Pertini, Sandro

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Uomo politico italiano (Stella, Savona, 1896 - Roma 1990). Iscritto al Partito socialista unitario dal 1924, venne incarcerato e confinato durante il fascismo. Partecipò alla Resistenza tra i massimi dirigenti del Comitato di liberazione nazionale Alta Italia (CLNAI). Promosse la ricostruzione del Partito socialista e, sostenitore dell'unità delle sinistre, fu direttore dell'Avanti! (1946-47, 1949-51). Deputato alla Costituente, senatore (1948-53), deputato dal 1953, fu presidente della Camera (1968-76) e dopo le dimissioni di G. Leone fu eletto presidente della Repubblica (1978-85). Diede del mandato presidenziale un'interpretazione attiva e dinamica nella soluzione di alcune crisi di governo, sviluppando talora un'efficace interlocuzione diretta con la nazione.

Vita e attività

Dottore in legge (Modena) e scienze sociali (Firenze), partecipò giovanissimo alla prima guerra mondiale come tenente dei mitraglieri. Iscritto al Partito socialista unitario dal 1924, svolse un'intensa attività organizzativa e nel dopoguerra fu tra gli animatori dell'antifascismo ligure. All'esigenza di avversare l'egemonia del fascismo con la testimonianza di una presenza democratica e libertaria, il giovane socialista, al pari di altri giovani della sua generazione come i Rosselli, P. Gobetti e A. Gramsci, uniformò la sua attività negli anni del carcere, del confino e della Resistenza. L'intransigenza antifascista maturò come conseguenza al fallimento della politica dell'Aventino: il carcere costituiva l'unica forma di opposizione allora realizzabile. Fu condannato una prima volta nel 1925 per aver redatto e diffuso un opuscolo antifascista e, nel 1927, subì un'ulteriore condanna per aver favorito l'espatrio di F. Turati in Francia (dic. 1926), dove lo stesso P. si trasferì. Successivamente la necessità di mantenere il contatto diretto con l'opinione italiana e il frutto di trent'anni d'attività socialista tra le masse giovanili e operaie, determinò in P. la decisione di rientrare in Italia. Munito di passaporto falso, riconosciuto e arrestato nell'aprile 1929, fu condannato nel novembre successivo dal Tribunale speciale a 11 anni di reclusione; ne scontò 7 in carcere e fu poi confinato a Ponza e Ventotene. Liberato nell'agosto 1943, con P. Nenni e G. Saragat ricostituì il partito socialista e combatté nella difesa di Roma a Porta S. Paolo. Nell'ottobre 1943 fu arrestato dalle SS e condannato a morte; nel gennaio 1944 evase dal carcere romano di Regina Coeli e si trasferì a Milano dove fu tra i massimi dirigenti del Comitato di liberazione nazionale dell'Alta Italia, tra gli organizzatori dell'insurrezione dell'aprile 1945. Segretario del PSI fino al dicembre 1945, direttore dell'Avanti! (1946-47, 1949-51), fu deputato alla Costituente, senatore (1948-53), deputato dal 1953. Sul terreno politico fu sostenitore dell'unità delle sinistre e dell'autonomia del PSI e avversario del centrosinistra. Presidente della Camera dei deputati (1968-76), fu eletto, dopo le dimissioni di G. Leone, presidente della Repubblica (1978-85), sostenuto da un largo schieramento che escludeva l'estrema destra. A differenza dei predecessori, P. improntò la sua azione a un notevole dinamismo, dando un'interpretazione più attiva della carica e delle funzioni di presidente della Repubblica. Dotato di grande comunicativa e di un linguaggio semplice ed efficace, riscosse in anni difficili e in circostanze spesso drammatiche il larghissimo consenso di chi vedeva in lui il rappresentante di un'Italia diversa, non toccata dagli scandali. I suoi interventi politici furono condotti in uno stile schietto e talvolta duro, come avvenne nel novembre 1980, dopo il terremoto in Irpinia, quando in un messaggio alla nazione si scagliò contro i pubblici poteri per la lentezza dei soccorsi e la grave inefficienza dimostrata dallo stato. Nella crisi di governo iniziata nel gennaio 1979 affidò per la prima volta l'incarico governativo a un laico, il repubblicano U. La Malfa, che non riuscì nel suo intento per i veti incrociati della DC e del PCI. Fu ancora P. ad affidare l'incarico a un altro repubblicano, G. Spadolini, nel giugno 1981, e al socialista B. Craxi nell'agosto 1983. In campo internazionale perseguì sempre un coerente pacifismo, esprimendosi a favore di un disarmo «totale e controllato» (aprile 1983), oppure dichiarando che il contingente italiano inviato in Libano avrebbe dovuto essere immediatamente ritirato in caso di guerra (dicembre 1983). Terminato il mandato presidenziale (giugno 1985), divenne, di diritto, senatore a vita della Repubblica. Tra i suoi scritti il memoriale Sei condanne, due evasioni (1970); nel 2012 un'ampia selezione di testi e discorsi dell'uomo politico è stata pubblicata a cura di P. Pierri sotto il titolo Gli uomini per essere liberi.

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