FERRUCCI, Romolo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 47 (1997)

FERRUCCI, Romolo (detto del Tadda)

Sandro Bellesi

Figlio dello scultore Francesco di Giovanni, detto del Tadda, nacque a Fiesole (Firenze) il 29 sett. 1544 e fu battezzato il giorno successivo con i nomi di Romolo e Michelangelo, ebbe come padrino il celebre scultore N. Tribolo (Fiesole, Arch. capitolare, sez. XIX, Atti anagrafici parrocchiali, n. 3, cc. n.n.). Esigue e frammentarie sono le informazioni relative alla sua educazione artistica, che dovette svolgersi prevalentemente sotto la guida del padre (la notizia di un presunto alunnato nella bottega di Andrea di Michelangelo Ferrucci - Baldinucci [1681-1728] risulta invece inattendibile, essendo quest'ultimo più giovane di quindici anni). Il F. dovette collaborare con il padre piuttosto a lungo; controversa è stata l'attribuzione dell'imponente statua con la Giustizia in piazza S. Trinita a Firenze, eseguita in porfido con rifiniture bronzee, iniziata intorno al 1570 e ultimata nel 1581. L'opera, assegnata a Francesco da Baldinucci (1681-1728) e al F. nelle guide cittadine più importanti del Sei-Settecento, fu realizzata invece, come attesta F. Settimanni nella sua Cronica fiorentina (Zobi, 1853), in stretta collaborazione tra i due artisti. Sotto l'egemonia del padre il F. eseguì probabilmente il Monumento del vescovo Giovan Battista Ricasoli in S. Maria Novella e la terracotta con il Ritratto di Francesco Ferrucci del Tadda oggi al Victoria and Albert Museum di Londra, documentabili alla prima metà dell'ottavo decennio del XVI secolo (Bellesi, 1995).

Solo dopo la morte del padre, avvenuta nel 1585, il F. iniziò un'attività indipendente, ottenendo, in breve tempo, allogazioni destinate soprattutto alla corte medicea. Precedenti alle commissioni granducali sono da ricordare alcuni interventi di restauro effettuati nel 1588 nella chiesa della Spina a Pisa (Tanfani, 1871). Prima del 1590 eseguì varie opere nella villa di Pratolino e in palazzo Pitti (Bertolotti, 1885) e nel 1591 scolpì due teste di leone e un epitaffio per la base marmorea della statua di Leone X (B. Bandinelli-V. de' Rossi) nell'udienza del salone dei Cinquecento in palazzo Vecchio (Allegri-Cecchi, 1980).

Il 30 dic. 1592 il F. fu immatricolato all'Accademia del disegno di Firenze (Bellesi, 1986) e nel 1599 fu coinvolto in una causa giudiziaria contro il conte Camillo Della Gherardesca. Causa della lite era stata l'esecuzione di alcuni animali in pietra, oggi non identificati, tra i quali un cinghiale non somigliante e una gru non compresa nell'incarico (Arch. di Stato di Firenze, Accademia del disegno, n. 8, c. 8v).

L'attività "animalista" del F. continuò con ritmo serrato e si diffuse oltre i confini del Granducato toscano.

Il Baldinucci (1681-1728) ricordava, a tale riguardo, che per completare l'arredo decorativo di una fontana nel giardino di palazzo Gondi a Parigi, per il quale P. Francavilla aveva eseguito un marmo con Orfeo (oggi nel Museo del Louvre), il F. realizzò, sul volgere del Cinquecento, una "buona quantità d'animali varie sorti" (VII, p. 36).

Entro il mese di giugno del 1600 il F. scolpì lo Stemma Davanzati per la facciata della chiesa di S. Michele a Doccia presso Fiesole. La commissione comprendeva inoltre una targa con un'iscrizione e due teste leonine ornamentali (Levi, 1909-1911; Giglioli, 1933).

Da alcuni documenti conservati nel fondo dell'Accademia del disegno di Firenze apprendiamo che nel 1602 il F. fu coinvolto in una nuova vertenza legale. Oggetto di questa contesa fu un'arme in pietra per F. Gabburri non conforme agli accordi prestabiliti.

Il processo, che si protrasse per alcune settimane, vide la convocazione di vari testimoni, tra i quali il pittore I. Ligozzi. La deposizione di quest'ultimo, oltre ad attestare gli ottimi rapporti di stima e di amicizia tra i due artisti, riferisce, tra le altre cose, che il F. aveva eseguito "sete animali di pietra bisa..." per il duca di Mantova (Bellesi, 1986). Ulteriori notizie relative alle opere realizzate dallo scultore furono fornite da B. Corsini, da C. Guiducci e da Antonio del Tovaglia, altri testimoni che dichiararono di aver acquistato dal F. alcune statue rappresentanti cani e leoni per le loro residenze (Arch. di Stato di Firenze, Accademia del disegno, n. 64, cc. n.n.).

Nel 1604 l'artista è documentato nella Gabelle dei contratti della città di Firenze, probabilmente per l'acquisto di un'abitazione (Firenze, Bibl. naz., Poligrafo Gargani, n. 804, ms. sec. XIX, cc. n.n.). Negli anni 1607 e 1608 egli rivesti frequentemente la carica di console presso l'Accademia del disegno (Arch. di Stato di Firenze, Accademia del disegno, n. 8, c. 60v).

Il 19 giugno 1614 il F. fece redigere il suo ultimo testamento dal notaio C. Ciai. Da questo rogito apprendiamo che lo scultore aveva sposato nel 1568 Fiammetta di Giovanni di Piero del Sordo e che aveva ottenuto, al momento delle nozze, una dote di 175 scudi. Dall'unione erano nati vari figli, tra i quali Giovan Battista, erede universale del F., Ottavio, monaco camaldolese in S. Maria degli Angeli a Firenze con il nome di Bernardino, e Camilla, coniugata Terzoni (Arch. di Stato di Firenze, Notarile moderno n. 7603, cc. 110v-111r). Nella sua residenza cittadina, situata "nel popolo di S. Pier Maggiore nella via che va allo spedale di S. Maria Nuova" (ibid.), il F. scolpì un'arme e uno "sgabelletto di pietra, retto da un'arpia, lavorata di gradina e bizzarria straordinaria" (Baldinucci, 1681-1728, III, p. 543).

Dal secondo decennio del Seicento, il F. dovette lavorare attivamente all'allestimento decorativo del giardino di Boboli.

F. Baldinucci (1681-1728)ricordava che lo scultore O. Mochi dopo aver condotto il "bel modello di due villani, che ... doveansi per lo ... giardino ... scolpire in pietra, in atto di far quel gioco, che dicesi il saccomazzone, diede anche principio all'opera, ma perché il Mochi, quanto valente era nel modellare, era altrettanto infelice nel tagliar di pietra, gli fu levata l'opera, e data a finire a Romolo Ferrucci, il quale con gran franchezza condussela" (III, pp. 541 s.). Su modello del Mochi fu eseguito probabilmente anche il gruppo detto Il giocodella civetta, palesemente ispirato a prototipi giambologneschi. Scolpita tra il 1621 e il 1622, l'opera, che vide la partecipazione del F. e dell'allievo B. Rossi, fu sostituita nel Settecento con una copia di G. B. Capezzuoli (Pizzorusso, 1989; Caneva, 1982).

Capolavori del F. possono essere ritenute tre Figure grottesche (anch'esse nel giardino di Boboli), eseguite tra il 1617 e il 1621 ed esemplate su alcune incisioni di J. Callot (Bellesi, 1986).

Il tono caricaturale e l'espressione ironica di queste immagini trovano riflessi anche in altre opere coeve del F., come il Caramogio in collezione privata fiorentina (eseguito a pendant di una Contadinella con canestro: Bellesi, 1989). Per il giardino mediceo lo scultore realizzò inoltre, tra il 1613 e il 1621, varie figure di leoni e cani in pietra 'bigia', alcune tuttora in loco e altre nel palazzo di S. Clemente (Caneva, 1982; Capecchi, 1993), e "n. 16 animali di più sorte", destinati in parte a una Caccia al cinghiale, oggi perduti o non identificati (Pizzorusso, 1989).

Oltre alle commissioni per Boboli, il F. eseguì per la corte granducale toscana una statua di un Giovane villano, realizzata per la città di Livorno e già dispersa all'inizio dell'Ottocento (Volpi, 1846).

Il F. morì a Firenze e il 7 marzo 1621 fu inumato in S. Maria del Carmine (Bellesi, 1986).

Alcune notizie successive al decesso dell'artista rendono note altre committenze. Nel 1622 cinque statue del F. dovevano ancora essere inviate alla corte di Mantova (Bertolotti, 1890), mentre nel 1625 abbiamo notizia di due cani in terracotta modellati del F. per Alberto de' Bardi (Arch. di Stato di Firenze, Accademia del disegno, n. 66, cc. n.n., e n. 92, c. 187v). Attribuiti allo scultore nelle fonti antiche ma riferibili ad altri artisti risultano invece uno stemma in palazzo Gianfigliazzi e due Satiri nella facciata di palazzo Marucelli Fenzi (Schottmüller, 1915), eseguiti rispettivamente dall'allievo Orlando della Bella (Baldinucci, 1681-1728) e da R. Curradi (Pizzorusso, 1989).

Fonti e Bibl.: F. Bocchi -G. Cinelli, Le bellezze della città di Firenze, Firenze 1677, p. 194;F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua [1681-1728],a cura di F. Ranalli, Firenze 1846, III, pp. 541-543; IV, p. 423[Appendice, a cura di P. Barocchi, VII, Firenze 1975, p. 36]; G. Cambiagi, L'i.e r. giardino di Boboli, Firenze 1757, p. 60;R. del Bruno, Ristretto delle cose più notabili nella città di Firenze, Firenze 1757,p. 89; M. F. Soldini, Il r. giardino di Boboli, Firenze 1789, pp. 28, 46 s., 69; F. Inghirami, Description de l'i. et r. palais du r. jardin de Boboli, Firenze 1832, p. 133; G. Volpi, Guida al forestiero per la città e contorni di Livorno, Livorno 1846, p. 202; A. Zobi, Notizie storiche sull'origine e progressi dei lavori di commesso in pietre dure che si eseguono nell'I. e R. Stabilimento di Firenze, Firenze 1853,pp. 105-107, 111 s.; L. Tanfani, Della chiesa di S. Maria del Pontenovo detta della Spina e di alcuni ufficidella Repubblica pisana, Pisa 1871, pp. 96, 231; G. Piombanti, Guida storica ed artistica di Livorno, Livorno 1873, p. 39; A. Bertolotti, Artisti in relazione con i Gonzaga signori di Mantova, Modena 1885, p. 175;Id., Figuli, fonditori e scultori in relazione con la corte di Mantova, Milano 1890, p. 102; E. Levi, A history of the suppressed convent of S. Michele alla Doccia sotto Fiesole, Firenze 1909-11, p. 71; F. Schottmüller, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI,Leipzig 1915, pp. 494 s.; Catalogo delle cose d'arte e di antichità d'Italia, O. H. Giglioli, Fiesole, Roma 1933, pp. 95 s.; W. Paatz-E. Paatz, Die Kirchen von Florenz, III,Frankfurt am Main 1952,p. 705; M. T. Cruciani Boriosi, La realizzazione del giardino italiano e la sua parziale discendenza dalla contemporanea scenografia, in Antichità viva, II (1963), 2, p. 19; F. Gurrieri - J. Chatfield, Boboli gardens, Firenze 1972, pp. 60, 118 s., 122;E. Allegri - A. Cecchi, Palazzo Vecchio e i Medici. Guida storica, Firenze 1980, pp. 32, 37, 227-229; C. Caneva, Ilgiardino di Boboli, Firenze 1982, pp. 24 s., 46, 48; S. Bellesi, in Il Seicento fiorentino. Biografie (catal.), Firenze 1986, pp. 86 s.; Id., in IlSeicento fiorentino. Disegno. Incisione. Scultura. Arti minori (catal.), Firenze 1986, p. 432; D. Di Castro Moscati, The revival of the working of porphyry in sixteenth-century Florence, in Apollo, CXXVI (1987), p. 247; S. Bellesi, Scuole e tendenze scultoree fiorentine tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento, in Pietro Bernini. Un preludio al barocco, Firenze 1989, pp. 40, 42, 44; C. Pizzorusso, A Boboli e altrove. Sculture e scultori fiorentini del Seicento, Firenze 1989, ad Indicem; G. Capecchi, Il giardino di Boboli..., Firenze 1993, pp. 53 s.; S. Blasio, in Repertorio della scultura fiorentina del Seicento e del Settecento, a cura di G.Pratesi, Torino 1993, pp. 44 s.; S. Bellesi, ibid., p. 78; Id., Gli inizi di R. F. e alcune considerazioni sulla bottega dei Del Tadda, in Paragone, XLVI(1995), in corso di stampa.

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