GIOVANNI Bosco, santo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 55 (2001)

GIOVANNI Bosco, santo

Pietro Stella

Stando ai propri ricordi personali G. nacque il 15 ag. 1815, festa religiosa dell'Assunta e perciò beneaugurante secondo la mentalità ecclesiastica; stando ai registri parrocchiali di Castelnuovo d'Asti (dal 1930 Castelnuovo Don Bosco) nacque dalle seconde nozze di Francesco con Margherita Occhiena il 16 agosto, festa di s. Rocco, ugualmente propizio secondo la mentalità contadina, e fu battezzato il giorno successivo con i nomi di Giovanni Melchiorre.

Il padre era affittuario dei Biglione, famiglia borghese in difficoltà economiche originaria di Mondovì, e abitava in una loro cascina ai Becchi nel territorio di Morialdo, frazione di Castelnuovo; in quell'area di frastagliata proprietà contadina aveva in proprio qualche sparso appezzamento di terre a vigna e pascolo e alcuni capi di bestiame. Stroncato da una polmonite l'11 maggio 1817, lasciò alle cure della moglie e dei parenti i suoi tre figli: Antonio, nato nel 1808 dalla prima moglie Margherita Cagliero, Giuseppe, nato nel 1813, e Giovanni.

La famigliola, traslocata in una casetta rustica riadattata ad abitazione, trascorse anni duri in tempi di congiunture sfavorevoli per il mondo contadino. G., date le strettezze familiari e le tensioni con il fratellastro a motivo della proprie inclinazioni allo studio, fu mandato garzone presso famiglie amiche: alla cascina Càmpora per poche settimane nell'autunno 1827 e alla cascina Moglia dal febbraio 1828 al novembre 1829. Rientrato in famiglia, grazie all'appoggio del vecchio cappellano don G. Calosso, gli fu consentito di proseguire gli studi elementari a Castelnuovo e quelli umanistici nel regio collegio di Chieri.

Ventenne, nel 1835, fece la scelta decisiva: entrò nel seminario vescovile di Chieri che era stato istituito pochi anni prima (1829) dall'arcivescovo C. Chiaveroti nell'intento di allontanare i propri chierici dai fermenti culturali e patriottici che fervevano a Torino. La formazione seminaristica di G. risentì in effetti di queste tendenze conservatrici, sicché quelli del seminario furono per lui anni di travaglio spirituale, se non altro perché l'ambiente disciplinato e l'insegnamento teologico morale rigoristeggiante contrastavano con il suo temperamento portato alla libertà espansiva e all'inventiva in campo operativo. Poté contare tuttavia sulla conoscenza di don Giuseppe Cafasso, nativo anch'egli di Castelnuovo e collaboratore del teologo G. Guala a Torino nel convitto ecclesiastico di S. Francesco d'Assisi per il perfezionamento del giovane clero nella pratica pastorale. Ordinato sacerdote a Torino dall'arcivescovo L. Fransoni il 5 giugno 1841, trascorse l'estate successiva e l'autunno tra i Becchi e Castelnuovo in aiuto del parroco. Nel novembre preferì tornare a Torino nel convitto ecclesiastico per compiervi il triennio di perfezionamento teorico e pratico. Oltre a seguire la discussione di "casi di morale" e la loro soluzione sulla base della teologia tendenzialmente benignista di s. Alfonso Maria de Liguori (canonizzato nel 1839), G. si dedicò all'istruzione catechistica di gruppi giovanili e usò accompagnare don Cafasso nell'assistenza spirituale di giovani rinchiusi nelle carceri cittadine.

Il convitto aveva nelle sue ascendenze gli orientamenti politici e religiosi antirivoluzionari e filolegittimisti dell'Amicizia cattolica. La cerchia di simpatie e di appoggi del Guala erano in effetti più sul versante di J. de Maistre, dei gesuiti e di C. Solaro della Margarita che non su quello dei seguaci di A. Rosmini Serbati e di V. Gioberti. Questo complesso di fattori si rifletté su G., che tra le famiglie amiche ebbe stabilmente anche quella dei Maistre.

Nell'ottobre 1844 grazie ai buoni uffici del Cafasso G. ottenne un impiego dapprima come cappellano dell'opera del rifugio e poi dell'ospedaletto di S. Filomena: due istituti femminili fondati da Giulia Colbert, marchesa di Barolo, entrambi a nordovest della città, non distanti dalla Piccola Casa della Divina Provvidenza del canonico G. Cottolengo e non discosti da Porta Palazzo, il grande mercato cittadino. Nella nuova residenza G. accolse i giovani che gli si erano affezionati al convitto: garzoni, apprendisti, studenti e ragazzi marginali della zona affluirono dunque in numero sempre crescente. Grazie alle proprie capacità personali G. li intratteneva impegnandosi direttamente nei loro svaghi e ottenendone la partecipazione discreta a momenti d'istruzione religiosa e di culto. A quelle riunioni tenute al rifugio diede il nome di catechismo e poi stabilmente quello di oratorio di S. Francesco di Sales (il santo della affabilità e dello zelo pastorale). Data l'incompatibilità con le istituzioni femminili, fu posto dalla marchesa di Barolo nell'alternativa tra l'oratorio o l'ufficio di cappellano a tempo pieno; di conseguenza preferì trasmigrare. L'oratorio divenne itinerante tra il 1845 e il 1846 pur gravitando nella zona tra i prati di Valdocco, degradanti verso la Dora Riparia, e Porta Palazzo, dove era più facile contattare ragazzi. A Valdocco G. si stabilì definitivamente nella primavera 1846, dapprima in poche stanze e una tettoia adattata a cappella che prese in affitto in una costruzione di estrema periferia (la casa Pinardi); poi con l'acquisto dell'intero edificio e del terreno adiacente (19 febbr. 1851), operazione resa possibile dai sostegni economici procurati in buona parte da don Cafasso. Sicuramente già in quegli anni diede rilievo al motto "Da mihi animas caetera tolle" (che usò tradurre: "O Signore, datemi anime e prendetevi tutte le altre cose") e lo ritenne tanto importante ed emblematico da farlo riprodurre in un cartello che tenne affisso nella propria stanza fino agli ultimi giorni di vita.

L'oratorio di Valdocco s'ispirava a quello corrispettivo dell'Angelo custode aperto nel 1840 da don G. Cocchi (un prete nativo di Druento) nella zona malfamata e degradata del Moschino, ai margini del borgo cittadino di Vanchiglia. Dato il favore ottenuto dai due primi oratori, un terzo intitolato a S. Luigi Gonzaga fu aperto nel 1847 sotto la direzione dello stesso G. nella zona di Porta Nuova, allora periferica ma con lo sviluppo assicurato dallo scalo ferroviario; e un oratorio femminile fu impiantato a borgo S. Donato da G. Saccarelli, teologo dell'Università e cappellano di corte. Il complesso di questi oratori torinesi si distingueva da altri tradizionali lombardi o romani perché non era circoscritto a comunità scolastiche o parrocchiali, ma si rivolgeva indistintamente alla gioventù cittadina; gli oratori torinesi insomma già negli anni Quaranta avevano caratteri di novità e di modernità virtualmente in sintonia con la cultura e gli ordinamenti politici liberali.

G. cominciò a distinguersi anche con la pubblicazione di alcune operette destinate ai giovani e più volte riedite: La storia ecclesiastica ad uso delle scuole (Torino 1845), la Storia sacra per uso delle scuole (ibid. 1847), Il giovane provveduto per la pratica de' suoi doveri (ibid. 1847), Il sistema metrico decimale ridotto a semplicità (ibid. 1849). In clima neoguelfo fu anche direttore responsabile del periodico L'Amico della gioventù, giornale religioso, morale e politico, di cui a partire dal 21 ott. 1848 uscirono sessantuno numeri (oggi purtroppo irreperibili a eccezione del primo): travolto il periodico dagli eventi, G. ebbe strascichi processuali a motivo del deficit finanziario e delle insolvenze con lo stampatore.

Anche per gli oratori il '48 fu un periodo di crisi. Don Cocchi fu propenso a condividere gli entusiasmi patriottici dei giovani; G. si mantenne più cauto e più attento alla linea di opposizione assunta dall'arcivescovo Fransoni. Nel febbraio 1849 il Cocchi tentò di portarsi a Novara con un drappello di giovani, ma giunto a Vercelli ebbe notizia della disfatta subita dai Piemontesi. L'oratorio di Vanchiglia dovette chiudere i battenti, senza dubbio per intervento dall'arcivescovo. Quello di G. quasi si svuotò. La ripresa fu possibile attorno al 1850, grazie alla tenacia di ecclesiastici e laici che collaboravano sia con G. sia con don Cocchi (tra essi, il teologo G.B. Borel e i cugini Roberto e Leonardo Murialdo). Per iniziativa del Fransoni, ormai in esilio a Lione, G. fu nominato nel 1852 "direttore capo spirituale" dei tre oratori maschili di Valdocco, Porta Nuova e Vanchiglia, mentre don Cocchi e altri ecclesiastici ne attivarono un quarto a Porta Palazzo (intitolato a S. Martino) e avviarono una Società di carità a pro dei giovani poveri e abbandonati (1850). Dato l'aumento dell'affluenza giovanile agli oratori, con il sostegno della popolazione e quello ufficiale delle autorità cittadine G. poté sostituire alla tettoia-cappella di Valdocco una chiesa più ampia intitolata a S. Francesco di Sales (1851-52), e poi impegnarsi nell'acquisto di nuovi terreni e nella costruzione di una "Casa annessa all'oratorio" per l'accoglienza e l'istruzione sia di giovani studenti sia di apprendisti in alcuni mestieri più promettenti: calzolai e sarti (1853), legatori (1854), falegnami (1856), tipografi (1861), fabbri e ferrai (1862). Dopo l'anno del colera (1854), la popolazione giovanile ospitata nelle scuole-convitto di Valdocco superò rapidamente il centinaio e giunse fino a oltre ottocento individui nel 1868. In quest'anno per iniziativa e impegno di G. venne inaugurata sul terreno dell'oratorio di Valdocco un'ampia chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice (Auxilium christianorum) destinata ai giovani e alle necessità spirituali del quartiere. L'insieme di queste realizzazioni permise a G. di lanciare gli appelli più vari nell'intento di mobilitare consensi e sostegni finanziari a prescindere da schieramenti politici. Grazie senza dubbio ai suggerimenti di banchieri cattolici vicini anche al Cavour (G. Cotta, M. Gonella e altri), a partire dal 1853 organizzò lotterie di beneficenza in periodi per lo più di sicura fluidità monetaria ottenendo introiti che gli permisero di allargare e migliorare gli edifici degli oratori e di accogliere, gratuitamente o quasi, giovani artigiani e studenti delle classi ginnasiali. Persino A. Brofferio nel 1857 diede il suo obolo alle opere di G. con l'acquisto di biglietti della lotteria. Nei suoi confronti furono larghi di sussidi U. Rattazzi e A. Ferrero della Marmora negli anni in cui furono rispettivamente ministro dell'Interno e della Guerra.

In appelli indirizzati in genere alla popolazione G. dichiarava di volere formare "onesti cittadini e buoni cristiani". Quando si rivolgeva alle autorità politiche e amministrative chiedeva sostegni e sussidi per opere che miravano "unicamente" a prevenire la delinquenza minorile, togliere dalla strada giovani che altrimenti sarebbero finiti nelle carceri, formare cittadini utili alla società. Erano formule che poi si coagularono nel suo scritto pedagogico più noto: Il sistema preventivo nella educazione della gioventù (Torino 1877).

Nonostante i suoi limiti e sebbene si riferisca non all'oratorio o al dinamismo dei ceti popolari, ma all'educazione entro i confini di un convitto, l'opuscolo contiene alcuni elementi pregnanti che aprono alla comprensione del sistema educativo da G. messo in pratica e proposto. I fondamenti del metodo sono sintetizzati nell'espressione: "Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la religione e sopra l'amorevolezza"; vale a dire, poggia, secondo G., sulla massima intesa intellettuale tra educatore ed educando, sulla loro piena sintonia affettiva e sull'efficacia attribuita alla religiosità vissuta nel cattolicesimo.

Nel marzo 1853, con il sostegno del vescovo d'Ivrea L. Moreno, G. iniziò la pubblicazione delle "Letture cattoliche", collana di fascicoletti periodici di piccolo formato, in media sul centinaio di pagine, a carattere monografico, scritti in stile facilmente accessibile a lettori di prima alfabetizzazione del mondo artigiano e contadino.

Si trattava di una iniziativa che colmava una lacuna entro il ventaglio di pubblicazioni auspicate dai vescovi della provincia ecclesiastica torinese riunitisi a Villanovetta nel 1849: a fianco di giornali politici come L'Armonia e di collane - destinate al clero, come la "Biblioteca ecclesiastica", o per i lettori di media cultura come la "Collezione di buoni libri" -, le "Letture cattoliche" indirizzavano i loro messaggi religiosi e implicitamente politici verso le aree sociali che apparivano più fedeli alla Chiesa, ma nel contempo, dal punto di vista della gerarchia ecclesiastica, anche più vulnerabili. Negli anni 1854-55 furono pubblicate le corrispettive "Lectures catholiques" che davano in versione francese i testi già editi in italiano ed erano destinate alle valli di Pinerolo, alla Val d'Aosta e alla Savoia. Nelle "Letture cattoliche" G. usò riversare la gran parte dei suoi scritti apologetici, catechistici, devozionali e agiografici mirando appunto a presentare positivamente la Chiesa cattolica, il Papato, l'opera degli oratori: Avvisi ai cattolici (Torino 1853), Il cattolico istruito (ibid. 1853-54) d'indole nettamente antivaldese, Conversione di una valdese (ibid. 1854), Maniera facile per imparare la storia sacra (ibid. 1855), La forza della buona educazione (ibid. 1855), Vita di s. Pietro (ibid. 1856), Vita di s. Paolo (ibid. 1857), Vite de' sommi pontefici s. Lino, s. Cleto, s. Clemente (ibid., 1857), le vite dei papi successivi dei primi tre secoli (1857-65), che perciò avevano coronato con il martirio la loro fede e il loro ministero nella Chiesa, Il mese di maggio consacrato a Maria SS. Immacolata (ibid. 1858), Vita del giovanetto Savio Domenico allievo dell'oratorio di S. Francesco di Sales (ibid. 1859). Varie edizioni ebbe una Storia d'Italia raccontata alla gioventù, pubblicata a parte la prima volta nel 1855, dove sono evidenti gl'intenti educativi e moralistici, ma dove anche trapela una presentazione positiva del dominio temporale del papa e della sua funzione "provvidenziale" a tutela del ministero del romano pontefice nel governo universale della Chiesa.

Soprattutto nel corso del primo decennio, data la gestione collettiva e la partecipazione di vari ecclesiastici nella scelta dei fascicoli da pubblicare, apparvero tra le "Letture cattoliche" libretti violentemente antirivoluzionari e avversi alla linea del governo, come la ristampa del Catechismo cattolico sulle rivoluzioni (1854) del gesuita S. Sordi, I beni della Chiesa: come si rubino e quali siano le conseguenze, del barone di Nilinse [J.-A. Collin de Plancy] con appendice sulle vicende particolari del Piemonte (Torino 1855). Impiantata la tipografia e la libreria all'oratorio di Valdocco, nel 1862-63 con una sorta di colpo di mano G. si dichiarò unico proprietario e direttore delle "Letture cattoliche". Ne seguì una controversia che si chiuse con la rinunzia del vescovo Moreno a ogni rivendicazione; il fatto segnò la fine di una proficua amicizia, ma non ci furono ripercussioni negative sulla rete di sostegni che G. e le sue opere avevano nel Canavese; si ebbe anzi un ulteriore impulso alla diffusione delle "Letture cattoliche" che dalle 3000 copie iniziali passarono nel decennio dopo l'Unità a una tiratura di circa 12.000 copie e servirono di modello a pubblicazioni consimili: le "Letture cattoliche" di Roma, quelle di Napoli e le altre di Padova, le "Piccole letture cattoliche" di Bologna. La rete dei distributori, per lo più composta da parroci, e la diffusione sempre più vasta dei fascicoletti contribuirono ad allargare la base di simpatie e a far crescere l'afflusso di giovani nelle istituzioni che facevano capo a don Bosco.

La legge Casati (1859) disponendo l'obbligo dell'organizzazione scolastica nei Comuni offrì a G. l'occasione per allargare il campo delle sue iniziative. Dopo l'esperimento di piccoli seminari vescovili gestiti sotto la propria responsabilità (Giaveno, in diocesi di Torino, nel 1859, e Mirabello Monferrato, in diocesi di Casale, nel 1863, trasferito nel 1870 a Borgo San Martino), si spinse con più decisione sul terreno delle scuole pubbliche offrendosi alla gestione sotto la propria responsabilità di collegi-convitti municipali; fu la volta di Lanzo Torinese (1864), Cherasco (1869), Alassio (1870), Varazze (1871), Vallecrosia (1875), istituti ai quali venne di norma affiancato l'oratorio e che si aggiungevano a quelli che a vario titolo erano legalmente riconosciuti come ospizi di beneficenza o scuole private (nel 1872 Genova-Sampierdarena, ecc.).

Chiuso per ordine di mons. Fransoni il seminario metropolitano (1848), G., così come gli oratoriani di S. Filippo Neri e i lazzaristi (i padri della missione), diede ospitalità a chierici diocesani che comunque in città seguivano le lezioni impartite dai professori del seminario. A questi chierici era naturale che si aggiungessero quei ragazzi degli oratori che entravano nella carriera ecclesiastica. Tali circostanze si prolungarono fin oltre il 1860 e consentirono a G. di avere un personale più stabile e più in sintonia con i propri metodi educativi per gli oratori e le scuole. Maturò così il disegno di sostituire alla Società o Congregazione degli oratori, formata per lo più da ecclesiastici e laici di buona volontà, un gruppo reclutato tra i suoi chierici e collaboratori laici. Si era negli anni del dibattito politico che portò negli Stati sardi alla soppressione di ordini religiosi e di altri enti ecclesiastici. Seguendo il consiglio di U. Rattazzi, egli adombrò un'associazione di individui che senza rinunziare ai diritti civili si proponessero finalità di bene pubblico, e cioè più in concreto l'educazione della gioventù specialmente più povera e abbandonata. Ma, all'interno del gruppo, G. dava coesione alle finalità comuni con vincoli religiosi: il voto a Dio di dedicarsi a opere di carità verso i giovani attorno al 1854, i tre voti religiosi tradizionali e la vita comune secondo il modello delle congregazioni canonicamente riconosciute attorno al 1858. Per i suoi salesiani elaborò pertanto la formula: "cittadini di fronte allo Stato; religiosi di fronte alla Chiesa". Recatosi a Roma nel febbraio-aprile 1858, venne accolto con simpatia da chi lo conosceva come direttore delle "Letture cattoliche" e di fiorenti oratori giovanili o anche con la fama di santo sacerdote e taumaturgo. Ottenuta qualche udienza pontificia, entrò in sintonia con Pio IX e ne ricevette caldi incoraggiamenti per tutti i suoi progetti. Il 18 dic. 1859 con altri diciotto ecclesiastici e laici diede inizio ufficiale alla Società di S. Francesco di Sales.

Non mancarono già in quegli anni critiche all'interno della curia arcivescovile: ci si interrogava sulla sorte dei chierici che stavano all'oratorio di Valdocco o altrove sotto la direzione di G. e che erano di norma incardinati nelle diocesi più varie. Un abbozzo di regole della Società salesiana fu inviato da G. all'arcivescovo e da questo rispedito a Torino perché fosse esaminato da suoi deputati; non poche riserve furono mosse dal padre lazzarista M. Durando, autorevole consultore vescovile. Morto l'arcivescovo a Lione (1862), si profilò per la diocesi torinese un periodo incerto sotto la gestione del vicario generale G.B. Zappata. G. ruppe ogni indugio. Nel 1864 ottenne da Roma il decretum laudis per la Pia Società di S. Francesco di Sales e l'avvio delle pratiche per il corrispettivo esame delle regole o costituzioni. Suffragato dalle commendatizie di molti vescovi subalpini, ebbe nel 1869 l'approvazione pontificia definitiva della Società salesiana e nel 1874 quella delle Regulae seu constitutiones mentre intanto a Torino si profilavano nuove difficoltà. Non era evidente infatti la figura istituzionale della Società salesiana: se era da ritenere una pura e semplice associazione diocesana ovvero una congregazione religiosa di diritto pontificio con il privilegio di esenzione dall'autorità vescovile.

Riaperto il seminario nel 1863, il vicario capitolare Zappata pazientò nel richiedere che i chierici di G. risiedessero con gli altri entro il seminario metropolitano. Insediato nel 1867 mons. A. Riccardi di Netro come arcivescovo, la situazione divenne più tesa. L'abate G. Tortone, incaricato d'affari della S. Sede, inviò da Torino una relazione che evidenziava quelli che considerava i difetti dell'ecclesiastico formato nell'oratorio di Valdocco, dove i chierici erano trattati con familiarità dai giovani educandi e perciò non erano adeguatamente formati al decoro necessario nel sacro ministero. In controluce era possibile vedere piuttosto la modernità del modello posto in pratica da G., che era in controtendenza con quanto si proponevano un po' dappertutto i vescovi e la stessa S. Sede, recisamente inclini alla chiusura totale dei chierici negli anni di formazione sacerdotale e a una certa separatezza tra clero e popolo. La divergenza divenne conflitto, quando al Riccardi di Netro (morto nel 1870) successe come arcivescovo L. Gastaldi (1871), che pure in passato era stato ammiratore, collaboratore e benefattore di don Bosco.

Il Gastaldi mosse dal presupposto che la Società salesiana fosse diocesana, perciò a pieno titolo sotto l'autorità vescovile. Intervenne pertanto pressantemente su G. e presso la S. Sede perché fossero prese decisioni nel senso da lui voluto. G. intanto toccava con mano la rapida espansione delle opere da lui promosse anche al di là dei confini della diocesi torinese. Il contrasto s'inasprì quando nel 1878-79 furono pubblicati a Torino cinque libelli che criticavano duramente la gestione diocesana dell'arcivescovo, il suo rosminianesimo e il trattamento da lui usato a don Bosco. Il Gastaldi se ne lamentò con la S. Sede, insinuando che di essi era ispiratore l'indocile fondatore dei salesiani. Su richiesta di Leone XIII, G. dovette piegarsi a un atto di scusa con l'arcivescovo e a un documento di "concordia" (16 giugno 1882); ma il gelo tra i due rimase e si ripercosse a lungo nell'atteggiamento sia del clero diocesano sia dei salesiani. Morto il Gastaldi (25 marzo 1883), nella sede di Torino gli successe G. Alimonda. Appena l'anno dopo G. ottenne il decreto di estensione ai salesiani dei privilegi concessi dalla S. Sede ai padri redentoristi, incluso perciò quello dell'esenzione dalla giurisdizione vescovile (28 giugno 1884). Rimasero così appianate le difficoltà e affermata la linea di sviluppo mondiale per la quale G. si era battuto tenacemente.

Frattanto fu attento a coltivare i sostegni che era possibile sollecitare entro i quadri della monarchia e dello Stato liberale. Nelle lotterie, tra i premi posti in lizza c'erano puntualmente quelli offerti da qualche membro della casa regnante; nel 1865 ottenne che il principe Amedeo di Savoia presenziasse alla posa della prima pietra dell'erigenda chiesa a Maria Auxilium christianorum. Trasferito il governo a Firenze, continuò a inoltrare richieste di sussidi dai fondi ministeriali a favore delle sue opere per la gioventù povera. Nel 1866-67 G. Lanza, autorevole esponente della Destra, fece ricorso anche a lui nelle vertenze tra S. Sede e governo sulla nomina di vescovi alle sedi vescovili vacanti; un certo ruolo G. ebbe anche nel corso della missione romana di M. Tonello. Negli anni 1870-71 fu coinvolto da G. Lanza nella questione dell'exequatur che dopo la legge delle guarentige il governo rivendicava per autorizzare i vescovi nominati dal papa a prendere possesso della loro sede. G. colse queste occasioni per ribadire il duplice ruolo che attribuiva a se stesso, cioè la sincera fedeltà al papa e allo Stato. Al Lanza scriveva l'11 febbr. 1872: "Assicuro che, mentre mi professo sacerdote cattolico ed affezionato al capo della cattolica religione, mi sono pur sempre mostrato affezionatissimo al governo, per i sudditi del quale ho costantemente dedicate le deboli mie sostanze e le forze e la vita". Tuttavia non scese mai a carezzare esplicitamente proposte politiche concrete, come invece fecero altri ecclesiastici piemontesi a lui noti, tra i quali G. Audisio e L. Murialdo, propensi a una sovranità territoriale pontificia ritagliata a Trastevere. Ancora nel 1873, con un messaggio di tono profetico all'imperatore Francesco Giuseppe, G. si mostrò proclive piuttosto a un intervento austriaco; ma tutto questo rimase coperto dalla massima riservatezza. Pochi anni dopo si mostrò ben lontano dall'intransigentismo politico più rigido: il 6 ag. 1876, per esempio, ospitò nel collegio salesiano di Lanzo gli esponenti della Sinistra A. Depretis, G. Zanardelli e G. Nicotera, venuti per l'inaugurazione del tratto ferroviario locale; nel 1878 indirizzò a F. Crispi un memoriale in cui illustrava i pregi del proprio sistema preventivo prospettandone i vantaggi in ordine alla pubblica utilità.

Proprio durante l'episcopato del Gastaldi egli era riuscito a fondare le Figlie di Maria Ausiliatrice (1872), cioè una famiglia religiosa femminile destinata ad affiancare i salesiani nelle loro opere e che singolarmente aveva come superiore supremo lo stesso G., rettor maggiore dei salesiani. Anziché rivolgersi a Roma, G. fece approvare le sue religiose e le loro regole dal vescovo di Acqui G.M. Sciandra, creando un precedente per approvazioni analoghe da altri vescovi. Con il sostegno delle istituzioni pubbliche e private più varie poté aprire oratori, collegi, ospizi, scuole agricole, oltre che in Italia, in varie parti dell'Europa: Nizza Mare (1874), La Navarre (1878), Marsiglia (1878), Saint-Cyr (1880), Parigi (1884) in Francia; Utrera (1880), Barcellona-Sarriá (1884) in Spagna; Battersea (1887) in Inghilterra; Liegi (1887) in Belgio. Intanto, sull'onda dell'emigrazione europea e in risposta alla domanda sociale e politica d'istruzione, poté inviare i salesiani e le figlie di Maria Ausiliatrice in vari paesi dell'America Latina: Buenos Aires (1875), San Nicolás de los Arroyos (1876), Carmen de Patagones e Viedma (1879), Santa Cruz (1885) in Argentina; Montevideo (1876) in Uruguay; Niterói (1883) e San Paolo (1884) nel Brasile; Quito (1885) in Ecuador; Concepción e Punta Arenas (1887) nel Cile; Malvine Falkland (1887). Le imprese di alcuni pionieri salesiani tra gli indios della Patagonia e della Terra del Fuoco, riverberandosi epicamente in Europa, accrescevano gli entusiasmi e mobilitavano vocazioni missionarie entro il mondo giovanile salesiano, stimolato oltre tutto dalla narrazione che G. faceva confidenzialmente di "sogni profetici" sull'avvenire dei salesiani nei cinque continenti.

Sensibile al clima di riorganizzazione delle forze sociali cattoliche in Italia, nel 1874 G. fondò l'Unione dei cooperatori salesiani ispirata al principio "vis unita fortior". Ne risultò un più ampio coinvolgimento dell'opinione pubblica e di vari strati della popolazione. G. non ebbe scrupoli a inviare l'iscrizione tra i cooperatori anche a notori liberali e persino a non cristiani, come all'ebreo G. Malvano, alto funzionario del ministero degli Esteri italiano. La rete dei cooperatori venne coltivata con apposite conferenze e con il lancio del mensile Bollettino salesiano a partire dal 1877. Il Bollettino, inviato gratuitamente anche a non cooperatori, giovò ad allargare simpatie e anche a procurare finanziamenti per le imprese che G. andava promuovendo. All'edizione italiana furono affiancate quelle in lingua francese (1879) e spagnola (1886); seguirono, nell'intento di raggiungere i paesi più vari di tutti i continenti, quella inglese (1892), tedesca (1895), fiamminga (1913).

Nonostante l'età avanzata e la malferma salute, negli ultimi anni di vita non cessò di viaggiare a sostegno delle proprie iniziative. Nel 1883 fu accolto da folle di ammiratori a Parigi; lo stesso anno si recò a Frohsdorf (Austria) in visita al pretendente al trono francese Henri-Charles de Chambord; nel 1884 e 1885 a Marsiglia; nel 1886 a Barcellona; nel maggio 1887 per l'ultima volta a Roma.

Si spense a Torino nell'oratorio di Valdocco il 31 genn. 1888, e il capo del governo, F. Crispi, ne autorizzò la sepoltura nel collegio salesiano di Torino-Valsalice. Beatificato il 2 giugno 1929, fu proclamato santo il 1° apr. 1934.

Fonti e Bibl.: Roma, Archivio salesiano centrale, in particolare: fondo Don Bosco, riprodotto quasi tutto in microschede e computerizzato. Lettere di G. e la documentazione più varia si trovano presso molti archivi pubblici e privati; a titolo di esempio si veda l'utilizzazione che, nel pubblicarne l'Epistolario, F. Motto fa di materiali conservati nella Città del Vaticano, quali l'Arch. segreto Vaticano, l'Arch. degli Affari ecclesiastici straordinari, l'Arch. della S. Penitenzieria, l'Arch. della S. Congregazione dei Vescovi e Regolari, l'Arch. della S. Congregazione per le cause dei santi; in Roma, l'Arch. centr. dello Stato e l'Arch. stor. del ministero degli Affari Esteri; a Torino, l'Arch. di Stato e l'Arch. stor. del Comune; a Stresa, l'Arch. stor. dell'Istituto di carità; archivi salesiani di Torino, Bahía Blanca, Buenos Aires, Montevideo ecc. Tra le edizioni di scritti di G. si vedano Opere e scritti ed. e ined., I-VI (i soli pubblicati), a cura di A. Caviglia, Torino 1929-63; Opere edite, Roma 1976-77, divise in prima serie (Libri e opuscoli, in ristampa anastatica), voll. I-XXXVII, e seconda serie (Contributi su giornali e periodici, contenente articoli su L'Armonia e L'Unità cattolica, in composizione tipografica, e L'Amico della gioventù, numero superstite in ristampa anastatica), vol. XXXVIII (è in preparazione una ulteriore serie che comprenderà la ristampa anastatica delle Lettere circolari a stampa); Epistolario, a cura di E. Ceria, I-IV, Torino 1955-59, e in ed. critica a cura di F. Motto, in corso di pubblicazione, I-III, Roma 1991-99 (dal 1835 al 1872).

G.B. Lemoyne - A. Amadei - E. Ceria, Memorie biografiche di don (del beato…, di san…) Giovanni Bosco, I-XX, San Benigno Canavese-Torino 1898-1948 (trad. spagnola, I-XX, Madrid 1981-98; inglese, I-XX, New Rochelle [NY] 1965-98); F. Desramaut, Les "Memoires I" de Giovanni Battista Lemoyne. Étude d'un ouvrage fondamental sur la jeunesse de saint Jean B., Lyon 1962; P. Stella, Gli scritti a stampa di san G., Roma 1977; Id., G.B. nella storia della religiosità cattolica, I-III, Roma 1979-88 (prima ed. dei voll. I-II, Zürich 1968-69); Id., G. B. nella storia economica e sociale 1815-1870, Roma 1980; G. Soldà, G. B. nella fotografia dell'800: 1861-1888, Torino 1987; G. B. nella Chiesa a servizio dell'umanità. Studi e testimonianze, a cura di P. Braido, Roma 1987; G. B. nella storia della cultura popolare, a cura di F. Traniello, Torino 1987; P. Scoppola - M. Guasco - F. Traniello, G. B. e le sfide della modernità, Torino 1988; Torino e G. B., a cura di G. Bracco, I-II, Torino 1989; G. B. e la sua esperienza pedagogica: eredità, contesti, sviluppi, risonanze, a cura di C. Nanni, Roma 1989; G. B. nella storia. Atti del I congr. internaz. di studi su G. B., Roma… 1989, a cura di M. Midali, Roma 1990; A. Miscio, Firenze e G. B. 1848-1888, Firenze 1991; J.M. Prellezo, Valdocco nell'Ottocento tra reale e ideale (1866-1889). Documenti e testimonianze, Roma 1992; F. Desramaut, G. B. en son temps (1815-1888), Torino 1996; P. Stella, Juan B. en la historia de la educación, Madrid 1996. Sugli oratori nel quadro sociale torinese: E. Reffo, Don Cocchi e i suoi artigianelli, Torino 1896; A. Castellani, Leonardo Murialdo, I-II, Roma 1966-68, ad indices; M. Carrozzino, Don Guanella e G. Bosco. Storia di un incontro e di un confronto, Roma 1989; G. Dotta, La nascita del movimento cattolico a Torino e l'Opera dei congressi (1870-1891), Casale Monferrato 1999, ad indicem. Sul conflitto tra G. e L. Gastaldi: G. Tuninetti, Lorenzo Gastaldi 1815-1883, II, Casale Monferrato 1988, pp. 259-290. Circa la nomina dei vescovi si vedano le puntualizzazioni di G. Martina, G. B. e i suoi interventi nella scelta dei vescovi e nella "battaglia" per gli exequatur, in Id., Pio IX (1867-1878), Roma 1990, pp. 581-583. Sul sistema educativo di G.: N. Endres, G. Bosco. Erzieher und Psychologe, München 1966; P. Braido, Il sistema preventivo di G. B., Zürich 1964 (prima ed., Torino 1955); R. Weinschenk, Grundlagen der Pädagogik Don B.s, München 1987; Éducation et pédagogie chez don Bosco. Colloque interuniversitaire, Lyon… avril 1988, Paris 1989; L'impegno dell'educare, a cura di J.M. Prellezo, Roma 1991; G. B. educatore. Scritti e testimonianze, a cura di P. Braido, Roma 1997; Id., Prevenire non reprimere. Il sistema educativo di G. B., Roma 1999; P. Cavaglià, El sistema preventivo en la educación de la mujer…, Madrid 1999.

L'Istituto storico salesiano di Roma, che sta curando edizioni critiche e studi, pubblica dal 1982 il periodico Ricerche storiche salesiane e la collana di "Studi", cui si sono aggiunte la "Piccola biblioteca dell'Istituto storico salesiano" (dal 1984) e, dal 1995, le "Bibliografie". L'Institute of Salesian Studies (Berkeley, CA) pubblica dal 1990 il Journal of Salesian Studies.

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