RUOTISMO

Enciclopedia Italiana (1936)

RUOTISMO (o rotismo)

Aristide Prosciutto

Si chiamano ruotismi le catene cinematiche e i meccanismi costituiti essenzialmente di ruote, ossia di membri rotanti, vincolati ad altri membri della catena mediante coppie rotoidali (perni) e accoppiati cinematicamente fra loro in modo da realizzare contatti di puro rotolamento (ruote di frizione) oppure di rotolamento e strisciamento insieme (ruote dentate).

Il più semplice tipo di ruotismo comprende una sola coppia di ruote A e B, vincolate rotoidalmente a un terzo membro C. Gli assi delle due coppie rotoidali possono essere paralleli (fig. 1), concorrenti (fgg. 9-10-11) o anche sghembi (fig. 16). In ogni caso, supponendo di tenere fisso il membro C, si ha un meccanismo che permette di trasmettere moto rotatorio da un albero a un altro, con rapporto costante, o anche variabile, delle rispettive velocità angolari. Nel caso limite in cui uno degli assi si porta a distanza infinita, il corrispondente rotoide si trasforma in una coppia prismatica e il meccanismo realizza la trasformazione di un moto rotatorio in uno traslatorio, o viceversa (fig. 2).

La forma geometrica che le ruote possono assumere dipende essenzialmente dalla posizione relativa degli assi, dalla legge del moto che si vuole realizzare e dalle particolari condizioni riguardanti il contatto fra le superficie attive delle ruote stesse.

Nel caso di assi paralleli le ruote sono, di regola, limitate da superficie cilindriche, definite mediante le rispettive curve direttrici σ1 e σ2 (fig. 1). Qualunque sia la forma di queste, la normale comune per il loro punto di contatto M incontra la retta dei centri dei rotoidi O1 O2 in un punto S che è centro di istantanea rotazione per il moto relativo delle due ruote. Il rapporto delle velocità angolari w1 e w2 delle due ruote (supposto fisso il membro C) è allora espresso da:

La velocità di strisciamento, nel punto di contatto M (supposto che S cada internamente al segmento O1 O2), è:

Se si vuole che la vs sia costantemente nulla (ruote di frizione) il punto di contatto M deve trovarsi sempre sulla O2 O2. In tale caso resta definita una corrispondenza fra i punti M1, M2 delle due curve σ1 e σ2 tale che (fig. 3):

Tali relazioni esprimono le caratteristiche geometriche delle coppie di curve di frizione cioè di coppie di curve che possono essere assunte come profili di ruote di frizione. Un esempio particolare è dato dal ruotismo a ruote ellittiche (fig. 4) nel quale le linee direttrici sone ellissi uguali, coi centri di rotazione coincidenti con due fuochi, e posti a una distanza uguale all'asse maggiore delle ellissi stesse.

La legge del moto relativo delle due ruote corrisponde a quella dei lati opposti più corti di un antiparallelogramma articolato (v. quadrilatero articolato).

Generalmente l'impiego di ruote di frizione con rapporto variabile delle velocità angolari si limita ai casi in cui si vogliono realizzare moti oscillatorî corrispondenti a leggi particolari. Le ruote possono assumere allora forme molto allungate e prendono perciò anche il nome di leve rotolanti (fig. 5).

Nelle più comuni applicazioni si richiede però che la trasmissione si effettui con rapporto costante delle velocità angolari. Le ruote assumono allora forma di cilindri circolari, e si possono distinguere: ruotismi a ruote circolari esterne (fig. 6) o interne (fig. 7) oltre il caso limite di ruota e asta rotolante (fig. 8). Con tali ruotismi la trasmissione del moto è affidata all'aderenza che si sviluppa fra le superficie a contatto; perciò è necessario che le superficie stesse siano premute più o meno fortemente l'una contro l'altra, mediante forze esterne agenti sugli assi. Se K è la pressione normale (in kg.) fra le superficie a contatto, e f il coefficiente di aderenza, la medesima potenza N (in cav.) che è possibile trasmettere con una velocità periferica V (in m/sec.), senza provocare lo slittamento relativo delle due ruote, è data da:

Nel caso di assi concorrenti le ruote assumono generalmente forma dí tronchi di cono, costantemente a contatto lungo una generatrice, e col vertice coincidente col punto di concorrenza O degli assi. Posta la condizione di strisciamento nullo (ruote di frizione) si deduce che la generatrice di contatto deve coincidere con l'asse della rotazione relativa istantanea delle due ruote, la quale è definita dal vettore:

rappresentante la velocità angolare relativa della ruota B rispetto alla A. Se θ è l'angolo formato dagli assi (e precisamente dai due vettori ω1 e ω2 e θ′ l'angolo supplementare, la direzione di ωk divide l'angolo θ′ in due parti α1 e α2 tali che:

Per le applicazioni tecniche ha importanza solo il caso di ω12) costante, cioè delle ruote coniche circolari 1 e α2 costanti). Limitandoci a considerare questo solo caso, osserviamo che a seconda dei valori di ω12 e dell'angolo θ′ può accadere che le superficie di contatto riescano entrambe convesse (α1 〈 90°; α2 〈 90°) oppure l'una concava e l'altra convessa (α1 > 90°; α2 〈 90°) o anche, come caso limite, che una delle ruote risulti piana (ruota conico-piana: α1 = 90°; α2 〈 90°) (figg. 9-10-11).

Anche per le ruote di frizione coniche circolari si osserva (come per le ruote cilindriche) che la trasmissione del moto è dovuta all'aderenza fra le superficie rotolanti, ed è perciò necessario che fra queste superficie si sviluppi una certa pressione normale K. Tale pressione può essere facilmente generata, esercitando un'opportuna spinta in senso assiale sui supporti di uno degli assi.

Le ruote di frizione si prestano facilmente a formare meccanismi che permettono di variare a piacere, e in modo continuo, il rapporto delle velocità angolari di due alberi rotanti. Uno di tali dispositivi è costituito dall'accoppiamento disco e rotella (fig. 12), col quale la trasmissione del moto avviene come se si trattasse di due ruote coniche aventi come generatrice di contatto la retta OM, passante per il punto d' intersezione O dei due assi e per l'unico punto di contatto M fra il disco A e la rotella B. Facendo scorrere la rotella B lungo il proprio asse si può ottenere la variazione del rapporto delle velocità angolari, nonché l'inversione del senso del moto di uno degli assi. L'applicabilità di tale meccanismo è però limitata ai casi di forze assai poco rilevanti.

Dalle ruote di frizione cilindriche (per assi paralleli) e coniche (per assi concorrenti) si possono pensare derivate le ruote dentate cilindriche e coniche (v. ingranaggio). A tale uopo basta pensare modificate le superficie attive in modo da provvederle di sporgenze e rientranze costituenti i denti dell'ingranaggio.

La forma dei denti può essere studiata in modo da lasciare inalterata la legge del moto, rinunciando però alla condizione del contatto di puro rotolamento.

Nel caso di assi sghembi il ruotismo elementare (comprendente una sola coppia di ruote) non può essere realizzato in modo da dare luogo, a contatti di rotolamento puro, poiché il moto relativo istantaneo dei due membri rotanti è un moto elicoidale. La velocità di strisciamento è tuttavia ridotta al valore minimo quando il contatto ha luogo in punti appartenenti all'asse istantaneo del suddetto moto relativo. Indicando con ω1 e ω2 i vettori rappresentanti le velocità angolari dei due membri rotanti A e B, e con a = O1 O2 la minima distanza dei due assi O1 x1, O2 x2, (fig. 13), il moto relativo istantaneo di B rispetto ad A è definito dalla velocità angolare relativa:

e dalla velocità assiale (parallela ad ωk):

ove gli angoli α1 e α2 che definiscono la direzione di ωk (come nel caso degli assi concorrenti) sono tali che:

essendo θ l'angolo formato dai vettori ω1 e ω2.

Inoltre la posizione dell'asse Ox0 del moto elicoidale relativo istantaneo è individuata per mezzo delle distanze OO1 = R1 e OO2 = R2, le quali sono date da:

Nel caso ordinario di ω12, costante gli assoidi del moto relativo sono allora due iperboloidi di rivoluzione a una falda (fig. 14), geometricamente definiti dai raggi dei circoli di gola (R1, R2) e dalle inclinazioni delle generatrici (α1, α2).

Due tronchi dei suddetti iperboloidi possono essere allora assunti come supoerficie primitive di ruote dentate iperboliche. Queste ultime avranno i denti disposti lungo le generatrici, quindi con andamento rettilineo, ma obliquo rispetto agli assi. In ogni caso si distinguono ruote iperboloidiche medie (fig. 15 a) ed estreme (fig. 15 b) secondo che i tronchi di iperboloidi utilizzati hanno come piani medî i piani dei circoli di gola, oppure piani laterali, più o meno lontani da quelli. Le ruote dentate iperboloidiche sono di costruzione piuttosto difficile, perciò in pratica, per realizzare la trasmissione diretta di moto rotatorio fra assi sghembi, si preferisce ricorrere ad altri tipi di ruote dentate, le cui superficie primitive si discostano notevolmente da quelle degli assoidi del moto relativo. Tali sono le ruote cilindriche a denti elicoidali (fig. 16) nelle quali le superficie fondamentali sono cilindri circolari (di raggi r1 e r2) fra loro tangenti in un unico punto C, e i denti sono disposti secondo eliche (presentanti gli angoli d'inclinazione β1 e β2 rispetto agli assi) le quali pure risultano fra loro tangenti, quando passano per C. Per queste coppie di ruote valgono le relazioni:

le quali coincidono con quelle riguardanti le ruote iperboloidiche soltanto se ai raggi dei cilindri fondamentali si assegnano i valori r1 = R1, r2 = R2; poiché allora segue anche β1 = α1, β2 = α2.

Per la trasmissione di moto fra assi sghembi si ha, infine, l'ingranaggio a vite perpetua e ruota elicoidale (fig. 17), il quale può riguardarsi come un caso particolare delle suddette ruote cilindriche a denti elicoidali, poiché, quando il numero dei denti diventa molto piccolo, tali ruote assumono i caratteri di vere e proprie viti.

(Per maggiori dettagli nello studio delle dentature, v. ingranaggio).

A conclusione delle proprietà cinematiche dei ruotismi semplici (costituiti di due sole ruote) rileviamo che, qualunque sia il tipo e la forma delle ruote, se con Z1 e Z2 si indicano i rispettivi numeri dei denti, il rapporto di trasmissione è in ogni caso espresso da:

Dalla combinazione di due o più ruotismi semplici risultano varie forme di ruoitsmi composti. Quando il membro fisso della catena porta gli elementi cinematici di tutte le coppie rotoidali (cosicché tutte le ruote girano su assi fissi) si hanno ruotismi analoghi a quelli rappresentati nelle figg. 18 e 19. Questi ultimi constano ciascuno di un membro fisso E e di tre membri rotanti, che sono: la prima ruota conduttrice A, l'ultima ruota condotta D, e il gruppo delle ruote intermedie B e C (solidali fra loro), ingrananti rispettivamente con A e con D. Il rapporto di trasmissione complessivo risulta uguale al prodotto dei rapporti di trasmissione delle singole coppie; perciò (se con ZA, ZB, ZC, ZD si indicano i numeri dei denti delle varie ruote) si ha:

Come caso particolare può accadere che le ruote intermedie B e C si confondano in una sola M (fig. 20) ingranante contemporaneamente con A e con D. In tale caso la ruota intermedia M non influisce sul rapporto di trasmissione, ma solo sul senso del moto della ruota estrema D.

Dopo i ruotismi ad assi fissi, interessa considerare i ruotismi epicicloidali o planetarî, i quali presentano la caratteristica di avere una 0 più ruote girevoli su assi che sono, a loro volta, dotati di movimenti rotatorî attorno ad altri assi. Generalmente questi ruotismi si possono pensare derivati da ruotismi ad assi fissi, mediante semplici invertimenti cinematici. Così se nel ruotismo semplice della fig. 6, invece di tenere fisso il membro C si tiene fissa la ruota A, si ottiene un ruotismo planetario nel quale il membro C è dotato di moto rotatorio attorno ad O1 e la ruota B rotola sulla A. Queste ultime si dicono allora rispettivamente ruota satellite e ruota planetaria.

La fig. 21 rappresenta un doppio ruotismo epicicloidale. Sul braccio rotante E sono imperniate le due ruote B e C fra loro solidali; queste ultime ingranano colle ruote A e D, che sono coassiali, ma indipendenti. Tenendo fermo il braccio E si avrebbe un ruotismo ad assi fissi, non dissimile da quello della fig. 18; perciò, ritenendo solo il caso degli assi di A, D ed E paralleli e considerando il moto relativo del sistema rispetto a E, si ricava la relazione:

Se allora si suppone di tenere fissa la ruota A A = 0) il rapporto di trasmissione per i membri rotanti D ed E risulta:

Con questi ruotismi, assegnando valori opportuni ai numeri dei denti, si possono realizzare rapporti di trasmissione molto grandi o molto piccoli.

Generalmente, in luogo di un solo gruppo di ruote intermedie (satelliti), se ne dispongono due o più, distribuiti simmetricamente intorno alle ruote planetarie (ruote B′ e C′, punteggiate nella fig. 21). Le due ruote B e C di ciascun gruppo si possono però confondere in una sola ruota M; inoltre la ruota fissa A può essere convenientemente costruita come ruota a dentatura interna. Si ha allora il ruotismo planetario della fig. 22.

Notiamo ancora che i ruotismi epicicloidali si possono costruire con ruote coniche invece che cilindriche, disponendo gli assi dei satelliti concorrenti con quelli delle ruote planetarie (fig. 23). Se, come caso particolare, si fanno uguali le due ruote planetarie, si ottiene il più comune tipo di ruotismo differenziale (fig. 24).

Questo meccanismo viene generalmente impiegato (v. automobile facendo agire il membro rotante E (che porta gli alberelli dei satelliti) come membro motore, mentre le ruote planetarie A e D (entrambe mobili) sono due membri condotti, fra loro indipendenti. Considerando il moto relativo ad E si ricava la relazione:

perciò:

cioè la velocità angolare del membro conduttore è uguale alla media delle velocità angolari dei due membri condotti.

Bibl.: F. Reuleaux, Theoretische Kinematik, Brunswick 1875; G. H. C. Hartmann, Les mécanismes, Parigi 1925; C. Poli, Meccanica generale ed applicata, Torino 1927.