SATELLITE ARTIFICIALE

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

SATELLITE ARTIFICIALE

Gaspare SANTANGELO

. In senso lato s. a. è ogni massa materiale posta, per opera dell'uomo, in un'orbita attorno a un corpo celeste; vi sono quindi s. a. del Sole, che è piùtproprio chiamare pianeti artificiali, s. a. dei pianeti (attualmente solo della Terra) e s. a. dei s. celesti (previsti, per es., per la Luna). Con significato più lato e più generale, precisandone di volta in volta le caratteristiche, s. a. è ogni massa materiale che, lanciata dall'uomo, descrive una qualsiasi orbita per effetto della attrazione newtoniana di uno o più corpi celesti. Durante la fase della messa in orbita o di cambiamento delle caratteristiche di un'orbita, determinati archi della traiettoria descritta dal veicolo spaziale vengono percorsi per effetto della risultante della forza di attrazione e delle forze sviluppate dalla reazione dei getti dei razzi; è invalso l'uso di chiamare questi "archi" attivi in contrapposizione a passivi per quelli descritti per effetto delle sole forze di attrazione. Lungo archi della traiettoria passiva possono agire inoltre sul veicolo coppie dovute a getti, per variarne l'orientamento spaziale senza influire con ciò sul moto del centro di massa. I primi s. sono stati posti in orbita in relazione ai programmi di ricerca scientifica dell'Anno geofisico internazionale.

Il 4 ottobre 1957, giorno dell'immissione in orbita del primo s. a. della Terra da parte dell'URSS, segna per l'umanità l'inizio dell'era cosmica; il primo pianetino artificiale è stato posto in orbita dall'URSS il 2 gennaio 1959; da allora, la messa in orbita di s. artificiali è proseguita, come risulta dalla tabella, ad opera degli S. U. A. e, in numero minore, dell'URSS. Esempî di orbite più complesse sono state: quella Terra-Luna (URSS, lancio del 12 settembre 1959); quella comprendente la Terra e la Luna (URSS, lancio del 4 ottobre 1959; ripresa fotografica dell'altra faccia della Luna); quella del veicolo spaziale che passerà a 100.000 km da Venere (URSS, lancio del 12 febbraio 1961).

Immissioni di importanza fondamentale sono state quelle del 12 aprile 1961 quando la nave-satellite sovietica Vostok I è stata posta in un'orbita terrestre con a bordo il primo astronauta, il maggiore Juri Gagarin, e felicemente recuperata dopo una rivoluzione attorno alla Terra, e quella del 6 agosto 1961 con a bordo il maggiore Gherman Titov, rientrato dopo 17 rivoluzioni (v. anche navigazione spaziale, in questa Appendice).

Per quanto rilevante possa essere alla scala umana la massa di un s. a., essa sarà, in ogni caso, assai piccola rispetto alla massa di un asteroide, del tutto trascurabile rispetto alla massa del Sole, della Terra, dei Pianeti, della Luna. Ne segue che le accelerazioni indotte sui corpi celesti da un s. a. sono del tutto trascurabili. Un s. a. in concreto non induce perturbazioni sul moto dei corpi celesti che invece condizionano la sua orbita passiva; questa constatazione semplifica in maniera poderosa il calcolo di una qualsiasi orbita che comunque rimane, nel caso più generale, assai complicato ed effettuabile rapidamente solo a mezzo d'apposite macchine calcolatrici elettroniche.

Una piccola massa nelle vicinanze di un dato corpo celeste risente praticamente l'attrazione di questo. Esiste sempre però l'attrazione degli altri corpi celesti (per la Terra praticamente della Luna e del Sole) variabile da punto a punto rispetto a quella corrispondente al centro del dato corpo celeste; effetto ben noto di questa variabile differenza sono le maree. Se si trascura questo "effetto marea" che si esercita anche sui s., e ci si riduce a considerare soltanto una massa molto grande (corpo celeste) ad una molto piccola (s. a.), il moto della massa piccola rispetto al centro della massa molto grande obbedisce, per le orbite chiuse, alle leggi di Keplero, che rappresentano quindi un aspetto limite e ristretto del problema generale noto in meccanica celeste come "problema dei due corpi". Se il s. è lontano dal corpo celeste "l'effetto marea" cresce e il problema della definizione dell'orbita diviene complesso anche volendo tenere conto dell'attrazione di due soli corpi celesti (problema detto "dei tre corpi"; per es. Terra, Luna, s.); non è più possibile la definizione di leggi generali, uniformi e relativamente semplici come quelle di Keplero data la grande varietà delle condizioni iniziali (coordinate e velocità) del moto della massa rispetto ai due corpi celesti di mole rilevante. Per i s. che si muovono a distanze dell'ordine anche di diversi raggi del corpo celeste, "l'effetto marea" proveniente dal Sole e dagli altri corpi celesti con buona approssimazione si può trascurare.

Supposto il s. a distanza tale da risentire l'attrazione di un solo corpo celeste, supposto sferico ed omogeneo (oppure a strati concentrici sferici omogenei), la teoria delle orbite mostra che il s. descrive una conica con uno dei fuochi nel centro del corpo celeste. Le orbite chiuse sono ellissi, in particolari circonferenze; quelle aperte parabole o uno dei due rami di iperboli. A notevole distanza dal corpo celeste le orbite, come già detto, si allontanano sempre più dalla forma di una conica per il prevalere dell'attrazione del Sole e degli altri corpi celesti. Il piano dell'orbita, passante per il centro del corpo celeste, può essere comunque orientato rispetto ad un prescelto riferimento spaziale. La traiettoria risultante del moto del s. rispetto al Sole risulta dalla composizione del moto proprio e di quello del corpo celeste.

Supponiamo di considerare (fig. 1) un s. nel punto P, a distanza H dalla superficie del corpo celeste di raggio R; la velocità V in atto, per semplificazione, è supposta perpendicolare alla direzione radiale OP. Se questa velocità è inferiore a un certo valore Vc (funzione della quota H, del raggio R e della densità del corpo celeste) l'orbita è ellittica con apogeo in P; l'ellisse può incontrare la superficie del corpo celeste (a) oppure no (b); in ogni caso la velocità lungo l'orbita è maggiore di quella all'apogeo. Se la velocità ha il valore definito Vc la traiettoria (c) diviene circolare ed è percorsa con velocità costante; la Vc è detta velocità circolare; questa velocità circolare per s. idealmente a quota zero è detta prima velocità astronautica (relativa al dato corpo celeste). Se la velocità è maggiore della velocità circolare l'orbita ritorna ad essere ellittica ed il punto P da apogeo diventa perigeo; l'orbita (d) viene percorsa con velocità minore di quella del perigeo. Al crescere di V si arriva ad un valore Ve cui corrisponde l'unica orbita parabolica possibile (e); questa velocità è detta velocità parabolica; se il punto P idealmente è a quota zero questa velocità è detta anche seconda velocità astronautica o anche velocità di fuga, di liberazione o di evasione, per significare che la massa dotata di questa velocità allontanandosi si dissocierà per sempre dal corpo celeste se non interverranno altre forze oltre quelle di attrazione. In ogni caso e per qualunque quota,

Se la velocità è superiore, l'orbita (f) diviene iperbolica e la massa si allontanerà più rapidamente. Non sembra superfluo fare rilevare che le precedenti velocità sono relative al corpo celeste.

Le traiettorie paraboliche e iperboliche a distanza dal corpo celeste si modificano per effetto dell'attrazione degli altri corpi celesti; per es. una massa lanciata in adeguata direzione con velocità parabolica o anche leggermente minore si sottrae all'attrazione della Terra diventando un pianetino artificiale; anche con velocità superiori alla parabolica, la massa si trasforma in pianetino artificiale; se le velocità superano certi valori è possibile il trasferimento da un pianeta all'altro. La massa può anche evadere dal sistema solare a partire da certi valori; per es. lanciando dalla Terra in direzione contraria al Sole una massa con velocità sui 16,2 km/sec questa si allontanerà indefinitamente vincendo l'attrazione risultante dal sole e dalla Terra, a patto di scansare altri pianeti. Questa velocità è detta terza velocità astronautica (per la Terra); la massa uscita dal sistema planetario, sarà captata da altri sistemi della Galassia.

Per semplicità di esposizione si è supposta nel punto P la direzione della velocità normale alla direzione OP, ma si potrebbe considerare la velocità comunque orientata; l'orbita resterebbe sempre definita. Se si indica con M la massa del corpo celeste, con m la massa del s. a., con r la distanza in atto tra i centri delle due masse (raggio vettore), con a il semiasse maggiore della conica (pari alla media aritmetica delle distanze del perigeo e dell'apogeo), si trova subito (in base al teorema dell'energia, supposto nullo l'effetto marea)

con k costante dell'attrazione newtoniana; se m è trascurabile rispetto M, come per i satelliti artificiali,

Per orbita circolare (r = a),

L'attrazione newtoniana h che il satellite risente alla distanza H dalla superficie del corpo celeste (supposto sferico ed omogeneo oppure a strati sferici concentrici omogenei) è

Il valore h0 dell'attrazione alla superficie, poiché

è

con ρ densità media del corpo celeste. Si può quindi scrivere

La velocità circolare si può ottenere direttamente uguagliando l'accelerazione centripeta

all'attrazione h; si trova

La velocità circolare a quota zero

è la prima velocità astronautica. Adimensionalmente si può scrivere:

Per portare il s. dalla superficie del corpo celeste alla quota H è necessario vincere la forza di attrazione che varia secondo la [1]; se si suppone di conferire alla data massa una conveniente energia cinetica a quota zero, la velocità iniziale VH necessaria per arrivare alla quota H è data dalla:

La velocità

è la seconda velocità astronautica; adimensionalmente si ha:

L'energia del s. (rispetto al corpo celeste) è somma di quella cinetica (per la velocità sull'orbita) e di quella necessaria per portarlo alla quota H (energia potenziale). Questa energia può pensarsi comunicata tutta come energia cinetica all'atto della partenza; la velocità corrispondente è:

adimensionalmente

L'energia che il missile vettore deve sviluppare per la messa in orbita è ovviamente maggiore per vincere la resistenza atmosferica e per compensare le cosidette perdite per gravità (v. missili, in questa App.). Inoltre la velocità va conferita gradualmente e in strati rarefatti si può arrivare alle velocità elevate. Se poi si vuole portare il s. dall'orbita circolare (che percorre con velocità Ve alla quota H) all'infinito è necessario imprimergli la velocità Ve (velocità di evasione per la quota H); adimensionalmente:

Cioè basta accrescere la velocità circolare di

per l'evasione dal campo di attrazione.

Il periodo sidereo, cioè il tempo di rivoluzione, per l'orbita circolare è dato dalla:

poiché

è il periodo per quota zero, si può scrivere adimensionalmente

Il periodo dipende quindi, per dato H/R, esclusivamente dalla densità media del corpo celeste. Le funzioni [1], [2], [3], [4], [5], e la [6] sono date sulle figure 2A e 2B; le espressioni precedenti mostrano che le grandezze per un dato corpo celeste si riducono con la stessa legge. Nota quindi la Vco (dipendente dal raggio e dalla densità media del corpo celeste) ed il tempo T0 (dipendente dalla densità) è facile calcolare le caratteristiche dell'orbita circolare dei s. di un qualsiasi corpo celeste. I valori arrotondati di Vco, Veo, T0 nella tabella qui sopra sono validi in assenza di atmosfera e per il Sole a distanza compatibile con la integrità del s. nei riguardi degli effetti termici e delle varie radiazioni. Con orbita ellittica di eccentricità e la velocità al perigeo Hp è:

il periodo

Con riferimento particolare ai s. a. della Terra, la velocità circolare a quota zero (idealmente) è circa 7,9 km/sec, il periodo circa 1h 24′. Per evitare la resistenza atmosferica che farebbe volatilizzare il s. e per assicurarne una lunga vita, è necessaria la quota minima di alcune centinaia di km. Velocità superiori a quella circolare fanno diventare l'orbita ellittica; l'eccentricità cresce rapidamente anche con moderati aumenti; con velocità di 10 km/sec per es. l'apogeo si troverebbe a circa 4 raggi terrestri, con 11 km/sec a circa 29 raggi terrestri; con 11,1 km/sec a distanza maggiore di quella della Luna. Con velocità di 11,2 km/sec circa si arriva alla velocità di evasione e l'orbita diviene una parabola; con velocità maggiori l'orbita diviene iperbolica. A 36.000 km circa di quota la velocità circolare scende sui 3 km/sec mentre il periodo sale a 24 h; un s. che si muoverà a questa quota nel piano dell'equatore, con verso concorde a quello della rotazione della Terra, apparirà quindi immobile a un osservatore terrestre (periodo sinodico infinito). A 380.000 km circa la velocità circolare si riduce a 1 km/sec circa mentre il periodo sale a quasi 660 h (27 giorni circa); queste sono le caratteristiche medie del s. naturale Luna la cui orbita di piccola eccentricità risente però forti perturbazioni per l'attrazione del Sole; per un osservatore terrestre la direzione del moto relativo dipende dalla quota del s.; per s. con orbite percorse nel verso della rotazione terrestre (cioè diretto) il moto appare diretto se il s. è a quote inferiori ai 36.000 km circa, retrogrado se a quote più elevate (così come per la Luna).

È necessario imprimere al s. la prevista velocità in direzione ed intensità con scarti limitatissimi rispetto al valore teorico, specialmente se il perigeo è a bassa quota per evitarne la rapida distruzione per l'incontro con gli strati densi dell'atmosfera.

Per la definizione dell'orbita d'un s. a. (rispetto alla Terra) sono necessarî 6 elementi analoghi a quelli necessarî per definire l'orbita di un pianeta (fig. 3): 1) la longitudine Ω del nodo ascendente; 2) l'inclinazione i del piano dell'orbita sul piano equatoriale; 3) l'argomento ω del perigeo (a partire dalla linea dei nodi); 4) il semiasse maggiore a (o distanza media orbitale); 5) L'eccentricità dell'orbita e; 6) il tempo del passaggio al perigeo.

Come terna di riferimento si usa assumere la terna ortogonale destra X, Y, Z con origine nel centro della Terra; l'asse X secondo la direzione del punto vernale dell'anno (equinozio di primavera) e l'asse Z in direzione del polo artico; gli assi X ed Y giacciono nel piano equatoriale (fig. 3). Questa terna si può ritenere con elevatissima approssimazione inerziale.

Poiché la Terra ruota, il moto del s. relativo alla Terra appare complesso; per s. a quota relativamente bassa con traiettoria circolare, la proiezione sulla superficie terrestre della traiettoria del s. è una linea ondulata, tangente ai paralleli estremi. Ovviamente se il s. ruota nel piano equatoriale la traccia della sua traiettoria è l'equatore stesso e si riduce ad un punto pei s. delle 24 h ruotanti con verso concorde a quello della Terra.

Il piazzamento del s. sull'orbita deve avvenire secondo un "dispositivo programmatico di guida" incorporato nel missile, dispositivo che funziona sostanzialmente come uno speciale pilota automatico. L'accensione dei razzi, il distacco degli stadî, il cambiamento di direzione, ecc., di regola avvengono tutti automaticamente secondo le disposizioni del programma; in molti casi segnali e correzioni possono essere inviati da stazioni a terra. Strumenti essenziali del dispositivo di guida sono giroscopî (per l'orientamento nello spazio) ed accelerometri (per la conoscenza della velocità e del percorso). Gli attuali missili vettori dei s. sono polistadio con propellenti chimici (liquidi e solidi). Poiché questi missili, ad eccezione dei primi 40÷50 km, si muovono praticamente nel "vuoto" vi è la tendenza ad abolire del tutto impennaggi e timoni aerodinamici. La stabilità e il comando possono essere ottenuti agendo sull'orientamento dei propulsori a razzo sospesi mediante cerniere; il pilota automatico, tramite l'intervento di servomotori, sensibilissimi e rapidi, orienta la direzione della spinta sia per correggere scarti non voluti sia per imprimere le rotazioni richieste per variarne l'orientamento nello spazio (v. anche missile, in questa App.).

I missili vettori partono verticalmente sotto la spinta del razzo del primo stadio; mano a mano si incurva la traiettoria; esaurito il primo stadio il missile prosegue sino a quando, distaccatosi il primo stadio, si accende il secondo stadio e così via; generalmente tre stadî sono sufficienti per portare in orbita il satellite. La traiettoria di lancio ha quindi tratti, relativamente corti, percorsi con i razzi accesi. La fig. 4 mostra una verosimile traiettoria. La sicurezza di funzionamento, la precisione dei varî congegni e delle varie fasi debbono essere eccezionalmente straordinarie (poiché gli errori si accumulano) per evitare il fallimento del lancio. L'ultimo stadio del missile porta il s. oppure può costituire, esso stesso, il satellite. In ogni caso è necessario liberare il s. dall'ogiva di protezione, indispensabile per l'attraversamento dell'atmosfera. La tecnica missilistica ed astronautica esige quindi un altissimo livello della tecnica dell'automazione, della tecnica elettronica e delle macchine calcolatrici.

La rotazione della Terra facilita il lancio se fatto verso E (le velocità astronautiche sono velocità riferite allo spazio cosmico); all'equatore la velocità è circa 463 m/sec; poiché la prima velocità astronautica è sui 7912 m/sec basta per un lancio nel piano equatoriale in direzione E la velocità di 7450 m/sec circa. La scelta della traiettoria di lancio più vantaggiosa riveste naturalmente grandissima importanza pratica.

La traiettoria tipica dei lanci effettivi è stata accennata. Si può pensare di lanciare il s. secondo la traiettoria balistica coincidente con un arco di ellisse ed imprimere nel punto più elevato, tangente alla traiettoria del satellite, la voluta velocità. Si può pure pensare di lanciare il s. secondo la traiettoria semiellittica tangente allaTerra ed all'orbita in punti diametralmente opposti. Il lancio con traiettoria balistica esigerebbe maggior consumo di propellenti ma minore tempo per la messa in orbita; l'opposto accadrebbe con la traiettoria semiellittica che però può essere realmente conveniente quando l'orbita del s. è alta; ciò per evitare un lungo percorso entro strati densi dell'atmosfera.

Se la Terra fosse sferica ed omogenea (oppure a strati concentrici omogenei) il piano dell'orbita del s. manterrebbe invariato il proprio orientamento rispetto allo spazio cosmico mentre viene trascinato dalla Terra attorno al Sole. Poiché la Terra è schiacciata ai poli il campo d'attrazione non è centrale; da questa dissimetria ne deriva che il piano dell'orbita del s. non mantiene il suo orientamento invariato ma ruota molto lentamente senza però modificare la sua inclinazione rispetto al piano equatoriale; la rotazione avviene in maniera tale che la retta normale al piano dell'orbita e passante per il centro della Terra, descrive un cono ruotando attorno all'asse terrestre. Il senso di rotazione del piano dell'orbita dipende dalla direzione del moto del s. sull'orbita; per moto con verso concorde a quello della Terra la rotazione del piano dell'orbita è di verso opposto; per s. a qualche centinaio di km di quota con orbita inclinata di circa 60° sul piano equatoriale, la rotazione è di circa 15′ per ogni rivoluzione.

Lo schiacciamento della Terra ha inoltre l'effetto di deformare molto lievemente la forma dell'orbita, idealmente ellittica, che risente anche della non omogeneità della superficie terrestre, come gi à detto, e dell'influenza della Luna e del Sole specialmente per orbite lontane ed allungate. Importanza notevole sulla forma dell'orbita (e sulla vita dei s. a quote non molto elevate) ha anche la resistenza dell'atmosfera.

Rilievi sperimentali. - Il movimento dei s. a. viene controllato sperimentalmente mediante osservazioni ottiche e radioelettriche.

Non sono utili all'osservazione telescopî molto potenti perché il s. scomparirebbe subito dal campo visivo di essi dato l'ingrandimento molto forte; di regola sono sufficienti strumenti ottici di medie caratteristiche a piccolo ingrandimento già puntati sulla zona ove apparirà il s. che, illuminato dal Sole, è visibile per breve tempo con cielo scuro, cioè all'alba ed al tramonto. Poiché il s. riflette la luce del sole la sua visibilità dipende molto dalle dimensioni, dallo stato e dall'orientamento della superficie riflettente; i grossi s. in favorevoli condizioni sono visibili anche ad occhio nudo (es. il satellite Echo americano costituito da un pallone di plastica di 30 m di diametro). Molto più efficaci delle osservazioni ottiche sono quelle effettuate con sistemi radioelettrici validi anche con cielo chiaro o nuvoloso. Sino a quando la stazione di bordo del s. funziona, la localizzazione viene effettuata con radiotelescopia e con particolari dispositivi radiointerferometrici; sono anche usati i sistemi radar, efficaci in ogni circostanza.

I numerosi dati rilevati, elaborati in base a metodi statistici, sono necessarî per prevedere la traiettoria del s. e la durata della sua vita; inoltre sono molto utili per il rilevamento delle anomalie del campo newtoniano terrestre (anomalie della forma e della distribuzione delle masse), per la determinazione della densità dell'atmosfera, per l'effetto dei micrometeoriti, ecc. Grande importanza presentano anche i dati relativi all'orientamento ed alla velocità con la quale ruota il satellite attorno al suo centro di gravità.

L'analisi dei dati raccolti mostra che per s. a distanza non rilevante dalla Terra l'effetto marea è veramente trascurabile; pure trascurabile è l'effetto dei micrometeoriti e della polvere cosmica; le forze agenti sul s. provengono dall'attrazione terrestre, dalla resistenza dell'atmosfera e dalla resistenza indotta dalle correnti di Foucault a causa delle parti metalliche che si muovono entro il campo magnetico terrestre. L'orbita effettiva è quindi, per effetto del frenamento aerodinamico, una specie di "spirale ellittica" che si va lentamente restringendo e che tende a diventare circolare. Il periodo di rivoluzione si riduce di qualche secondo al giorno. La resistenza più elevata si incontra ovviamente al perigeo; il s. uscendo dal perigeo con velocità minore di quella di arrivo non potrà più raggiungere l'apogeo del giro precedente; perigei ed apogei si abbassano continuamente; gli apogei più rapidamente che i perigei; quando il s. affonda negli strati densi dell'atmosfera di regola avviene la disintegrazione totale o parziale per effetto termico analogamente a quello subìto dalle meteore. Le osservazioni permettono di rilevare le variazioni giornaliere ΔΩ della longitudine del nodo ascendente, Δω dell'argomento del perigeo e ΔT del periodo di rivoluzione. Per ogni punto della effettiva traiettoria rilevata si può definire l'ellisse osculatrice kepleriana con i sei elementi necessarî così come detto avanti.

Il s. poi per effetto della sua forma, usualmente dissimmetrica, acquista in generale lievissimi moti precessionali che si compongono con le rotazioni impresse dalle coppie aerodinamiche.

I s. si muovono ad altezze elevate entro strati molto rarefatti più o meno fortemente ionizzati. La resistenza aerodinamica dipende dall'atto di moto del s. e dall'interazione col plasma degli strati ionizzati; i dati possono essere analizzati con i risultati della superaerodinamica. Trascurabile appare la resistenza dovuta alle correnti di Foucault sul moto del baricentro; apprezzabile può essere invece il momento dovuto a dette correnti. Se i momenti di inerzia principali sono molto differenti tra loro può insorgere quindi un moto "caprioleggiante" che sarebbe confermato dalle osservazioni ottiche (variazioni periodiche della luminosità del satellite).

Impiego dei satelliti. - Con i s. a. terrestri vengono effettuati studî e ricerche sull'altissima atmosfera; sulla ionosfera; sul campo magnetico; sulla esistenza di correnti elettriche permanenti entro la ionosfera; sulle fascie di radiazioni; sui raggi cosmici; sui raggi ultravioletti X e sulle radiazioni corpuscolari del Sole; sui meteoriti e micrometeoriti; sulla polvere cosmica; su varie importanti questioni chimiche e biologiche; sul comportamento biologico di esseri viventi mantenuti per lungo tempo in assenza di peso, in ambiente stagno, in presenza di radiazioni (i primi esperimenti sono stati condotti con la cagnetta Laika a bordo dello Sputnik II); su particolari questioni di meccanica relativistica. Con grandi s. terrestri, particolarmente attrezzati, sarà possibile: l'osservazione continua dall'esterno della nuvolosità e dello stato del cielo; l'osservazione degli altri astri senza lo schermo dell'atmosfera; la realizzazione di ponti radio a grande capacità (anche per programmi televisivi) su base intercontinentale (v. radiocomunicazioni, in questa App.); il controllo, per scopi diversi, della superficie terrestre.

Particolare importanza avranno, se realizzati, i previsti grandi s. da adoperare come "basi orbitali". Secondo le vedute ed i progetti di esperti dell'astronautica questi s. dovrebbero essere montati sull'orbita; le varie parti e gli astronauti verrebbero posti sulla stessa orbita a mezzo di missili; le varie parti dovrebbero essere accostate e montate dagli stessi astronauti. Per simulare la sensazione del peso si prevede di fare ruotare questi s. attorno ad un loro asse; l'accelerazione centripeta simulerebbe gli effetti della accelerazione di gravità. L'energia necessaria verrebbe fornita dal Sole; entro questi laboratorî spaziali giganti sono previste installazioni varie per la vita, la ricerca scientifica, l'osservazione astronomica, ecc.; doppî ingressi con parete stagna permetterebbero l'entrata e l'uscita degli astronauti. Problema importantissimo, già risolto, è il ritorno sicuro a Terra del s. o di parte di esso. Con i s. extraterrestri è già cominciato lo studio diretto degli altri pianeti, dei s. e dello spazio cosmico; già è stata rilevata fotograficamente l'altra faccia della Luna e pubblicato il relativo atlante (v. luna, in questa App., I, p. 1006 e tav. CCXI). Vedi tav. f. t.

Bibl.: A. Sternfeld, Stazioni nello spazio, Roma 1957; V. I. Levantovski, Dagli Sputnik al pianeta artificiale, Roma 1959; Autori varî, Space Technology, a cura di Howard S. Seifert, New York 1959; L. I. Sedov, Gli effetti dinamici del movimento dei satelliti artificiali della Terra, in Rassegna sovietica, Associazione italiana per i rapporti culturali con l'URSS, 1959, n. 5.

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