SANTA MARIA Capua Vetere

Enciclopedia Italiana (1936)

SANTA MARIA Capua Vetere (A. T., 27-28-29)

Luchino FRANCIOSA
Edgardo GRAZIA

Città della provincia di Napoli, fino al 1927 della soppressa provincia di Caserta, situata nel fertile piano campano a 36 m. s. m., a uguale distanza (km. 6) tra Capua e Caserta. Sorta nel luogo dove prima era l'antica città di Capua, distrutta forse nell'842 dai Saraceni (v. capua), ha case di bell'aspetto e vie larghe, incrociantisi ad angolo retto; contava 21.019 ab. nel 1931. Fra i monumenti sono da ricordare i resti dell'anfiteatro a N. della città e il duomo o collegiata di Santa Maria Maggiore costruito nel 497 sulle catacombe da S. Simusiaco (v. sotto). È un importante centro commerciale di prodotti agricoli e mercato settimanale di suini e bovini, con scarse industrie, per lo più limitate a quelle manifatturiere e della preparazione di conserve. Ha due stazioni ferroviarie: una sulla linea Caserta-Cassino-Roma e l'altra sulla Piedimonte d'Alife-Napoli, con servizio automobilistico per Castel Volturno (33 km.).

Il territorio comunale, di tufi e ceneri vulcaniche, ha una superficie di 39,21 kmq. con una popolazione di 36.637 ab. (1931); esso è stato recentemente ingrandito con l'aggregazione degli ex-comuni di Casapulla, Curti, San Prisco, San Tammaro; prima di queste aggregazioni, nel 1921, contava 22.761 ab. (20.158 nel 1881). Il comune ha popolazione assai accentrata: 286 ab. vivono in case sparse; il resto, nel centro capoluogo (59%) e nei grossi villaggi di San Prisco (4185), Curti (3896), Casapulla (2998), Sant'Andrea dei Lagni (2020), San Tammaro (1766), Sant'Agostino (467).

La superficie per l'80% è occupata dai seminativi, in piccola parte arborati, per il 10% da colture legnose di viti, olivi, mandorli e frutta varie, per il 6% da prati-pascoli e pascoli permanenti. I prodotti agrarî principali sono granoturco, canapa, grano, vino, frutta. Vi è un campo-scuola dell'aviazione militare.

Monumenti. - Di Capua antica è monumento insigne l'Anfìteatro Campano (assi dell'ellisse m. 167 × 137), sorto nel sec. I dell'impero, restaurato da Adriano, che vi costruì in alto la loggia di colonnati marmorei e lo adornò di statue, dedicato da Antonino Pio, ora, per barbare devastazioni di molti secoli, ridotto a immane rovina. Di simili architetture caratteristicamente romane fu una delle più grandiose, tanto da contendere per mole e fasto il primato al Colosseo; era, come questo, a 4 ordini: i tre inferiori di 80 fornici ognuno, in travertino, ed il quarto a muro continuo decorato da paraste. Ne fanno intuire lo splendore originario le chiavi degli archi a terreno con vigorosi busti di divinità (due restano in situ) e più ancora le statue di marmo di Venere, Adone e Psiche (Museo Naz. di Napoli) già collocate, insieme con parecchie perdute, nel 2° e 3° ordine. Come altri anfiteatri è dotato di corridoi sotterranei e ambienti adatti ai servizî per gli spettacoli che si davano nell'arena: naumachie, lotte di gladiatori, cacce di belve.

Si conosce il luogo di uno dei teatri della città, di fronte al criptoportico delle terme e soltanto in parte ormai, con misere spoglie di nudi mattoni su basi di travertino, si eleva sull'Appia l'Arco di Adriano, che fu a tre fornici.

È invece discretamente conservato il Mitreo sotterraneo, a rettangolo allungato, dipinto nella vòlta a botte con stelle, nel fondo con l'affresco di Mitra tauroctono e, sui fianchi, con scene di iniziazione ai misteri del culto del dio persiano.

Nelle vicinanze presentano interesse architettonico due tombe romane: la prima con quattro cilindri agli angoli del basamento e, in cima, tamburo circolare; la seconda che ha nell'ampio zoccolo la chiesa della Madonna della Libera.

Le distruzioni tanto a lungo operate nel Colossus, nei molti templi e negli altri sontuosi edifici pagani fornirono anche in abbondanza i cantieri del duomo (fine sec. IV, princ. sec. V), ripetutamente trasformato fino a perdere quasi ogni carattere, ma che conserva nelle 5 navi le primitive colonne di marmi svariati, tolte dai monumenti antichi.

Scomparso è oggi il sepolcro di S. Prisco, ma ivi, nell'abitato omonimo, la cappella di Matrona (sec. VI) mostra, nelle reliquie di musaici con elementi vegetali e i simboli degli Evangelisti su fondo azzurro cupo nella vòlta a crociera cupoliforme, le influenze dell'arte d'Oriente.

Bibl.: A. S. Mazzocchi, In mutilum Campani Amphitheatri titulum aliasque nonnullas campanas inscriptiones commentarius, Napoli 1727, 1745 e 1797; E. Bertaux, L'art dans l'Italie Méridionale, Parigi 1904; A. Broccoli, Catalogo della Biblioteca topografica del Museo Campano, Capua 1906-1913; S. Di Giacomo, Da Capua a Caserta, Bergamo 1924; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I: Il Medioevo, Torino 1927.

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