RUSSIA

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

RUSSIA (XXX, p. 264)

Pietro MARAVIGNA
Angelo Maria RIPELLINO
Giovanni BERNIERI
Giovanni BECATTI
Raissa CALZA

Si dà, sotto questa voce, l'aggiornamento delle condizioni amministrative e demografiche della maggiore repubblica federata sovietica (RSFSR), che si estende dall'una e dall'altra parte degli Urali. Per la parte economica, come anche per le vicende storiche, si rinvia alla voce URSS, in questa Appendice.

Divisione amministrativa. - Ci si riferisce alla ripartizione segnalata sotto la voce URSS, nell'App. I, p. 1098. La superficie della repubblica è ulteriormente aumentata (da 16.681.700 kmq. nel 1940 a 16.907.380 kmq. nel 1946) per l'incorporazione della regione di Petsamo (10.480 kmq. con 4330 ab., dalla Finlandia: settembre 1944), della regione tra Viipuri e Käkisalmi (7500 kmq. con 150.000 ab., dalla repubblica federata Carelo-Finnica: 1945), del distretto di Jaunlatgale (1160 kmq. con 37.780 ab., dalla repubblica federata lituana: gennaio 1945), del distretto di Petseri (1350 kmq. con 49.130 ab., dalla repubblica federata estone: gennaio 1945), della repubblica Tannu Tuva (nel 1944: circa 150.000 kmq. e 65.000 ab.) della parte meridionale di Sachalin e delle isole Curili (46.190 kmq. con 419.290 ab., dal Giappone: settembre 1945). Dal 1945, poi, la regione di Königsberg (circa 9000 kmq. con 400.000 ab.; v. alla voce, in questa App.), annessa all'URSS (e ribattezzata Kaliningrad) benché non unita con continuità territoriale alla repubblica russa, fa parte di essa e vi forma una speciale circoscrizione. Attualmente la repubblica è ripartita in 45 oblasti (provincie, di cui 35 ad ovest e 10 ad est dei monti Urali) e in 6 krai (territorî, di cui 2 ad ovest e 4 ad est degli Urali), in 6 oblasti autonome (sotto l'immediata giurisdizione di krai vicini: territorio degli Adyghé e dei Circassi, prov. degli Ebrei dell'Amur, territorio dei Chakassi, degli Oirati, e Tannu Tuva), in 9 okrugi nazionali (cioè circondarî autonomi: Samoiedi del Nenez, Samoiedi del Jamal, Samoiedi del Tajmyr, Ostiachi-Voguli, circondario dell'Evenkij, Mongoli-Buriati di Ust′-Ordynsk, Mongoli-Buriati di Aghinsk, Komi-Permiechi, Coriaki, Ciukci), e in 12 repubbliche autonome (Mordvini, Ciuvasci, Mari, Tatari, Udmurti, Baškiri, Komi, Kabardo-Balkari, Ossetia settentrionale, Daghestan, Buriati-Mongoli, Jakuti). Durante la guerra, sono scomparse le repubbliche dei Tedeschi del Volga (28.200 kmq. con 605.500 ab.), dei Calmucchi (74.200 kmq. con 220.700 ab.) e dei Ceceni-Ingusci (15.700 kmq. con 697.400 ab.), i cui territorî sono stati spartiti tra le vicine oblasti; mentre quella della Crimea è stata trasformata, nel 1945, in oblast′ (v. alle singole voci in questa App.). Nello stesso periodo le oblasti, che erano 30 prima della guerra, sono state portate al numero anzidetto (45) con la creazione di nuove unità, creazione determinata da varî fatti, tutti legati alle condizioni politiche ed economiche che si erano prodotte in Russia, durante quegli anni: ad es., la migrazione di popolazione da zone prossime all'avanzata tedesca verso più sicure regioni orientali (come lungo le valli dei fiumi Kama e Ob′), che naturalmente ha dato luogo a un immediato sviluppo industriale delle regioni di nuovo insediamento; il frazionamento, operato nel 1945, di unità amministrative arealmente molto vaste in unità più ridotte, per agevolare la ricostruzione postbellica; l'eliminazione di alcune unità autonome che determinò in qualche regione (come tra la steppa dei Kirghisi e la catena caucasica), una nuova ripartizione amministrativa. Al primo caso ora ricordato va connessa la creazione di cinque oblasti siberiane: Uljanovsk, Kurgan, Tjumen, Tomsk e Kemerovo; al secondo, la creazione di altre 7 oblasti tra l'alto bacino del Volga, l'alto bacino del Dnepr e le repubbliche socialiste baltiche: Kostroma, Vladimir, Novgorod, Pskov, Velikie Luki, Kaluga e Brjansk; al terzo caso sono dovute due nuove oblasti: Astrachan′ e Groznyj, più quella della Crimea di cui si è detto sopra.

Popolazione. - La popolazione complessiva della repubblica federale socialista russa era, nel 1939, di 109.279.000 ab. circa. I nuovi territorî annessi tra il 1944 e il 1946 le hanno portato altri 1.125.530 ab. Fino ad oggi, tuttavia, non si è in grado di dare un quadro dettagliato ed aggiornato della loro distribuzione. Nella tabella a fianco si citano solo i dati della superficie e della popolazione relativi alle 30 oblasti e ai 6 krai esistenti prima della guerra, e alle repubbliche autonome rimaste in vita dopo la guerra. Tali cifre sono desunte dal censimento sovietico del 1939. Non compaiono dunque nello specchio le unità amministrative create durante la guerra, né le regioni e le popolazioni incorporate dopo.

A parte le due metropoli di Mosca e di Leningrado (v. alle voci in questa App.), due città (Gor′kij e Rostov) avevano superato nel 1939 i cinquecentomila ab. e 49 i centomila ab. (oltre quelle menzionate nello specchio: Astrachan′ con 253.655, Kemerovo con 132.978, Kostroma con 121.205, Magnitogorsk con 145.870, Stalinsk con 169.538, Tomsk con 141.215, ecc.). In complesso vive nelle città circa 1/3 della popolazione totale.

Grazie alla grande varietà di regioni che abbraccia ed alla notevole ricchezza di risorse minerarie (specialmente in Siberia), la repubblica russa contribuisce per il 70% circa alla produzione agricola e industriale dell'Unione Sovietica.

Danni di guerra ai monumenti. - Le città che dal punto di vista artistico hanno maggiormente sofferto sono Novgorod e Smolensk. A Novgorod sono state distrutte le chiese della Trasfigurazione del Salvatore a Nerodica (sec. XII), dell'Assunzione a Volotovo (sec. XIX), di S. Nicolò a Lipna (sec. XIII), dell'Annunciazione (sec. XIV), dell'Assunzione (sec. XVI), dell'Arcangelo S. Michele, del convento di S. Andrea di Skovorodino (sec. XIII-XIV), il chiostro di S. Antonio. Tra i monumenti gravemente danneggiati ricordiamo la chiesa della Vergine Protettrice, di S. Teodoro Stratilate (sec. XIV), le chiese dell'Intercessione della Vergine (sec. XVII) e di S. Nicolò nel convento Zverine; degli Apostoli Pietro e Paolo (sec. XIV), della Natività della Vergine (sec. XVI), del martire Clemente e di Nikita (sec. XVI), di S. Giovanni Battista (sec. XVI). Anche la cattedrale di S. Sofia è rimasta danneggiata: il rivestimento dorato delle sue cupole è stato tolto dai Tedeschi, il celebre affresco del Salvatore che decorava la grande cupola è completamente distrutto e danneggiate sono state l'iconostasi, le preziose collezioni della sacristia e la biblioteca. A Smolensk è andata distrutta buona parte delle celebri chiese del sec. XII, quali quelle di S. Nicolò, del Salvatore, dello Spirito Santo, di S. Giorgio, dell'Assunzione, nonché la cattedrale dell'Epifania.

Gravi danni ai monumenti artistici sono inoltre da lamentare a Istra (distruzione della cattedrale del secolo XVII, del convento della nuova Gerusalemme), a Kalinin, a Kaluga, a Možajsk, a Starica, a Toržok.

Numerosi i musei distrutti o danneggiati; fra questi gli antichi palazzi degli Zar a Puškino, Pavlovsk a Gat?čina, che dopo la rivoluzione dell'ottobre erano stati trasformati in musei.

Bibl.: Office International des Musées, L'Appauvrissement monumental et artistique au cours de la seconde guerre mondiale. Inventaire préliminaire, Parigi 1946, p. 105-111.

La campagna di Russia durante la seconda Guerra mondiale.

Alla voce guerra mondiale, in questa seconda Appendice, si è dato conto della situazione politica a seguito della quale la Germania fu indotta ad attaccare l'URSS alle 3 del 22 giugno 1941 (vol. I, pp. 1118-19); si è illustrata la preparazione militare tedesca predisposta per l'azione e i criterî generali strategici perseguiti dall'alto comando tedesco col piano d'attacco, la cosiddetta "operazione Barbarossa" (pp. 1146-48); si sono esaminati (ibidem) i criterî tattico-strategici adottati dai Sovietici per parare l'attacco; si sono illustrate le modificazioni al piano originale strategico apportate dai Tedeschi in occasione della seconda campagna (1942) sulla base dell'esperienza da essi fatta soprattutto nelle operazioni dell'autunno-inverno 1941 (pp. 1151-53), il piano, infine, che portò i Russi a fermare l'avanzata tedesca e ad iniziare la loro vittoriosa controffensiva (ibidem e pp. 1161-63) fino alla battaglia per Berlino e alla conclusione della guerra in Europa (pp. 1166-68). Si darà qui conto, in particolare, dello svolgimento delle operazioni.

Gli elementi della lotta e il rapporto delle forze. - Lo schieramento delle forze tedesche era valutato a 190 divisioni, delle quali 17 corazzate e 10 motorizzate. Ad esse occorre aggiungere 14 divisioni finlandesi, 2 slovacche, 27 romene, 7 ungheresi e, più tardi, 3 italiane. A nord, in Finlandia, doveva operare l'armata del gen. N. v. Falkenhorst - 14 divisioni - in aiuto dell'esercito finlandese del maresciallo Mannerheim, con il compito di occupare i porti di Murmansk e Kandalakša nel mar Bianco; avanzare nell'istmo di Carelia e tra i laghi Onega e Ladoga, per prendere l'offensiva in concorso con quella che avrebbe sviluppata, attraverso gli Stati Baltici, con obiettivo i Valdai e Leningrado, il gruppo di armate del von Leeb. Questo, radunato nella Prussia Orientale - 35 divisioni - attraverso la Lituania, l'Estonia e la Lettonia aveva il compito di conquistare Leningrado, la costa del golfo di Finlandia e spingersi verso est, per concorrere da nord all'offensiva contro Mosca. I Sovietici contrapponevano a queste forze operanti nel nord d'Europa 3 armate, delle quali una corazzata.

Lungo la frontiera bianco-russo-polacca e sino a Dęblin si schierava il gruppo di armate del centro agli ordini del maresciallo von Bock, forte di 4 armate e di 2 Panzergruppen, i quali erano agli ordini dei generali Hot e Guderian, ed avevano uno 7 e l'altro 10 divisioni corazzate. Fronteggiavano questo gruppo le armate russe agli ordini del maresciallo Timošenko: circa 40 divisioni, delle quali 5 corazzate. Lungo la frontiera galiziano-romeno-ungherese era il gruppo di armate sud del maresciallo von Rundstedt, forte di 30 divisioni tedesche; intercalate a queste erano le divisioni slovacche e ungheresi e, all'estrema ala destra dello schieramento, le due armate romene al comando del maresciallo Antonescu; inoltre il primo gruppo corazzato del von Kleist, che comprendeva 7 divisioni corazzate, era schierato in Volinia. Contrapposta a questo gruppo di armate era la massa del maresciallo sovietico Budennyj, 12ª armata nella regione del Pripjat′, altre 4 armate sino al mare, con un totale di circa 60 divisioni; delle quali, 8 corazzate. In riserva generale da parte tedesca 40 divisioni; da parte sovietica pare una trentina di divisioni, dislocate ad ovest degli Urali; parecchie delle quali, però, ancora in formazione. Si calcolava quindi, secondo le valutazioni germaniche, che l'esercito sovietico disponesse in totale di circa 120 divisioni.

Le battaglie sulle frontiere. - Il governo sovietico non prevedeva lo scoppio della guerra e tanto meno senza ultimatum e senza dichiarazione; per cui la sorpresa fu piena e generale. Rovesciate le truppe di prima linea in copertura e facilitate nel movimento per aver trovato i ponti intatti, le colonne tedesche penetrarono celermente e profondamente nello schieramento avversario. Anche i campi d'aviazione furono sorpresi e ciò fu causa della distruzione a terra di qualche migliaio di aerei. Là, dove le riserve di settore riuscirono a resistere alle masse corazzate che a ventaglio si irradiavano in tutte le direzioni, la resistenza fu tenace e permise di mantenere il possesso delle posizioni, malgrado l'avanzata in profondità dell'invasore. Tale possesso valse, prima, a contrastare i progressi del nemico, poi, ad obbligarlo a fermarsi ed a combattere a fronte rovesciato contro le forze che aveva oltrepassato.

Nel settore nord, il 24 giugno, il gruppo corazzato Hoeppener penetrava profondamente in Lituania ed in Estonia, e occupava Kovno, quindi, il 27, Libau e Memel. Raggiunta la Dvina, l'armata corazzata la varcava il 4 luglio, dopo occupata Riga e, spingendo la propria ala destra in direzione di Ostrov, minacciava di avviluppamento l'11° armata sovietica già spezzata in due tronconi. La manovra, però, non riusciva. Le truppe finniche, intanto, si avanzavano nell'istmo di Carelia su Leningrado.

Miglior fortuna aveva l'avanzata del gruppo di armate del centro. Il rapido movimento dei due gruppi corazzati del gen. Hot da Grodno su Baranowicze e Minsk e del gen. Guderian da Brest-Litovsk su Pińsk, combinato con quello frontale delle masse autotrasportate su Bialystok, determinava l'avviluppamento di buona parte delle due armate sovietiche ammassate nel triangolo Białystok-Baranowicze-Nowogródek, nonostante potenti contrattacchi sferrati dai Sovietici, nelle direzioni di Grodno e di Brest-Litovsk.

Più a sud, il gruppo corazzato von Kleist puntava decisamente in direzione di Dubno e, urtando nella 12ª armata sovietica, tentava di attanagliarla; ma i violenti contrattacchi diretti con abilità e prontezza dal generale Šapošnikov in direzione di Przemyśl e Rava-Ruska, facevano fallire la manovra tedesca e la 12ª armata, tenendo testa all'invasore, lentamente ripiegava verso est; sicché la sera dell'8 luglio i Tedeschi erano riusciti soltanto ad occupare Ostrog e Rovno, Tarnopol′ e Cernovica; ma anche qui l'annientamento era mancato. All'estrema ala destra le armate tedesco-romene agli ordini del maresciallo Antonescu si limitarono, nel frattempo, a costituire sul Prut alcune teste di ponte; che, però, vennero presto eliminate con vigorosi contrattacchi dai Sovietici.

La copertura russa intanto era stata eliminata secondo il piano. Gravi ne furono le conseguenze, specialmente quelle determinate dalla battaglia di annientamento di Bialystok; poiché l'enorme falla apertasi al centro del fronte scopriva la capitale: il che richiedeva, per ragioni morali e militari, costituendo Mosca il massimo centro delle grandi comunicazioni della Russia, l'impiego immediato di tutte le riserve disponibili. I Tedeschi ebbero, d'altra parte, la possibilità, essendo riusciti con tale vittoria ad aggirare la vasta regione paludosa del Pripjat′ di penetrare nella Russia Bianca e di concorrere validamente all'azione del gruppo di armate del sud nella sua avanzata in Ucraina, minacciando da nord le truppe avversarie schierate in Galizia.

Le battaglie di rottura. - Verso la metà di luglio gli eserciti tedeschi, procedendo su tutto il fronte, giungevano alla linea fortificata Stalin: la "Maginot russa", come la qualificavano i Sovietici; la quale da Narva, seguendo la sponda del lago Peipus attraverso le regioni di Polock e di Vitebsk, seguiva la sponda del Dnepr sino poco a nord di Kiev e raggiungeva a Vicolaev il Mar Nero, seguendo la sinistra del Nistro. Questa linea, però, era incompleta e non tutta costituita di opere permanenti; alcuni tratti erano ancora indifesi; per cui non fu difficile impresa, per le armate tedesche, superarne varî settori.

Il 15 luglio, mentre le truppe finno-tedesche si attestavano alla ferrovia di Murmansk-Kandalakša, le armate del generale von Leeb operanti nei paesi baltici si avanzavano su Novgorod e su Dvinsk; rovesciavano le 6 divisioni sovietiche che le fronteggiavano; occupavano la costa del golfo di Finlandia, Narva, Luga e prendevano contatto con la linea Stalin tra Pskov e Ostrov; la superavano ai primi di agosto spingendo punte nella regione del lago Il′men′ e, più a sud, occupando il triangolo ferroviario di Velikie-Luki.

Al centro, il gruppo di armate del von Bock, preceduto da una massa imponente di unità carrate, nella quale erano stati riuniti tutti i Panzergruppen, posta agli ordini del maresciallo von Kluge - 12 divisioni di carri - avanzava a cavallo della grande autostrada Minsk-Mosca, su di un fronte di 350 km. da Nevel a Rogačev sul Dnepr; sfondava la linea Stalin nel tratto Vitebsk-Orša e tra il 16 e 21 luglio, dopo aver forzato a Mogilev questo fiume, si irradiava nella regione di Smolensk, spingendo un'audace punta su questa ultima città ed oltre verso est, sino a Vjazma, occupata l'8 agosto. Ampie sacche si determinarono nel triangolo Smolensk-Vitebsk-Mogilev, nelle quali si trovarono accerchiate notevoli forze russe. Più a sud, il gruppo Guderian, con abile manovra, passava l'alto Dnepr a Gomel′ e si spingeva velocemente su Brjansk. Il maresciallo Timošenko, che copriva Mosca, passò alla controffensiva: sia per sbloccare le rilevanti forze sovietiche ancora circondate ad O. di Smolensk, sia per arrestare definitivamente l'avanzata tedesca sulla capitale. Egli gettò nella battaglia quanto poté trarre dalle riserve messe a sua portata e la lotta durò violentissima; ma l'obiettivo di liberare le truppe accerchiate fu raggiunto soltanto in parte. L'avanzata tedesca, però, fu arginata: anzi, nel settore di El′nja le truppe tedesche furono costrette a ripiegare. Nella sacca predetta furono annientate 9 divisioni sovietiche; di esse, furono fatti prigionieri soltanto 30.000 uomini. I Sovietici consolidarono le posizioni raggiunte sul fronte Valdai-Ržev-Vjazma-Brjansk e su di esso fu combattuta la grande battaglia per Mosca (v. in questa Appendice).

La battaglia di Uman′. - Nel settore fra Pripjat′ e Mar Nero, l'avanzata procedette contrastata con la metodica manovra sovietica in ritirata. La 6ª armata era avanzata alla metà di luglio sino al fronte Korosten′-Žitomir e, procedendo verso il Dnepr, si era attestata al fiume, di fronte alla linea Stalin. La 17ª era pervenuta nella regione di Vinica e un ampio profondo saliente si era costituito a Talnoe. Più a sud, l'11ª armata e le armate romene erano arrivate al fronte Kamenec-Podol′sk-corso del Dnestr. La resistenza sovietica, su questa estrema ala del fronte, si manifestava tenacissima trattandosi di difendere l'Ucraina e di coprire il grande porto di Odessa; sicché mentre la 11ª armata aveva potuto raggiungere con la propria ala sinistra il Bug a Gajvoron, ivi collegandosi con la 17", il resto si trovava ancora arretrato sulla riva destra del Dnestr. Il corpo corazzato del von Kleist, proveniente da Berdičev, si dirigeva su Lisjanka a nord di Uman′. Questa situazione era quanto mai favorevole per sviluppare una ampia manovra di avviluppamento delle forze sovietiche ammassate fra Dnestr e Bug ed aprire la strada verso il Dnepr. La battaglia ebbe inizio il 19 luglio con il forzamento del Dnestr a Jampol′, seguito da un'ampia conversione dell'ala sinistra tra Bug e Dnepr, raggiungendo questo fiume di fronte a Kiev e a valle di questa piazzaforte, senza però riuscire a passarlo data la forte resistenza incontrata e i violenti contrattacchi sovietici verso Žitomir. Soltanto fu possibile costituire un'ampia testa di ponte a Kremenčug e un'altra più piccola a Dnepropetrovsk (10 agosto). Il gruppo corazzato del von Kleist, da Lisjanka passando ad est di Uman′, raggiungeva il 6 agosto il basso corso del Bug a Pervomajsk alle spalle dei Sovietici.

Il 12 agosto il gruppo corazzato del von Kleist combatteva a nord ovest di Nikolaev e minacciava questa piazza. I Sovietici l'abbandonarono il 14 agosto; sicché a questa data l'Ucraina occidentale era tutta occupata, tranne Odessa, investita dalla 4ª armata romena. Con queste operazioni si può considerare chiusa la prima fase dell'offensiva tedesca; la seconda fase comprende le battaglie per le capitali morali e politiche: Leningrado, Mosca, Kiev e Charkov.

Nella situazione poco favorevole creatasi nel settore centrale per la reazione nemica, il comando tedesco spostò il centro di gravità dell'offensiva generale del gruppo di armate del von Bock a quello meridionale del von Rundstedt, e ciò anche in considerazione dell'importanza sempre crescente che per la continuazione della guerra aveva il possesso dell'obbiettivo industriale dell'Ucraina. Rinforzò quindi le forze operanti a sud con il gruppo di armate corazzate Guderian ed ordinò al Rundstedt di forzare il Dnepr e marciare al Donec. Il resto del mese di agosto passò nella preparazione delle predette operazioni.

L'investimento di Leningrado. - Nel settore settentrionale si procedeva intanto allo sfruttamento dei buoni successi ottenuti. Il maresciallo von Leeb fronteggiava le forze sovietiche sempre crescenti tra i laghi Peipus ed Il′men′; nell'agosto, ripresa l'offensiva, le batteva ed il 25 raggiungeva la ferrovia Leningrado-Luga, occupando anche Novgorod. Le truppe sovietiche addossate alla costa presso Narva resistevano con mirabile tenacia; si combatteva accanitamente nella regione di Tartu (Dorpat) e soltanto il 28 agosto i Tedeschi occupavano Tallin. Dopo questi successi non restava che puntare su Leningrado con movimento concentrico: da ovest lungo la costa; da sud lungo il corso del Volchov e da sud-est dalle prime pendici dei Valdai. Nei primi giorni di settembre, rotto il fronte sovietico Luga-Volchov, i Tedeschi incalzavano i Sovietici sino alle difese esterne della città, passavano la Neva e conquistavano la piazza di Schlüsselburg sul Ladoga isolando in tal modo Leningrado dal resto della Russia, meno che dal lago Ladoga. Le truppe corazzate si avanzavano, intanto, nella regione collinosa dei Valdai e l'occupavano sino al lago Seliger.

In Finlandia, se i Tedeschi non avevano potuto fare grandi progressi, sia verso Murmansk, sia verso il Mar Bianco per le difficoltà dell'ambiente e per la forte resistenza dei Sovietici, l'esercito di Mannerheim aveva attaccato nell'istmo carelico verso la fine di agosto, occupato Viipuri ed inseguito il nemico sino a Summa e a Kannajarvi. I Finlandesi si erano anche avanzati, tra i laghi, per circa 50 km., sino a Petrozavodsk e, lungo la sponda orientale del Ladoga, fino a Olonec. I progressi sebbene lenti, continuarono in settembre e, in ottobre, le truppe finniche furono in condizione di investire da nord Leningrado.

La manovra di Kiev. - All'altro estremo dell'immenso fronte si riprendeva l'azione rimasta inconclusa dopo la battaglia di Uman′: il forzamento, cioè, del Dnepr e la conquista della piazza di Kiev. L'ampia manovra nel grande arco Desna-Dnepr, che ha preso nome dalla capitale ucraina, si iniziava il 10 settembre. Vi partecipavano le armate 6ª e 2ª e alle ali di esse i due gruppi corazzati del Guderian e del von Kleist. Gli obiettivi erano: lo sfondamento della linea Stalin, che seguiva, come si è detto, la riva sinistra del fiume e la conquista di Kiev, che ne costituiva uno dei capisaldi. Il gen. Guderian, da Konotop e il gen. von Kleist, dalla testa di ponte di Kremenčug, con le loro masse corazzate dovevano rapidamente avviluppare le armate del Budennyi schierate nel saliente della Desna, mentre le altre armate avrebbero avviluppata la piazza di Kiev e le truppe ad essa appoggiate. La manovra riuscì appieno: le armate sovietiche, chiuse nell'enorme sacca, vennero frantumate in tante sacche più piccole ed annientate dopo una feroce lotta durata circa un mese. Il 19 settembre Kiev alzava bandiera bianca; il giorno prima era caduta Poltava; si riprendeva l'avanzata verso il Donec.

L'avanzata al Donec. - Il 30 settembre anche la 11ª armata passava il fiume a Dnepropetrovsk dopo avere battuto il nemico a Petrikovka. Falliva, così, con il combattimento di Petrikovka l'ultimo tentativo dei Sovietici di arrestare sul Dnepr l'offensiva germanica e di interdire all'armata germanica l'avanzata nel bacino del Donec. Il comando russo da questo momento decideva di non accettare battaglia e di manovrare, invece, in ritirata per attirare verso est l'avversario: tradizionale metodo di guerra tendente al logoramento dell'invasore con lo sfruttamento passivo del grande spazio. In questo momento il metodo veniva favorito dalle difficoltà che la stagione piovosa creava al movimento, rendendo impraticabili le strade ucraine.

I Tedeschi ripresero il 4 ottobre l'avanzata al bacino del Donec. La 1ª armata corazzata, protetta sul fianco sinistro dal Corpo di spedizione italiano, schierato nella testa di ponte di Pavlograd (11 ottobre), che aveva tolto ai Sovietici, puntava a sud verso la zona di Melitopol′ sul Mar d'Azov e catturava, con il concorso dell'11ª armata, alcune unità della 9ª armata russa. Piegando poscia verso est, raggiungeva il corso della Krinka dal Taganrog a Gorlovka a nord-est di Stalino e, superando successive resistenze, occupava Rostov il 20 novembre. Questo successo però fu temporaneo perché una settimana dopo il maresciallo TimoŞenko, lanciando 11 divisioni fresche all'attacco, riconquistava la città. I Tedeschi, già esausti e privi di riserve, abbandonarono Rostov ripiegando il 30 novembre sul Mius per riorganizzarvi una linea di resistenza e sperando di trascorrervi l'inverno, già assai freddo, senza molestie. Mentre si svolgevano nel settore meridionale questi avvenimenti, era in corso l'attacco del von Böck su Mosca che, nell'intenzione dello stato maggiore tedesco, avrebbe dovuto essere risolutivo del conflitto.

La manovra di Mosca. - La battaglia indecisa di Smolensk aveva arrestato l'avanzata su Mosca. Lo stato maggiore germanico preparava la ripresa dell'offensiva rinforzando il gruppo di armate von Böck. La manovra doveva effettuarsi in due tempi: nel primo le truppe corazzate dovevano avviluppare nella regione di Vjazma quelle sovietiche ivi schierate; subordinatamente al risultato di tale operazione, effettuare l'avviluppamento ad ampio raggio di tutta la regione prossima a Mosca, città compresa. La manovra a raggio minore riuscì a compiersi dal 2 al 20 ottobre. Brjansk, Vjazma, Orel, Kalinin, Možajsk, Malojaroslavec, Kaluga caddero in mano dei Tedeschi; ma sul fronte segnato da queste città, la reazione vigorosa dei Sovietici arrestò ogni ulteriore progresso, sicché i Tedeschi si fermarono ad un centinaio di chilometri dalla capitale russa (v. mosca, in questa App.). Dopo una sosta di circa un mese, il 16 novembre, il von Böck riprese l'azione, che avrebbe dovuto riuscire di sfondamento, ma che in realtà non modificò la situazione pur portando le truppe tedesche a soli 20 km. dalla capitale. Non riuscirono mai, però, a conquistarla.

La controffensiva invernale sovietica. - Lo stato maggiore tedesco era convinto che l'inverno avrebbe portato una sosta nelle grandi operazioni e che le truppe avrebbero potuto organizzarsi per difendersi contro il rigore del clima. Lo stato maggiore sovietico aveva, invece, preparata la sua campagna invernale e aveva riposto in essa grande fiducia. Esso si proponeva anzitutto di allontanare da Leningrado e da Mosca la minaccia nemica; poi di riconquistare Smolensk, la base principale del fronte centrale tedesco, il più minaccioso; la riconquista, infine, del dominio del Mar Nero perduto con l'occupazione tedesca della Crimea e della penisola di Kerč.

Le operazioni in corso, tranne nel settore centrale, dove si combatteva l'ultima fase della battaglia di Mosca (5-20 dicembre), nella quale il generale Žukov riprendeva ai Tedeschi Velikie-Luki, Kalinin, Možajsk e Kaluga e li respingeva per 200 km. dalla capitale, non assumevano vaste proporzioni. A nord, i Sovietici si limitavano ad attaccare nei Valdai, riconquistandoli; nel settore di Leningrado i Tedeschi furono costretti ad abbandonare parzialmente il blocco, ripiegando per una cinquantina di km. Sul fronte meridionale, i successi furono più modesti: la lotta assunse piuttosto carattere di guerra di logoramento, che nel settore di Charkov si prolungò sino a tutto febbraio. La situazione rimase sostanzialmente inalterata tranne a Izjum. In questa regione i Sovietici, il 21 gennaio, rotto il fronte della 17ª armata, penetravano per circa 100 km. nell'interno dello schieramento nemico, determinando in esso un saliente che minacciava la ferrovia strategica di Dnepropetrovsk-Stalino e l'intero fronte meridionale tedesco. Per stornare tanto grave pericolo la prima armata corazzata, col concorso della 17ª e della 16ª rispettivamente a sud e a nord di Izjum, alla fine di gennaio passava alla controffensiva. La lotta con alterne vicende si prolungava sino al marzo e veniva sospesa poco dopo per il disgelo. Ripresa, dopo qualche settimana, si concludeva favorevolmente per i Tedeschi verso la fine di maggio. Tale buon successo influiva sullo sviluppo delle operazioni attorno a Charkov, alleggerendo la pressione sovietica che si era già intensificata nel mese di maggio. Anche in questo settore la lotta si concludeva a vantaggio dei Tedeschi contemporaneamente a quella di Izjum. In queste operazioni cooperò, inquadrato nella 1ª armata corazzata, il corpo italiano, il quale, ad operazioni compiute, passava alle dipendenze della 17ª armata.

Si erano svolte durante l'inverno importanti operazioni in Crimea, ove i Tedeschi, col concorso della 3?ª armata romena, forzate il 19 ottobre le difese dell'istmo di Perekop, avevano invasa la penisola, conquistata la città di Kerč e posto l'assedio a Sebastopoli. I Sovietici sbarcarono 7 divisioni nella penisola di Kerč rioccupandola, ma il 15 maggio 1942 il generale von Mannstein, di sorpresa, la riprendeva. In conclusione: alla fine dell'inverno 1941-42 la minaccia alle città capitali sovietiche, tranne Kiev, era stata eliminata; l'esercito tedesco aveva subìto gravissime perdite - più di mezzo milione di uomini - per cui la Wehrmacht era uscita logora dalla lotta e non aveva, al momento, che scarse, residue riserve.

La grande offensiva tedesca dell'estate 1942. - I Tedeschi iniziarono l'offensiva passando il Donec tra Izjum e Slavijansk il 17 maggio, cadendo sul fianco sinistro del saliente russo di Charkov. I Sovietici, sorpresi, ripiegarono e il 24 la città che Timošenko aveva già sgombrata, veniva occupata dai Tedeschi. Entrava allora in azione il gruppo di eserciti B su un fronte di 100 km. da Orel a Charkov sulla direttrice Kursk-Voronež sul Don e, più a sud, il gruppo di eserciti A, affiancato al primo. La imponente massa che superava il mezzo milione di uomini, in 48 ore raggiungeva e passava l'Oskol ed il 5 luglio si attestava al Don, tra Voronež e Belogore. Rossoš veniva occupato dalla 4ª armata corazzata che, procedendo rapidamente, giungeva al Don a Selistovka, seguìta dalla 6ª armata, che prolungava il fronte fino a Serafimovič (11 luglio). Il 31 luglio successivo tutto il resto della grande ansa del fiume poteva così essere raggiunto dalla 4ª e dalla 1ª armata corazzata.

La marcia al Caucaso. - L'11 luglio entra in iscena il gruppo di eserciti B che, con la prima armata corazzata, affiancata all'ala destra dal gruppo di eserciti A inizia la marcia al Caucaso con una grande conversione a destra, facendo perno sulla 3ª armata romena a Taganrog sul Mar d'Azov. Questo movimento porta il 31 luglio la massa operante alla linea Azov-Denisovskaja, intercettando l'unica ferrovia a sud del Don che collegava il Mar di Azov e il Volga; il 23 luglio occupava Rostov. Contemporaneamente l'ala destra del gruppo di eserciti A si attestava alla grande ansa del Don nel tratto Serafimovič-Kalač-Kostantinovskaja, di fronte a Stalingrado. La 4ª corazzata giungeva a 30 km. dal Volga ma la 6ª non riusciva a passare al vertice del gomito del Don per la insuperabile resistenza dei Sovietici. Mentre, dunque, quest'ultima massa puntava al Volga, la prima aveva già iniziato la corsa al Caucaso (v. in questa App.); due direzioni, perciò, divergenti, che se da una parte diedero alla manovra una grandiosità senza precedenti, ne costituirono il punto debole e la ragione prima del suo fallimento. Il 7 agosto, varcato l'alto corso del Kuban′, le punte erano già nella regione petrolifera di Majkop; il 14 veniva raggiunta la costa orientale del Mar Nero e le pendici settentrionali del Caucaso. Ad ovest venne occupato Krasnodar, ad est Georgevskij ed il porto di Tuapse fu minacciato da presso.

La battaglia di Stalingrado. - Il 1° agosto la 4ª armata corazzata passava il Don ed era seguita dalla 6ª che, alla sua sinistra, compiva una conversione e puntava in direzione di nord-est verso il Volga e Stalingrado. La battaglia si iniziò con la sorpresa del 28 luglio da parte di avanguardie corazzate della 4ª armata, sorpresa che fallì. Il von Böck passò all'investimento della città, rapidamente trasformata in una piazzaforte, traversando il Don anche di fronte alla città stessa e lanciando le sue colonne corazzate tanto a nord quanto a sud di essa in direzione di Dubovka e di Krasnoarmejskoe, ma la resistenza sovietica frustrò ogni sforzo, sino all'11 settembre, giorno in cui il Volga venne raggiunto a sud di Stalingrado. La battaglia da quel momento si combatté nell'interno della città, assumendo tutti i caratteri di una lotta di assedio regolare, che durò ben due mesi impegnando considerevoli forze: circa un milione di uomini con 5000 carri. Le perdite raggiunsero i 200.000 uomini, dovendo i Tedeschi espugnare le case e gli stabilimenti trasformati in fortezze. Malgrado tanto furore e così ingenti sforzi, i Tedeschi non riuscirono ad occupare Stalingrado; anzi, il 27 novembre, la 6ª armata tedesca da assediante, per effetto della grande controffensiva sovietica, divenne assediata ed il 2 febbraio il maresciallo von Paulus si arrendeva con 24 generali e 90.000 uomini dei 330.000 che aveva all'inizio della battaglia.

La controffensiva russa nell'inverno 1942-43. - La controffensiva generale sovietica ebbe inizio ai primi di novembre, impegnando tutto il tratto settentrionale e centrale del fronte germanico. L'asse della controffensiva era la bisettrice della grande ansa del Don: direzione principale Serafimovič-Rostov, che avrebbe determinato la recisione alla base del grande saliente tedesco Rostov-Stalingrado-Caucaso e al conseguente isolamento delle armate tedesche operanti a sud del basso corso del Don e del varco Don-Volga. Questa vasta azione era affidata alla massa delle riserve radunate nella regione caspiana da Kujbyšev al Caucaso; riserve bene armate, bene addestrate, sostenute da masse di carri armati e da aerei. A sud, tra Volga e Don, avrebbero operato con le truppe provenienti dal nord in direzioni convergenti, altre masse raccolte nel Caucaso orientale. La direzione della grandiosa manovra fu assunta dal maresciallo Žukov, che sostituì Timošenko.

L'azione, si iniziò nella steppa dei Calmucchi e nella zona del Terek da una parte in direzione di Stalingrado e di Proletarskaja con obiettivo il Kuban′ e Rostov; dall'altra contro le truppe che avevano inutilmente tentato di occupare la zona petrolifera di Groznyj. Stalingrado fu investita da sud e da nord il 26 novembre: la 6ª armata tedesca venne accerchiata. Il Don fu passato a Voronež ed a Belogore (26 gennaio) e le armate tedesche respinte oltre la linea Orel-Kursk-Charcov; mentre a nord, nel settore centrale, si accendeva la lotta tra Kalinin e Velikie-Luki. Quest'azione era dimostrativa ed intesa a trattenere lontane dal settore meridionale, decisivo, le riserve tedesche. Oramai era evidente l'impotenza dello stato maggiore germanico a ristabilire la situazione e a riprendere l'iniziativa delle operazioni, per deficenza di riserve. Bisognava raccorciare il fronte, proporzionarlo ai mezzi disponibili e sollecitamente sgomberare il lontano Caucaso, per evitare che tutta l'ala destra dello schieramento fosse tagliata fuori dal resto. In febbraio, il ripiegamento generale delle armate, che avevano inondato la regione caucasica, era in pieno sviluppo. A movimento ultimato, le truppe tedesche rioccuparono il fronte dell'estate 1941: Lago Ladoga-fiume Volchov-lago Il′men-Velikie-Luki-Ržev-ovest di Orel-ovest di Kursk-Taganrog. Al 28 febbraio tutta la regione tra Caucaso, Don e Volga era sgombrata dai Tedeschi, ad eccezione della testa di ponte del Kuban′: Rostov, Vorošilovgrad con parte del bacino del Donec, erano ritornate in mano ai Sovietici.

La ripresa dell'offensiva sovietica. - Le operazioni furono riprese dopo una sosta di circa 4 mesi nel settore meridionale e per iniziativa dei Tedeschi. Fra il 5 e il 12 luglio si ebbe l'attacco tedesco di Orel-Kursk-Belgorod che, peraltro, non ebbe conseguenze decisive. A Belgorod, il generale von Kluge tentò di demolire il saliente nemico di Kursk; ad Orel però il maresciallo Timošenko faceva altrettanto contro il saliente di Orel (14 luglio). Il primo fallisce; il secondo attira tutte le riserve tedesche del fronte centrale; ma ciò nonostante i Sovietici riuscirono ad avere il sopravvento; il 5 agosto Orel e gran parte del saliente tedesco caddero in potere loro. Intanto attacchi violenti si svilupparono nel bacino del Doneč: Belgorod venne conquistata e anche più a nord nella regione del Ladoga si combatté accanitamente. La grande offensiva estiva sovietica era in pieno sviluppo e le sue direttrici principali erano: Brjansk, Vjazma e Charcov; questa ultima, la più importante, per le conseguenze strategiche che potevano derivarne.

A poco a poco la grandiosa battaglia, che assumeva tutti i caratteri della lotta di logoramento, andava estendendosi: da una parte, a Smolensk, dall'altra a Izjum; mentre si ripeteva l'attacco alla testa di ponte del Kuban′ (16 luglio-12 agosto). Charkov, che era stata ripresa nel marzo dai Tedeschi, ritornava il 23 agosto in potere dell'avversario; in seguito l'offensiva si dirigeva verso sud-ovest ed obbligava i Tedeschi a sgomberare, il 30 agosto, Taganrog e ad arretrare tutto il fronte ucraino in media di 50 km. Da questo momento tutto l'immenso fronte è in movimento e la battaglia infuria su centinaia di km. La spinta dei Sovietici diventa irresistibile e si assiste ad una catena di crolli del fronte tedesco e ad una lotta che si va facendo sempre più accanita; lotta che durerà per tutto l'autunno.

Prima è ripreso l'arroccamento Ržev-Brjansk-Vjazma; poi occupate El′nja e Dorogobuž che coprono Smolensk; a sud, cadono Stalino, Černigov, Poltava e Novorossijsk. La lotta, in ottobre, toglie ai Tedeschi il Dnepr con Dnepropetrovsk (25 settembre) e il 30 la testa di ponte del Kuban′ ciò permette l'immediata costituzione di un'analoga testa di ponte nella penisola di Kerč. L'anno 1943 si chiude con la conquista di Kiev (6 novembre) e di Gomel′ (26 dello stesso mese).

La campagna invernale del 1944. - Con l'offensiva del Natale 1943 si apre la campagna invernale del 1944 che avrà per appendice le operazioni della primavera in Ucraina. Il centro di gravità della lotta dal settore centrale si sposta a quello meridionale dove le condizioni climatiche non sono proibitive. Quivi le armate sovietiche, agli ordini di Žukov, in una prima fase (gennaio-febbraio) con azioni locali migliorano e rafforzano la linea del Dnepr, che dovrà servire come base di partenza per l'offensiva generale che occuperà tutta la fase susseguente, sino al maggio compreso.

La linea di contatto, all'inizio dell'offensiva invernale nel settore centrale e meridionale, passava per Vitebsk-ovest di Gomel′-Žitomir-est di Vinica e di Krivojrog-Nikopol′. La battaglia investe tutta la linea: è un quotidiano succedersi di attacchi e contrattacchi in condizioni durissime di clima, specialmente nelle regioni centro-meridionali, i cui epicentri sono Gomel′, Korosten′, Žitomir e Nikopol′ e specialmente nelle zone di Korosten′ e Žitomir, località che i Tedeschi devono sgomberare il 30 dicembre. Dopo una sosta relativa di circa tre settimane, la battaglia riprende violenta, specie a sud nella regione di Kiev-Čerkassy e di Nikopol′ ai due lati, cioè, della grande ansa del Dnepr. La pressione va ovunque aumentando; i Tedeschi sono obbligati a raccorciamenti di fronte continui.

L'8 gennaio cade Kirovo; il 10 febbraio Nikopol′ con le sue miniere di manganese, ultima testa di ponte tedesca sul fiume; il 23 Krivojrog. Con la caduta di Kirovo si chiudeva la via della ritirata a 10 divisioni tedesche circondate nell'ansa del Dnepr.

Durante tutto il marzo la lotta mantiene un carattere di violenza accentuata nel settore meridionale, ove i Sovietici ottengono rilevanti vantaggi. Come al solito gli epicentri si spostano continuamente per tenere incerto il nemico e vincolarne le riserve di settore. E così, alternativamente, la lotta si acuisce: a nord, da Nevel a Narva; a sud, dal Pripjat′ a Vitebsk e nel basso Dnepr, nei settori di Vinica e di Cherson, a Kovel ed a Ostrov. I Sovietici, in complesso, spostano il centro di gravità della lotta dal medio al basso Dnepr, al Bug e al basso Dnestr.

I Tedeschi sgombrano l'11 marzo Uman′, il 16 Vinica, il 30 Nikolaev sul Bug, il 22 Smerinka. Tedeschi e Romeni fanno grandi sforzi per arrestare ad occidente del Dnestr e nella zona di Balti i Sovietici, ma invano; il 26 Kolomyja ed il 30 Cernǎuţi sono occupati.

La rapida manovra delle armate di Žukov, Konev e Malinovskij si concludeva con un profondo sbalzo in avanti al Prut ed ai piedi dei Carpazî; Odessa era occupata l'11 aprile. Nello stesso tempo i Sovietici, con fulminea mossa, sfondavano le difese dell'istmo di Perekop e invadevano la Crimea; altre truppe sbarcate nella penisola di Kerč concorrevano all'azione delle precedenti: il 10 maggio Sebastopoli alzava bandiera bianca ed i Tedeschi, via mare, sgombravano dall'estremo lembo della penisola. Il bilancio della vittoriosa avanzata in Ucraina si concretava in 500.000 Tedeschi uccisi o catturati. La minaccia ora pesava sulla Romania, la Slovacchia e l'Ungheria.

L'offensiva nel settore centrale, che aveva subìto un rallentamento riprende con la primavera. Alla fine di maggio, Mogilev è espugnata ed è occupata Bobrujsk; è raggiunta la Dvina e, superate le difese sulla Beresina, i Sovietici puntano su Pińsk.

Offensiva dell'estate-autunno 1944. - Alla fine di giugno, la campagna estiva s'inizia contemporaneamente nei settori settentrionale e centrale; nel settore meridionale vi è una sosta di circa un mese e soltanto in agosto si iniziano le operazioni con l'offensiva lampo in Romania, che si apre con l'accerchiamento di 12 divisioni tedesco-romene nella regione di Kišinev.

La campagna di autunno si svolge nei settori settentrionale e meridionale, lasciando quasi inattivo il centro: lotta accanita in Prussia Orientale; conquista dell'estremo lembo settentrionale della Finlandia; avanzata in Ungheria, in Austria, in Bulgaria, in Iugoslavia con la compartecipazione di truppe rivoluzionarie di queste nazioni e delle truppe romene passate al campo sovietico.

In giugno, il centro di gravità della lotta si sposta al nord: le truppe del primo fronte pre-baltico, agli ordini del generale Govorov, iniziano l'offensiva contro le posizioni finlandesi nell'istmo di Carelia e sul fiume Svir, tra Ladoga ed Onega.

Lo sfondamento delle tre linee, che costituivano il sistema difensivo "Mannerheim", avviene con travolgente rapidità tra il 9 ed il 18 giugno: il 20 Viipuri è occupata; anche la linea dello Svir non resiste e i Sovietici arrivano alla ferrovia di Murmansk. La guerra con la Finlandia si può considerare conclusa.

Le grandi operazioni hanno luogo nei settori centrale e meridionale. Nel primo, l'obiettivo finale è di rigettare al di là della frontiera sovietica gli eserciti tedeschi e di portare la guerra in territorio germanico: direttrice principale, la capitale Berlino; nel secondo, obbligare Romania, Ungheria e Bulgaria ad abbandonare la lotta, attaccando ed espellendo da quei territorî le truppe tedesche di occupazione. La lotta, a nord, si sviluppa in due settori distinti: nei paesi baltici e in territorio polacco; a sud, in Romania, Ungheria, Slovacchia, Austria e Iugoslavia. In questi ultimi teatri i Sovietici avranno la collaborazione delle truppe irregolari e partigiane dei paesi invasi, contro le truppe tedesche di occupazione.

Paesi baltici. - Le armate tedesche schierate dal golfo di Finlandia a Vitebsk ed a Mogilev furono attaccate alla fine di giugno. Il 26 Vitebsk viene presa d'assalto e le truppe sovietiche, rapidamente incalzando il nemico che ripiega, raggiungono la Dvina. Nella stessa giornata si sferra l'offensiva nei settori di Pskov e di Polock; quest'ultima città cade il 5 luglio e il 10 i Sovietici varcano la frontiera lituana, il 19 la lettone: Narva, Dvinsk e Wilno sono occupate; più a sud, conquistate Grodno e Baranowicze. L'intero fronte, dal Peipus a Pińsk lungo 700 chilometri, è in movimento; ovunque l'urto sovietico rompe le difese tedesche e procede rapido: Kaunas cade il 1° agosto. Ampie sacche si formano in varî settori ed in esse vengono catturate intere grandi unità avversarie. In Lettonia, i Tedeschi riescono però ad arrestare momentaneamente l'offensiva nemica. L'11 agosto, dopo una breve sosta, l'offensiva è ripresa nel settore di Pskov; obiettivo la costa baltica, per spezzare in due lo schieramento tedesco e tagliare al troncone settentrionale di esso le comunicazioni con la Prussia Orientale. La manovra sovietica viene portata a compimento ed una ventina di divisioni tedesche rimangono accerchiate.

L'offensiva del settembre-ottobre assume una forma nettamente concentrica. A nord, da Narva, le armate del I fronte prebaltico del generale Govorov puntano da una parte su Tallin, e il 22 questa città è presa; due giorni dopo occupati i porti di Baltiski e Haapsalu; dall'altra i sovietici puntano su Tartu che esse occupano il 22; proseguono verso sud-ovest, lungo la costa, entrano in Lettonia e puntano su Riga, ultimo porto baltico dei Tedeschi. Sullo stesso obiettivo marcia il III fronte prebaltico da est (generale Maslenikov). I due schieramenti riuniti, avanzano su un fronte di 280 km. di estensione per 100 km. di profondità, a sud-ovest di Siauliai in Lituania; il primo, con obiettivo Memel e Liepajā; il secondo, la frontiera settentrionale della Prussia Orientale. Truppe del I fronte sbarcano nell'isola di Saaremaa (Oesel) e ne cacciano le truppe tedesche. Con l'arrivo dei Sovietici a Memel e Kretinga un'altra ampia sacca viene a costituirsi in Curlandia nella quale restano chiuse notevoli forze tedesche.

Il 13 ottobre capitola Riga; due giorni prima i sovietici avevano occupato Tilsit e Surbarcas sul Niemen, dopo avere varcata la frontiera germanica. Memel resisterà ancora per lungo tempo, sino al 30 gennaio 1945. Ma le operazioni in questo settore si possono ormai considerare concluse; la lotta si sposta in Prussia Orientale e continua per tutto l'inverno.

Settore centrale. - Le operazioni hanno inizio alla fine di giugno nell'apertura tra Dvina e alto Dnepr, a guardia della quale stanno i bastioni di Vitebsk, Orša e Mogilev; che, attaccati, capitolano nella prima settimana di battaglia. Le armate dei fronti I, II e III Russia Bianca procedono rapidamente verso ovest: da Orša su Wilno, che è occupata il giorno 8 luglio; da Mogilev su Minsk (3 luglio), Lida e Grodno (16 luglio) e su Bobrujsk; da Rogačev e da Gomel′ rispettivamente su Baranowicze (8 luglio), Bialystok (27 luglio), Pińsk (14 luglio) infine su Brest-Litovsk (occupata il 28 luglio).

Più a nord le truppe sovietiche del III fronte baltico, avanzanti da Vitebsk su Polock, passano la frontiera lettone ed occupano, il 27 luglio, Dvinsk e Reczene. Il 31 luglio le avanguardie si attestano alla Vistola, da Varsavia al San e vi costituiscono una testa di ponte a sud-est di Sandomierz. Nel settore meridionale, l'offensiva ha inizio sul fronte Korosten′-Žitomir-Proskurov, dalle armate del maresciallo Žukov; obiettivo la porta galiziana. Łuck, Dubno e Leopoli vengono occupate negli ultimi giorni di luglio; Lublino lo era giމ dal 23 luglio. Anche in questo settore i Sovietici si erano attestati alla Vistola ed il 26 avevano conquistato la piazzaforte di Dęblin; obiettivo immediato: Cracovia.

L'invasione della Romania e dei paesi balcanici. - I quattro gruppi di armate qualificate "ucraine", agli ordini di Žukov (I), Malinovskij (II), Tolbuchin (III) e Petrov (IV), che si erano attestati ai Carpazî Selvosi ed al Prut, dalle sorgenti alla foce, alla fine di aprile, riprendono l'offensiva su tutto il fronte nei primi giorni d'agosto. Le due fortezze che proteggevano gli accessi ai Carpazî centrali, Sambor e Boryslaw, capitolano il 7; a Cernǎuţi vengono accerchiate 12 divisioni tedesco-romene il 27 e, varcata la frontiera romena il 22, i Sovietici entrano a Galaţi, a Iaši e ad Ismail, alla foce del Danubio. I Tedeschi rinunciano a difendere la pianura della Valacchia e si ritirano sui Carpazî; sì che le armate sovietiche del II fronte ucraino rapidamente avanzano nell'interno del paese, occupando anzitutto la zona petrolifera di PloeŞti (30 agosto); il giorno dopo Bucarest, raggiungendo la frontiera bulgara tra Giurgiuc e Silistria (2 settembre). L'avanzata ulteriore si sviluppa in tre direzioni: a sud, attraverso la Bulgaria per Rusciuc e Plevna su Sofia, che è occupata il 18 settembre senza incontrare resistenza, avendo la Bulgaria firmato il 9 l'armistizio; ad ovest, lungo il Danubio con obiettivo Turnu Severin, raggiunto dopo viva lotta il 6 insieme al confine romeno-iugoslavo; a nord, dal fronte PloeŞti-Râmnicul-Vâlcea ai passi delle Alpi transilvane, con l'obiettivo di raggiungere il confine ungherese per concorrere con le truppe operanti per i Carpazî Orientali e Selvosi, all'invasione dell'Ungheria. Mentre la resistenza delle truppe tedesco-magiare è vigorosa sui passi dei Carpazî Orientali e Selvosi, tanto da arrestare i progressi delle truppe sovietiche, altrettanto non avviene sulle Alpi Transilvane, che vengono valicate tanto al passo di Oituz, quanto a quelli di Bran e Turnu RoŞu. BraŞov viene occupata il 6, il 10 Sibiu; l'11, Alba Iulia; Deva, il 14. La rapidità del movimento si spiega col fatto che le truppe romene passano al campo dei Sovietici ed immediatamente collaborano con essi nella lotta contro gli antichi alleati. L'avanzata prosegue con ritmo accelerato, sia verso la fontiera ungherese con la Transilvania, obiettivo principale: Cluj e Oradea Mare; sia verso ovest, a cavallo del fiume MureŞ, con obiettivo Budapest; specialmente in quest'ultima direzione, tanto che Arad viene raggiunta dal II fronte ucraino il 24 settembre e, passato il confine il 9 ottobre, sono occupate Makó e Gyula.

Intanto il III fronte ucraino penetra in Iugoslavia e a Negotin si collega con l'armata di liberazione del maresciallo Tito, procedendo rapidamente insieme su Belgrado, dove i Tedeschi intendevano resistere ad oltranza. La battaglia per Belgrado, infatti, fu dura e lunga e si concluse il 22 ottobre.

Le truppe del IV fronte ucraino, impegnate nell'aspra lotta sui monti, riescono verso la metà di ottobre ad avere ragione della difesa, la quale abbandona la linea di cresta dal colle di Łupków a quello dei Tartari. Resistono ancora le difese sui Carpazî Centrali dal passo di Dukla a quello di Jablonica, attaccati dalle truppe del I fronte ucraino del maresciallo Konev dalla Galizia.

Con l'entrata, da oriente, del II fronte (Malinovskij) nella pianura ungherese si costituisce un unico blocco con le armate del IV fronte, che convergono su Budapest. La lotta divampa sull'alto e medio Tibisco e tra questo fiume ed il Danubio: centro della lotta Debreczen; mentre l'ala destra s'impegna nei Carpazî Slovacchi per penetrare in Slovacchia e dare la mano al maresciallo Konev e quindi procedere in Moravia ed in Boemia.

Debreczen cade il 22 ottobre; la Transilvania è totalmente sgombrata dai Tedeschi il 27; Budapest resiste e soltanto il 13 febbraio 1945, ridotta ad un mucchio di rovine, dopo il fallimento di ripetuti tentativi di liberarla fatti dai tedesco-magiari, capitola. La tenace resistenza durò 45 giorni e il vincitore catturò 110.000 uomini, tra Tedeschi e Ungheresi.

Le operazioni erano però continuate durante l'assedio della capitale ungherese. Il IV fronte ucraino era penetrato in Slovacchia, aveva raggiunto e superato l'Hron e si era inoltrato nelle alte valli dei Tatra, occupando il 28 novembre Košice e PreŞov.

Sul fronte occidentale i Sovietici di Tolbuchin passano il Danubio a Mohács il 1° dicembre ed occupano Cinquechiese (Pécs) e Szekszárd; dopo di che, con un'ampia conversione a destra, puntano su Paks e Kaposvár che i Tedeschi e gli Ungheresi difendono ad oltranza. L'ostacolo è superato e l'offensiva procede tra Drava e Balaton a NE. e ad O. di Kaposvár, e il 6 dicembre i Sovietici si attestano al lago. Contemporaneamente nell'Ungheria settentrionale essi passano la frontiera slovacca a Lučenec e ad est di tale località e s'inoltrano nei monti della Nitra e poi verso i Piccoli Carpazî, in direzione di Bratislava.

Tra Balaton e Danubio la pressione sovietica aumenta nella terza decade di dicembre; ma una grande battaglia si combatte ad Alba Reale (Székesfehérvár), che si prolunga per tutto il mese. Alla fine del 1944 la situazione si presentava quanto mai favorevole ai Sovietici. Gli eserciti dell'URSS erano schierati dalla frontiera settentrionale della Prussia Orientale alla Drava, su di un fronte che tendeva ad assumere andamento convergente. Esso presentava ancora un profondo saliente al centro, in Polonia, nella regione di Łódz e l'ala sinistra assai avanzata rispetto al resto del fronte in Slovacchia e in Bulgaria; ma ciò era dipeso dalla differente intensità delle resistenze incontrate: minima a sud (Romania e Balcania), massima a nord (Prussia Orientale).

L'inverno incalzante non arresta e nemmeno rallenta l'offensiva sovietica; anche perché essa si deve armonizzare con quella degli eserciti alleati procedenti dall'occidente. La fase finale, che sarà conclusiva ai fini della soluzione del conflitto e che si compendierà nell'assalto alla fortezza del Reich da est e da ovest, s'inizia senza alcuna interruzione e per quanto riguarda l'azione sovietica, assume forma ed essenza di una grandiosa manovra frontale, con il massimo sforzo al centro, sulla direttrice Poznań-Berlino. Essa darà luogo a battaglie parallele sull'Oder. La suprema lotta sull'Oder sarà preceduta dalle operazioni nei tre settori: settentrionale, centrale e meridionale, che si concluderanno con le battaglie di ala necessarie per arrivare sull'obiettivo generale con l'allineamento previsto.

L'offensiva finale. - La manovra dell'offensiva finale si svolge in un grande quadrilatero: a nord, costa baltica; Oder-Neisse ad ovest; monti Beschidi, a sud; laghi Masuri-Narew-Vistola-San ad est. Gli eserciti sovietici presentano il seguente schieramento da nord a sud. All'ala destra sul Niemen: il I gruppo di armate della Russia Bianca, del generale Godorov; sulla frontiera orientale della Prussia Orientale il III gruppo di armate della Russia Bianca, del maresciallo Černjakovskij; al centro e a sinistra di questo, sul Narew, il II gruppo di armate della Russia Bianca del maresciallo Rokosovskij; sulla Vistola il I gruppo di eserciti della Russia Bianca del maresciallo Žukov. All'ala sinistra, da nord a sud: in Galizia il I gruppo di armate dell'Ucraina, del maresciallo Konev; sui Carpazî Occidentali il IV gruppo Petrov, il II Malinovskij in Ungheria e il III Tolbuchin in Slovacchia, Ungheria e Iugoslavia.

L'ala destra, che nella campagna autunnale ha tentato lo sfondamento del sistema difensivo della Prussia orientale, è schierata sul Niemen e sulla linea Wilkoaviškis-Kalvaria-Suwałki-Augustów; essa ha subìto, nel novembre, uno scacco a Goldap. L'ala sinistra ha respinto i Tedeschi oltre la frontiera ungaro-austriaca ed ha accerchiato Budapest; il centro, che per tutta l'estate e l'autunno non è stato impegnato seriamente, tiene il fronte Vistola-San. L'offensiva viene sferrata contemporaneamente in tutti i settori.

Prussia Orientale. - Il 19 gennaio il maresciallo Černjakovskij inizia l'offensiva. Il III gruppo, superate le difese del fronte orientale, avanza rapidamente su un fronte di 60 chilometri, penetrando nello schieramento nemico per 45.

Insterburg è occupata il 26; Darkehmen e Nordenburg il 28. Govorov, oltrepassata Tilsit, occupa Lablau. Contemporaneamente il II gruppo di armate del Rokosovskij attacca sul Narew, il 19 occupa Mlava e con celere avanzata penetra da sud nella Prussia Orientale con la sua ala destra, occupando il 21 Tannenberg, il 23 Deutsch-Eylau, il 23 Osterode, il 25 Allenstein; con l'ala sinistra, obliquando verso NO., punta alla costa del Frisches Haff ed occupa il 28 Mülhausen e Marienburg. Questo movimento taglia fuori dal resto della Germania tutte le forze che difendono la Prussia Orientale (20-25 divisioni circa 250.000 uomini). Senz'altri arresti la lotta si svolge furiosa, specialmente sul fronte del III gruppo di armate tra Friedland e Wormditt. I Tedeschi, che si battono con estremo accanimento, sono costretti a ripiegare: Kreutzburg è occupata il 10 febbraio, Königsberg è circondata. Le truppe del I gruppo di armate del Govorov incalza a nord della piazza le forze tedesche ripieganti e le rinchiude nella penisola del Samland; sul Baltico, Elbing si arrende il 13 al Rokosovskij. La Prussia Orientale è sgombra, anche Königsberg il 9 aprile si arrende. Il II gruppo di armate si volge ad ovest ed investe con l'ala destra Danzica, che è occupata il 30 marzo; con il resto anche Graudenz, che cade il 6 marzo.

Settore polacco. - Le operazioni nel settore centrale vennero condotte dal gruppo di armate della Russia Bianca (I), al comando del quale era stato chiamato dal I gruppo ucraino il migliore dei comandanti sovietici: il Žukov; il I fronte ucraino agli ordini di Konev, costituiva, col fronte di Žukov, il centro dello schieramento sovietico. Il 19 gennaio ambedue iniziavano dalla Vistola a monte di Varsavia quella fulminea, travolgente offensiva che puntando ai due obiettivi risolutivi della guerra (Berlino e Breslavia) in 17 giorni soltanto attraversava la Polonia e passava il confine con la Germania (2 febbraio 1945), lasciando dietro di sé gli scogli della disperata resistenza tedesca: Danzica, Toruń, Poznań, Bydgoszcz. Mentre il gruppo Žukov occupava gli accessi ai potenti capisaldi della linea difensiva dell'Oder, Küstrin e Francoforte, affidata all'energica condotta di H. Guderian, l'ala destra del III gruppo di armate il 15 febbraio invadeva la Pomerania, puntando su Stargard e Stettino. Konev, a sinistra, l'8 febbraio si attestava all'alto Oder, investendo Breslavia ed occupando Brig, Oppeln e Gleiwitz. Tre grandi battaglie di rottura si accendevano sulla linea dell'Oder: una a nord tra Stargard e Kolberg, con l'epicentro a Grafenberg; una al centro, fra Küstrin e Francoforte; una a sud, intorno a Breslavia. La prima si concludeva con la occupazione di Kolberg, della cosa baltica e dell'estuario dell'Oder (7 marzo); quella centrale, con l'accerchiamento di Küstrin e con la costituzione di una ampia testa di ponte a sud della piazzaforte, per cui i Sovietici si venivano a trovare a soli 72 km. da Berlino; la terza, con il forzamento dell'Oder a nord di Breslavia, a Brig e ad Oppeln e con la rapida avanzata delle truppe del Konev alla Neisse di Görlitz (metà di febbraio). La sinistra di Žukov, favorita dai successi di Konev, avanzava anch'essa in direzione di Kottbus ed il 17 febbraio occupava Sommerfield. Per effetto di questo movimento, nello schieramento generale l'ala sinistra effettuava quell'allineamento con il centro e la destra, dal quale con le forze riunite si dovrà iniziare lo sbalzo finale sulla capitale del Reich. La grande battaglia, se subisce un rallentamento, non subisce però soste. Specialmente a nord riprende con estrema violenza verso la metà di marzo, attorno a Stettino, che i Tedeschi difendono ad oltranza, data la sua grande importanza strategica.

Settore meridionale. - La lotta si concentra su due obiettivi: Budapest e Vienna; quest'ultimo, attaccato dalla Slovacchia e dall'Ungheria occidentale, con l'epicentro fra Balaton e Danubio. La resistenza di Budapest è veramente eroica: i Sovietici sono costretti a conquistarla casa per casa e, per tutto gennaio, si combatte nell'interno della città, che si arrende soltanto il 13 febbraio (110.000 prigionieri). Respinti fra il Balaton ed il Danubio i contrattacchi tedeschi nella terza decade di gennaio, i Sovietici riprendono l'avanzata verso ovest fortemente contrastata dai Tedesco-ungheresi, per cui procede lenta e con soste; soltanto a fine marzo raggiungono la frontiera austriaca, che passano tra Kaszeg ed il lago Neusiedel, puntando su Wiener-Neustadt, che occupano il 3 aprile. A questa data si inizia la battaglia per Vienna; che cade il 14, mentre è stata raggiunta ed oltrepassata, più a nord, anche Bratislava (4 aprile).

La battaglia per Berlino. - L'8 marzo Žukov lancia tre armate su di un fronte di 200 km. e avanza sulla capitale germanica; ma viene fermato a 60 km. circa da essa. Küstrin resiste e soltanto il 2 aprile capitola. Žukov riprende la lotta nei primi giorni di aprile, mentre Konev passa la Neisse, occupa Muskau e punta su Dresda. Ha così inizio l'ultima fase della battaglia di Berlino (v. in questa seconda App., I, p. 389) che il 4 maggio, alle 15, si arrende con 70.000 prigionieri. Mentre si combatte per le strade di Berlino, cade Stettino (28), Brno in Moravia (28 aprile); Konev raggiunge l'Elba a NO. di Dresda, occupa Torgau e Wittenberg, e Rokososvkij, il 5 maggio, si incontra a Wismar con gli inglesi. Lo stesso giorno, alle 16, la 58ª divisione guardie sovietiche del Konev s'incontrava a Torgau con la 69ª divisione americana.

Letteratura (p. 325).

Dopo il 1930 l'industrializzazione della Russia aveva offerto agli scrittori nuovi argomemi: per es., il piano quinquennale, cfr. Gidrocentral′ (La centrale idrica), di Marietta Šaginjan, Sot′, di L. Leonov, Denvtoroj (Il secondo giorno) di I. Erenburg, Vremja, vpered (Tempo avanti) di V. Kataev. Ben presto cominciò ad annuvolarsi l'orizzonte politico e, dinnanzi al succedersi degli avvenimenti politici e bellici in Cina, in Africa, in Spagna, la letteratura sovietica fu messa in istato di allarme. Furono scritte allora pagine di presagi e di ammonimenti, che preparavano psicologicamente alla prossima lotta; si affermò sempre più il concetto di "socrealismo" (realismo socialistico) in contrasto con quello di "formalismo borghese". Uno dei generi più diffusi fu il romanzo storico, che ebbe il suo equivalente nel film storico. Gli scrittori, in questi romanzi, si avvicinano al materiale dal punto di vista del nostro tempo e alcuni incorrono addirittura nell'errore di attribuire ai loro eroi idee ed espressioni politiche di oggi. Nel passato si sono scoperte le ragioni del presente; così è trovata la logica della rivoluzione con le sue cause lontane. Il romanziere compie soprattutto una revisione delle figure storiche russe per mettere in rilievo i tratti del carattere nazionale e incitare con validi esempî al patriottismo. Il romanzo storico è anche la conseguenza di un largo interesse per i documenti e per la "fattografia" (memorie, diarî, stenogrammi, protocolli). Non c'è personaggio della storia che non sia ormai entrato in questa galleria sovietica: i capi delle insurrezioni contadine contro l'oppressione feudale (Stepan Razin di A. P. Čapygin, Emeljan Pugačev di V. Šiškov, Pověsto Bolotnikove "Racconto su Bolotnikov" di Georgij Štorm), i luminari della cultura russa (Štorm narra di Lomonosov, Ol′ga Forš di Radiščev, Ju. Tynjanov di Griboedov e di Puškin), gli eroi della guerra civile (Parchomenko di Vs. Ivanov). Con l'approssimarsi del conflitto si accresce il numero di queste rievocazioni. La figura di Ivan il Terribile viene rivalutata da Aleksej Tolstoj. Altri descrivono i tempi delle invasioni tatare (Čingis-chan e Batyj di V. Jan), la liberazione dai Tatari e la vittoria sul campo di Kulikovo (Dmitrij Donskoj di S. Borodin), l'epoca dei torbidi dalla morte di Boris Godunov sino alla lotta delle milizie di Požarskij e Minin contro i Polacchi (Minin i Požarskij di V. Sklovskij), le vittorie di Suvorov (poema storico Suvorov di K. Simonov), la sconfitta di Napoleone (Feldmaršal Kutuzov di V. Solov′ev), la difesa di Sebastopoli (Sevastopolskaja strada "Il martirio di Sebastopoli" di S. N. Sergeev-Censkij), l'eroismo dei marinai russi a Cusima (Cusima di A. S. Novikov-Priboj). Quando i Tedeschi attaccarono la Russia il 22 giugno 1941, la letteratura sovietica moltiplicò i generi cosiddetti "operativi": poesia pubblicistica, agitka, schizzo documentario, articoli polemici, cinescenarî di guerra e soprattutto cartelloni col testo in versi; le famose "Finestre della Tass" che si ricollegavano alle "Finestre della Rosta", ideate da V. Majakovskij durante la lotta civile. Molti scrittori parteciparono attivamente al conflitto e la guerra fu per molti scuola di poesia: in quegli anni si affermarono A. Tvardovskij, M. Isakovskii, A. Surkov, K. Simonov, S. Ščipačev. Nella nuova poesia sovietica, la cui breve tradizione risale a poemi, come Bene! e Lenin di Majakovskij, non si trovano ormai sedimenti di scuole anteriori alla rivoluzione, ma piuttosto si avverte l'influsso dei classici e in ispecie di N. Nekrasov. Il realismo di Nekrasov già si rifletteva nei versi pubblicistici di Majakovskij, il suo interesse per il folklore contadino ritorna ora in molti nuovi poeti, tra i quali Tvardovskij e Prokof′ev. La poesia sovietica di guerra è tutta fondata su quattro o cinque idee dominanti: la patria, l'umanismo socialistico, il carattere russo, l'amore per la vita, la grandezza del passato. Queste idee si ritrovano in P. Antokol′skij, in V. Inber, in Ol′ga Berggol′c, nel poema Zoja di Margarita Aliger, dedicato alla memoria della partigiana Zoja Kosmodem′janskaja, nel poemetto Kirov s nami (Kirov con noi) di Nikolaj Tichonov, in cui il poeta immagina che Sergej Mironovič Kirov, "araldo del secolo sovietico", si aggiri di notte per Leningrado assediata. La prosa del tempo di guerra è per la maggior parte costituita da articoli, corrispondenze dal fronte, feuilletons occasionali. Tra i romanzi citiamo Raduga (Arcobaleno) di Vanda Vasilevskaja, Nepokorenniye (Gli indomiti) di B. Gorbatov, Narod bessmerten (Il popolo è immortale) di V. Grossman, Dni i noči (I giorni e le notti) di K. Simonov. Fra i drammi, sempre d'argomento patriottico: Russkie ljudi (Gente russa) di Simonov, Front di A. Kornejčuk e Našestvie (Invasione) di L. Leonov. Avviene oggi in Russia una graduale smobilitazione della letteratura, si torna a temi di pace, a motivi rurali: la vita dei kolchozy, le semine, le feste di villaggio. Sfogliando le riviste, si incontrano liriche dedicate alla fratellanza slava, alle contrade esotiche dell'Unione, all'esaltazione di illustri uomini russi, alle memorie di guerra, al ritorno degli eroi (p. es. il poema Flag nad selsovetom, "La bandiera sul soviet rurale", 1947, di Aleksej Nedogonov).

Archeologia (XXX, p. 286).

L'attività nel campo archeologico è stata molto intensa grazie a numerose spedizioni ed esplorazioni scientifiche in varie regioni.

Notevolmente ampliato è il quadro delle conoscenze sulla preistoria. Varie località del Caucaso occidentale fanno luce sui periodi Chelleano e Aucheuleano; presso Pjatigorsk si è trovato un cranio neandertaloide. S. Zamjatnin ha esplorato cinque stazioni paleolitiche sulla costa del Mar Nero, nel Caucaso, in depositi alluviali di antiche terrazze, con facies acheuleana, levalloisiana, mousteriana. Caverne con depositi mousteriani sono state scavate presso Adler; V. Gorodcov ha scavato nel N. del Caucaso una stazione mousteriana a Il'skaja sulla riva sinistra del fiume Ili, e molte località mousteriane, corrispondenti alla fase massima della glaciazione di Riss, sono state scoperte lungo il Derkne e il medio Desna, a Ostrovskaja sul fiume Čusovaja. Abitati paleolitici sono stati scavati negli Urali e V. Gromov ha esplorato caverne con resti di animali quaternarî a Ust′-Katav e a Klinčevaja e Buranovskaja. Ampie esplorazioni paleolitiche si sono fatte in Siberia dove A. P. Okladnikov ha scavato una stazione presso Bureti sulla riva destra dell'Angara, dell'inizio del Magdaleniano, trovando una statuetta ricavata da una zanna di mammut, tutta coperta di decorazioni semilunate che non devono interpretarsi come tatuaggio ma come vesti. Una spedizione diretta da G. Sosnovskij ha studiato le stazioni paleolitiche presso Srostki sulla riva destra del Katemi. Una spedizione diretta da G. Rudenko ha esplorato 14 luoghi della penisola di Čukotsk, trovando più di 2000 oggetti, di una cultura di tipo esquimese diffusa nell'Alaska.

Abitati paleolitici, venuti in luce a Gagarino e a Kostenki sul Don e presso Irkutsk, attestano l'esistenza di popolazioni a carattere sedentario; a Timonovskaja un villaggio è stato scavato da V. A. Gorodcov. Si sono avute documentazioni dei periodi aziliano e tardenoisiano; grotte nel sud della Crimea rivelano una cultura vicina al Capsiano superiore. Una stazione paleolitica scavata a Borščevo presso Voronež sulla riva destra del Don da P. Efimenko e P. Boriskovskij ha dato tre livelli dal Magdaleniano medio all'Aziliano. Stazioni mesolitiche della valle dell'Oka sono state studiate da M. Paničkina e da M. Voevodskij.

Un'esplorazione diretta da A. Okladnikov si è svolta lungo la Lena dalla sorgente fino al mare Artico per 4500 km. attraverso il territorio della Jakutia rivelando abitati dell'età della pietra, da Kačug a Marčakan, con oggetti paleolitici e resti di rinoceronte. Circa 12 stazioni neolitiche con varie facies e gran numero di graffiti neolitici su rocce sono stati scoperti fra Tujna e Pokrovsk.

Estesi sono i trovamenti dell'età dei metalli, i più interessanti intorno a Žigansk con sepoltura di un guerriero armato di clava; sepolture di donne a Bulun con ornamenti simili a quelli degli antichi Esquimesi. Stazioni dal neolitico al periodo del bronzo sono state scavate a Mariupol′ sul Mar d'Azov, a Olenij Ostrov sul Lago Onega, tombe presso il fiume Angara e il lago Bajkal. Vicino a Melitopol′ sul Mar d'Azov L. Bader ha studiato una serie di disegni incisi su rocce, con tori, mammut, figure geometriche di aspetto magdaleniano, ma che sono forse neolitici. Una spedizione diretta da E. Korovin nel 1946 sull'altipiano di Ust′-Urt nell'Uzbak ha messo in luce resti neolitici, piccoli mausolei quadrati con cupola rotonda forse per capi nomadi, di età più recente. Una grande opera di scavo è stata compiuta dal 1937 al 1947 da Sergej Tolstov e anche da G. Giulianov, nella regione deserta di Choresm tra il Mar Caspio e il lago Aral′ lungo l'Amu Darja, rivelando una successione di vita dalla fine del terzo millennio.

A Džanbas-Kala è venuto in luce un abitato con grandi case comuni di forma wale di cui una (con dimensioni massime di m. 24 × 17, superficie mq. 280, altezza di circa 10 m.) costruita con pali disposti in tre file concentriche; la fila più interna è disposta intorno a un focolare rituale del diametro di m. 1,20, destinato al fuoco sacro che era mantenuto sempre acceso. Lungo la periferia dell'edifizio vi erano file di focolari domestici in numero di almeno 100: se ne sono scoperti 46; la casa doveva contenere da 100 a 125 persone, e la copertura era conica con giunchi senza argilla; la ceramica è simile a quella del sud della Siberia con superficie rossa e ornati a segmenti curvilinei e con forme semiovoidali. È una cultura tardo-neolitica di tradizione microlitica e si estende dall'Aral′ fino a Suikiang, contemporanea con la cultura di Gobi; si notano anche influssi nel neolitico sud-siberiano di tradizione macrolitica. L'età del bronzo presenta abitazioni rettangolari; nella prima età del ferro si nota uno spostamento dell'abitato su dune di sabbia verso il fiume; delle case, rettangolari in argilla, una misura m. 77 × 20, con muri larghi m. 1,5-2, con divisione interna in due reparti; quindi la vita perdurava in comunità. La pianura era allora acquitrinosa e venne poi bonificata con costruzione di canali di drenaggio dal VII sec. a. C. in poi.

L'età dei metalli è oggi documentata da una grandissima serie di scavi. P. Dimitrev ha illustrato le stazioni degli Urali orientali, fra i fiumi Tura e Iset′, che hanno una fisionomia ancora neolitica e che rivelano come occupazioni prevalenti la caccia e la pesca. Tre capanne rotonde di m. 7,50 di diametro, con focolari, sono state scavate nell'alto corso dell'Iset′; abitazioni rettangolari con focolari a Lipčinskaja e ad Andreevskaja.

Nelle steppe del Mar Nero si hanno tre tipi di tumuli, a fossa, a catacomba e a casa lignea, che si riscontrano anche nel bacino del Don e lungo il basso Volga, corrispondendo a tre facies culturali, la prima più antica di popolazioni dedite alla caccia e alla pesca; la seconda di un regime pastorale con primi rudimenti di agricoltura, la terza prevalentemente agricola con alcune varianti regionali nel Volga, nel Donec, nel Kuban′, nella Crimea del Nord. Il terzo periodo corrisponde alla metà del secondo millennio: esso è caratterizzato da case allungate, relazioni di vita patriarcale, grandi tumuli sulle tombe dei capi; di questi tumuli, uno, molto grande, è stato scavato a Tri Brata vicino a Elista.

Nel Caucaso la metallurgia fu molto fiorente e il suo centro appare il distretto di Kuban′ nel territorio degli Osseti. Tombe con oggetti in pietra e in bronzo sono state scavate da E. Krupnov a Galjati. Nelle regioni del Mar Nero si sono scavati dolmens, muri ciclopici, fortezze, monumenti megalitici del periodo del bronzo. L'esplorazione delle fortezze ciclopiche dell'Azerbaigian è stata compiuta da A. Alekperov e da J. Džafar-Zade; lo studio dei monumenti megalitici da B. Lunin e J. Meščaninov. In Transcaucasia B. Kuftin ha scavato tumuli lungo il fiume Tsalka (Georgia) e ha inoltre messo in luce a Trialeti tombe e tumuli dell'età del bronzo fino al periodo sassanide, fornite di ricche orificerie, filigrane, incrostrazioni di gemme, un calice argenteo con scene rituali. Nella taiga siberiana si mantiene più a lungo la facies neolitica, nella steppa a sud compare quella dei metalli; le ricerche di S. Kiselev hanno messo in evidenza tre strati culturali.

Nella Carelia G. Gurrina ha messo in luce (distretto di Povenec sul lago Onega) un abitato con fonderia e molti oggetti bronzei e ceramica.

Per le epoche più recenti non minore è la serie degli scavi intrapresi nel Caucaso, in Crimea, in Battriana, nel Chersoneso. Di grande importanza è stato lo scavo delle fortezze della regione di Choresm per opera di S. Tolstov: quella di Kyseli-ghir di 1000 mq. con mura poderose, nel cui spessore sono ricavate tre file di corridoi arcuati per abitazione (VII-VI sec. a. C.). Le cittadelle continuano nei periodi successivi senza torri, con feritoie a forma di freccia, con abitazioni a più camere riunite in blocchi, costruite in mattoni con timbri diversi che rivelano una vita in comune, ma secondo una divisione per singole stirpi (IV-I sec. a. C.). In seguito fino al V sec. d. C. la difesa si concentra intorno al castello con regime feudale. Grandioso, tipico esempio ne è Toprak-Kala, residenza dei re di Choresm, con mura conservate fino a 25 m. di altezza, con pitture parietali del III sec. d. C., tra le quali una suonatrice di arpa, e in una sala frammenti di grandi statue pure del III sec. d. C.; culto del fuoco in ambienti sacrali. Si sono trovate figurine fittili arcaiche della dea Archamit e testine fittili di cavalli, anse di recipienti sacrali. Nella regione degli Altai la spedizione di M. Grjaznov ha scavato 17 tumuli (a Jakonkur presso Ust′-Kansk), in uno dei quali (di 2 adulti, un bimbo e due cavalli) si sono trovati 60 ornamenti d'oro (II sec. a. C.-I d. C.). Scavi precedenti a Pazyryk avevano messo in luce una sepoltura ricchissima coperta di un cumulo di sassi, con sarcofago ligneo rivestito di cuoio intagliato con figure di uccelli; accanto al sarcofago erano sepolti 10 cavalli di legno scolpito con animali fantastici e motivi decorativi.

In Crimea vanno ricordati gli scavi di V. Gajdulevič a Tiritaka, abitato industriale sul Bosforo, centro della salatura ed esportazione del pesce in periodo romano: si sono trovate costruzioni dal VI sec. a. C. fino all'VIII sec. d. C., con magazzini, cortili, cisterne per il pesce, impianti per pigiare l'uva e un'anfora sigillata contenente olio crudo. Ad Olbja si sono scavati un edificio a due piani del I-II sec. a. C., mura, resti della città. A Phanagoria V. Blavatskij ha messo in luce la città con prime tracce di coloni greci nella fine del VI sec. a. C., resti del periodo classico con pavimenti di ghiaia, focolari di argilla, mattoni crudi, edifici ellenistici e tracce del periodo romano, tra cui anche delle necropoli che giungono fino al Medioevo. A Ninphaeum gli scavi di M. Kudiak hanno rivelato un santuario del V sec. a. C., pare di Demetra, ceramica greca del VI sec. a. C., città romana del II-III sec. d. C. A Neapolis gli scavi diretti da Pavel Schults hanno messo in luce, presso le mura della città, un mausoleo a due piani del III-II sec. a. C. di architettura scito-ellenistica, per sepoltura di capi sciti, con sarcofago ligneo dorato, con scheletri di cavalli e ricchissime suppellettili in oro e in ferro (1312 pezzi). In una tomba un guerriero con molte armi aveva le vesti decorate di 600 ornamenti d'oro. V. Babenčikov ha scavato una tomba dei primi secoli d. C. con affreschi che dànno l'impressione dell'interno di una costruzione scita, con colonne, tendaggi e scene di caccia.

Nella città di Chersoneso (Crimea) si sono scavati: una necropoli del v sec. a. C., un quartiere della città ellenistica nel lato nord, con rete regolare di strade e di insule, una basilica cristiana del VI sec. la cui navata centrale era pavimentata con rilievi antichi, raffiguranti una coppia di defunti, fatiche di Ercole, grifo, Eros con ghirlande, teste di Medusa e di Sileno, forse da qualche mausoleo. Dagli scavi della città proviene anche una base di statua con il nome dello scultore ateniese Policrate.

L'arte battriana è stata oggetto recentemente di uno studio di K. Trever, illustrante i materiali del Museo dell'Ermitage; fra le scoperte più recenti in questo campo vanno segnalati 8 frammenti di un fregio trovato ad Aitram presso il fiume Amu Darja, in pietra locale, con busti di varie divinità muliebri, con strumenti musicali diversi e foglie di acanto; inoltre sei pezzi di stoffa ricamata del I sec. a. C., trovati in una tomba di un guerriero nel bacino del Selenga in Mongolia, con scene di cavalli e figura di divinità solare. Abiti di seta cinese del periodo Han (II sec. a. C.-II sec. d. C.) sono stati trovati sui corpi mummificati in tombe con tumuli, scavate a Kenkol nella valle del Talas, nel territorio dei Kirghisi, insieme con oggetti lignei e armi.

Bibl.: Materjaly i Issledovanija po Archeologij SSSR (Materiali e ricerche di Archeologia dell'URSS), Mosca; Sovietskaja Archeologija (Archeologia Sovietica). S. Tolstov, Drevnyj Choresm (Antico Choresm), Mosca 1948; id., Posledam drevhe Choresmskoj civilizacij (Sulle tracce della civiltà dell'antico Choresm), Leningrado-Mosca 1948; G. Belov, Chersones Tavričevskij (Chersoneso in Tauride), Leningrado 1948; K. Trever, Pamjatniki Greko-baktrianskago iskustva (I monumenti dell'arte greco-battriana), Leningrado 1940; W. W. Tarn, The Greeks in Bactria and India, Cambridge 1938. Rassegne sugli scavi nell'URSS si trovano in Journal of Archaeology e in Antiquity).

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