LUIGI Gonzaga, santo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 66 (2006)

LUIGI (Aluigi) Gonzaga, santo

Silvano Giordano

Nacque a Castiglione delle Stiviere, nel Mantovano, il 9 marzo 1568, primogenito di Ferrante del ramo di Luzzara e Castiglione delle Stiviere e di Marta Tana di Santena, figlia del barone Baldassarre e di Anna Della Rovere, cugina del cardinale Girolamo Della Rovere arcivescovo di Torino.

I genitori si erano conosciuti in Spagna, alla corte di Filippo II, che Ferrante frequentava allo scopo di ottenere incarichi che gli consentissero la visibilità e i benefici economici che non gli poteva dare il suo piccolo feudo. Marta Tana era giunta in Spagna al seguito della regina Isabella di Valois. Il matrimonio, concluso il 24 giugno 1566, fu celebrato il 15 novembre. Nel frattempo, Ferrante rivestì l'abito dell'Ordine militare di Alcántara e fu nominato ciambellano e cameriere del re, che gli assegnò una rendita di 1000 scudi sulla ferma del sale del Ducato di Milano. Pochi mesi dopo Filippo II lo nominò capitano della cavalleria leggera.

Nel dicembre 1566 gli sposi lasciarono Madrid, diretti a Castiglione, dove nacque L. il quale, data la difficoltà del parto, fu immediatamente battezzato dalla levatrice. La cerimonia solenne del battesimo si svolse il 20 apr. 1568 nella chiesa parrocchiale dei Ss. Nazario e Celso, officiata dall'arciprete Giovanni Battista Pastorio. Il 7 marzo 1569 venne alla luce il secondogenito, Rodolfo, cui seguirono altri sei figli, cinque maschi e una femmina, Isabella.

Nel 1573 Ferrante Gonzaga, colonnello dell'esercito, reclutò nel Mantovano e nel Milanese 3000 fanti per conto del re di Spagna, in vista della spedizione contro Tunisi guidata da don Giovanni d'Austria. I soldati furono riuniti per l'addestramento a Casalmaggiore, in territorio cremonese, e Ferrante vi condusse L. per iniziarlo alla vita militare. Sul finire dell'estate, mentre il padre partiva per la spedizione, L. fu ricondotto a Castiglione per essere educato sotto la guida della madre e del precettore Pier Francesco Del Turco. Il suo primo maestro, all'età di cinque anni, fu Giovanni Albertinelli di Castiglione. Secondo il biografo Virgilio Cepari, all'età di 6-7 anni L. fu colpito da una febbre quartana, che durò, con fasi alterne, diciotto mesi. Forse si trattò di una forma di tubercolosi, che lasciò un segno permanente sulla sua salute. Nel 1576 si verificò un'epidemia di peste, approssimatasi a Castiglione durante l'autunno. Ferrante, per salvaguardare i figli e, allo stesso tempo, per avviarli alla vita di corte, inviò L. e Rodolfo a Firenze presso il granduca Francesco I de' Medici. Il viaggio avvenne nell'agosto e settembre 1577, quando Ferrante andò a curare la gotta a Bagni di Lucca. Egli sperava che la brillante vita della corte medicea distogliesse L. dalle inclinazioni religiose che stava manifestando. I due fratelli alloggiavano in una casa presa in affitto, assistiti dal precettore Del Turco e dal cameriere C. Ghisoni. L. studiò latino e galateo sotto la guida di Giulio Bresciani da Cremona e, inoltre, toscano, francese e spagnolo. Fu educato insieme con Eleonora de' Medici, futura moglie del duca di Mantova Vincenzo Gonzaga, e Maria de' Medici, che andò in sposa a Enrico IV di Francia.

A Firenze L. frequentò la chiesa di S. Giovanni Evangelista, detta di S. Giovannino, officiata dai gesuiti. Cominciò a confessarsi da Francesco Della Torre, rettore del collegio locale, scelto dal precettore. Contrariamente alle attese del padre, coltivò le inclinazioni ascetiche: lesse l'Instruttione per meditare il rosario della Madonna, scritto dal gesuita Gaspar de Loarte, e fece la promessa di non sposarsi.

Il soggiorno fiorentino dei due fratelli ebbe termine nel 1579, quando Ferrante fu nominato governatore del Monferrato. I ragazzi furono richiamati da Firenze e inviati alla corte di Mantova, dove rimasero dal novembre 1579 al maggio 1580 e dove L. sperimentò "difficoltà d'orina": dietro consiglio dei medici si curò con una dieta rigorosa, che prolungò anche dopo la guarigione procurando seri danni al suo fisico. Durante l'estate del 1580 i fratelli tornarono a Castiglione, dove L., in assenza del padre, ricevette Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, in visita alla diocesi di Brescia. Il prelato si intrattenne con il ragazzo e il 22 luglio gli diede la prima comunione. Alla fine dell'anno Ferrante volle L. presso di sé nel Monferrato.

Dietro richiesta di Claudio Gonzaga, zio di L. e maggiordomo del papa, il viceré di Napoli, Juan de Zúñiga, chiese a Filippo II un abito di Santiago per il ragazzo tredicenne. Non risulta, però, che la petizione abbia avuto seguito.

Nel settembre 1581 Maria di Spagna, vedova di Massimiliano II, attraversò l'Italia settentrionale diretta alla corte del fratello Filippo II. I marchesi di Castiglione si unirono al seguito con i figli. La comitiva si imbarcò a Genova il 16 ottobre sulle navi di Giovanni Andrea Doria e, dopo avere toccato Savona e Marsiglia, a causa delle difficili condizioni atmosferiche, sbarcò a Colliure, nel Rossiglione. L'itinerario proseguì per via di terra attraverso Barcellona e Saragozza, dove la sovrana giunse il 5 febbr. 1582. Lì Ferrante dovette sostare, impedito dalla gotta. Trattenne la moglie e i figli minori, mentre sembra che L. abbia proseguito il viaggio per Madrid. Appena fu in grado di mettersi in cammino, Ferrante si recò in Portogallo presso Filippo II, lasciando la moglie incinta a Madrid, dove L. e Rodolfo divennero paggi dell'infante don Diego e Isabella damigella dell'infanta Isabel Clara Eugenia.

A Madrid L. si applicò allo studio della logica, della filosofia, della matematica e dell'astronomia, probabilmente sotto la guida di maestri della corte; in particolare, approfondì la teologia naturale di Raimondo Lullo. Il 29 marzo 1583 fu scelto per tenere un panegirico in onore di Filippo II, appena tornato dal Portogallo. L'orazione latina, di fattura scolastica, esaltava le vittorie del re sugli eretici e sugli infedeli. Nel frattempo continuò a coltivare i progetti di vita ascetica; prese contatto con i gesuiti e scelse come confessore Ferdinando Paternò, che gli fece conoscere gli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola; lesse inoltre il Compendio de la vida espiritual, opera del domenicano Luis de Granada.

Nel 1583 L. decise di entrare nella Compagnia di Gesù. Nella scelta, tra le altre ragioni, pesò il fatto che ai gesuiti era proibito accettare dignità ecclesiastiche. Il padre cercò di dissuaderlo, facendo intervenire diverse personalità, tra cui Francesco Gonzaga, ministro generale dei minori osservanti, reduce dalla visita alle province di Castiglia e di Portogallo. Prevalse il parere del confessore Paternò, che suggerì di posticipare la decisione al rientro in Italia.

Alla fine del maggio 1584 i marchesi intrapresero il viaggio di ritorno in Italia, portando con sé L. e Rodolfo, mentre Isabella rimase a Madrid; arrivarono a Castiglione il 22 luglio. L. ripropose il suo ingresso in religione, incontrando nuovamente l'opposizione del padre. Probabilmente Ferrante, constatando l'aggravarsi delle proprie condizioni di salute e l'inettitudine al governo del secondogenito Rodolfo, puntava sulle doti di L. per risollevare le sorti della famiglia; ciononostante alla fine del settembre 1585 concesse il benestare. I primi contatti con Claudio Acquaviva, preposito generale della Compagnia di Gesù, furono presi per mezzo di Scipione Gonzaga, patriarca di Gerusalemme, residente a Roma.

Si mise in moto la procedura per la rinuncia di L. ai diritti di primogenitura e ai diritti di successione sul marchesato e su altri possibili feudi, dato che era erede anche degli zii paterni, Alfonso, signore di Castel Giuffré, e Orazio, signore di Solferino, entrambi privi di discendenza maschile. L'imperatore diede il suo benestare il 29 ott. 1584. Nel frattempo Ferrante inviò L. a Milano a trattare affari. Il giovane partì da Castiglione in novembre e si trattenne a Milano fino al luglio 1585. Nel tempo libero frequentava il collegio di Brera, tenuto dalla Compagnia di Gesù, dove seguì le lezioni di Bernardino Salino, professore di fisica, e di Agostino Giustiniani, professore di filosofia.

Il 2 nov. 1585 nel palazzo di S. Sebastiano, dimora mantovana di Ferrante, alla presenza dei diretti interessati e dei testimoni, il notaio Annibale Persia rogò l'atto con cui L. rinunciava in favore del fratello Rodolfo alla primogenitura e al diritto di succedere nel Marchesato di Castiglione delle Stiviere. Il 4 novembre si mise in viaggio per Roma, accompagnato da Ludovico Cattaneo, in veste di padre spirituale, dal precettore Del Turco e da alcuni servitori. Dopo avere visitato Loreto, giunse a Roma verso la fine del mese, ospite di Scipione Gonzaga. Si presentò al padre Acquaviva, effettuò visite di cortesia ai cardinali Alessandro Farnese, Ludovico d'Este, Ferdinando de' Medici e Vincenzo Gonzaga, legati alla famiglia. Sisto V lo ricevette il 23 novembre, introdotto dall'ambasciatore spagnolo Gaspar de Guzmán, conte di Olivares, e da Scipione Gonzaga.

L. fu accolto nel noviziato di S. Andrea a Monte Cavallo il 25 nov. 1585 dal maestro dei novizi, il novarese Giovanni Battista Pescatore. Alla fine dell'ottobre 1586 fu mandato a Napoli, insieme con il Pescatore e due altri novizi affetti come lui da problemi di salute, dove poté seguire le lezioni di metafisica di Giovanni Camerota. Tuttavia l'aria napoletana non gli giovò; per di più si ammalò di erisipela e fu costretto a letto per un mese; fu richiamato a Roma nel maggio 1587. Al Collegio romano riprese il terzo anno di filosofia e approfondì la logica, la fisica e la metafisica, quest'ultima sotto la guida di Paolo Valle. A conclusione del corso sostenne l'esame de universa philosophia alla presenza dei cardinali Vincenzo Laureo, Girolamo Della Rovere e Scipione Gonzaga. Cominciò quindi gli studi di teologia, avendo come maestri Agostino e Benedetto Giustiniani, Gabriel Vázquez, che probabilmente aveva incontrato ad Alcalá de Henares, e Juan Azor. Ebbe stretti rapporti con Roberto Bellarmino, divenuto suo confessore. Nel febbraio e marzo 1588 a S. Giovanni in Laterano ricevette la tonsura e gli ordini minori.

Nel 1589, su richiesta di Vincenzo Bruno, rettore del Collegio romano, scrisse il Trattato o Meditazione degli angeli, particolarmente degli angeli custodi, pubblicato lo stesso anno. L'opera si inseriva in un progetto editoriale diretto dallo stesso Bruno e riservato ai professori. Nella prima parte, seguendo la dottrina corrente, il trattato descrive i nove cori degli angeli, divisi in tre gerarchie; nella seconda si parla degli arcangeli Michele e Gabriele, mentre Raffaele è presentato come tipo degli angeli custodi, dal momento che accompagna l'uomo dal ventre della madre fino alla morte, e quindi dopo la morte e nel giudizio particolare.

Nel settembre 1589, su richiesta della madre, reggente del Marchesato, e di Eleonora d'Asburgo, duchessa di Mantova, L. fu chiamato a Castiglione per rappacificare lo zio Alfonso Gonzaga e il proprio fratello Rodolfo, con Guglielmo, duca di Mantova, e Vincenzo, suo figlio e successore, a proposito del feudo di Solferino, appartenuto a Orazio Gonzaga, fratello di Alfonso, morto il 13 genn. 1587.

Nel testamento il defunto aveva indicato Guglielmo come erede, probabilmente per soddisfare i debiti con lui contratti, ma Rodolfo occupò il feudo e presentò ricorso presso l'imperatore. L., intervenuto negli ultimi mesi del 1589, propose che Vincenzo rinunciasse alle pretese su Solferino, mentre Rodolfo gli avrebbe dato soddisfazione dei torti usati nei suoi confronti. Il compromesso fu accettato e ratificato dall'imperatore il 21 giugno 1590. Vincenzo fu risarcito dei debiti che Orazio aveva contratto con suo padre e delle spese che egli aveva sostenuto a beneficio del palazzo di Solferino durante il periodo dell'occupazione. Prima di tornare a Roma, L. affrontò anche la situazione matrimoniale di Rodolfo. All'inizio del 1588 questi si era invaghito della quindicenne Elena Aliprandi, figlia del suo zecchiere Giovanni Antonio, da lui fatta rapire e condurre in una residenza di campagna. La ragazza rimase incinta. Prevedendo difficoltà per sposarla, dovute alla differenza sociale tra i due e al fatto che lo zio Alfonso Gonzaga pensava di dargli in moglie la propria unica figlia, Rodolfo pensò di unirsi a Elena con un matrimonio segreto. Ottenuta dal vescovo di Brescia la dispensa dalle pubblicazioni, il 29 ott. 1588 fu celebrato il rito. I fatti erano noti solo ai genitori della donna, ai testimoni e all'arciprete Gian Giacomo Pastorio. Marta Tana sollecitò l'intervento di L.: Rodolfo accettò il consiglio del fratello di rendere pubblico il matrimonio, mentre la madre accolse la nuora e la nipotina Cinzia, nata il 7 genn. 1589.

L. ripartì per Milano il 12 marzo 1590 per riprendere gli studi. Nel mese di maggio tornò a Roma, dove frequentò i corsi di teologia in vista dell'ordinazione sacerdotale. Nei primi mesi del 1591 nella Roma afflitta dalla carestia scoppiò un'epidemia di tifo petecchiale. L. si offrì di curare i malati. Il 3 marzo, avendo trasportato un infermo all'ospedale della Consolazione, dietro il Campidoglio, fu contagiato. La debole complessione non fu in grado di reagire alla malattia, che si andò aggravando. Sentendosi in fin di vita, il 10 giugno scrisse alla madre una lettera di congedo.

L. morì nella notte tra il 20 e il 21 giugno 1591 nell'infermeria del Collegio romano.

Interpretando i desideri della famiglia, il vescovo di Mantova, Francesco Gonzaga, il 12 maggio 1604 riunì un sinodo che chiese a Clemente VIII la canonizzazione di Luigi. Il fratello del defunto, Francesco, recatosi a Roma, il 4 agosto elevò personalmente la petizione al pontefice. Nel concistoro del 26 sett. 1605 Paolo V gli conferì il titolo di beato (titolo che fu riconosciuto a Ignazio di Loyola solo nel 1609) e il 19 ottobre concesse la facoltà di stampare la Vita di L. scritta dal gesuita V. Cepari, apparsa a Roma nel 1606. Nel 1607 diede inizio al processo di canonizzazione. Nel 1618 autorizzò la messa e l'ufficio proprio su tutti i territori della famiglia Gonzaga, come pure ai gesuiti. L. fu canonizzato il 31 dic. 1726 da Benedetto XIII il quale, tre anni più tardi, lo proclamò patrono della gioventù cattolica.

Opere: Lettere ed altri scritti di s. Luigi Gonzaga della Compagnia di Gesù, a cura di E. Rosa, Firenze 1926; Lettere e opere spirituali di s. Luigi Gonzaga, a cura di P. Bosio Boz, Roma 1949; Lettere e scritti, a cura di G. Giachi, Roma 1991.

Fonti e Bibl.: V. Cepari, Vita di s. L. G., a cura di L. Rocci, Roma 1925; F.M. Galluzzi, Vita di s. L. G., della Compagnia di Gesù( coll'aggiunta degli atti della sua canonizzazione, Roma 1727; Acta sanctorum Iunii, IV, Venetiis 1743, pp. 847-1169; F. Fita, S. Luis Gonzaga en Madrid, Zaragoza y Barcelona, in Boletín de la Real Academia de la historia, XVII (1890), pp. 249-264; Id., S. Luis Gonzaga en Zaragoza y Madrid, ibid., VIII (1891), pp. 55-75; Id., S. Luis Gonzaga en el Escorial y en Perpiñán, ibid., pp. 167-177; Id., S. Luis Gonzaga: apuntes literarios y biográficos, ibid., pp. 555-584; H. Chérot, S. Louis de Gonzague étudiant, Lille-Paris 1891; V. Anzoátegui, S. Luis Gonzaga por el cardenal beato Roberto Bellarmino, S. I., in Estudios, XXXII (1927), pp. 401-412; A. Koch, Aloisius' Charakterbild aus seinen Briefen, in Zeitschrift für Aszese und Mystik, III (1928), pp. 42-60; C. Martindale, St Louis de Gonzague et la Renaissance italienne (1568-1591), Le Puy 1945; Mostra iconografica aloisiana (settembre-ottobre 1968) (catal.), a cura di L. Bosio, Castiglione delle Stiviere 1968; M. Scaduto, Il mondo di L. G., Roma 1968; A. Noché, in Catholicisme hier aujourd'hui demain, VII, Paris 1975, coll. 1126 s.; L. Fernández Martín, S. Luis Gonzaga y su familia en la documentación del Archivo de Simancas, in Archivum historicum Societatis Iesu, XLVI (1977), pp. 3-48; M. Marocchi, I Gonzaga di Castiglione delle Stiviere. Vicende pubbliche e private del casato di s. L., Verona 1990, ad ind.; L. Polgár, Bibliographie sur l'histoire de la Compagnie de Jésus 1901-1980, III, 2, Roma 1990, pp. 39-54; L'immagine a stampa di s. L. G. (catal.), a cura di G. Arcari - U. Padovani, I-II, Mantova 1997-2000; M. Gotor, I beati del papa: santità, inquisizione e obbedienza in età moderna, Firenze 2002, ad ind.; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, III, coll. 1575-1581; Bibliotheca sanctorum, VIII, coll. 348-357 (F. Baumann - A. Cardinali); Dictionnaire de spiritualité ascétique et mystique doctrine et histoire, IX, Paris 1976, pp. 1040-1043 (H. de Gensac); Diccionario histórico de la Compañía de Jesús, II, Roma-Madrid 2001, pp. 1779 s. (G. Giachi).

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