Salute

Universo del Corpo (2000)

Salute

Howard S. Friedman
Giorgio Santacroce

Il termine salute (dal latino salus, "salvezza, incolumità, integrità", affine a salvus, "salvo") in medicina indica lo stato di benessere individuale, espressione di normalità strutturale e funzionale dell'organismo considerato nel suo insieme. Il concetto di salute non corrisponde pertanto alla semplice assenza di malattie e di deficit funzionali, ma esprime la condizione positiva di efficienza psicofisica. Fattori biologici, psicologici, culturali e sociali concorrono alla formazione e alla preservazione della complessiva situazione di benessere, che è soprattutto frutto dell'interazione fra salute mentale e salute fisica. In ambito giuridico, le tematiche relative al diritto alla salute fanno riferimento al dettato della nostra carta costituzionale, che considera la tutela della salute come 'diritto fondamentale dell'individuo' e come 'interesse della collettività'.

Psicologia della salute

di Howard S. Friedman

1.

Dalla teoria degli umori alla medicina psicosomatica

La nozione occidentale di salute ha le sue origini nell'antica Grecia. Ippocrate (5°-4° secolo a.C.) aveva individuato nei quattro umori corporei (sangue, bile nera, bile gialla e flemma) i fondamenti biologici della natura umana e in età romana il medico Galeno (2° secolo d.C.) ricorse a essi per spiegare non solo il temperamento ma anche le cause delle malattie. Si pensava che l'umore prevalente nell'organismo di un individuo determinasse il suo carattere predominante e che l'eccesso di un umore fosse causa di malattie. Si riteneva, per es., che un'eccessiva quantità di bile nera determinasse un temperamento malinconico, una tendenza alla depressione e alle malattie organiche a essa associate. Psicologia e salute erano considerate dunque intimamente connesse. Anche se attualmente nessun fisiologo sonda il corpo umano alla ricerca degli umori, si parla ancora della tendenza alla disperazione e alla depressione del 'malinconico', di quella all'inquietudine e all'aggressività del 'collerico', dell'apatia del 'flemmatico' e dell'ottimismo del 'sanguigno'. Gli studi condotti in duemila anni sui legami esistenti tra emozione, personalità e salute suggeriscono che queste concezioni contengono probabilmente alcune verità, anche se le idee in esse espresse sono troppo vaghe. Nel 17° secolo R. Descartes sosteneva che la mente degli esseri umani appartiene al dominio spirituale, mentre il loro corpo fa parte del mondo della materia e, in quanto tale, può essere oggetto di indagine scientifica. Egli pensava che la mente e il corpo fossero separati, benché strettamente connessi. Tale separazione favoriva una libera riflessione sulla salute, sottraendola a un'eccessiva dipendenza da questioni di carattere religioso e spirituale. Il dualismo mente/corpo però indusse gli studiosi del periodo successivo a mantenere una rigida distinzione tra ciò che veniva considerato mentale e ciò che veniva considerato fisico. Nel tentativo di ricomporre questa separazione, alcuni filosofi sostennero che il corpo è in grado di pensare, mentre altri affermarono che il corpo esiste nella mente; nessuno però riuscì a concepire la mente e il corpo come un'unità inscindibile. Anche nella medicina moderna i problemi mentali sono quasi sempre distinti da quelli organici. Molti medici si concentrano su questi ultimi, quali per es. le infezioni batteriche, le fratture ossee e le arterie ostruite, mentre i disturbi come la depressione, lo stress e la mancanza di 'voglia di vivere' vengono abitualmente classificati come problemi mentali e, conseguentemente, rinviati agli specialisti della salute mentale. In realtà questo falso dualismo è talmente inadeguato che porta a commettere seri errori nel modo di affrontare molte gravi malattie. Le tradizioni orientali sono incorse con minore frequenza nell'artificiosa dicotomia mente/corpo, ma, d'altro lato, si sono dimostrate anche meno scientifiche. Nello yoga e nelle tradizioni indù le posizioni del corpo, la respirazione, il digiuno e altre pratiche corporee venivano (e sono tuttora) eseguite contemplando uno scopo e un fine spirituali. Invece che agli umori, in questo caso l'attenzione è rivolta alle energie vitali che si suppone fluiscano attraverso il corpo. Alcune di queste concezioni hanno dimostrato di possedere una validità scientifica: per es., la medicina occidentale ha riconosciuto che la meditazione e la concentrazione producono uno stato di rilassamento e di benessere fisico che è stato denominato risposta di rilassamento (Benson 1975).

Tuttavia, nonostante l'importanza attribuita dalle tradizioni orientali agli stretti legami esistenti tra i problemi psicologici e quelli organici, la maggior parte dei progressi nell'ambito della comprensione delle basi scientifiche del trattamento medico, come pure la maggior parte delle tecniche farmaceutiche e chirurgiche, derivano dagli studi della medicina occidentale. Il mancato superamento della tensione tra le antiche intuizioni olistiche degli orientali sugli effetti dell'attività mentale sulla salute fisica e lo scetticismo dell'Occidente e la sua dipendenza dai fenomeni biologici costituisce un problema per la terapia moderna della salute. All'inizio del 20° secolo la questione dei rapporti tra psicologia e malattia ha compiuto una svolta decisiva con le teorie e le osservazioni di S. Freud e dei suoi seguaci. Impiegando l'ipnosi e le relative tecniche psicodinamiche, Freud riuscì a curare casi di paralisi isterica (per es. quelli di alcune giovani donne fisicamente paralizzate da problemi psicologici) e le relative cause. Ma non venne data nessuna indicazione per quanto riguarda il cancro, le malattie del cuore, le emicranie ecc. Solamente negli anni Quaranta e Cinquanta la medicina psicosomatica di indirizzo psicoanalitico ha iniziato a occuparsi di queste malattie (v. psicosomatica). Ci si interrogò allora sulla possibilità da parte dei disturbi mentali di contribuire alle malattie organiche (Dunbar 1943). Basandosi sull'osservazione clinica, lo psicoanalista F. Alexander (1950) rispose affermativamente e suggerì che diverse malattie sono causate da specifici conflitti emozionali inconsci. Secondo Alexander, per es., le ulcere sono legate a conflitti di tipo orale (al desiderio inconscio, cioè, di soddisfare bisogni infantili) e l'asma all'ansia da separazione (al desiderio, cioè, di essere protetti dalla propria madre). Benché queste idee siano stimolanti per i clinici, le ricerche empiriche mirate a verificarle non sono state molte. Tuttavia l'ipotesi secondo la quale esiste talvolta un rapporto tra la personalità di un individuo e le malattie da lui sviluppate iniziò ad acquistare una maggiore credibilità scientifica nel corso delle ricerche su stress e malattie.

2.

Salute mentale e salute fisica

Attualmente è stata superata la vecchia dicotomia tra mentale e organico. Si è constatata l'esistenza di un rapporto di reciprocità, più profondo di quanto si fosse supposto, tra il nostro stato generale, le funzioni del nostro organismo e le nostre cognizioni, i nostri stati d'animo e il nostro benessere mentale. La moderna psicologia della salute e la medicina comportamentale, elaborate in base alle idee biopsicosociali di G.L. Engel (1977) e ai concetti generali di adattamento di H. Selye (1956), forniscono le prove documentali dei diversi modi in cui i pensieri, le reazioni emotive e i comportamenti sono strettamente intrecciati alle malattie, alle lesioni e all'omeostasi fisiologica. Inoltre le nozioni moderne della psicologia della salute hanno superato l'artificiosa dicotomia tra natura ed educazione. Più si progredisce nella scoperta dei fondamenti biologici degli stati mentali e del comportamento, più si comprende il modo in cui queste tendenze biologiche si esprimono nell'ambiente familiare, sociale e culturale. Gli esperti riconoscono sempre più frequentemente l'importanza complementare della prevenzione e del trattamento. Un metodo di cura della malattia - che la si voglia chiamare mentale od organica - si rivelerà in definitiva inefficace se non è associato a uno sforzo di prevenzione. Per es., nella cura di una disfunzione mentale una terapia a base di farmaci è destinata a fallire se il paziente non può reinserirsi in un ambiente psicosociale idoneo. D'altro lato, la prevenzione non può ragionevolmente ignorare l'opportunità di certi rimedi fisiologici. Si ritiene sempre più spesso che lo stress sia il risultato di una complessa interazione tra la persona, l'ambiente, la struttura sociale di supporto e la cultura. È stato dimostrato che in ambienti sani l'incidenza e il rilievo tanto dei disturbi mentali quanto delle malattie organiche tendono a declinare. Vi sono inoltre molte significative variazioni a seconda dell'età, del sesso, della famiglia e della società. Vale a dire che per capire a fondo e migliorare la salute di una persona dobbiamo conoscere la sua costituzione fisiologica e psicologica, ma anche la sua età, la sua famiglia, il suo lavoro e la posizione che occupa nella società. Le relazioni esistenti tra stili coerenti di risposta psicologica e salute fisica sono ipotizzate in diversi modelli interpretativi (Personality and disease 1990; Friedman 1991). Secondo un primo modello di tipo biologico, l'assetto della salute fisica e quello della salute mentale sono influenzati dalle risposte biologiche date dall'organismo a influenze genetiche, pre- o perinatali, del primo o del successivo ambiente biologico; la gamma degli esempi va dalle anomalie genetiche alle influenze ormonali e alla reattività fisiologica costituzionale. Il secondo modello, che prende in considerazione lo stress e la capacità di affrontarlo, suggerisce che alcune persone hanno più difficoltà ad affrontare le tensioni della vita moderna e che quindi si ammalano più facilmente; per es. qualcuno reagisce alle tensioni assumendo un atteggiamento di ostilità cronica, che può causare un'eccessiva attivazione del sistema nervoso autonomo e/o dell'asse pituitario-adrenale-corticale, e di conseguenza la malattia. Il terzo modello è incentrato sul comportamento e suggerisce che certe persone tendono ad adottare comportamenti malsani o hanno una scarsa attitudine a comportarsi in modo sano: propendono più facilmente a fumare o ad abusare dei medicinali, a seguire una dieta alimentare povera, a non svolgere una regolare attività fisica, e quindi difficilmente mantengono la salute e raggiungono la longevità. Secondo una variante di questo modello, alcune persone tendono con più facilità a trovarsi in situazioni stressanti o pericolose o a non disporre di forti legami affettivi. Tutti e tre i modelli si sono dimostrati utili alla comprensione della psicologia della salute.

3.

Benessere

Tra gli individui che non soffrono di malattie organiche comprovate si può riscontrare un'ampia gamma di stati di salute. Dal momento che una parte di coloro che esercitano la professione medica ha tradizionalmente ed erroneamente identificato la salute con l'assenza di malattie, alcuni scienziati hanno adottato il termine benessere per designare la condizione di quei soggetti che non solo non soffrono di alcuna malattia ma agiscono in modo efficace per migliorare la loro salute. Colui che ricerca il benessere è il costruttore della propria forma fisica e mentale e quindi amplia la gamma di ciò che deve essere considerato salutare e può acquisire una maggiore flessibilità nei confronti della vita. Il concetto di benessere è dunque un efficace antidoto contro la concezione secondo cui la salute si raggiungerebbe mantenendo il corpo passivo, privo di malattie. Vi sono molti aspetti della psicologia e dello stile di vita di una persona che hanno a che fare con il benessere, per es. le modalità di affrontare lo stress. Il dualismo mente/corpo presuppone erroneamente che la mente e il corpo operino indipendentemente, mentre, nella realtà, i fattori mentali e quelli fisici sono quasi sempre strettamente legati. Per es., il dolore può essere provocato da problemi organici, ma anche da difficoltà mentali; inoltre esso può essere controllato attraverso pratiche mentali, come pure con medicinali o con la chirurgia, ed è fuorviante considerare il dolore e la malattia esclusivamente o fisici o mentali. Affrontare lo stress significa saper pensare e comportarsi in modo da far fronte a situazioni complesse: al pari dell'idoneità fisica, quella mentale presuppone il possesso di una flessibilità e di un'abbondanza di risorse che consentano di adattarsi a una specifica situazione impegnativa o di risolverla. Altri problemi relativi alla salute fisica e mentale derivano dall'abuso di sostanze (tabacco, alcol, cibo) o di farmaci. I medici che si concentrano solo sui risultati fisici di questi comportamenti - cancro polmonare, cirrosi epatica e malattie del cuore - hanno un quadro incompleto della situazione. Spesso coesistono diversi tipi di abuso di sostanze e quest'ultimo è frequentemente associato ad altri tipi di problemi mentali e anche fisici. Numerosi pazienti inoltre non osservano le regole idonee al mantenimento della salute. Ciò è vero non solo in generale (si pensi, per es., a quanto è difficile seguire il consiglio di cambiare la propria dieta), ma anche per quanto riguarda prescrizioni importanti e limitate nel tempo per pazienti in condizioni critiche. La cooperazione del paziente frequentemente dipende da una moltitudine di fattori psicosociali, tra i quali bisogna considerare le relazioni familiari, la comunicazione reciproca tra paziente e medico e il sostegno dei gruppi sociali e della cultura sottostante. Se nel curare il corpo si trascura la mente del paziente, si corre il rischio che questo non cooperi al trattamento e comprometta la sua guarigione. È certo che uno stile di vita attivo facilita il mantenimento della salute. L'esercizio costituisce una delle misure profilattiche più generali, che vanno dal sesso protetto alle limitazioni dell'uso delle armi da fuoco, all'utilizzo delle cinture di sicurezza. Queste attività comportamentali si rivelano infatti strettamente correlate con i provvedimenti salutari.

4.

La personalità autocurante

Con la locuzione 'personalità autocurante' si indica uno stile emozionale di cura che mantiene un'omeostasi fisiologica e psicosociale nel confronto tra individuo e ambiente, e grazie al quale la buona salute mentale concorre al mantenimento di una buona salute fisica. Questa definizione (Friedman 1991) serve in generale a indicare persone emotivamente equilibrate, vigili, reattive ed energiche: né contemplative né maniacali, perlopiù curiose, sicure di sé e costruttive. Molti di coloro che soffrono di disturbi mentali hanno una grande probabilità di ammalarsi e di morire prematuramente, ma gli individui che sono dotati di una personalità autocurante tendono a vivere più a lungo e ad ammalarsi meno di frequente. Questi individui entusiasti tendono a trasmettere agli altri la loro esuberanza. Sono il genere di persone che ognuno vorrebbe avere accanto: il loro sorriso è naturale e di solito non esitano a esprimere le proprie sensazioni; i loro movimenti sono armoniosi; si agitano difficilmente e non sono portati ad assumere atteggiamenti aggressivi; tendono a parlare in modo calmo e la loro voce generalmente non cambia di tono in situazioni di stress. Secondo un orientamento scientifico in materia di psicologia della salute, il corpo si prepara spontaneamente in vista di un'eccezionale, straordinaria sfida e le persone autocuranti fanno del loro meglio per incrementare questi margini di sicurezza. Le personalità autocuranti sono state spesso descritte dagli psicologi di indirizzo esistenzialistico e umanistico; però a causa della falsa dicotomia mente/corpo essi di solito pensavano di descrivere solo la salute mentale e non quella fisica. Per es., A. Maslow ha sostenuto che le persone sane hanno bisogno innanzitutto di conseguire l'equilibrio per quanto riguarda i loro bisogni biologici fondamentali, e solo successivamente l'affetto e l'autostima. Ma egli poneva l'accento sul suo concetto di realizzazione di sé, la realizzazione della crescita personale e del soddisfacimento. Secondo Maslow, le persone la cui crescita è orientata in questa direzione sono spontanee e creative; hanno una grande facilità a risolvere i problemi; stabiliscono relazioni profonde con gli altri e appaiono dotate di un grande senso umoristico; si rivelano anche maggiormente interessate ai problemi della bellezza, della giustizia e della conoscenza e sono più sensibili a ciò che riguarda le questioni di carattere etico e la costruzione dell'armonia tra i membri del genere umano. Le caratteristiche della personalità autocurante non sono semplicemente l'opposto di quelle tipiche delle persone soggette alle malattie, quali diffidenza, cinismo, avvilimento, depressione o conflitti repressi; costituiscono invece motivazioni, comportamenti e scopi positivi e significativi in sé stessi. Oggi sappiamo, grazie a diversi generi di ricerca, che l'alienazione è dannosa per la salute e che la responsabilità e l'impegno sono salutari.

5.

Salute e cultura

Il comportamento salutare ideale varia a seconda delle culture. Alcune culture o subculture pongono in rilievo la forza fisica e la forma, mentre altre sono orientate alla ricerca del denaro o dell'educazione o della spiritualità o del potere politico. Così le risposte psicologiche individuali al dolore mutano in base alle differenti spiegazioni delle origini e del significato della sofferenza offerte dalle diverse religioni. Le diete tradizionali variano enormemente. Negli Stati Uniti i membri di alcuni gruppi religiosi, come per es. i Santi dell'ultimo giorno e gli Avventisti del settimo giorno, sono più sani e più longevi degli altri americani, perché tendono a vivere in comunità stabili ed evitano i grassi animali saturi, l'alcol e il tabacco. Anche molti trattamenti medici mutano considerevolmente, persino nei diversi paesi occidentali, tuttavia la maggior parte dei paesi industrializzati presenta all'incirca gli stessi livelli di salute pubblica globale. Gli inglesi godono di un trattamento più tradizionale rispetto agli americani, i quali consumano più medicinali e ricorrono più frequentemente alla chirurgia. I francesi sono maggiormente propensi all'uso di additivi nutrizionali non sperimentati. In generale sembra che l'adeguamento della nutrizione, il miglioramento delle condizioni igieniche, del controllo dei fattori di rischio e dell'immunizzazione abbiano favorito in modo considerevole la salute e la longevità, in particolar modo in presenza di una società stabile e di strutture familiari funzionali. Vi è oggi un grande interesse per la famiglia e il contesto in cui si sviluppano la salute e il deterioramento fisico e mentale. Un'attenzione crescente è rivolta allo stress infantile e alle violenze subite dai bambini, alle cure parentali, alla salute della vita coniugale e al divorzio, all'affidamento dei minori, all'assistenza prescolastica, alle famiglie allargate e agli aspetti della cura della salute mentale nel corso della vita. Vi è poi un sempre più ampio riconoscimento delle particolari esigenze sanitarie, mentali e fisiche, delle persone di mezza età e degli anziani. In conclusione, la salute è un aspetto della salute mentale e viceversa la salute mentale è un aspetto della salute. Questa concezione moderna e più ampia della salute riveste un ruolo di primaria importanza nel campo d'indagine della psicologia della salute ed è la chiave di ogni futuro progresso.

Il diritto alla salute

di Giorgio Santacroce

1.

La tutela della salute nella Costituzione italiana

Il percorso interpretativo del diritto alla salute (rectius: alla tutela della salute) può, alla luce dei suoi referenti normativi, presentarsi per un verso come un diritto 'nuovo', in quanto formulato in modo solenne dalla carta costituzionale del 1948, nel contesto delle posizioni giuridiche fondamentali e dei rapporti etico-sociali (art. 32), e per altro verso come un diritto 'vecchio', se analizzato nella prospettiva del codice civile che vieta gli atti di disposizione del proprio corpo che cagionano "una diminuzione permanente dell'integrità fisica" (art. 5 c.c.) e garantisce l'integrità psicofisica e la personalità morale del lavoratore nella fase di esecuzione degli obblighi contrattuali (art. 2087 c.c.). Il fatto è che, nel corso degli anni, la portata dell'art. 32 della Costituzione ha subito, nel più generale ambito della protezione della salute, un'evoluzione del tutto peculiare, sia rispetto al contenuto e alla natura delle situazioni giuridiche che si ricollegano al bene-salute come uno dei più qualificanti diritti dell'individuo (con evidente raccordo alla più ampia protezione della persona umana sancita dall'art. 2 della Costituzione) e come 'interesse della collettività', sia in relazione ai vari profili nei quali le istanze connesse alla tutela della salute assumono rilievo nel quadro dei rapporti interprivati. E si spiega perché tale diritto sia stato ridotto all'inizio nei limiti angusti di un problema assicurativo-previdenziale, provocando la forzata attrazione dell'art. 32 nell'orbita del successivo art. 38 della Costituzione, per assurgere solo a partire dagli anni Settanta del 20° secolo al livello di esigenza sanitaria globale affidata alla Repubblica (Stato centrale, regioni, provincie e comuni) nell'area delle sue competenze e dei suoi compiti istituzionali. Nel suo nucleo centrale di aspettativa tipica di prestazione, il diritto alla tutela della salute costituisce il terreno privilegiato per la comprensione di una serie di problematiche della società contemporanea che investono le relazioni tra Stato e gruppi minori, tra famiglia e comunità religiose, tra minori di età o altri soggetti incapaci e le persone e gli organi chiamati ad assumere, per investitura di funzioni di diritto privato oppure per responsabilità di carattere pubblico, decisioni che ne toccano la libertà di autodeterminazione. Attorno a un tema al quale non sono estranee opzioni di carattere etico e ideologico, lo sforzo dell'interprete deve tendere a una lettura il più possibile obiettiva dei dati normativi vigenti, anche quando questi ultimi presentano non poche zone d'ombra che possono disorientare i giudici e, quel che è peggio, paralizzare l'azione del medico, chiuso tra l'incudine di un giudizio severo 'quando fa' e il martello di un giudizio ancora più severo 'quando non fa'. A differenza di altre costituzioni, che contengono solo di rado la previsione di una tutela esplicita e adeguata della salute, l'art. 32 della carta costituzionale italiana considera la tutela della salute come "fondamentale diritto dell'individuo" e come "interesse della collettività", precisando che la Repubblica "garantisce cure gratuite agli indigenti" (1° co.) e aggiungendo che "nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge" (2° co.). La successiva affermazione secondo cui "la legge non può in ogni caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana", mentre riconosce che la norma non contiene soltanto un principio generale di valore programmatico, ma è dotata di immediata efficacia precettiva anche all'interno dei rapporti intersoggettivi, conferma per altro verso il doppio aspetto della tutela delle situazioni giuridiche ricomprese e prefigurate nell'articolo in esame: la salute come tradizionale diritto sociale, nel significato 'minimo' di diritto teso prevalentemente ad affermare la libertà dal bisogno, in funzione strumentale della soddisfazione di un interesse generale della collettività e quindi in attuazione del principio di solidarietà per il quale la relativa tutela risulta giustificata anche per il bene di tutti; la salute come "un vero e proprio diritto soggettivo" che, essendo direttamente azionabile dinanzi all'autorità giudiziaria, "pone un limite invalicabile alla discrezionalità amministrativa" (Cassazione, Sezioni Unite, 21 marzo 1973, nr. 796), con la conseguenza che dalla lesione della salute, intesa come "diritto primario ed assoluto della persona umana" che può farsi valere erga omnes, scaturisce il diritto al risarcimento del cosiddetto danno biologico quale valore economico rilevante in sé, affrancato dallo stretto nesso di interdipendenza con le conseguenze negative che tale lesione abbia prodotto sulla capacità di produzione del reddito del soggetto leso. In particolare, per quanto attiene il profilo delle tecniche risarcitorie, la Corte costituzionale ha affermato che "sussiste l'obbligo della riparazione, in caso di violazione del diritto stesso", con l'ulteriore precisazione che il 1° co. dell'art. 32 della Costituzione integra l'art. 2043 c.c., determinando "l'ingiustizia del danno biologico", senza che un tale evento possa essere confuso con i danni economici derivanti dalle lesioni sofferte (Corte costituzionale, 26 luglio 1979, nr. 88; Corte costituzionale, 14 luglio 1986, nr. 184).

Più complessi sono in ogni caso i problemi che si ricollegano al danno biologico, i quali vanno dalla quantificazione del danno mediante il criterio equitativo alla definizione dei suoi confini, essendo dubbio se il danno alla salute sia una parte del danno alla vita di relazione oppure se sia quest'ultimo a essere parte del primo. In tale ottica, la collocazione della salute come diritto fondamentale dell'individuo prima e come interesse generale della collettività poi non può che essere letta nel senso di una netta priorità della tutela del bene individuale rispetto al bene collettivo che per il suo tramite si realizza. E dà ragione dell'ambito di tutela offerto dall'art. 32, che non identifica il contenuto del diritto nella sola integrità fisica della persona (di cui all'art. 5 c.c.), né nella sola assenza di malattie (cui si riferisce l'art. 38 della Costituzione), ma lo estende anche alla sua integrità mentale, perché la salute costituisce un aspetto inseparabile della persona, la quale va intesa come qualcosa di assolutamente unico e non separabile, composta di corpo e mente, ricollegandosi al suo sano e libero sviluppo, al suo equilibrio mentale e fisico. La preminenza della salute come bene individuale che non può in nessun caso essere sacrificato in nome dell'interesse collettivo è completamente inversa al significato attribuito ad altri valori tutelati dalla Costituzione, come per es. la difesa della patria, che l'art. 52 definisce "sacro dovere dei cittadini", senza ulteriori e più pregnanti qualificazioni. 2. L'attuazione legislativa del diritto alla salute Il diritto alla tutela della salute ha trovato attuazione in tre atti fondamentali: la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale (23 dicembre 1978, nr. 833), che si propone di garantire il "mantenimento" e il "recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio", superando così la lettera dell'art. 32, 1° co., per il quale le cure gratuite sono garantite ai soli 'indigenti' (sebbene l'introduzione negli ultimi tempi di ticket sui medicinali e sulle analisi diagnostiche da cui sono esclusi gli indigenti sembra sintomo di un ritorno alla previsione costituzionale); la l. 13 maggio 1978, nr. 180, sugli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori, che ha radicalmente modificato i vecchi sistemi di ospedalizzazione dei malati di mente, sostituendoli con reparti specializzati dell'ospedale generale; la l. 22 maggio 1978, nr. 194, che contiene norme sulla tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza. Il riferimento al concetto di salute è anche alla base della legge istitutiva dei consultori familiari (29 luglio 1975, nr. 405) e della l. 14 aprile 1982, nr. 164, che consente la rettificazione del sesso anagrafico a seguito di trattamento medico-chirurgico modificativo dei caratteri sessuali. Interesse dei singoli e interesse statuale alla protezione della salute pubblica trovano inoltre un momento di raccordo nella l. 5 giugno 1990, nr. 135, che disciplina un primo programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), assicurando idonea assistenza alle persone affette da tale patologia. Nell'evoluzione della giurisprudenza e della dottrina, e sotto l'evidente spinta della normativa internazionale (almeno di quella dell'Unione Europea), al diritto alla tutela della salute viene riportata anche la tematica parallela del diritto fondamentale all'ambiente salubre, al punto da far istituire uno stretto legame tra l'uno e l'altro, come due facce della stessa medaglia. Ma sul disposto dell'art. 32 della Costituzione poggia anche la disciplina normativa che investe le condizioni ambientali dell'attività lavorativa nel suo complesso, apprestando strumenti di tutela talora indiretti (visite mediche periodiche, controlli di idoneità ecc.) o affidandosi all'autotutela (art. 9 dello Statuto dei lavoratori); come vi poggia la normativa volta a combattere la produzione e il traffico delle sostanze stupefacenti e psicotrope (d.p.r. 9 ottobre 1990, nr. 309), stante il pericolo della tossicodipendenza per la salute individuale e collettiva. Da ultimo, problematiche assistenziali e sanitarie a dir poco scottanti pone il vistoso fenomeno dell'immigrazione clandestina nel nostro paese, che possiede una legislazione in materia estremamente disorganica e frammentaria. L'attuale regolamentazione consente infatti l'erogazione di cure urgenti per infortunio e maternità anche a irregolari e clandestini, esonerando il medico dall'obbligo della denuncia: questo fatto consente di risolvere il dilemma bioetico dei medici che avevano, da un lato, l'obbligo di curare e, dall'altro, quello di denunciare gli stranieri, il cui ingresso e soggiorno nel territorio dello Stato restano regolati in funzione dell'interesse della sicurezza e dell'ordine pubblico.

Per quanto riguarda i trattamenti sanitari obbligatori e la limitazione della libertà personale che per effetto di essi può prodursi, si ritrova in dottrina un'indicazione maggioritaria circa la necessità di limitare l'intervento coattivo ai soli casi in cui la malattia individuale minacci la salute collettiva. È lo stesso art. 32 della Costituzione a prevedere questa eventualità, sancendo il principio fondamentale della volontarietà dei trattamenti sanitari, rispetto al quale l'obbligatorietà di taluni trattamenti costituisce un'eccezione, ammissibile soltanto entro precisi limiti e a particolari condizioni (2° co.). Il nostro ordinamento prevede diversi trattamenti sanitari obbligatori, che sono poi quelli concernenti i malati di mente in regime di degenza ospedaliera (l. 833/78, artt. 34 e 35), in quanto incapaci di autodeterminarsi, con conseguenti rischi per sé e per gli altri, e i casi di epidemie o di pericolo di epidemie nelle malattie infettive e diffusive. Tali trattamenti non possono essere legittimamente attuati senza il rispetto delle procedure previste dall'art. 13 della Costituzione, cioè della riserva di legge assoluta e di un atto motivato dell'autorità giudiziaria. Problemi operativi non indifferenti sorgono poi quando l'intervento sanitario non è richiesto dall'interessato che, anzi, dissente e rifiuta qualsiasi soccorso (si pensi a un soggetto in stato di intossicazione acuta da alcol o da sostanze stupefacenti). In questi casi il compito del sanitario è quello di verificare e documentare nelle forme che riterrà più consone l'effettivo stato di incapacità del soggetto e l'esistenza di un pericolo attuale di un danno grave alla persona, dopo essersi accertato della reale validità del dissenso manifestato e della consapevolezza dello stato di malattia da parte del soggetto. Mancando questi presupposti, il sanitario deve desistere da qualsiasi azione, facendo sottoscrivere all'interessato il proprio dissenso (viene in mente il caso del tossicodipendente in overdose che si risveglia dopo un trattamento con naloxone e rifiuta di essere trasportato in ospedale). In questa evenienza non è proponibile un trattamento sanitario obbligatorio, che esige l'adozione di un'articolata procedura disciplinata dalla legge. A fronte del rifiuto del paziente, il medico dovrà far di tutto per ottenerne il consenso, tenendo presente che, anche in molti casi di trattamento sanitario cosiddetto obbligatorio, se manca il consenso non si può dar luogo al trattamento: come dimostra il caso delle vaccinazioni, dove la legge prevede la sanzione per chi non adempie l'obbligo di vaccinarsi, ma non l'effettuazione coattiva della profilassi.

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