SALMEGGIA, Enea, detto il Talpino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 89 (2017)

SALMEGGIA, Enea detto il Talpino

Paolo Plebani

– Nacque da Antonio nel borgo di Salmezza, località a nord-ovest di Selvino nell’odierna provincia di Bergamo, in una data imprecisata, ma che si può collocare tra il 1565 e il 1570 (Ruggeri, 1978, p. 247).

Nessuna traccia è emersa sulla formazione artistica del giovane, avvenuta verosimilmente a Bergamo negli anni Ottanta del Cinquecento. Non ha trovato riscontri la notizia tramandata dalle fonti settecentesche (Orlandi, 1704; Nicodemi, 1956) di un lungo soggiorno di studio a Roma.

La prima opera nota è la Pietà con i ss. Sebastiano e Rocco di Riva di Solto, datata 1589 (Plebani, 2009, pp. 9, 56). Dell’anno successivo sono il Battesimo di Cristo della chiesa di S. Agata al Carmine a Bergamo e lo stendardo della chiesa di S. Lazzaro, sempre a Bergamo. Questi primi lavori rivelano l’influsso del naturalismo di Giovan Battista Moroni, ma segnalano pure una cauta considerazione degli sviluppi della pittura veneziana, in particolare di terraferma.

Il 30 giugno del 1594 Salmeggia – non ancora maggiorenne, poiché all’atto era presente il padre – fu incaricato di eseguire le ante per l’organo della basilica di S. Maria Maggiore a Bergamo (Ruggeri, 1978, pp. 250 s.). In questa occasione conobbe Camillo Procaccini e il 5 ottobre 1594 fu testimone per il pittore alla stesura del contratto per la tela dei Dodici Apostoli, collocata qualche mese dopo nell’abside della basilica (p. 251). Nell’Adorazione dei Magi per l’organo di S. Maria Maggiore, datata 1595, il giovane autore si confronta apertamente con le novità milanesi, come rivelano la composizione stipata, l’utilizzo di una tavolozza squillante e metallica, le fisionomie espressive, il virtuosismo prospettico (Rodeschini Galati, 1987, pp. 161 s., scheda n. 36). A questa congiuntura appartiene anche la Madonna in gloria e santi dipinta nel 1596 per la chiesa della Natività di Desenzano al Serio (Enea Salmeggia, 2016).

L’Annunciazione della Certosa di Garegnano,eseguita sempre nel 1596, segna invece un deciso mutamento di rotta. Rimane da chiarire il ruolo giocato da Simone Peterzano nella decisione di affidare l’incarico al giovane collega, ma l’anziano maestro, che aveva concluso soltanto pochi anni prima in Certosa un importante ciclo di affreschi, e che da circa un decennio era impegnato sul terreno del quadro sacro a ricondurre entro schemi di chiara comprensibilità le intricate iconografie tardomanieriste, costituì senza dubbio un esempio per Salmeggia. La progressiva messa a fuoco di una formula di alto compromesso tra istanze naturalistiche ed esigenze che muovevano nella direzione di un’organizzazione semplice e didatticamente efficace della pala sacra trova infatti nell’Annunciazione di Garegnano un suo primo punto di arrivo. Tale evoluzione si legge sia nelle opere minori – come la pala con S. Sebastiano, s. Antonio abate e s. Rocco realizzata nel 1597 per la chiesa di S. Maria Assunta a Vall’Alta di Albino, e la Nascita della Vergine del santuario della Madonna della Fontana a Romano di Lombardia, datata 1600 – sia nei prestigiosi incarichi cittadini, come la Deposizione dipinta nel 1602 per la chiesa di S. Leonardo (ora Milano, Pinacoteca di Brera; L’“arte senza tempo”, 2012), la Madonna del Rosario di S. Bartolomeo o la Trasfigurazione di Cristo di S. Alessandro in Colonna, quest’ultime datate rispettivamente 1609 e 1610.

Nel luglio del 1598 la fabbrica del duomo di Milano commissionò a Salmeggia una pala raffigurante il Matrimonio della Vergine, saldatagli nel dicembre del 1601 (Ruggeri, 1978, p. 251). L’impegno per il duomo rappresentava la consacrazione definitiva a Milano per il pittore, che si accaparrava anche l’incarico per una tela con la Madonna in gloria e i ss. Gregorio e Carlo Borromeo (Milano, Civiche raccolte d’arte del Castello Sforzesco) da collocare nella cappella di S. Maria della Neve nel Broletto Nuovo, consegnata nel 1603 (Ruggeri, 1978, p. 251; Olivari, 1999, pp. 277 s., scheda n. 673).

Con questi dipinti Salmeggia definisce una sua proposta di pala sacra, iconograficamente impeccabile e formalmente chiara, nella quale interpreta le esigenze di decoro e chiarezza narrativa avanzate inizialmente negli scritti di Ludovico Dolce e Giovanni Andrea Gilio e che avevano trovato infine espressione nei trattati di Carlo Borromeo e Gabriele Paleotti.

Sino al 1620 circa Salmeggia fu molto attivo per la metropoli lombarda, dove tra l’altro risiedeva anche il cognato, lo scultore Antonio Daverio (Ruggeri, 1978, p. 251). Nel 1609 realizzò per la chiesa di S. Maria della Passione l’Orazione di Cristo nell’orto. Intervenne inoltre in S. Vittore al Corpo, per cui dipinse nel 1610 la S. Francesca Romana, in S. Antonio Abate, dove lasciò nel 1612 la Cattura di Cristo, in S. Simpliciano, per cui eseguì nel 1619 il Miracolo di s. Benedetto, e infine di nuovo in S. Maria della Passione, consegnando nel 1623 la Cattura di Cristo. A suggellare la fortuna a Milano e in patria furono anche le menzioni ne La pittura trionfante del bresciano Giulio Cesare Gigli e negli scritti di Girolamo Borsieri, in particolare nel Supplimento alla Nobiltà di Milano e nell’epistolario, dove il raffinatissimo conoscitore promuove l’artista a paladino di una pittura abile nel muovere «a mirar devotamente ciascuna sua imagine fino i nemici della stessa devotione» (Gigli, 1615; Borsieri, 1619; Vanoli, 2015, pp. 62, 206-209).

Le opere della maturità testimoniano la capacità di Salmeggia di utilizzare un ampio ventaglio di fonti, in sintonia con quella tendenza retrospettiva di rivalutazione dei grandi maestri della pittura lombarda del Cinquecento sviluppatasi a Milano negli anni precedenti e suggellata dalla venerazione per Bernardino Luini da parte di Federico Borromeo. Lotto e Raffaello sono ripresi nella Madonna in gloria col Bambino e santi terminata nel 1604 per la chiesa di S. Rocco a Calcio (ora Milano, Civiche raccolte d’arte del Castello Sforzesco; Olivari, 1989, pp. 109 s., scheda n. 49; Ead., 1999, p. 278, scheda n. 674). Nel S. Francesco che istituisce l’ordine dei terziari francescani, eseguito intorno al 1598 per il santuario della Beata Vergine della Fiamma di Martinengo, il riferimento è invece una stampa di Agostino Carracci. Proprio Lotto diventò un serbatoio di invenzioni da sfruttare, come esemplifica la Trinità e i ss. Bernardo abate e Maria Maddalena realizzata tra il 1605 e il 1606 per S. Defendente a Romano di Lombardia, che deriva dalla Trinità eseguita dall’artista veneziano per l’omonima chiesa bergamasca.

Salmeggia in questi anni accompagnò il perfezionamento delle formule devote – delle quali la Madonna del Rosario per S. Giorgio a Fiorano al Serio del 1609, con la sua limpida organizzazione della gerarchia sacra, l’esplicito riferimento neocinquecentesco e la gestualità pacata, rappresenta un vero e proprio manifesto – a una riflessione approfondita sugli strumenti del suo mestiere, che sfociò intorno alla metà del primo decennio nella stesura di un Trattato della Pittura, del quale purtroppo ci sono giunti soltanto qualche passo e un gruppo di disegni che servivano a illustrarlo.

Per comprendere la natura di questo progetto si è fatto riferimento alla tradizione teorica leonardesca, oggetto di acceso dibattito proprio in quegli anni, e ai legami con la trattatistica cinquecentesca, ma dai frammenti superstiti emerge anche il carattere concreto e pratico, da vero e proprio prontuario di bottega, di questa raccolta (Bora, 1989; Barone, 2011).

La produzione del Salmeggia, seppur largamente segnata dall’esperienza di pittore sacro, non fu limitata soltanto a tale aspetto. Tra Cavagna e Peterzano si colloca il Ritratto di suonatore di spinetta già in collezione Koelliker, firmato e datato 1592 (Frangi, 2004). Vertice del Salmeggia ritrattista è il successivo Ritratto di gentiluomo in armatura in collezione privata a Mozzate, dove sono ripresi gli schemi della ritrattistica di Moretto e di Moroni, raggelati in un’immagine senza tempo che coniuga brani di sapore naturalistico con le esigenze di un’effigie di rappresentanza (Rodeschini Galati 1987, pp. 229 s., scheda n. 60). Alla fase matura del pittore, ma su un registro meno aulico, appartiene anche il Ritratto di gentiluomo con libro dell’Accademia Carrara di Bergamo. Quanto alla produzione “da stanza”, il recente ritrovamento di una tela raffigurante Diana e Callisto ha aperto uno spiraglio su un aspetto sinora sconosciuto della produzione dell’artista (Facchinetti, 2007).

Il secondo decennio del Seicento fu caratterizzato da un’ininterrotta operosità che sancì una posizione di sostanziale predominio di Salmeggia sulla scena orobica, al quale si opponevano soltanto Giovan Paolo Cavagna e in misura minore Francesco Zucco. Furono proprio i tre pittori a concorrere per la decorazione ad affresco della volta di S. Maria Maggiore nel 1615: l’incarico fu assegnato a Cavagna e a Salmeggia, ma per una serie di divergenze con la committenza il secondo rinunciò al lavoro (Ruggeri, 1978, p. 252).

In quegli stessi mesi Salmeggia fu coinvolto in un’altra impresa di grande rilievo cittadino: l’esecuzione di una serie di tele con storie della vita di S. Alessandro per la chiesa di S. Alessandro in Colonna, per le quali l’artista fornì tutte le invenzioni, anche se per la realizzazione dovette affidarsi in qualche caso all’aiuto della bottega (Rodeschini Galati, 1987, pp. 61-65, schede nn. 8-10; Knox, 1999). A coronare una lunga carriera giunse infine nel settembre del 1621 l’incarico per l’esecuzione di una gigantesca tela con il Martirio di s. Alessandro sempre per la medesima chiesa, dove venne collocata nel 1623 (Ruggeri, 1978, pp. 253 s.).

A questa stagione finale appartengono numerosi lavori: del 1618 è la Madonna in gloria tra i ss. Agata, Domenico, Rosa e Apollonia per S. Agata a Martinengo; 1620 è la data che si legge sul Martirio di s. Agata della chiesa di S. Agata al Carmine a Bergamo; datata 1621 è la tela raffigurante il Cardinal Cornaro che benedice la prima pietra della chiesa di S. Alessandro in Colonna per l’omonima chiesa; al 1622 risale la Traslazione della Santa Casa di Loreto di S. Martino a Cenate Sotto.

Una produzione copiosa, condotta a termine anche grazie all’aiuto di un’organizzatissima bottega. Già per la tela dell’abside di S. Alessandro le fonti antiche segnalavano l'intervento di due dei cinque figli avuti dalla moglie Vittoria: il primogenito Francesco (1602-1630; Ruggeri, 1978, p. 251), e Chiara, di cui non si conoscono gli estremi anagrafici. L’intervento della bottega è evidente soprattutto nelle opere minori, come la Nascita del Battista della chiesa di S. Maria Assunta a Calcinate, datata 1624. Tuttavia, se è vero che l’abitudine a riutilizzare da un dipinto all’altro singoli brani o figure agevolava la possibilità di un largo intervento della bottega, ciò non toglie che Salmeggia ebbe sempre il pieno controllo della qualità dei lavori che uscivano dal suo studio. Anche in questa fase estrema si individuano opere di particolare pregio, quali la Pietà del santuario della Madonna del Miracolo a Desenzano al Serio, eseguita nel 1622, la Madonna in gloria col Bambino e santi di S. Grata a Bergamo, datata 1623, e la Deposizione del Santuario della Madonna del Pianto ad Albino, sulla quale si legge la data 1624.

Salmeggia morì a Bergamo nel 1626 e venne sepolto nella chiesa di S. Alessandro in Colonna (Ruggeri, 1978, p. 254), la chiesa del borgo dove aveva abitato per gran parte della sua vita.

Fonti e Bibl.: G.C. Gigli, La pittura trionfante (1615), a cura di B. Agosti - S. Ginzburg, Porretta Terme 1996, p. 45; G. Borsieri, Il supplimento della Nobiltà di Milano, in P. Morigia, La Nobiltà di Milano, Milano 1619, p. 21; P. Orlandi, Abcedario pittorico, Bologna 1704, p. 141; F.M. Tassi, Vite de’ pittori scultori e architetti bergamaschi (1793), ed. a cura di F. Mazzini, I, Milano 1969, pp. 212-223; P. Locatelli, Illustri bergamaschi. Studi critico-biografici, II, Bergamo 1869, pp. 303-384; A.E. Popham, Enea Talpino (Il Salmeggia), in Old Masters Drawings, IX (1935), 33, p. 14; G. Testori, Carlo Ceresa ritrattista, in Paragone, IV (1953), 39, p. 21, n. 4; R. Bassi Rathgeb, Giunte correggesche al Salmeggia, in Bergomum, XXVIII (1954), 1, pp. 59-64; G. Nicodemi, Le note di Sebastiano Resta a un esemplare dell’Abecedario pittorico dell’Orlandi, in Studi storici in memoria di mons. Angelo Mercati, Milano 1956, pp. 285, 313-316; U. Ruggeri, Salmeggia pittore, 1, in La Critica d’Arte, XII (1966), 79, pp. 40-52; Id., Salmeggia pittore, 2, ibid., 80 (1966), pp. 37-56; Id., E. S. detto Talpino. Rassegna e studio dell’opera pittorica e grafica, Bergamo 1966; N. Ward Neilson, Recensione: U. Ruggeri, E. S. detto Talpino, Bergamo 1966, in Arte lombarda, XII (1967), 2, pp. 157 s.; U. Ruggeri, Appunti lombardi, in La Critica d’Arte, XIV (1968), 94, pp. 46-50, 52-54; Id., Note a E. S., in Bergamo Arte, II (1971), 8, pp. 17-21; Id., Disegni del Salmeggia, in Arte lombarda, XVII (1972), 37, pp. 26-30; J. Byam Shaw, Drawings by Old Masters at Christ Church, Oxford 1976, pp. 299-302; U. Ruggeri, E. S., in I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Il Cinquecento, a cura di P. Zampetti, IV, Bergamo 1978, pp. 247-385; Prima della pittura: E. S. 1565(?)-1626, (catal.), a cura di E. De Pascale, Bergamo 1986; M.C. Rodeschini Galati, in Il Seicento a Bergamo (catal.), Bergamo 1987, pp. 59-65, schede nn. 7-10, 161 s., scheda n. 36, 229 s., scheda n. 60; G. Bora, Salmeggia teorico: da Peterzano ai “prospettici” milanesi, in Osservatorio delle Arti, II (1989), pp. 40-48; M. Olivari, in Pinacoteca di Brera. Scuole lombarda, ligure e piemontese 1535-1796, Milano 1989, pp. 106-111, schede nn. 48-50; M. Ceriana, Un’ancona di Lorenzo Lotto ed E. S., in Artes, III (1995), pp. 67-73; M.T. Fiorio, Salmeggia tra Leonardo e Correggio, in “Tutte le opere non son per istancarmi”. Raccolta di scritti per i settant’anni di Carlo Pedretti, a cura di F. Frosini, Roma 1998, pp. 129-133; G. Knox, Conflict and renewal at the Cathedral of Bergamo: a painted life of S. Alessandro by E. S., ca. 1615, in Arte lombarda, CXXVII (1999), 3, pp. 89-98; M. Olivari, in Museo d’arte antica del Castello Sforzesco. Pinacoteca. 3, Milano 1999, pp. 277-279, schede nn. 673 s.; L. Lanzeni, E. S. detto il Talpino: l’attività giovanile, in Paragone, LIV (2003), 49, pp. 3-32; F. Frangi, E. S. detto il Talpino: ritratto di suonatore di spinetta, in Dipinti lombardi del Seicento, a cura di Id. - A. Morandotti, Torino 2004, pp. 10-13; S. Facchinetti, Salmeggia profano, in Prospettiva, CXXV (2007), pp. 53-56; Salmeggia profano. Diana e Callisto, Bergamo 2007; P. Plebani, E. S. detto il Talpino, Bergamo 2009; E. Daffra, E. S. Il martirio di Sant’Alessandro; metodologia di un restauro, in La rivista di Bergamo, LXI (2010), pp. 28-33; J. Barone, “Those lines and circles”. Geometry and proportion in Leonardo, Dürer and Talpino, in Dürer, l’Italia e l’Europa, a cura di S. Ebert-Schifferer - K. Herrmann Fiore, Cinisello Balsamo 2011, pp. 9-24; L’“arte senza tempo” di E. S. La Deposizione da San Leonardo a Bergamo (catal.), a cura di C. Quattrini, Milano 2012; P. Vanoli, Il ‘libro di lettere’ di Girolamo Borsieri: arte antica e moderna nella Lombardia di primo Seicento, Milano 2015, pp. 62, 64, 184 s., 206-209; E. S. prima del 1600. La pala della “Madonna in gloria tra san Pietro, sant’Alessandro, sant’Alberto carmelitano e un santo vescovo” della chiesa della Natività di Desenzano al Serio (1596) (catal.), a cura di A. Pacia, Bergamo 2016.

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