Romolo

Enciclopedia Dantesca (1970)

Romolo

Manlio Pastore Stocchi

Fondatore eponimo e primo re di Roma.

La vestale Rea Silvia, figlia di Numitore re di Alba Longa spodestato dal fratello Amulio, avrebbe avuto dal dio Marte (ma in realtà da un ignoto di vile condizione: cfr. Livio I IV 2 " Vi compressa Vestalis... quia deus auctor culpae honestior erat, Martem incertae stirpis patrem nuncupat ") due gemelli, R. e Remo, che, abbandonati dopo la nascita, furono dapprima allattati da una lupa, poi raccolti e allevati da una coppia di pastori. Adulti, rivendicarono i diritti dell'avo Numitore e lo rimisero sul trono; in seguito, avendo deciso di fondare una città (che fu Roma), ne tracciarono la cinta sul colle Palatino; ma durante la fondazione i due gemelli vennero a contesa e Remo rimase ucciso. R. popolò la nuova città di banditi e fuorusciti dalle città vicine, cui procurò le donne con il ratto delle Sabine. Durante il suo regno, speso in parte nelle guerre con le popolazioni finitime, R. avrebbe creato le principali istituzioni civili, religiose e militari di Roma, fra cui il Senato. Quando scomparve misteriosamente durante una tempesta lo si volle assunto tra gli dei: fu identificato con l'antico dio indigeno Quirino (nome con cui è spesso designato) e gli si rese uno speciale culto.

La figura di R. non ha particolare rilievo nell'opera di D., dove appare soverchiata, nell'ufficio di provvidenziale autore dei destini dell'Impero, da quella di Enea, circonfusa di poesia virgiliana e più atta a confortare la visione dantesca di un più vasto e ininterrotto disegno divino in cui la storia romana si lega a quella remota di Troia nella persona dell'eroe frigio. Di fatto, oltre a un accenno a R. quale primo padre di Roma e primo dei sette re (v. RE DI ROMA), in Cv IV V 10-11, s'incontra solo un'altra menzione, relativa ai suoi dubbi natali: vien Quirino / da sì vil padre, che si rende a Marte (Pd VIII 131-132). L'affermazione, che riecheggia il passo liviano citato, mira a confermare che le qualità dei padri non si ripetono necessariamente nei figli, e nel voluto contrasto con il vil padre esalta indirettamente la personale nobiltà di Romolo.

In Mn II IV 8, in citazione da Aen. VIII 654, Romuleoque recens horrebat regia culmo.

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