SAQQARAH

Enciclopedia dell' Arte Antica (1965)

SAQQĀRAH

S. Donadoni
L. Guerrini

RAH È la regione più ricca della necropoli della antica Memfi.

Già dalla I dinastia vi si cominciano a costruire tombe regali, che hanno repliche ad Abido: o le une o le altre sono dunque cenotafî, ma va comunque sottolineato il fatto che gli edifici di S. sono più vasti come proporzioni, anche se adottano la stessa tecnica di costruzione in mattoni crudi con nicchioni in serie sulle pareti, nota da Naqādah (v.) come tipica dell'architettura funeraria delle origini. Una di queste tombe (già attribuita ad Hemaka, ora al re Udimu) ha fornito suppellettile di rara importanza per la storia dell'arte arcaica. La necropoli civile arcaica presenta alcune interessanti soluzioni della mastaba (v.): notevolissima la tomba di Hesy-Rē῾ (III dinastia) in cui la originaria cappella esterna si sviluppa in un corridoio a 11 nicchie, ognuna delle quali porta infisso sul fondo un pannello ligneo con una rappresentazione in rilievo del defunto: fra i primi esempî di quella ampia composizione piana che bilancia i pieni ed i vuoti e che si svilupperà nel Regno Antico. Alla III dinastia risale anche il più cospicuo monumento di S.: e cioè la piramide a gradini (v. piramide), primo esperimento di costruzione in pietra di un edificio monumentale, e primo edificio monumentale essa stessa. Si tratta di una serie di sei mastabe l'una sull'altra, costituenti quasi una colossale scalinata verso il cielo (altezza originaria circa m 60), che coprono un complesso di corridoi sotterranei che costituiscono l'appartamento funerario vero e proprio. Il complesso delle dipendenze della tomba, ancora in via di esplorazione, non ha parallelo in epoca più tarda: oltre a un tempio funerario del sovrano, sembra che ci sia, riprodotta in pietra e in scala maggiore del naturale, tutta l'attrezzatura di cappelle, di chioschi, di troni, di altari necessari alla celebrazione delle feste del giubileo regale. Certo perché il sovrano possa continuare a celebrarne in perpetuo dopo la morte; ma è interessante che ogni particolare di queste costruzioni si riferisca non solo ad altre tecniche costruttive (la pietra imita strutture lignee, le porte son rappresentate scolpite nei muri, e così via) ma che anche escluda una reale possibilità d'uso degli edifici (le cappelle hanno solo la facciata, e il vano, anziché allo interno, è davanti ad essa come un cortiletto protetto da muri). Si tratta, insomma, di una architettura ancora non impegnata in problemi funzionali, che costruisce più modeerni di edifici che edifici veri e propri. Le generazioni immediatamente seguenti di sovrani han portato ad altri punti della necropoli menfita le loro preferenze (v. gīzah; abu roash; abu sir; dahshūr; medum): ma una quarantina di mastabe private della IV dinastia mostrano come la necropoli non fosse per nulla abbandonata in quell'epoca, e almeno un sovrano di questi, Shepseskaf, costruì al margine meridionale del complesso la sua singolare tomba, la cosiddetta Mastabat Firaun. Edificio a base rettangolare, assomiglia a una mastaba a due gradini, ma sembra voglia raffigurare un colossale sarcofago su un basamento. Con la fine della V dinastia la necropoli riassume carattere regale: Onnos vi costruisce la sua piramide, assai più modesta di quelle di Gīzah, e oggi in assai cattivo stato di conservazione, così come quelle dei suoi successori della VI dinastia, che anch'essi scelgono S. come necropoli. Alla fine del Regno Antico risale anche il maggior fiore della necropoli civile: sono circa 70 mastabe della V dinastia, circa 50 della VI. Il modello è ora quello classico, talvolta in pietra, talvolta in mattoni crudi, con un certo numero di vani e con pareti decorate da rilievi. Fra queste mastabe alcune sono fra le più note di tutto l'Egitto per la ricchezza della decorazione parietale: mustre fra tutte quella di Ty, i cui rilievi sono stati più di una volta pubblicati, e che per la purezza delle linee, la varietà dei soggetti, lo stato di conservazione danno la più ricca idea dello stile aulico della fine della V dinastia. Notevole, per lo sviluppo assunto dalla pianta, che qui non comporta più nessun elemento pieno (si ricordi che originariamente questo tipo di costruzione è un blocco compatto che solo successivamente sviluppa da una nicchia in facciata una cameretta) è la mastaba di Mereruka, che ha ben 32 camere. Le necropoli del Medio e del Nuovo Regno a S. non possono competere per interesse con quelle più antiche: solo una tomba ha avuto particolare importanza, quella del generale (e poi re) Haremhab, che ha concluso la XVIII dinastia. Essa è andata completamente distrutta, e i rilievi che l'adornavano sono sparsi fra i musei di Leida, Bologna, Cairo, Londra, Berlino, Parigi, Alessandria. Sono scene di singolare vivezza e drammaticità, legate al gusto amarniano, ma con un più rattenuto impeto innovatore nei riguardi della tradizione classica. Dell'epoca più tarda il monumento più importante resta il Serapeo (v. oltre). Al V sec. d. C. risale il convento di S. Geremia, costruito in parte con materiale della necropoli faraonica, le cui pitture e i cui frammenti architettonici, assai importanti nella storia dell'arte cristiana d'Egitto, son oggi al Museo Copto del Cairo.

Bibl.: La assai vasta bibliografia in Porter-Moss, Topographical Bibliography of Ancient Eg. Hieroglyphic Texts, Reliefs and Paintings, vol. III, (Memphis), Oxford 1931, pp. 83-215. Sulla piramide a gradini: J. Ph. Lauer, La Pyramide à degrés, Il Cairo 1936-39.

(S. Donadoni)

Serapeo di Memfi a Saqqārah. - Nella località di S., non lontano dalla piramide a gradini, si innalzava il complesso del Serapeo, al quale accenna Strabone (C 807-808) nella sua descrizione di Memfi. L'identificazione e lo scavo del santuario avvennero nel 1850-1853 per opera del Manette; la pubblicazione, postuma, apparve nel 1882, a cura di G. Maspero. Successivamente, a causa della forte ventosità della zona che porta a facili insabbiamenti delle rovine, si procedette a una ripulitura (nel 1938, ad opera del Service des Antiquités) e a uno scavo completo (avvenuto dopo la fine della seconda guerra mondiale, a cura di J. Ph. Lauer e di Ch. Picard).

Il Serapeo, in periodo ellenistico, si componeva di due templi, di un viale ornato di sfingi, di un dròmos lastricato e di un emiciclo con sculture (la cosiddetta "esedra dei filosofi"); altri edifici, ricordati da alcuni papiri rinvenuti nella località, non sono ancora stati identificati: il pastophorium, ad esempio, l'anabidium, l'astarteium e altri edifici di utilità pubblica quali scuole, alberghi e uffici per autorità civili e religiose.

Cronologicamente, nonostante la presenza di piccole catacombe databili tra i regni di Ramesses II e Psammetico, l'impianto complessivo del santuario si deve ascrivere all'attività di Nectanebo I (378-360 - viale di sfingi) e Nectanebo II (359-341 - i due templi e il dròmos). Al periodo tolemaico invece è da assegnarsi l'"esedra dei filosofi", che si compone di un basso recinto in muratura e di nove statue di personaggi famosi dell'antichità (Pindaro, Demetrio Falereo, Omero, Esiodo, Protagora, Eraclito e altri non sicuramente identificati), uniti come simbolo della vita intellettuale protetta da Demetrio-Serapide.

Bibl.: G. Maspero, Le Sérapéum de Memphis, par A. Mariette-Pacha, Parigi 1882; J. Ph. Lauer-Ch. Picard, Les statues ptolémaïques du Sarapieion de Memphis, Parigi 1955.

(L. Guerrini)