilo a Villa Grande di Tornimparte: in un atto datato 15 febbr. 1495, presente il G., gli artisti Silvestro di Giacomo da Sulmona e Sebastiano di Cola da Casentino vengono scelti per valutare l'opera. Allogati all'artista nel 1491, gli affreschi di Tornimparte costituiscono la sua prima opera certa conservata sino ai giorni nostri: nella volta è raffigurato l'Eterno in gloria e sulle pareti la Cattura, la Flagellazione, la Deposizione e la Resurrezione di Cristo. I colori sono intensi, le forme ampie, definite con segno preciso e ritmicamente arrovellato, i panneggi esuberanti, le fisionomie acutamente caratterizzate.

Un'antica tradizione ha ritenuto che il G. si fosse formato alla scuola del Perugino (Leosini, p. 60). La critica successiva ha in parte confermato questa ipotesi, sottolineando la complessità della sua cultura orientata verso l'Umbria (Perugino giovane, Fiorenzo di Lorenzo e Pier Matteo d'Amelia), Roma (Antoniazzo Romano e Melozzo da Forlì), e l'arte verrocchiesca (Bologna, 1950) trapassata nell'opera del G. attraverso modelli umbri ma anche abruzzesi. Si sono menzionati a tal proposito oltre alle opere giovanili del Perugino anche il tabernacolo (1483) di S. Maria di Monteluce a Perugia di Francesco di Simone Ferrucci. Ma sinora poco o nulla si è detto sugli esempi verrocchieschi abruzzesi rilevabili nelle opere di Silvestro di Giacomo da Sulmona e di Giovanni di Biasuccio, senza trascurare che a L'Aquila erano attivi artisti fiorentini come quel "Franciscus Trugii de Florentia" nel 1480 socio del G. per lavori di scultura (Chini, 1954, pp. 140, 177).

A questo primo periodo di attività dell'artista è stata riferita una Madonna col Bambino, su tavola, già a Spoleto in palazzo Marignoli (Cannatà, Esordio giovanile…, p. 72). Nel 1498 il G. è documentato a L'Aquila dove eseguì pitture in occasione dei funerali del duca di Amalfi. Per il confronto con gli affreschi di S. Panfilo, è stata assegnata al G. la tavola, conservata nel convento di S. Giuliano presso L'Aquila, con Frate Vincenzo de L'Aquila, morto in concetto di santità il 7 ag. 1504: tale data costituirebbe il termine post quem per la cronologia dell'opera (Antonini). Ai primi anni del Cinquecento è stata ricondotta (Leosini, p. 100) la tavola con la Madonna con il Bambino e due angeli, proveniente dalla cappella della torre nel palazzo del Comune dell'Aquila (ora nel Museo nazionale), nella quale la solennità della composizione viene stemperata da una certa delicatezza di radice umbra. L'iconografia della Madonna con il Bambino appare inoltre simile a quella dell'affresco attribuito a Giovanni Antonio di Percossa da Rocca di Corno, proveniente da S. Maria ad Civitatem (L'Aquila, Museo nazionale, depositi).

Per quanto riguarda l'attività di scultore del G., è stata assegnata all'artista una statua in terracotta raffigurante S. Antonio abate conservata nell'omonima chiesa di Cornillo Nuovo, nei pressi di Amatrice: benché situata in una nicchia con affreschi datati 1511, l'opera sembra anteriore, ricordando in parte l'Eterno benedicente nella volta della tribuna di S. Panfilo a Tornimparte. Nella medesima chiesa è stata attribuita al G. una Madonna in terracotta (Mortari).

Databile al primo decennio del Cinquecento è l'affresco posto all'inizio della navata nella chiesa di S. Maria Assunta di Assergi, alle pendici del Gran Sasso, con i Ss. Antonio da Padova, Biagio, Antonio abate e, nella lunetta superiore, la Madonna che allatta il Bambino. In esso il ritmo lineare e volumetrico sembra allentarsi per far posto a un senso devozionale più scoperto, forse per influsso delle correnti umbro-pinturicchiesche. Nel novembre 1509 il G. promise di dipingere una tavola per la cappella della Confraternita del Rosario in S. Domenico a L'Aquila, secondo il modello e il disegno già realizzati dal defunto Giovanni Antonio di Percossa da Rocca di Corno. Il 18 luglio 1511 il G. si impegnò a terminare l'opera.

Nel dipinto raffigurante la Madonna del Rosario con angeli e devoti (L'Aquila, Museo nazionale), la figura della Madonna, ricorda, sebbene solo in parte, quella già nel palazzo Comunale, mentre le figure genuflesse dei committenti e gli angeli rammentano alcuni personaggi degli affreschi di Tornimparte, rispetto ai quali sembra evidenziarsi un gusto più marcato per la semplificazione formale.

Stando ai documenti noti, nell'ultimo periodo di attività del G. sembrano aumentare gli incarichi per l'esecuzione di sculture. Nel 1512 stabilì di realizzare due statue in terracotta, raffiguranti S. Antonio abate e una Madonna che allatta il Bambino, da racchiudere in un tabernacolo dipinto, per la chiesa di S. Maria del Ponte presso Tione. Di queste si è conservato il S. Antonio abate custodito nel Museo nazionale aquilano che attesta l'ormai avvenuto allentamento della tensione dei contorni e della forma plastica a favore di una più calma e distesa presentazione dell'immagine devota. Di altre sculture del G. si hanno solo notizie documentarie.

Notizie su alcune Madonne in terracotta modellate dal G. a l'Aquila per S. Maria di Collemaggio, S. Bernardino e per la zona di Navelli, si ricavano dall'Antinori (in Chini, 1927, p. 91). Nel febbraio 1517 si impegnò con i rappresentanti della Confraternita di S. Sebastiano a L'Aquila a scolpire in legno un S. Sebastianoincoronato da due angeli che poi non venne eseguito a causa della morte dell'artista. Il 22 marzo 1518 stabilì con i canonici della cattedrale di Ascoli, presente Cola dell'Amatrice, di eseguire la Pietà con i ss. Giovanni e Maddalena in terracotta, ma quest'opera restò incompiuta (Fabiani, pp. 125 s.).

Il G. si sposò nel 1492 con Faustina di maestro Bernardino Sfrajo di Paganica, dalla quale ebbe cinque figli. Ignota è la sua data di morte che dovette avvenire, con ogni probabilità, nel 1518, come segnala l'Antinori nei suoi Annali (in Chini, 1927, p. 91), e comunque prima del 25 giugno 1519, giorno in cui il G. risulta già morto (Fabiani, p. 204).

Fonti e Bibl.: A. Leosini, Monumenti storici artistici della città di Aquila e suoi contorni, Aquila 1848, pp. 59-61, 100; V. Bindi, Artisti abruzzesi… Notizie e documenti, Napoli 1883, pp. 132-134; M. Chini, Pittori aquilani del '400, in Rassegna d'arte degli Abruzzi e del Molise, II (1913), pp. 9-14, 34-37, 63-71; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, VII, 2, Milano 1913, pp. 294-296; M. Chini, Documenti relativi ai pittori che operarono in Aquila fra il 1450 e il 1550 circa, in Bullettino della R. Deputazione abruzese di storia patria, s. 3, XVIII (1927), pp. 60-91; L. Serra, Aquila, Bergamo 1929, pp. 85, 99-102; R. Van Marle, The development of the Italian schools of painting, XV, The Hague 1934, pp. 219-221; F. Bologna, S. G.: un'opera, in Paragone, I (1950), 5, pp. 60-63; G. Fabiani, Cola dell'Amatrice secondo i documenti ascolani, Ascoli Piceno 1952, pp. 124-126, 204 s.; M. Chini, Silvestro Aquilano, L'Aquila 1954, pp. 140, 177, 222-225, 234-246; R. Buscaroli, Melozzo e il melozzismo, Bologna 1955, pp. 152-155; A. Massimi, Amatrice e le sue ville, Amatrice 1958, p. 144; G. Matthiae, Il castello dell'Aquila ed il Museo nazionale abruzzese, Roma 1959, pp. 21 s.; S. Petrini, S. G. a Norcia, estratto dal Bollettino diocesano di Norcia, VI (1961), pp. 3-7; M. Moretti, Museo nazionale d'Abruzzo, L'Aquila 1968, pp. 94 s.; L. Mortari, in Restauri 1970-71, Roma 1972, p. 68; C. Verani, Rieti ed il suo territorio, Milano 1976, pp. 275 n. 29, 295; F. Bologna, Napoli e le rotte mediterranee della pittura. Da Alfonso il Magnanimo a Ferdinando il Cattolico, Napoli 1977, p. 213 n. 17; R. Cannatà, Francesco da Montereale e la pittura a L'Aquila dalla fine del '400 alla prima metà del '500. Una proposta per il recupero e la conservazione, in Storia dell'arte, 1981, n. 41, pp. 59-71; Id., Esordio giovanile in Sabina di Cola dell'Amatrice, in Aspetti dell'arte del Quattrocento a Rieti (catal., Rieti 1981), Roma 1981, pp. 70-72; O. Lehmann-Brockhaus, Abruzzen und Molise, München 1983, pp. 369, 397 s., 402, 409; A. Angelini, in Domenico Ghirlandaio. Restauro e storia di un dipinto, Figline Valdarno 1983, p. 8; R. Torlontano, La pittura in Abruzzo nel Quattrocento, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, Milano 1987, II, pp. 445, 633 s.; T.R. Mannetti, in S. G. nella chiesa di S. Panfilo a Tornimparte, a cura di T.R. Mannetti - N. Chelli - G. Vecchioli, L'Aquila 1992, pp. 11-36; O. Antonini, Architettura religiosa aquilana, II, L'Aquila 1993, p. 75; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 253; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori… italiani, V, pp. 301 s.

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