SAN MINIATO

Federiciana (2005)

SAN MINIATO

PPaolo Cammarosano

Castello di antica data, certamente fondato nella grande ondata dell'incastellamento del sec. X, San Miniato era divenuto nel sec. XII una stabile sede imperiale, destinata cioè a ospitare in un pubblico palatium l'imperatore e il suo seguito, in via occasionale, e in via stabile i delegati dell'autorità imperiale, il loro tribunale e il loro ufficio finanziario. Una tensione sembra essersi manifestata alla fine del sec. XII tra la comunità locale e la guarnigione imperiale, ma al tempo di Ottone IV il ruolo di nucleo forte dell'autorità imperiale era stato ricostituito.

Le sorti del castello e della comunità furono in buona parte determinate dalla presenza di un personaggio di spicco nelle vicende della tormentata successione sveva, il nobile tedesco Everardo di Lautern, già seguace di Ottone IV e passato allo schieramento federiciano dopo la battaglia di Bouvines (v.) e la conseguente disfatta della parte ottoniana. Prima di recarsi in Germania per garantire con la sua presenza l'adesione a Federico re, Everardo affidò alla comunità sanminiatese la custodia del castello e ottenne poi che Federico concedesse a San Miniato la vicina cittadina di S. Genesio e l'obbligato passaggio per San Miniato della via che collegava Firenze e Pisa (1217). Furono fatti importanti per l'incremento della cittadina, nella quale poi Everardo di Lautern avrebbe tenuto la propria residenza e dalla quale l'imperatore Federico II avrebbe emanato più di un precetto (a cominciare da quello datato settembre 1220 nel quale il sanminiatese Benzone veniva nominato giudice ordinario e pubblico notaio).

Fu così da San Miniato che Everardo di Lautern pronunziò nel marzo del 1221 la sentenza in una controversia tra il vescovo e il comune di Pistoia, e che cinque anni più tardi l'imperatore annunziò alle autorità ecclesiastiche e civili della Tuscia l'avvio di un'inchiesta sui diritti imperiali affidata a Bertoldo, fratello di Rainaldo duca di Spoleto e legato in Tuscia. San Miniato era adesso retta da un castellano, delegato dal legato imperiale in Tuscia e assistito al caso da un 'consiglio di buoni e sapienti uomini'. La comunità aveva sviluppato una sua autonomia e la capacità di seguire una linea politica propria, che conobbe verso la fine degli anni Venti una fase di inclinazione guelfa e fiorentina.

Si spiegano così l'ira e la volontà punitiva che Federico II manifestò, dopo la vittoria di Cortenuova (v.), contro quello che avrebbe dovuto essere un caposaldo imperiale. Dopo avere celebrato a Pisa il Natale del 1239, l'imperatore si portò a San Miniato, trascorse qui il giorno di Capodanno del 1240, vi ricevette i delegati di città e castelli toscani e ordinò infine la distruzione delle torri e la revoca della donazione a San Miniato di Borgo S. Genesio. All'afflizione della comunità cittadina faceva riscontro il potenziamento delle fortificazioni imperiali, con una nuova cinta di mura turrite e con l'edificazione della nuova torre, che ancora oggi si innalza sulla sommità del castello. In questa rinnovata roccaforte sarebbero stati incarcerati, dopo un primo passaggio a Pisa, i prelati catturati al Giglio il 3 maggio del 1241 (v. Giglio, battaglia del).

San Miniato si era configurato così sempre di più come un luogo di esercizio della coercizione e della forza militare, dove però si manifestavano anche il conflitto interno e la formazione di uno schieramento antimperiale, che determinò nel 1248 una sollevazione comunale e la distruzione dell'odiata comunità rivale di Borgo S. Genesio. L'anno seguente la nomina del nuovo podestà fu assai tormentata, e infine le forze imperiali ripresero il controllo del castello. Qui si sarebbe compiuta, secondo una tradizione storiografica, la tragica punizione per accecamento di Pier della Vigna nella primavera del 1249. San Miniato avrebbe poi abbandonato la causa sveva poco dopo la morte di Federico II.

Fonti e Bibl.: M.L. Testi Cristiani, San Miniato al Tedesco, Firenze 1967; Ead., Urbanistica e architettura a San Miniato nei tempi di Federico II, in Politica e cultura nell'Italia di Federico II, a cura di S. Gensini, Pisa 1986, pp. 251-264 e 40 tavv. Per alcuni dettagli riportati qui, v. J. Ficker, Forschungen zur Reichs- und Rechtsgeschichte Italiens, IV, Innsbruck 1874 (riprod. anast. Aalen 1961), nrr. 282, 291, 304; R. Davidsohn, Geschichte von Florenz, I-IV, Berlin 1896-1927 (trad. it. Storia di Firenze, I-VIII, Firenze 1972-1973, in partic. il vol. II, 1, del 1908); da integrare con Id., Forschungen zur älteren Geschichte von Florenz, IV, ivi 1908 (riprod. anast. Torino 1964), segnatamente le pp. 15, 57, 58, 357-359, 378, 474, 487-490, 532.

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