FIMETTA, Ruggero

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 48 (1997)

FIMETTA (Fimeth, Fimetti), Ruggero

Gastone Breccia

Figlio di Simone, apparteneva a una nobile famiglia siciliana di origine normanna che si era insediata a Lentini.

Già nel 1172 un Goffredo Fimetti è attestato come stratigoto a Siracusa. All'inizio dei sec. XIII i Fimetti dovettero stabilirsi a Lentini, dove esercitavano funzioni di ufficiali regi locali. Un altro Goffredo vi è ricordato nel 1239 come comestabulus (conestabile). A lui nel 1240 l'imperatore affidò il castello di Reggio in Calabria, ma non è noto quali fossero i rapporti di parentela tra il F. e questo Goffredo.Nelle fonti è ricordato per la prima volta nel 1251, quando Innocenzo IV gli restituì, con una bolla del 10 marzo, tutti i beni che egli e i suoi antenati avevano posseduto al tempo dell'incoronazione imperiale di Federico II (1220), annullando le concessioni disposte dopo quella data in favore di altri dall'imperatore.

Nello stesso giro di anni in cui il suo parente appare integrato, seppure a livello modesto, nella struttura amministrativa del Regno di Sicilia, il F. fu costretto all'esilio. Non è noto il motivo, ma forse era in qualche modo coinvolto nella congiura ordita nel 1246 da un gruppo di nobili contro l'imperatore. Poté tornare nel Regno solo dopo la morte di Federico II, avvenuta il 13 dic. 1250. Il 10 marzo 1251 Innocenzo IV con. la restituzione dei feudi gli conferì l'ufficio di maresciallo nell'isola di Sicilia, in sostituzione di quello di conestabile che, come dichiarava il F., era stato ereditario nella sua famiglia.

Tuttavia, il F. non sembra essere rientrato immediatamente nel Regno di Sicilia, dove le forze filoimperiali si erano riorganizzate in attesa della discesa in Italia di Corrado IV, figlio ed erede del defunto sovrano. Solo dopo la morte del re nel 1254 tornò in Sicilia, chiamato, secondo il cronista Nicola di Iamsilla, da Pietro Ruffo, conte di Catanzaro, che cercava di consolidare il proprio potere distaccandosi dagli Svevi. In questo modo il F. poté giocare la sua parte nei convulsi avvenimenti che segnarono la breve vita della cosiddetta Repubblica siciliana.

Le città dell'isola si liberarono infatti molto presto della scomoda tutela del conte di Catanzaro. Si formò una lega di liberi Comuni che chiese la protezione della S. Sede. Papa Alessandro IV inviò immediatamente in Sicilia come legato il francescano Rufino da Piacenza, e proprio a lui è indirizzata la bolla del 21 ag. 1255 che resta il principale documento sull'importanza del ruolo svolto dal F., capo del partito guelfo e pontificio. Vi sono ricordati i suoi grandi meriti, che il papa aveva deciso di premiare con la concessione di quattro castelli demaniali: Vizzini, Modica, Scicli, Palazzolo. In compenso il F. doveva prestare il servizio feudale con 10 milites forniti di armi e cavalli per un periodo di tre mesi l'anno. Il legato veniva inviato dal papa ad assegnare i castelli al F., che ne fu investito il 13 sett. 1255 con un'altra bolla papale.

Nonostante l'appoggio del pontefice gli avvenimenti presero ben presto una piega sfavorevole per i ribelli siciliani. Sul continente Federico Lancia riconquistò il controllo della Calabria, mentre sull'isola i feudatari fedeli agli Svevi ripresero coraggio e organizzarono un esercito che, alla guida di Enrico Abate (Abbate), nell'aprile 1256 riuscì ad entrare in Palermo, dove venne catturato il legato papale. Per far fronte a questa situazione il F. radunò le truppe filopapali a Lentini, e proprio presso questa città, nella piana della Favara, avvenne lo scontro decisivo. Enrico Abate mantenne l'iniziativa strategica, decidendo di raggiungere e attaccare il F. che attendeva probabilmente ulteriori rinforzi. Sulla battaglia che seguì si sa pochissimo. Sembra che le truppe comandate dal F. fossero superiori di numero (almeno secondo Nicola di Iamsilla, cronista di parte sveva), ma furono sconfitte. La vittoria dei filoimperiali decise le sorti della Repubblica siciliana. Il F., con pochi superstiti, si rifugiò a Untini, mentre Enrico Abate si dirigeva su Messina, che occupò verso la metà di maggio. Poco dopo si arresero anche le ultime roccaforti dei ribelli, Piazza, Aidone e Castrogiovanni.

Il F. dovette prendere nuovamente la via dell'esilio. Il 13 dic. 1257 lo troviamo alla corte pontificia a Viterbo, dove Alessandro IV, con una bolla indirizzata a Enrico III, lo raccomandava al re inglese. Nella bolla viene presentato come "caput et capitaneus" dei fedeli della Chiesa in Sicilia, che con un gruppo di nobili parenti e seguaci intendeva recarsi in Inghilterra per riconoscere come re di Sicilia il figlio di Enrico III, Edmondo, uno dei tanti pretendenti al trono. Anche se a tale data i piani del sovrano inglese avevano ampiamente dimostrato tutto il loro velleitarismo, il F. venne impiegato dal re come intermediario presso la S. Sede. Relativamente alla vicenda siciliana, nel maggio 1258 il re assegnò al F., che allora, a quanto pare, si trovava ancora in Italia, una certa somma di denaro. Ma l'incoronazione di Manfredi di Svevia a re di Sicilia, avvenuta nell'agosto 1258 a Palermo, costituì un grave colpo per le aspirazioni inglesi e le speranze del F. di tornare in Sicilia. Il F. si stabilì quindi alla corte inglese ed ottenne dal re nel 1259 una pensione annua di 60 marchi. Ancora nel 1261 fu mandato dallo stesso principe Edmondo alla corte pontificia per promuovervi la sua candidatura.

Dopo questa data non si hanno più notizie sul Fimetta. Il suo nome non è comunque ricordato tra quelli degli altri Fimetta che dopo la conquista di Carlo d'Angiò (1266) e la morte di Corradino di Svevia (1268) rientrarono nel Regno di Sicilia. È verosimile che il F. allora fosse già morto. Certo lo era già nel 1270, come risulta da un atto di donazione della sorella Aloisia (Sciascia, 1993, p. 87 n. 1. In Inghilterra è attestato, nel 1267 e nel 1268 un Andrea di Lentini, forse un suo figlio.

Fonti e Bibl.: Nicolaus de Iamsilla, Historia de rebus gestis Friderici II imperatoris eiusque filiorum Conradi et Manfredi, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., VIII, Mediolani 1726, col. 579; Foedera, conventiones, literae..., a cura di T. Rymer - R. Sanderson, I, 1, Londini 1816, p. 366; J. Böhmer, Regesta Imperii, V, a cura di J. Ficker - E. Winkelmann, Innsbruck 1881-1901, nn. 2847 (per Goffredo), 8355 s., 9013, 9134; Les registres d'Innocent IV, a cura di E. Berger, Paris 1884-1921, nn. 5317 s.; Les registres d'Alexandre IV, I, a cura di C. Bourel de la Roncière, Paris 1885-1902, nn. 719 s., 755; Calendar of the patent rolls preserved in the Public Record Office, Henry III, IV (1247-1258), London 1908, pp. 629, 639; V (1258-1266), ibid. 1910, p. 122; Close rolls of the reign of Henry III preserved in the Public Record Office, XI, London 1934, pp. 265 s.; XII, ibid. 1936, pp. 12, 113, 158; A. Karst, Geschichte Manfreds vom Tode Friedrichs II. bis zu seiner Krönung (1250-1258), Berlin 1897, pp. 136 s.; M. Amari, La guerra del Vespro siciliano, a cura di F. Giunta, Palermo 1969, pp. 6-68; L. Sciascia, I Fimetta: una famiglia di guelfi siciliani durante il Vespro, in Medioevo, VIII (1983), pp. 11-13; M. Granà, La missione siciliana di frate Rufino da Piacenza..., in Schede medievali, XII-XIII (1987), pp. 95 ss.; L. Sciascia, Le donne e i cavalier, gli affanni e gli agi, Messina 1993, ad Indicem (con ampie informazioni su tutta la famiglia).

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