ROSSI DI MONTELERA, Carlo Teofilo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017)

ROSSI DI MONTELERA, Carlo Teofilo

Adriana Castagnoli

– Nacque a Chieri il 27 ottobre 1865, figlio di Luigi e di Marianna Barberis.

A diciassette anni conquistò la medaglia d’oro per la letteratura nel concorso indetto dal ministero dell’Istruzione fra i licenziati d’onore nei regi licei. Si laureò in giurisprudenza all’Università di Torino nel 1886. Ereditò dal nonno paterno, agricoltore attivissimo, e dal padre, uno dei comproprietari della casa Martini & Rossi, lo slancio per gli affari e l’interesse per il Paese. Così, pur avendo una solida cultura giuridica che gli avrebbe consentito di esercitare con successo la professione di avvocato, dopo la laurea si impegnò nell’azienda di famiglia dandole nuovo impulso e rivelando doti di tecnico e organizzatore di valore.

Nel 1863 il liquorista Luigi Rossi (1828-1892), padre di Carlo Teofilo, era entrato come terzo socio nella ditta Martini, Sola e C.ia (antesignana della Martini & Rossi), nata dalla ristrutturazione della «Distilleria nazionale di spirito di vino all’uso della Francia», creata dai commercianti Clemente Michel, Carlo Re, Carlo Agnelli ed Eligio Baudino nel 1847. Il primo stabilimento produttivo della società era stato realizzato a San Salvatore Monferrato, nell’Alessandrino; nel 1864 venne inaugurata la nuova fabbrica a Pessione (Chieri). La produzione di vermouth, fernet, bitter e china (dagli anni Settanta dell’Ottocento) era importante e già rinomata.

Nel 1879, morto uno dei fondatori, Teofilo Sola, la ragione sociale della ditta venne mutata in Martini & Rossi, anche se continuò a riportare la dicitura «Successori Martini, Sola e C.ia» fino a metà Novecento. Fra il 1884 e il 1893 furono realizzate le prime tre succursali estere, a Buenos Aires, Ginevra e Barcellona. Nel 1887 la direzione generale si insediò a Torino, in corso Vittorio Emanuele II, nel palazzo progettato dall’ingegner Camillo Riccio.

Dopo la morte di entrambi i fondatori, con l’avvento del nuovo secolo i ruoli direttivi dell’azienda passarono nelle mani dei quattro figli di Luigi Rossi: Carlo Teofilo e Cesare e, successivamente, Enrico ed Ernesto. La loro strategia fu di continuità sia nel potenziamento dei rapporti con l’estero, sia attraverso la creazione di nuove succursali amministrative, distributive e produttive a Londra, Parigi e Bruxelles.

Nel 1901 la Martini & Rossi acquisì anche la distilleria a vapore di Montechiaro d’Asti, dove si producevano principalmente vini a base di uva moscato (in particolare, l’Asti spumante), assurgendo in tal modo, insieme a Cora, Cinzano, Gancia e Carpano, a primaria casa commerciale e di distillazione. Vermouth, moscati, liquori ne costituivano il core business produttivo ad alto reddito che trovava ampi sbocchi all’estero e, in particolare, nell’America Latina.

In Europa l’importanza crescente assunta dai mercati tedeschi e centrorientali e la rivalità commerciale con la Spagna in questo settore imposero di formare organismi di categoria in grado di intervenire con autorevolezza nella gestione della politica doganale. I produttori più forti, e che sovente detenevano cariche politiche, divennero così anche protagonisti di questi comitati, a cominciare da Rossi, che aveva iniziato assai giovane a partecipare alla vita pubblica. Nel 1893 era stato eletto consigliere della Camera di commercio di Torino, divenendone successivamente presidente (1902-09 e 1921-24).

Figura di spicco del notabilato torinese, fu eletto per la prima volta nel Consiglio comunale di Torino un anno prima dell’elezione a deputato, nel 1896; tredici anni dopo, nel 1909, avrebbe assunto la carica di sindaco, che avrebbe tenuto fino al 1914. Eletto deputato nel 1897 per la XX legislatura nel collegio di Carmagnola nel gruppo Destra, si distinse nell’attività parlamentare per la difesa degli interessi economici del Piemonte e come commissario della giunta per le Tariffe e i Trattati. Fu riconfermato nello stesso collegio nella XXI, XXII e XXIII legislatura.

Oltre a Carlo Teofilo anche il fratello Cesare, medico e uomo pubblico, rappresentò in Parlamento lo stesso collegio elettorale di Carmagnola per cinque legislature (dalla XXIII alla XXVII). Nato a Chieri l’11 novembre 1866, Cesare fu sottosegretario al ministero delle Poste e Telegrafi nel primo governo Boselli (18 giugno 1916 - 29 ottobre 1917), ricoprì lo stesso incarico nel primo governo Orlando (29 ottobre 1917 - 23 giugno 1919) e fu sottosegretario al ministero dell’Istruzione pubblica (15 giugno 1920 - 4 luglio 1921). Fu anche sindaco di Chieri. Morì il 10 gennaio 1926.

Dopo aver ottenuto il laticlavio nel 1909, Rossi ricoprì incarichi importanti: fra l’altro, fu componente della commissione per le Tariffe dei dazi doganali (31 gennaio 1921) e commissario di Vigilanza sull’amministrazione delle Ferrovie dello Stato dal 5 dicembre 1921 al 26 febbraio 1922.

In queste vesti contribuì al successo delle due esposizioni internazionali di Torino del 1898 e del 1911, di cui fu vicepresidente. Il Comune era stato rimodernato come macchina organizzativa e ‘azienda’ dal predecessore di Rossi, Secondo Frola, esponente del liberalismo giolittiano. L’esito delle elezioni amministrative del 29 giugno 1909, che confermarono la vittoria del gruppo clerico-liberale, assicurò la successione a Rossi. Questi garantì una linea di continuità con le misure innovatrici di Frola. Il suo programma prevedeva sostanzialmente il completamento delle iniziative avviate dal predecessore e di alcuni progetti rimasti sulla carta.

Si trattava di coordinare e completare gli impianti delle aziende municipali, di riconsiderare il problema del collegamento ferroviario di Torino, di realizzare la direttissima per Savona e di mettere in campo molte altre iniziative per modernizzare e rendere più agevole la vita del capoluogo sabaudo. Fra i problemi da lui affrontati e risolti, l’ampliamento della cinta daziaria da 16 a 34 km (1912) con l’obiettivo di allargare la base imponibile cittadina per irrobustire le entrate del Comune.

Fu, in particolare, per sua iniziativa che nel 1911 venne organizzata a Torino l’Esposizione internazionale delle industrie e del lavoro per celebrare i cinquant’anni dell’Unità d’Italia. Questa esposizione, la più grande fra quelle tenute sino ad allora in Europa, segnò anche la rivincita dell’ex capitale del Regno e la «consacrazione tangibile dell’ottimismo positivista – come scrisse Guido Gozzano – e degli ideali evoluzionistici che informavano larga parte della borghesia torinese» e costituì un vero trionfo per Rossi (Roccia, 1993, p. 1592). All’esposizione partecipò anche la Martini & Rossi con un padiglione realizzato dall’architetto e ingegnere Pietro Fenoglio, il più noto interprete del liberty torinese e fra i più importanti in Italia. Per i meriti acquisiti da Rossi in quell’occasione, la sua famiglia venne insignita dal re Vittorio Emanuele III del titolo nobiliare di conti di Montelera.

Intanto, Rossi era stato chiamato a ricoprire l’incarico di sottosegretario al ministero delle Poste e Telegrafi durante il terzo governo Giolitti (4 aprile 1909), incarico che aveva lasciato quando era stato eletto sindaco.

Nell’estate del 1914, al momento dello scoppio della guerra, la borghesia industriale aveva idee divergenti sull’opportunità di una partecipazione al conflitto. In particolare, i gruppi dell’industria alimentare e vinicola nutrivano molte speranze per un incremento del commercio di esportazione garantito da un regime di neutralità assoluta che avrebbe consentito di trarre profitto dalla momentanea scomparsa della concorrenza francese sul mercato tedesco. Rossi era l’esponente più autorevole di questa adesione al neutralismo come era stato enunciato da Giolitti. A Torino, d’altronde, avevano preso posizione a favore della soluzione neutralista sia una parte dei finanziari privati, con a capo la Banca Marsaglia, sia innanzitutto il presidente della FIAT Giovanni Agnelli; e in tal senso si era espressa anche la maggioranza della deputazione piemontese. In quei frangenti, una frase pronunciata a sostegno di Giolitti costrinse Rossi alle dimissioni dalla carica di sindaco poiché nel Consiglio comunale prevalevano orientamenti opposti. Durante il conflitto svolse opera di propaganda per la resistenza interna nel ruolo di ufficiale e fu decorato con la croce di guerra.

Nel 1922 fu nominato ministro dell’Industria, del Commercio e del Lavoro nel secondo governo Facta (1° agosto 1922 - 31 ottobre 1922), e Benito Mussolini lo confermò nell’incarico (31 ottobre 1922 - 1° agosto 1923). Affrontò così la riorganizzazione dei molteplici servizi che vennero fusi nel nuovo ministero dell’Economia nazionale.

La restaurazione economica si avvantaggiò dell’incipiente ripresa degli scambi profilatasi sul finire del 1922 a livello internazionale e già in atto in Italia. Rossi si occupò della sistemazione di alcuni accordi di scambio con le nazioni europee: partecipò alla Conferenza di Ginevra ed ebbe un ruolo importantissimo nella stipulazione dei trattati di commercio con Francia, Spagna, Svizzera e Polonia, che contribuirono a risollevare le sorti della nostra economia.

Nel 1924, con l’approssimarsi delle elezioni di aprile, i massimi esponenti della grande industria si risolsero ad appoggiare le correnti revisioniste del movimento fascista. Agnelli aveva appoggiato l’Associazione liberale democratica in dissenso alla quale alcuni imprenditori decisero la costituzione dell’Unione monarchica liberale, che aveva un programma di adesione al governo e di distacco dal Partito liberale. I fautori di questo pronunciamento, generato anche da certe insofferenze nei confronti del maggior gruppo industriale, la FIAT, che serpeggiavano in ambienti di piccola e media impresa, avevano già deciso di appoggiare il listone fascista e di impegnarsi nel finanziamento della campagna elettorale. Esso fece proseliti fra alcuni uomini politici di riguardo come Rossi.

Dopo lo scioglimento delle Camere di commercio nel 1924 (incorporate nella pubblica amministrazione come Consigli provinciali dell’economia nel 1926), per volere del governo Mussolini proseguì a occuparsi dei problemi industriali e commerciali del Paese quale commissario governativo (1924-26) e successivamente commissario straordinario (1926-27) della Camera di commercio di Torino. Intanto ricopriva anche l’incarico di presidente dell’Unione delle Camere di commercio (1924-27).

Uomo di grande erudizione e memoria prodigiosa, latinista e grecista di valore, parlava le principali lingue europee. Oratore elegante e geniale, coltivò gli studi storici e letterari, tenendo anche varie conferenze sul poema dantesco. Fu un grande promotore, oltre che studioso, di studi storici come presidente della Società storica subalpina, per la quale scrisse un volume in collaborazione con Ferdinando Gabotto sulla storia di Torino; presiedette la commissione per il regesto dei documenti storici del Risorgimento e fu direttore, insieme a Carlo Pio De Magistris, della rivista storica Il Risorgimento italiano. Fu anche un filantropo.

Venne delegato dal governo in numerose esposizioni e congressi all’estero e, fra gli altri incarichi, rappresentò l’Italia all’Esposizione internazionale di arti decorative e d’industrie moderne di Parigi (1925). Fu insignito del titolo di ambasciatore onorario e di numerose onorificenze fra cui: il gran cordone dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (28 dicembre 1913); il gran cordone dell’Ordine della Legion d’onore (Francia); la Gran croce del Sovrano Militare Ordine di Malta. Fu anche presidente dell’Associazione cavalieri del lavoro (1915-17), della cui onorificenza era stato insignito nel 1907.

Fu primo firmatario di 149 progetti di legge in Parlamento, tutti di iniziativa governativa, nessuno dei quali divenne legge.

Sposato con Clotilde Bosso, ebbe due figli: Teofila Alessandrina (20 ottobre 1889), sposatasi con il marchese Giovanni dei Medici del Vascello, e Metello Cesare (18 dicembre 1903), sposatosi con Adele dei baroni Cavalchini Guidobono Roero San Severino.

Morì a Torino il 29 dicembre 1927.

Quanto all’azienda di famiglia, poiché nel volgere di un decennio oltre a Carlo Teofilo e Cesare morirono anche i fratelli Ernesto, nel 1932, ed Enrico, nel 1939, negli anni Trenta si impose il passaggio alla terza generazione ovvero ai cugini Theo, Metello, Napoleone e Lando, figli rispettivamente di Cesare, Carlo Teofilo, Ernesto ed Enrico, che restarono alla guida della Martini & Rossi con incarichi diversi all’incirca sino alla fine degli anni Settanta.

Anche questa generazione si connotò esprimendo peculiari figure di uomini d’impresa con una forte proiezione pubblica, come dimostrò l’attenzione da loro rivolta alla dimensione sociale dell’azienda, al rapporto con i lavoratori, le loro famiglie e, in generale, con le comunità in cui l’impresa era inserita; nonché, nel 1961, in occasione del centenario dell’Unità d’Italia, la creazione del Museo Martini di storia dell’enologia a Pessione, il piccolo paese alle porte di Chieri dove era nata, quasi un secolo prima, l’antesignana della Martini & Rossi, destinato a custodire memorie e tradizioni culturali della sua storia. Grazie all’introduzione di avanzate tecniche di organizzazione commerciale, la Martini & Rossi si consolidò sul mercato nazionale e su quelli esteri pur restando profondamente radicata nel territorio d’origine.

Nel 1987 la quarta generazione siglò un accordo con il gruppo multinazionale americano Bacardi Limited, di origine cubana, per favorire la distribuzione dei propri prodotti negli Stati Uniti. Nel 1993, il Gruppo Martini & Rossi venne rilevato da Bacardi con un’operazione di fusione che portò alla creazione del Gruppo Bacardi-Martini.

Opere. Cinque anni di vita amministrativa tori-nese: 1909-1914. Note di un sindaco, Roma 1914.

Fonti e Bibl.: Pessione (Chieri), Archivio storico Martini & Rossi; Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, s.v., http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/R_f?OpenPage; Camera dei deputati, Portale storico, http://storia.camera. it/deputato/teofilo-rossi-di-montelera-18651027/ governi#nav; http://storia.camera.it/deputato/cesare-rossi-di-montelera-18661111#nav.

Il Comune di Torino nel quinquennio 1909-1914, Torino 1914, ad ind.; La morte del senatore Teofilo Rossi, in La Stampa, 29 dicembre 1927; Teofilo Rossi, ibid., 30 dicembre 1927; P. Gabert, Turin ville industrielle, Paris 1964; V. Castronovo, Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi. Il Piemonte, Torino 1977, ad ind.; Id., Torino, Roma-Bari 1987, ad ind.; R. Roccia, Due sindaci innovatori: Secondo Frola e Teofilo Rossi, in Storia illustrata di Torino, a cura di V. Castronovo, VI, Torino nell’età giolittiana, Milano 1993, ad ind.; P. Rugafiori, Nella grande guerra, in Storia di Torino, VIII, Dalla grande guerra alla liberazione (1915-1945), a cura di N. Tranfaglia, Torino 1998, ad ind.; Ufficio Stampa Martini & Rossi, Martini&Rossi: un’icona del Made in Italy, Torino 2002. Si vedano inoltre il sito del Forum italiano della Commissione internazionale permanente per lo studio degli Ordini cavallereschi, www.iagiforum.info, e quello della Martini & Rossi - Gruppo Bacardi, http://www. martinierossi.it/.

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