ROMANZO

Enciclopedia Italiana (1936)

ROMANZO

Bruno LAVAGNINI
Ferdinando NERI
F. G.
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Emerico VARADY

Oriente. - Se la differenziazione del romanzo dalla novella va cercata in una diversità quantitativa, cioè in una maggiore lunghezza e complessità del racconto, non si può dire che ci siano conservati saggi di romanzo nell'antichissima letteratura egiziana, né, almeno direttamente, in quella assiro-babilonese; ché novella sembra, ad es., da considerare il noto racconto egizio di Sinûhe, mentre d'altra parte le composizioni narrative babilonesi-assire rientrano piuttosto nell'epica religiosa. Un vero e proprio "romanzo" orientale si può dire invece quello di Aḥīqār (v.), sorto attorno al sec. VI a. C. in ambiente aramaico, ma sotto influsso culturale babilonese-assiro, e diffuso in tutta l'Asia Anteriore e parte dell'Africa nord-orientale in numerosissime recensioni e traduzioni seriori (siriache, arabe, armene, copte, etiopiche, ecc.). Esso ci rappresenta in forma tipica il carattere sapienziale e didattico di questa antichissima arte narrativa semitica, in cui l'elemento fantastico e paradossografico è pretesto e cornice a quello più schiettamente gnomico.

Altro grande filone romanzesco che si diffonde per tutto il mondo orientale mediterraneo è, qualche secolo dopo, la leggenda di Alessandro (v.); l'originale e quasi prototipo del genere è qui il romanzo in greco dello Pseudo-Callistene, ma esso stesso, come è stato dimostrato, sorge in ambiente fortemente orientalizzato (l'Egitto del sec. III d. C.), e attraverso la trafila complicata delle versioni e retroversioni (pehleviche [?], siriache, arabe, armene, neopersiane) prende piena cittadinanza nelle letterature orientali preislamiche e musulmane.

In queste ultime peraltro, e specialmente in quella araba, la materia romanzesca in genere non ebbe favorevole accoglienza e diffusione nella letteratura colta (o vi entrò solo nella forma metrica del poema romanzesco, gratissimo alla letteratura neopersiana, e a quelle da lei derivanti, e già da prima noto alla letteratura mediopersiana), e restò confinata negli strati inferiori della letteratura popolare. Qui appunto sorgono, in epoca relativamente tarda, e in ambiente per lo più arabo di Egitto e di Siria, quei fortunati cicli romanzeschi, alcuni dei quali saranno anche assorbiti dalle raccolte come le Mille e una Notte (v.): tali il romanzo cavalleresco di ‛Omar an-Numān e dei suoi figli, o quello di Sayf ibn Dhī Yazan (sec. XV), tale l'altro amplissimo della Sĭrat'Antar (sec. XIII), fantastica ricostruzione della vita beduina dell'Arabia preislamica; tali molti altri racconti prosastici (spesso con versi intercalati) in arabo, in persiano, in turco, tuttora insufficientemente noti e studiati, che distendono in fantasiose trame episodî delle guerre dell'islamismo nascente in Arabia stessa, e poi contro i Bizantini, i Turchi, più tardi i Crociati (romanzi di avventure di ‛Alī, romanzo di al-Baṭṭāl, romanzo di Baibars, ecc.). Tutta questa produzione, ripetiamo, appare disdegnata dalla letteratura dotta, che si vale se mai del romanzo a scopi allegorici, come nella famosa Sīrat Ḥayy ibn Yaqẓān, in arabo, di Ibn rufail, in cui il lungo racconto dell'autoeducazione del "Robinson Crusoe" islamico è semplice velo alle verità filosofico-religiose che lo scrittore arabo-spagnolo vuole sotto tal forma inculcare. A partire dal sec. XIX, la ricca produzione romanzesca in paesi musulmani, soprattutto arabi e turchi, è sotto il diretto influsso occidentale, francese.

Una fioritura rigogliosa, e naturalmente del tutto staccata da questi sviluppi del romanzo in Asia Anteriore, ha avuto il genere in India e nell'Estremo Oriente, particolarmente nel Giappone.

Nella letteratura classica indiana, esso si riveste di una forma prosastica estremamente elaborata, e vanta gl'insigni esempî del Daśākumacarita "Le avventure dei 10 principi" di Dandin, e il Vāsavadatta di Subandhu (ambedue del sec. VII), oltre a numerosi romanzi storici ed esotici. In Giappone, il monogatari ("storia", "racconto") appare sino dal sec. X coltivato con ampiezza e levato ad alta dignità letteraria, culminando nel Genji Monogatari di Murasaki Shikibu (intorno al 1000), che fu definito vero capolavoro di romanzo sociale del Medioevo giapponese, e rifiorendo nella curiosa letteratura romanzesca galante del sec. XVII (per es., il Kōshoku Ychidai Onna, "Una donna voluttuosa", di Ihara Saikaku), e in una ricca produzione di romanzi d'avventure, umoristici, storici, composti sino a quasi tutto il sec. XIX in modo affatto scevro d'influssi occidentali.

Antichità classica. - È invalsa tra i moderni l'abitudine di contrassegnare col nome di romanzo greco un gruppo di scritti greci dell'età imperiale il cui nucleo è una storia d'amore. La ragione di tale denominazione sta nel fatto che tale forma di narrazione si stacca nettamente dalle forme letterarie altrimenti note della letteratura antica, e si accosta, sia pur lontamente, al romanzo delle letterature moderne. I romanzi greci a noi conservati, in ordine approssimativo di tempo, sono le Avventure di Cherea e Calliroe, dovute a Caritone (sec. II d. C., o fine del I), le Efesiache di Senofonte Efesio (sec. II d. C.), Dafni e Cloe di Longo Sofista (intorno al 200 d. C.), le Etiopiche di Eliodoro (tra il 225 e il 250 d. C.), e i casi di Clitofonte e Leucippe narrati da Achille Tazio (intorno al 300 d. C.). A essi si aggiunge un compendio, nella Biblioteca di Fozio, delle Babiloniache di Giamblico (sec. II d. C.). Sono questi gli scritti che si sogliono designare nel loro complesso col titolo di Erotici Graeci.

Eccezione fatta per Longo, tutti questi romanzi hanno, in fondo, un unico e medesimo tema: le vicende di una coppia di amanti che, disgiunti da infinite peripezie, cagionate ora dalla volontà degli uomini, ora dal capriccio o dalla persecuzione della fortuna, riescono a mantenersi reciprocamente fedeli, superando le più aspre prove, e si vedono alfine, oltre ogni speranza, ricongiunti, al termine delle più varie e faticose peregrinazioni. Questo schema, unico nel fondo, appare ancora relativamente semplice nel romanzo di Caritone, che sembra il più antico, ma si accresce di vicende e si complica di episodî nei romanzi successivi, sino a farsi in Eliodoro e in Achille Tazio estremamente complesso e variato. Carattere comune a tutti questi romanzi è anche quello che l'azione è proiettata in un passato non bene caratterizzato ma ideale e lontano, mentre il loro orizzonte geografico si limita, quasi esclusivamente, alle regioni ellenizzate del Mediterraneo orientale. Così la scena del romanzo di Caritone è posta dopo la guerra del Peloponneso. In un passato indeterminato, che però può esser già l'epoca del dominio romano, è collocato il romanzo di Senofonte Efesio. Sembra di dover pensare, per Giamblico, al periodo ellenistico, mentre nell'Egitto, al tempo della dominazione persiana, hanno luogo le avventure immaginate da Eliodoro e da Achille Tazio. Da questo carattere pseudo-storico deriva al romanzo la sua astrattezza, la sua lontananza dalla vita di tutti i giorni e il vacuo idealismo dei personaggi, larve declamanti sopra uno sfondo di cartone dipinto. Discorsi, descrizioni, pezzi di bravura a ogni piè sospinto. La prosa dei romanzi, è, manco a dirlo, profondamente segnata dell'impronta stilistica della seconda sofistica, costellazione che brilla di luce perenne nel cielo letterario dell'età imperiale, a partire dalla fine del sec. I d. C., onde è del tutto giustificata la denominazione, che a questi scritti anche si suol dare, di "romanzi sofistici". Questi caratteri sono anche, nei riguardi dell'arte, i più gravi difetti del romanzo greco, in cui l'interesse si sviò nell'esteriorità dell'azione, invece di concentrarsi nel dramma interiore. Così esso viene a presentare, moltiplicati di assai, i difetti che erano proprî del dramma, quando l'interesse esclusivo per l'intreccio oscurasse ogni palpito di vita nelle figure. Quello che nel dramma avveniva una volta sola, avviene nel romanzo un'infinità di volte. Risolta una crisi iniziale, una nuova crisi si apre, situazione succede a situazione; è un concatenarsi di drammi e quando i protagonisti sono usciti salvi da una oscura tragedia, ecco che un'altra se ne presenta e il dramma si rinnova ancora. Ora questo dramma rimane puramente esterno, non si fa dramma umano, dramma di anime. Trastullo della Fortuna (il romanziere impersona in genere nella fortuna, nella Τύχη, puro simbolo astratto, l'infinita varietà degli avvenimenti) i suoi personaggi non rivelano una loro umanità dolorante e lottante. Materia inerte, essi si lasciano trasportare dalla corrente. Proprio là dove la figura umana dovrebbe specialmente muoversi e vivere, dinnanzi ai colpi rinnovantisi del destino, l'enfasi retorica è l'unica anima dei personaggi e dei loro discorsi. E quanti discorsi nei romanzi greci.

Unica eccezione il romanzo pastorale di Longo, che sta, se non cronologicamente, idealmente al termine estremo nell'evoluzione del romanzo greco. Nato dall'elaborazione letteraria della leggenda amorosa, accolta entro il quadro della storiografia locale (anche il romanzo di Longo portava il titolo Λεσβιακά), esso non riesce se non qui, per la prima e l'unica volta, a liberarsi dal peso degli elementi tradizionali e a farsi una forma d'arte viva e vitale. Qui veramente l'interesse si è fatto interesse umano, per la psicologia dei protagonisti, e la peripezia è piuttosto interna, nell'animo dei personaggi, che non nella tenue vicenda in cui sono implicati. Merito anche dello sfondo bucolico in cui la figura umana campeggia, l'amore di Dafni e di Cloe nasce e fiorisce col ritmo inavvertito della legge cosmica che presiede alla natura universa e al mistero della vegetazione.

Il romanzo erotico qui descritto è la forma tipica del romanzo greco e quella che maggiormente ha influito sulla costituzione del romanzo moderno.

In essa rientra anche l'originale greco perduto della cosiddetta Historia Apollonii regis Tyrii, a noi nota solo attraverso la redazione latina, ma che doveva essere contemporanea al romanzo di Senofonte Efesio, col quale ha punti di contatto. Ma la mentalità ellenistica, con la sua tendenza all'individualismo, che diede vita al romanzo erotico in cui si rifletteva come in specchio ideale il sentimentalismo borghese dell'epoca, così suscitò altre forme di letteratura narrativa. Dalle Milesie sembra essersi sviluppato un tipo di romanzo ben altrimenti realistico e satirico di cui ci son documento da un lato il latino romanzo Satyricon di Petronio e dall'altro lo scritto di Lucio di Patre (noto a noi nell'estratto di Fozio), dal quale discendono l'Asino di Luciano e le latine Metamorfosi di Apuleio, dove la materia realistica s'incorona di una mistica trasfigurazione; e questa trasfigurazione è appunto conferma che il romanzo greco non prende radici nella letteratura latina, in cui del resto le Metamorfosi - insieme con un altro testo così singolare come il Satyricon - sono del tutto isolate. Documento dello stesso spirito realistico e avventuroso in un terreno più vicino alla storiografia, sono il cosiddetto romanzo di Alessandro, dello Pseudo-Callistene, alla cui base sta una narrazione popolare delle gesta di Alessandro, composta verso il 200 a. C., sotto Tolomeo V Epifane, e le esposizioni pseudostoriche della leggenda troiana che vanno sotto i nomi del troiano Darete e del cretese Ditti, pretesi contemporanei agli avvenimenti.

Frutto tardivo dell'età postclassica, benché originale e ricco di futuro, il romanzo è perciò ignoto alla teoria letteraria dell'antichità classica, costruita sull'esperienza letteraria che da Omero arriva a Menandro. Letteratura amena ad uso della mezza-cultura, spregiata dai dotti, è andata per la maggior parte perduta, onde la difficoltà di intravederne le origini e di tracciarne l'evoluzione. Tuttavia la papirologia, che da oltre mezzo secolo arricchisce la nostra conoscenza della letteratura greca, è stata anche qui singolarmente feconda di risultati, sia col far conoscere frammenti di romanzi prima sconosciuti, sia col rettificare la cronologia dei romanzi già noti, attraverso la scoperta di loro frammenti in papiri databili o datati. Fra tutti merita particolare ricordo il frammento del cosiddetto romanzo di Nino, della fine del sec. I a. C. In esso il leggendario fondatore dell'impero assiro e la mitica Semiramide appaiono trasformati in una coppia di fidanzati adolescenti e acerbi, ansiosi di passare a legittime nozze.

Non si deve tacere tuttavia che la nostra conoscenza di questa forma letteraria è frammentaria, poiché poggia quasi esclusivamente sulla fase sofistica, che è quella cronologicamente più tarda. Onde accade che le fasi anteriori dell'evoluzione si possano piuttosto intuire e presentire che dimostrare. Primo E. Rohde, nel 1876, analizzando i romanzi sofistici, credette di scorgere in essi due elementi essenziali, la cui fusione ne avesse determinato l'esistenza: la narrazione erotica della elegia alessandrina e il racconto di viaggi e avventure. L'incontro dei due elementi sarebbe avvenuto durante l'impero nel sec. II d. C., pronuba al connubio la seconda sofistica. Primo documento di questa fusione sarebbe stato il romanzo neopitagorico di Antonio Diogene su Le meraviglie al di là di Tule, assegnabile alla fine del sec. I d. C. La teoria del Rohde tenne a lungo il campo, benché la scoperta del romanzo di Nino avesse mostrato che il romanzo erotico era già costituito alla fine del secolo I a. C., ben avanti la seconda sofistica, e che l'elemento di viaggi e avventure era lungi dall'avere in esso sino dal principio quella funzione essenziale che il Rohde le aveva attribuito. Nel rilevare questi difetti della concezione del Rohde, B. Lavagnini, per il primo, nel 1921, affermava l'origine popolare del romanzo greco, mostrava come esso non poteva esser nato dalle esercitazioni sofistiche, e sulla base di un' analisi dei romanzi più antichi, noti dai papiri, rilevando che tutti i romanzi erotici sono romanzi storici, intuiva che esso doveva essere sorto sul terreno stesso del mito, da una elaborazione popolare delle leggende locali nel quadro della storiografia locale.

Questa teoria non è stata sostituita da nulla di più accettabile sinora, anzi le hanno recato conferma le osservazioni del Rostovzev sui probabili riflessi di una leggenda scitica in Pap. Soc. Ital., n. 981. Sulle orme del Lavagnini, J. Ludvikovský, comprendendo nell'unica categoria di "romanzo di avventure" il romanzo storico (Pseudo-Callistene) e il romanzo erotico, ha sostenuto che il romanzo sarebbe nato da una scissione della forma precedente della storiografia, che in Grecia fu sempre un'arte epica più che una scienza. Il romanzo di Nino, genere medio fra il romanzo storico e il romanzo d'amore, starebbe, da un punto di vista genetico, a mezza strada fra il romanzo di Alessandro e il romanzo di Caritone. Più recentemente K. Kerényi, studiando il problema alla luce della storia delle religioni, ha avanzato l'ipotesi che lo schema tipico del romanzo greco coi suoi incidenti sempre ricorrenti (coppia di amanti separati e, dopo infinite peripezie, ricongiunti) possa esser dovuto al modello della storia sacra egiziana della coppia divina Iside e Osiride. Ipotesi dotta e brillante, ma a cui manca tuttavia nei testi il necessario fondamento.

I frammenti papiracei sono stati raccolti da B. Lavagnini, Eroticorum graecorum fragmenta papyracea, Lipsia 1922; le accessioni posteriori sono passate in rassegna da O. Rattenbury (in New Chapters in the History of Greek Literature, terza serie, a cura di J. U. Powell, Oxford 1933 pp. 211-257); è da aggiungere ora, fra l'altro, il frammento di Antonio Diogene, pubblicato da C. Gallavotti, in Studi italiani di filologia classica, n. s., vol. VIII (1930), p. 247 segg., e il frammento di narrazione romanzesca in Pap. Soc. It., I, 1935, n. 1220.

Il testo della maggior parte dei romanzi si basa sul famoso codice fiorentino, Laur. Conv. Soppr. 627 del sec. XIII, descritto da E. Rostagno, in Studi ital..fil. cl., VI (1896), p. 174. Raccolte di Erotici Scriptores a cura di C.-G. Mitscherlich, voll. 3, Zweibrücken 1792-94; di R. B. Hirschig, Parigi 1856; di R. Hercher, Lipsia 1858-59, in voll. 2; un'edizione moderna è nei voti degli studiosi.

Letterature moderne. - Il nome di romanzo appare alle origini delle letterature moderne, e in Francia (roman), per indicare uno scritto in lingua volgare: e, ben presto, uno scritto ampio, di storia o di fantasia: due cose che nelle menti medievali non andavano ben distinte, mentre era ben chiaro il proposito di dilettare col racconto d'imprese eroiche e avventurose. Le antiche leggende furono riprese ed esposte diffusamente nel Roman de Thèbes, nel Roman d'Enéas, nel Roman de Troie (i due primi anonimi; il terzo di Benoît de Sainte-Maure), nel Roman d'Alexandre di Lambert le Tort e Alexandre de Bernay; e in quella forma di poema, a cui non era estraneo l'esempio classico, si vennero atteggiando le favole d'armi e d'amori, le leggende bretoni (di Tristano e d'Isotta, di Lancillotto e di Ginevra...), che serbarono per molti secoli il sogno di una società feudale e cavalleresca: il romanziere che, in pieno sec. XII, consacrò la fortuna di quel ciclo fu Chrétien de Troyes, autore di un perduto Tristan, di Érec et Énide, di Cligès, del Lancelot, d'Yvain, di Perceval le Gallois o il romanzo del Graal. I racconti epici del ciclo carolingio confluirono più tardi, e specialmente nelle redazioni in prosa, succedute alle chansons de geste, in questo genere romanzesco, che fu caro a tutte le letterature d'Europa. Ancora nel sec. XII s'inizia, nelle sue varie "branche", la silloge e, in certo modo, l'epopea animalesca del Roman de Renart, e nel corso del sec. XIII, per opera di due poeti assai diversi fra loro, e ispirati alla cultura di due età contrastanti, Guillaume de Lorris e Jean de Meung, si delinea e si dispiega il vasto affresco allegorico del Roman de la Rose, che comprende tutto l'ideale artistico della Francia fino all'alba del Rinascimento.

In Italia, dopo le versioni e rifacimenti dei romanzi francesi, assai numerosi fra il Due e il Trecento (storie di Troia, la Tavola rotonda, il Lancilotto del Lago), si volse il Boccaccio alla grande narrazione in prosa col Filocolo, intessuto riccamente sulla leggenda di Florio e Biancofiore: l'amore dei due giovani affronta e vince le prove e i pericoli più aspri, e l'autore si riposa a quando a quando, con il suo eroe, nelle scene ariose della vita che più gli piaceva, di feste e di liete adunanze fra le dame e i cavalieri. Con l'Ameto, alternato di prose e di rime, il Boccaccio diede il primo esempio di romanzo pastorale, e nella Fiammetta seppe ridurre, pur con fatica, tutta una storia d'amore nel chiuso di un'anima addolorata. L'altȧ visione lirica della Vita nuova dantesca rimane all'orizzonte di quest'arte narrativa del Boccaccio, curiosa di forme e di figure più terrene.

A Bosone da Gubbio si attribuiva l'Avventuroso Ciciliano, mediocre compilazione di racconti di guerra e di discorsi morali. La tradizione cavalleresca, non mai intermessa, trova, alla fine del sec. XIV, un operoso cultore in Andrea da Barberino, autore, fra l'altro, dei Reali di Francia e del Guerin Meschino; e i grandi poemi su Orlando, dal Pulci all'Ariosto, ritraggono anch'essi gli elementi dalla leggenda medievale francese; l'esempio del Boccaccio si ravvisa, col fiorire dell'umanesimo, nell'Arcadia del Sannazzaro, nell'Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, nel Libro del Peregrino di Iacopo Caviceo, nella Filena di Niccolò Franco.

Ma è certo che, nel suo amore della bellezza antica, l'età del Rinascimento non predilesse il romanzo; si dà questo nome all'opera del Rabelais, perché non se ne trova un altro a denotare quell'evocazione colorita e carnosa di un'umanità in fermento, e anche perché la prima traccia del Gargantua e del Pantagruel è data dalle storie romanzesche che piacevano al popolo; e il Rabelais, ad ogni modo, restò unico nell'arte sua. Larga fortuna ebbe il romanzo d'Apuleio, di cui l'Asino d'oro di Agnolo Firenzuola è una versione assai libera (l'imitò più tardi, con intento morale, Lorenzo Selva nelle Metamorfosi del Virtuoso); i romanzi greci di Eliodoro, di Achille Tazio, di Senofonte Efesio, di Longo Sofista, furono ammirati e tradotti: più d'ogni altro, Teagene e Cariclea o Le storie etiopiche di Eliodoro. Il Peregrinaggio dei tre figliuoli del re di Serendippo risulta della fusione di più racconti d'origine orientale.

La Spagna, che conobbe nel Medioevo i poemi francesi (come dimostra, ad es., El Libro de Alexandre, di autore anonimo) ed ebbe come suo primo romanzo El caballero Cifar, composto, forse, dall'arcidiacono Ferrant Martínez, intorno al 1300, raccolse a lungo il suo interesse in una serie di versioni dell'Amadís de Gaula: quella che ci è nota, dei primi anni del Cinquecento, si diffuse anche nel resto d'Europa e rappresentò il tipo della letteratura cavalleresca spagnola: in cui tennero anche un buon posto, come nella biblioteca di Don Chisciotte, Tirant lo Blanch e la triade di Palmerín d'Oliva, Primaleón e Palmerín de Inglaterra (redatto in portoghese da Francisco de Moraes, e tradotto in castigliano da Luis Hurtado). La Fiammetta del Boccaccio ebbe notevole risonanza nella Cárcel de Amor di Diego de San Pedro e in Grimalte y Gradissa di Juan de Flores, autore anche della Historia de Grisel y Mirabella, ispirata alle questioni d'amore del Filocolo. E dal romanzo pastorale del Sannazzaro prendeva le mosse Jorge de Montemayor per la sua Diana, come poi Lope de Vega nell'Arcadia. Una specie di romanzo storico ispano-moresco, Historia de Zegríes y Abencerrajes o Guerras civiles de Granada, si deve a Ginés Péréz de Hita. Il romanzo picaresco, d' impronta nettamente spagnola, s'inizia, alla metà del sec. XVI, con la Vida de Lazarillo de Tormes, d'autore sconosciuto, e procede col Guzmán de Alfarache di Mateo Alemán, divulgato come il pícaro per eccellenza; con La pícara Justina di Francisco Lopez de Ubeda; col Marcos de Obregón di Vicente Espinel; la Historia de la vida del Buscón di Francisco de Quevedo, più nota col titolo El gran Tacaño; La Garduña de Sevilla, e altri, di Alonso de Castillo y Solórzano. Spigliati, festosi, ricchi di scene d'ambiente, e dei più strani e pittoreschi, questi racconti divennero, né soltanto in Spagna, veramente popolari.

Tutta l'esperienza letteraria di queste varie forme sta alla base dell'opera geniale del Cervantes: il quale s'era provato al romanzo pastorale con la Galatea e finì, poco innanzi la morte, Los trabajos de Persiles y Sigismunda, e comprese nel suo capolavoro la satira, e insieme la poesia, di tutte le favole vagheggiate nella sua terra. La storia del Ingenioso Hidalgo don Quijote de la Mancha, mentre abbatte per sempre la sorte dei libri di cavalleria, ravvolge di simpatia e di rimpianto ogni bella illusione e ogni umano entusiasmo.

In Germania, la riforma luterana, che nella sua austerità pretendeva d'imporre la Bibbia come unica norma di vita, aveva tuttavia favorito una copiosa letteratura di carattere ameno e popolareggiante: fiorirono allora lo Schwank, un genere di racconti improntati a una rude e travolgente comicità (di cui ci offre esempî dilettosi Hans Sachs, il poeta calzolaio) e il Volksbuch, "il libro popolare", come si chiamarono i rifacimenti in prosa di argomenti leggendarî tedeschi o stranieri. Un famoso Volksbuch è quello di Till Eulenspiegel, traboccante di trovate maliziose e facete, ch'ebbe larga diffusione in Francia e nel Belgio. Il più celebre esempio di questa caratteristica produzione è il Volksbuch di Faust, che è il più fedele documento della Riforma, anzi l'espressione più genuina dell'anima tedesca problematica e in eterno tumulto. Il romanzo più famoso del secolo di Lutero è l'Amadis di Johann Fischart, di cui possediamo anche un'interessantissima rielaborazione del Gargantua del Rabelais. A questo scrittore di una versatilità a un tempo strana e grandiosa spetta il merito di avere introdotto il romanzo in Germania, derivandolo dai solchi francesi e spagnoli; ed esso ebbe un largo sviluppo nel Seicento, come romanzo eroicogalante: Adriatische Rosamunde di Philipp von Zesen, Arminius di -Kaspar von Lohenstein, Asiatische Banise di Anshelm von Ziegler. Ma su tutti sopravvive, per la sua fresca e ingenua originalità, il Simplizissimus di Christoph von Grimmelshausen, che si riallaccia al genere picaresco e ci presenta un quadro grandioso della guerra dei Trent'anni.

Il romanzo francese conquista la società elegante con l'Astrée di H. d'Urfé, Artamène ou le Grand Cyrus e Clélie di Georges e Madeleine de Scudéry, e molte altre storie pastorali e cavalleresche (del Gombauld, del Gomberville, del La Calprenède) intessute d'allegorie amorose: da cui si svincola, con una gentilezza e una purità d'ínteresse psicologico veramente nuove, la Princesse de Clèves di Madame de La Fayette: analisi di un conflitto ideale che si svolge nel cuore dell'eroina e si conchiude, scevro d'ogni clamore d'avventure, con la rinuncia e il sacrificio della passione. I viaggi fantastici di Cyrano de Bergerac (Histoire comique ou Voyage dans la Lune e Histoire comique des États et Empire du Soleil), e, alla fine del secolo, il romanzo educativo del Fénelon (Les Aventures de Télémaque) valsero ad ampliare i confini del genere, dimostrandolo capace di un contenuto filosofico; e il Télémaque segnò anche l'esempio di una prosa poetica, neoclassica, a cui gli scrittori di Francia ebbero a tornare più volte.

Il romanzo di costume, dall'Histoire comique de Francion di Ch. Sorel al Roman comique dello Scarron e al Roman bourgeois del Furetière, mentre s'accosta al tipo picaresco spagnolo, prepara la fortuna di un realismo più pieno, più caldo di vita e di sentimento, che si effonde nel Settecento in Francia e in Inghilterra, con una concordia di spiriti che i semplici rapporti e influssi letterarî non bastano a spiegare. La sintesi dell'arte classica, che s'era espressa in forma perfetta nella tragedia, s'incomincia a dissolvere, come per l'urgenza di forze nuove, che hanno più vaste propaggini nella società moderna; a quel punto, veramente, il romanzo si annunzia come uno "specchio della vita": la coscienza degli scrittori e del pubblico sembrava raccolta, e intesa, a una riproduzione più diretta e fedele della realtà, quasi ignara ancora di una sua energia costruttiva, che procedeva dalla nuova interpretazione di quella "realtà" ch'essa portava in sé, mentre credeva d'attingerla tutta dall'esterno. Daniel De Foe, ch'è insieme il creatore di Robinson Crusoe e di Moll Flanders, cioè d'una delle visioni più pure, e d'una delle più viziose, dell'umanità; il Marivaux, con la Vie de Marianne e Le paysan parvenu; A.-F. Prévost con i Mémoires et aventures d'un homme de qualité, da cui si stacca, in sé compiuto e originale, acceso di un'incoercibile passione, l'episodio di Manon Lescaut; il Le Sage con Gil Blas; lo Swift con Gulliver's Travels; S. Richardson con Pamela, Clarissa e Grandison; H. Fielding con Joseph Andrews, Jonathan Wild, Tom Jones; T. G. Smollett, con Roderick Random, Peregrine Pickle, Humphrey Clinker, L. Sterne con Tristram Shandy O. Goldsmith con The Vicar of Wakefield, provano la storia morale degli uomini in tutte le direzioni: ma si può dire che prevalga quella che allora fu detta della "sensibilità", commista di passione, di aspirazioni virtuose e di voluttuosi languori. E sono questi i caratteri della Religieuse del Diderot; il quale s'attenne pure all'umorismo dello Sterne in Jacques le fataliste e nei racconti minori. L'influsso inglese è soprattutto evidente nell'opera del Prévost, quale autore del Cleveland, del Doyen de Killerine, e traduttore, in lingua francese, dei romanzi del Richardson: e alla vena del Richardson si collega il Rousseau, con Julie ou la Nouvelle Héloïse, mentre l'Émile ou De l'éducation costituiva un modello del romanzo d'idee, quel "Bildungsroman" ch'ebbe una degna fortuna in Germania, col Wieland (Agathon, Musarion, Peregrinus Proteus, Ariwandtschaften): il Meister rappresenta una serena rivalutazione della vita morale, da parte di chi era accusato d'averne scosso e minato la compagine con i Leiden des jungen Werther. Degli scrittori inglesi, i tedeschi imitarono il Richardson, e gli umoristi: Swift, Smollett, Sterne. Ed emergono il Thümmel con la sua Wilhelmine, Musäus con Grandison der Zweite, Th. G. von Hippel con i suoi curiosissimi romanzi Lebensläufe nach aufsteigender Linie e Kreuz- und Querzüge des Ritters A bis Z. L'esuberanza della fantasia, uno schietto e profondo sentimento della natura, un umorismo sano e piacevole hanno salvato dal tempo i libri di Jean Paul (Richter), fra i quali ricordiamo: Leben des Quintus Fixlein, Die Flegeljahre, Titan, Leben des vergnügten Schulmeisterlein Maria Wuz, Siebenkäs.

Il romanzo italiano, offuscato nel favore del pubblico dal prestigio della poesia classica e dall'immensa fortuna del teatro, si era piegato nel Seicento agl'influssi francesi e spagnoli (Eromena di Giovanni Biondi; Dianea di G. F. Loredano; Eudemia di G. V. Rossi; Il Caloandro di G. A. Marini, ecc.); si piegò nel Settecento, con l'abate Chiari e Antonio Piazza, agl'influssi francesi e inglesi, visibili ancora nell'Abaritte d'I. Pindemonte, nelle Avventure di Saffo e nelle Notti romane di Alessandro Verri, sebbene quest'ultimo libro rechi un soffio di risorgimento, che già si direbbe foscoliano. E lo stesso Jacopo Ortis imposta la sua foga lirica, d'un accento così libero e forte, su una traccia di romanzo che muove dalla Nouvelle Háloïse e dal Giovine Werther.

Con i romanzi filosofici del Marmontel, e quelli idillici del Florian, la Francia annovera, alla fine del Settecento, i romanzi sociali di Restif de la Bretonne (Le Paysan perverti, Monsieur Nicolas), avvivati da uno spirito d'osservazione perspicace; le Liaisons dangereuses di Choderlos de Laclos, analisi ardita di un gruppo di passioni sensuali, esacerbate da un amaro cinismo; e, quasi all'estremo opposto, Paul et Virginie di Bernardin de Saint-Pierre, pittura di un sentimentalismo esotico che sarà caro ai principi romantici e allo Chateaubriand (Atala, René, Les Natchez, Les aventures du dernier Abencérage). Les Martyrs, tutti infusi di un omerismo cristiano, che fu l'alta, e delusa, ambizione dello Chateaubriand, rimangono isolati, nello splendore e nella sterilità della forma. La signora di Staël assecondò, su un piano più modesto, con Delphine e Corinne, la letteratura personale, individualistica, dello Chateaubriand; e sulla linea segnata da René si dispongono l'Obermann di Sénancour (storia di un'anima ansiosa e turbata, nel tedio e nel conforto delle solitudini alpine), l'Adolphe di Benjamin Constant, piccolo e grande libro di una crudele lucidità psicologica, Volupté del Sainte-Beuve e la Confession d'un enfant du siècle di A. De Musset. Una posizione solitaria nel suo tempo occupa lo Stendhal: formato a una cultura ideologica e scettica, assorto in un suo programma di felicità egoistica, ma non volgare, egli ritrasse, e incise, a tratti finissimi (Le Rouge et le Noir, La Chartreuse de Parme, Lucien Leuwen) una vita d'insidie, che trova il suo riscatto in un'armonia, o piuttosto in un'energia superiore dello spirito e del sentimento.

Tra la fine del secolo XVIII e gl'inizî del XIX, due impulsi successivi muovono dalla letteratura inglese, con effetto esteso e cospicuo nella letteratura europea: l'uno, del romanzo spaventoso, che sorge con The Castle of Otranto di Horace Walpole (a cui seguono The Campion of Virtue di Clara Reeve, The Castles of Athlin and Dunbayne, The Mysteries of Udolpho, The Italian or the Confessional of the Black Penitents di Anne Radcliffe, The Monk di G. Lewis, Melmoth the Wanderer di Ch. R. Maturin, Frankenstein di Mary Wollstonecraft Shelley), l'altro, del romanzo storico, per opera di Walter Scott.

Lo Scott ispirato alla memoria della sua terra natale, che evocò dapprima nei canti leggendarî, offrì nei suoi numerosi romanzi (Waverley, Guy Mannering, The Briae of Lammermoor, Ivanhoe, The Monastery, The Abbot, Kenilworth, The Pirate, Quentin Durward, ecc.) un vasto quadro di età lontane e diverse; la favola, i caratteri, sono semplici, e alquanto convenzionali, ma ogni pagina è penetrata da un senso amoroso del passato, dalla simpatia nostalgica delle forme, degli aspetti più familiari e più umili di una vita scomparsa, da una poesia, insomma, che il romanticismo considerò come una delle sue espressioni più spontanee e felici. Si misero sulle orme dello Scott, fra gl'inglesi, John Galt, Susan Ferrier, W. H. Ainsworth (Roockwood), George Croly, E. Lytton Bulwer (The Last Days of Pompei), Charles Reade (The Closter of the Hearth, Richard Blackmore), Joseph Shorthouse, ecc.; in Francia, Alfred de Vigny (Cinq-Mars), il Mérimée (Chronique du règne de Charles IX), Victor Hugo (Notre-Dame de Paris), e, con vena più facile e tinte più forti, Alexandre Dumas, nei romanzi di cappa e spada (Les trois mousquetaires, Vingt ans après, La Reine Margot, ecc.).

In Italia, il tipo del romanzo storico scottiano fu presente al Manzoni, nella trama e nella tessitura dei Promessi Sposi; ma il poeta accordò la storia e l'invenzione nella sua profonda coscienza religiosa, e seppe trarre da quella zona di Lombardia e di Seicento la rivelazione del suo mondo fantastico e morale. Negli anni stessi dei Promessi Sposi, vennero in luce Il Castello di Trezzo di G. B. Bazzoni e la Sibilla Odaleta di Carlo Varese, a cui seguirono, del Bazzoni, Falco della Rupe, La bella Celeste degli Spadari, e forse il migliore dei suoi, Zagranella; altri ancora del Varese, di C. Leoni, e La Monaca di Monza di G. Rosini, Marco Visconti di Tommaso Grossi, Ettore Fieramosca e Niccolò de' Lapi di Massimo d'Azeglio, Margherita Pusterla di Cesare Cantù, Il Duca d'Atene del Tommaseo, e, su un'ispirazione più fosca e animosa, La Battaglia di Benevento, L'assedio di Firenze e altri del Guerrazzi.

Il primo libro che conti nella vasta produzione di Honoré de Balzac è un romanzo storico, Les Chouans; ma l'azione appartiene a un'età così vicina, che un breve passo restava a compiere perché l'interpretazione scottiana dell'ambiente pervadesse anche la vita contemporanea; ed è quanto il Balzac fece con prontezza, avviando il grande ciclo di romanzi a cui impose, verso il 1840, il titolo simbolico di Comédie Humaine: ciclo che raduna molti capolavori (Le Père Goriot, La Peau de chagrin, Le Colonel Chabert, Le Curé de Tours, Eugénie Grandet, Illusions perdues, César Birotteau, Splendeur et misères des courtisanes, La Rabouilleuse, Une ténébreuse affaire, La Cousine Bette, Le Cousin Pons) e rispecchia le vicende e gli aspetti della società francese dalla fine del Primo Impero sino alla monarchia di luglio. Una fantasiȧ prepotente, quasi allucinata, s'innerva sull'osservazione minutissima delle apparenze più comuni, creando una visione, un tipo, un organismo narrativo, il cui dominio non è ancora esaurito nelle letterature moderne.

Victor Hugo, nei Misérables, ritrasse dei modi balzacchiani, e insieme di quelli d'un genere più popolare e violento, a cui aveva dovuto la sua fortuna Eugène Sue (Les Mystères de Paris, Mathilde, Le Juif errant): indizio anch'essi d'una preoccupazione d'indole sociale, a cui si raccostò la Sand nella sua seconda maniera (Le Compagnon du tour de France, Consuelo, Le Meunier d'Angibault); essa aveva esordito col romanzo passionale (Indiana, Valentine, Lélia, Jacques), e terminò coi sereni riposi dei racconti campestri (La Mare au diable, La Petite Fadette, François le Champi). L'opera di Gustave Flaubert (da Madame Bovary all'Éducation sentimentale e Bouvard et Pécuchet), con un proposito di osservazione inflessibile, con un sentimento e un concetto totalmente pessimista della vita, che non trova altra salvezza fuori della trasfigurazione dell'arte, rivela ed effettua una delle più schiette e serie aspirazioni estetiche dell'età moderna.

A una scuola "realista" fiorita nel Secondo Impero sotto la guida dello Champfleury e del Duranty, succede, con un programma più largo e ambizioso (che riflette il pensiero scientifico positivista di quel periodo), il "naturalismo" di Émile Zola, svolto nei Rougon-Macquart, "histoire naturelle et sociale" d'una sola famiglia, che si dirama con le sue tare ereditarie in tutte le condizioni e in tutti gli ambienti (La fortune des Rougon, La curée, Le ventre de Paris, L'Assommoir, Nana, Germinal, ecc.). I fratelli Edmond e Jules de Gouncourt, con Renée Mauperin, Germinie Lacerteux, Manette Salomon, e poi il solo Edmond, con La fille Élisa e Les frères Zengamno; Alphonse Daudet, con Fromont Jeune et Risler aîné, Jack, Les rois en exil, Sapho, L'Immortel; Guy de Maupassant (Une vie, Bel Ami, Pierre et Jean, Notre cœur), Henri Céard, Paul Alexis, Léon Hennique, i fratelli Rosny, Jules Renard, Octave Mirbeau, Gustave Geffroy, Paul e Victor Margheritte, Lucien Descaves, Paul Adam, scrivono nell'orbita della scuola naturalista; da cui si stacca J. K. Huysmans (con A rebours e -bas), assetato della fede che si dichiara in En route, La Cathédrale, L'oblat.

Il romanticismo germanico aveva schiuso un largo campo alla produzione romanzesca. Friedrich Hölderlin ci ha lasciato nel suo racconto epistolare Hyperion un'opera pensosa e luminosa, in cui si svela tutta la sua anima assetata di bellezza. Heinrich von Ofterdingen di Friedrich Novalis è un "Bildungsroman" secondo l'ideale romantico: tratta del noviziato della vocazione poetica e doveva formare, nell'intenzione dell'autore, un contrapposto al Meiaster goethiano. Di Ludwig Tieck, ci restano i Franz Sternbalds Wanderungen, colorita evocazione dell'antica Norimberga, ispirati al concetto che "l'arte è la vita"; di Ludwig Achim von Arnim, Gräfin Dolores e Die Kronenwächter.

Una vena del romanzo inglese, dapprima più modesta, meno vistosa di quella che s'accentra nello Scott, e che si delinea fino dal Settecento con l'Evelina di miss Burney, procede verso il delicato realismo psicologico di Jeane Austen (Sense and Sensibility, Pride and Prejudice, Mansfield Park, Emma), la satira pungente e geniale del Thackeray (Vanity Fair, The Book of Snobs, Pendennis), e le creazioni indimenticabili del Dickens: il più amato, il più letto fra i narratori della sua nazione. Al suo primo libro, ch'è un capolavoro di umorismo, The Pickwick Papers, fanno seguito Oliver Twist, Nicholas Nickleby, The Old Curiosity Shop, animati da un senso commosso, penoso, eppur fiducioso, dell'umanità, i racconti di Natale (fra cui The Cricket on the Hearth) e Martin Chuzzlewit, satira della società americana. I tipi, gli ambienti del Dickens, anche se inverosimili, ci appaiono con l'evidenza della più consueta realtà. Le opere dell'età matura sono meno caratteristiche, ma più organiche: David copperfield, ch'è un racconto per gran parte autobiografico, Bleak House, Hard Times, Little Dorrit, A Tale of Two Cities. Le campagne morali e sociali combattute dal Dickens coi suoi romanzi (contro la prigione per debiti, e i collegi inumani) riuscirono simpatiche ed efficaci. Tra la folla di narratori che si snoda lungo tutto il secolo si distinguono Benjamin Disraeli (Contarini Fleming, Lothair, Tancred, Vivian Grey), Charles e Henry Kingsley, Geoffrey Hamyln (Cranford), Anthony Trollope (Barchester Towers, The Last Chronicles of Barset), Mary Russell Mitford, Ouida (pseud. di Louise de la Ramée: In Maremma), Wilkie Collins (The Moonstone, The Woman in White), George Moore (Ester Waters, Evelyn Innes, Sister Teresa), William Morris, James Barrie (A Window in Thrums, The Little Minister), Eden Phillpots; in una sfera più alta, e in un corso mirabile di spiriti creativi, George Eliot (pseud. di Mary Ann Evans: The Mill on the Floss, Adam Bede, Middlemarch), le sorelle Brontë, Emily (Wuthering Heights), Charlotte e Anne; George Meredith (The Egoist, Evan Harrington, Beauchamp's Career, Sandra Belloni, Vittoria); Walter Pater (che in Marius the Epicurean adempie riccamente il suo tipo dei "ritratti immaginarî"); Thomas Hardy, poeta della tristezza e della desolazione umana (The Return of the Native, The Mayor of Casterbridge, Tess of the d'Ubervilles, Jude the Obscure); Robert Louis Stevenson (The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde, Treasure Island, Kidnapped, Catriona, The Black Arrow); Rudyard Kipling, aspro, alacre, ardito (Kim, The Jungle Book); Joseph Conrad (Almayer's Folly, The Nigger of the Narcissus, Lord Jim, Typhoon, Nostronto, Victory: in un grande alito della vita errante, marina, e con un senso ombroso e profondo del carattere umano). Tali nomi, e tali opere, dànno al romanzo inglese il valore di uno dei momenti più fecondi e felici della letteratura moderna. E v'hanno pure contribuito O. Wilde (The Picture of Dorian Gray), H. G. Wells, coi suoi romanzi inventivi e fantastici (The War in the Air, The Time Machine, The War of the Worlds) e sociali (The Wheels of Chance, Love and Mr. Lewisham, Kipps); John Galsworthy, con la Forsyte Saga, doppia trilogia di romanzi sulla decadenza e gli sviluppi della società vittoriana; Gilbert K. Chesterton, arguto moralista (The Napoleon of Notting Hill, The Man who was Thursday, The Ball and the Cross, Manalive, la serie di Father Brown), Arnold Bennett (The Old Wive's Tale, The "Five-Totwns" Series e The "Clayhanger" Series), Hugh Walpole (The Catedral, The Old Ladies, Fortitude), J. B. Priestley, W. B. Maxwell, W. de la Mare, James Joyce (Ulysses), Aldous Huxley (Point Counter Point) e Virginia Woolf (Mrs. Dalloway).

La letteratura americana, di lingua inglese, risente gl'influssi europei alle soglie dell'Ottocento, con Washington Irving, Hugh H. Brackenridge, Charles Brockden Brown, e si afferma con i romanzi d'avventura, sullo sfondo di vita selvaggia, di Fenimore Cooper (The Spy, The Pioneers, The Last of the Mohicans, The Pilot, The Pathfinder, The Deerslager, Wyandotte) e Daniel Pierce Thompson (The Green Mountain Boys). Si leva a grande altezza per le fantasie possenti del Poe, di Hermann Melville (Moby Dick, Typee, Omoo), di Nathaniel Hawthorne (The Marble Faun, The Scarlet Letter, The House of the Seven Gables). L'apostolato per l'abolizione della schiavitù diede una risonanza mondiale a Uncle Tom's Cabin di Harriet Beecher Stowe, apparsa nel 1852. È un umorista Charles Farrar Browne, meglio noto come "Artemas Ward", e precorre l'opera fortunata di Mark Twain (pseudonimo di Samuel Langhorne Clemens: The Innocents Abroad, Tom Sawyer, Huckleberry Finn); mentre Henry James, formato alla cultura europea, si dimostra essenzialmente stilista e psicologo (Roderick Hudson, The American, Daisy Miller, Portrait of a Lady, The Ambassadors). E sono poi degni di ricordo Francis Bret Harte, Lew Wallace (autore del Ben-Hur), William Dean Howells (The Rise of Silas Lapham), Francis Marion Crawford (molti romanzi d'argomento italiano: A Roman Singer, Marzio's Crucifix, Saracinesca, Sant'Ilario, Corleone), Silas Weir Mitchell (The Case of Georg Dedlow), Frank Norris (The Octopus, The Pit), Jack London (The Sea-Wolf, The Call of the Wild).

Fuori della corrente verista, la Francia conobbe le fantasie di bellezza di Théophile Gautier (Mademoiselle de Maupin) e del Flaubert (Salammbô), i sogni aristocratici del Gobineau (Les Pléiades), gli svaghi leggieri di Ed. About e L. Halévv. Il romanzo psicologico, che s'era proseguito in sordina, col Dontinique, di Eugène Fromentin, che aveva ceduto agli artifici dell'intreccio con Octave Feuillet (Le roman d'un jeune homme pauvre, Monsieur de Camors, Julia de Trécœur), si oppone via via al naturalismo; sboccia la fortuna tardiva che lo Stendhal aveva annunziato per l'opera sua, e i libri di Paul Bourget (Cruelle énigme, Un crime d'amour, André Cornélis, Mensonges, Le disciple) ottengono un successo mondano e cosmopolita; ch'è diviso da un artista più vario e più scettico, da un maestro di eleganze sensuali e intellettuali, Anatole France (La rôtisserie de la reine Pédatique, Thaïs, Le lys rouge, e il ciclo dell'"Histoire contemporaine": L'orme du mail, La mannequin d'osier, L'anneau d'améthyste, Monsieur Bergeret à Paris). Maurice Barrès, ideologo e individualista nella trilogia "Le culte du moi" (che si chiude con una delle sue cose più squisite, Le jardin de Bérénice), si tramuta nel leader della tradizione e del nazionalismo (Les déracinés, Au service de l'Allemagne, Colette Baudoche) e scrive le sue pagine più forti nel pensiero della natia Lorena (La Colline inspirée). I viaggi, le esplorazioni, l'entusiasmo per la scienza moderna, aprirono, con Jules Verne, una vena feconda al romanzo educativo. Pierre Loti, pittoresco e nostalgico, Rémy de Gourmont, Henri de Régnier, Pierre Louys, Elémir Bourges, Romain Rolland, René Boylesve, Èdouard Estaunié, Colette, Abel Hermant, i fratelli Tharaud, Louis Hémon, Édmond Jaloux, son tutte figure di rilievo, e si sottraggono a una formula sommaria di scuola. André Gide, acuto, arido, acerbo, con l'Immoraliste, La porte étroite, La Symphonie pastorale, Les Fau monnayeurs, esaspera l'analisi psicologica, che nello stesso tempo Marcel Proust approfondisce con uno spirito vigile, segreto e originale, che costituì l'ultima sorpresa della cultura francese ("A la recherche du Temps perdu": Du côté de chez Swann, A l'ombre des jeunes filles en fleur, Du côté de Guermantes, Sodomé et Gomorrhe, La prisonnière, Albertine disparue, Le Temps retrouve). Sono in pieno vigore di produzione André Maurois (Bernard Quesnay, Climats, Le Cercle de famille, L'Instinct du bonheur), André Mauriac (Le Baiser au Lépreux, Le Deśert de l'Amour, Thérèse Desqueyroux, Ce qui était perdu, Le Noeud de vipères, La fin de la nuit), Jacques Chardonne (Épithalame, Le chant du bienheureux, Les Varais, Éva ou le journal interrompu, Claire, Les destinées sentimentales), Jean Giraudoux (Siegfried et le Limousin, Bella, Eglantine, Combat avec l'Ange).

Il Belgio conobbe, nella seconda metà del sec. XIX, una fioritura letteraria, che va da La légende et les aventures héroïques, joyeuses et glorieuses d'Ulenspiegel et de Lamme Geodzak au pays de Flandre et d'ailleurs di Charles de Coster ai romanzi di Camille Lemonnier e di Georges Rodenbach (Bruges-la-morte, Le Carillonneur); la Svizzera, una serie di scrittori in cui l'orientazione culturale parigina si alterna con uno spirito di autonomia letteraria: Victor Cherbuliez, Édouard Rod, Louis Dumur, C.-F. Ramuz, Robert de Traz e J. Chenevière.

Il romanzo tedesco dell'Ottocento riflette le tendenze multiformi del secolo. Karl Gutzkow - che esalta il tipo del "nebeneinander", privo d'un personaggio - ha dipinto in Die Ritter vom Geiste e in Der zauberer von Rom alcune scene grandiose. Lo Scott fu imitato da Willibald Alexis nei romanzi Cabanis, Die Hosen des Herrn von Bredow, Ruhe ist die erste Bürgerpflicht. Il romanzo realistico-sociale è rappresentato da Problematische Naturen di Friedrich Spielhagen, da Soll und Haben e Die verlorene Handschrift di Gustav Freytag; e quello storico si prosegue con Ein Kampf um Rom di Felix Dahn. Il "Bildungsroman" appare nuovamente in Der Grüne Heinrich di Gottfried Keller. L'insigne novelliere svizzero, Wilhelm Raabe ritrae con fine umorismo nei romanzi, ancor oggi assai letti, Die Chronik der Sperlingsgasse, Der Hungerpastor il carattere tutto particolare del "Gemüt" tedesco. Sullo scorcio del secolo si avvicendano confusi naturalismo, realismo, simbolismo, neo-romanticismo, ecc.; ricordiamo fra le opere più note e significative: Frau Sorge di Hermann Sudermann, Die Buddenbrocks, Königliche Hoheit, Der Zauberberg di Thomas Mann, Jörn Uhl di Gustav Frenssen, Verdi di Franz Werfel, Jesse und Maria di Enrica von Handel-Mazzetti, Die Heilige und ihr Narr di Agnes Günther e le altissime figurazioni epiche di Ricarda Huch (Von den Königen und der Krone, il Garibaldi, il Confalonieri).

In Italia, il romanzo storico, ampliato in grandi visioni della vita nazionale nelle Confessioni di un Italiano d'Ippolito Nievo (autore, già prima, dell'Angelo di bontà) e nei Cento anni di Giuseppe Rovani (autore, in seguito, della Giovinezza di Giulio Cesare), si protrasse per tutta la seconda metà dell'Ottocento a opera di R. Giovagnoli (Spartaco), L. Castellazzo, F. Petruccelli della Gattina, A. G. Barrili (Fra Gualberto, Diana degli Embriaci, i romanzi colombiani), F. De Roberto (I Vicerè), E. Calandra (La Bufera). Ma l'interesse più vivo si rivolse al romanzo di carattere sociale, che contava fra i suoi precursori il Tommaseo (Fede e bellezza), A. Ranieri (Ginevra o l'Orfana della Nunziata), G. Carcano (Angiola Maria): la dottrina naturalista venne ripresa, ed elevata, da Giovanni Verga, il quale, dopo i racconti passionali della prima maniera (Una peccatrice, La storia di una capinera, Eva, Tigre reale, Eros), si accinse al ciclo dei "Vinti" con due capolavori: I Malavoglia e Mastro-Don Gesualdo; militò, accanto al Verga, il Capuana (Giacinta), e le simpatie per il verismo, in senso lato e bonario, per una rappresentazione borghese, e talora popolare, della vita moderna, si affermano con i romanzi di S. Farina, Emilio De Marchi (Demetrio Pianelli, Giacomo l'idealista), Neera (Castigo, Teresa, Lydia), G. Rovetta (Mater dolorosa, Le lagrime del prossimo, La baraonda), R. De Zerbi, Matilde Serao (Fantasia, Il paese di Cuccagna). Figure eminenti, alla fine dell'Ottocento, furono Antonio Fogazzaro (Malombra, Daniele Cortis, Il mistero del poeta, Piccolo mondo antico, Piccolo mondo moderno), sorretto da costante aspirazione idealistica e religiosa, e Gabriele d'Annunzio, fervido e voluttuoso artefice dei "Romanzi della rosa" (Il piacere, L'innocente, Trionfo della morte), a cui seguirono, a lunghi intervalli, isolati in una più vasta attività letteraria, Le Vergini delle rocce, Il fuoco e Forse che sì forse che no. Scarsa eco nel suo tempo, e più giusta estimazione ai giorni nostri, ebbe l'opera di Alfredo Oriani (No, Gelosia, La disfatta, Vortice, ecc.). Arturo Graf scrisse un solo romanzo, Il riscatto, Giovanni Cena, Gli ammonitori; e nella folta schiera che giunge fino a oggi ricordiamo (già scomparsi) E. A. Butti, Luciano Zùccoli, Enrico Corradini, A. Beltramelli, Federigo Tozzi (Cogli occhi chiusi, Tre croci, Il podere), Umberto Fracchia (Angela, La Stella del Nord), e fra i viventi Luigi Pirandello (Il fu Mattia Pascal, I vecchi e i giovani), Grazia Deledda (Elias Portolu, Colombi e sparvieri, Canne al vento, Il Dio dei viventi), M. Bontempelli, G. A. Borgese (Rubè), F. Chiesa (Tempo di marzo), Lucio d'Ambra, V. Brocchi, Alfredo Panzini (La Madonna di mamà, Il mondo è rotondo, Il padrone sono me, La pulcella senza pulcellaggio), M. Moretti, S. Gotta, R. Bacchelli (Il diavolo al Pontelungo, Oggi domani e mai), A. Palazzeschi (Sorelle Materassi), B. Cicognani (La Velia, Villa Beatrice), C. Alvaro (L'uomo nel labirinto, Vent'anni), A. Moravia (Gl'indifferenti), C. Linati, E. Pea, O. Vergani, M. Puccini, D. Cinelli, L. Repaci, F. Perri.

Il romanzo spagnolo, dopo le glorie del romanzo picaresco (che parve chiudersi nel Settecento col Fray Gerundio di José Francisco de Isla), si dimostrò meno originale; ed è notevole che una delle opere più lette in Spagna sia stato il Gil Blas de Santillana, cioè la versione spagnola del libro del Le Sage, dovuta allo stesso padre Isla. E altre numerose traduzioni attestano la fortuna e la prevalenza del romanzo straniero, specialmente francese; il romanzo storico dello Scott fu largamente imitato, da Telesforo de Trueba y Cossío, Ramón López Soler, Mariano José de Larra (El doncel de Don Enrique el Doliente), Enrique Gil (El señor de Bembibre): cercò un'espressione più nazionale con Fernando Patxot, F. Navarro Villoslada (Amaya o los vascos en el siglo VIII), Amós de Escalante, e altri. Sulle orme del Sue e del Dumas si posero Manuel Fernández y Gonzáles e Enrique Pérez Escrich. Il romanzo di costume, con Fernán Caballero (pseudonimo di Cecilia Böhl de Faber), autrice di La Gaviota e La famiglia de Alvareda, Antonio de Trueba y la Quintana, José Selgas y Carrasco, accennò a un rinnovamento, che venne attuato da Juan Valera (Pepita Jiménez, El comendator Mendoza, Las ilusiones del doctor Faustino), Pedro Antonio de Alarcón, e, con intento naturalista e ricchezza di fantasia, da José Maria de Pereda (Don Gonzalo Gonzáles de la Gonzalera, Pedro Sánchez, Sotileza), Benito Pérez Galdós (Episodios nacionales, Doña Perfecta, Lo prohibido, Fortunata y Jacinta, Angel Guerra, Misericordia), Emilia Pardo Bazán (Los pazos de Ulloa), Armando Palacio Valdés (Marta y María, La hermana San Sulpicio, Los majos de Cádiz), Vicente Blasco Ibáñez (La barraca, Cañas y barro, Los cuatro jinetes del Apocalipsis). Fra gli scrittori più recenti, godono buon nome Pío Baroja, i cubani Eduardo Zamacois e Alberto Insúa, Ramón del Valle Inclán, Gabriel Miró, Ramón Pérez de Ayala, Ricardo León (El amor de los amores, Las siete vidas de Tomas Portolés), Concha Espina (La niña de Luzmela, El cáliz rojo, Copa de horizontes), Martínez Ruiz, Carmen de Burgos.

Una delle acquisizioni più rilevanti della letteratura europea dell'Ottocento fu senza dubbio quella del romanzo russo. I suoi inizî, pur non coincidendo che in parte col grande movimento poetico del principio dell'800, s'inquadrano perfettamente in quella rapida e radicale evoluzione verso il realismo che sarà per molti decennî la caratteristica precipua della letteratura russa. Non sorprende quindi che più del romanzo romantico degl'imitatori di W. Scott (Zagoskin, Marlinskij e altri) sia stata la novella, meno costruita, più aderente alle realtà, a spianare la via al grande romanzo russo. Apre la schiera N. V. Gogol′ con le sue Mertvye duši ("Anime morte", 1842), quadro grandioso di suggestiva spontaneità del piccolo mondo russo. A un contatto più stretto con l'Occidente ci riporta lo scrittore russo che fu noto largamente al pubblico europeo, N. I. Turgenev (Rudin; Dvorjanskoe gnezdo, "Nido di gentiluomini"; Otcy i deti, "Padri e figli; Nakanune, "Alla vigilia"; Nov′, ecc.), che aveva preso parte alla vita letteraria di Parigi, amico, o almeno compagno, del Flaubert, dei Goncourt, del Daudet. Ma le grandi opere del Tolstoj (Vojna i mir, "Guerra e pace"; Anna Karenina; Voskresene, "Resurrezione") e del Dostoevskij (Unižennye i oskorblennye, "Umiliati e offesi"; Prestuplenie i nakazanie, "Delitto e castigo"; Idiot; Besy, "Gli indemoniati"; Bratja Karamazovy) sopravvennero come un'onda di umanità nuova: ampia, luminosa, e quasi omerica col Tolstoj; agitata, inquieta, tormentosa, col Dostoevskij. Numerosi furono i contemporanei della triade Turgenev-Tolstoj-Dostoevskij: il placido narratore e profondo osservatore J. A. Gončarov (Obryv, "Burrone"; Oblomov), il sentimentale descrittore della vita dei mužiki, D. V. Grigorovič (Anton Goremyka), A. K. Tolstoj, autore del noto romanzo storico Knjaz Serebrjannyj; il noto polemista M. E. Saltykov (N. Ščedrin) che nel poderoso romanzo Gospoda Golovevy ci ha dato un quadro truce della vita russa; il fecondo "Zola russo" A. F. Pisemskij (Bojarščina; Tysjača duš, "Mille anime"); infine, accanto a molti altri minori, N. S. Leskov (Ostrovitjane, "Gl'isolani"; Soborjane, "Gli ecclesiastici") che però eccelle di più nei brevi racconti. Infatti verso la novella si orienta di nuovo, sul finire del secolo, l'arte narrativa dei Russi, stanca, anche se non esaurita, dal grande sforzo dei decennî precedenti. Al romanzo ritornano, ma con procedimenti e intendimenti completamente diversi, D. S. Merežkovskij (autore di due note trilogie storico-misticizzanti) e M. Gor′kij che s'immerge nell'indagine del proletariato russo con Foma Gordeev, Troe, Mat′, Delo Artamonovych, ecc. Dopo una nuova breve interruzione il romanzo descrittivo e psicologico è ridiventato uno dei generi più in voga nella letteratura russa, con Pil'njak, Gladkov, ecc.

Il romanzo polacco s'inizia sotto gl'influssi del Rousseau, del Goethe, dello Scott, e si svolge, più vario e originale, dopo il 1830 con M. Czajkowski, H. Rzewuski e Z. Kaczkowski. J. J. Kraszewski fu autore fecondissimo di romanzi storici e di costumi, d'ineguale valore artistico, ma ch'ebbero il merito di sostituire il romanzo nazionale a quello francese in Polonia. Z. Miłkowski (T. T. Jeż), talento più personale di quello del Kraszewski, fuse nei suoi racconti tendenze romantiche e positivistiche. A queste ultime appartengono i romanzi di E. Orzeszkowa (Meir Ezofowicz, Nad Niemnem) e di B. Prus (Lalka, Faraon); mentre al naturalismo s'ispirarono il Dygasiński (Gody Źycia), Gabryela Zapolska (O czem sié nie mówi), W. Sieroszewski, autore di romanzi esotici, e Wł. St. Reymont, che nei suoi Chłopi ("I contadini") meravigliosi di verità e di forza, ci dà la psicologia del contadino e la sua vita sulla terra polacca L'opera di Enrico Sienkiewicz è sorta in parte come reazione al movimento positivista: nella sua Trilogia epica (Col ferro e col fuoco, Il diluvio, Pan Michele Wołodyjowski) i polacchi ritrovarono commossi il loro passato. Meno felici i romanzi psicologici (Bez dogmatu). St. Przybyszewski, scrittore profondo e tormentato che ha molte affinità col Dostoevskij, preparò l'ambiente letterario alle più alte espressioni artistiche della "Giovane Polonia" (Homo sapiens, Synowie ziemi). L'opera di St. Zeromski s'ispira a una visione tragica dell'universo, dominato dal male, a cui si deve resistere, pur senza speranza alcuna di vittoria (Ludzie bezdomny; Popioły; Dzieje grzechu; Wierna rzeka). Tra i viventi ricordiamo: A. Strug, W. Berent (Próchno, Ozimina, Zywe kamienie), Z. Nałkowska (Kobiety, Rówieśnice), J. Kaden Bandrowski (Luk, Generał Barcz, Miasto mojej matki).

Anche la Danimarca ha avuto il suo romanzo storico-romantico costruito alla maniera di W. Scott. Ma B. S. Ingemann che ne è il rappresentante principale è piuttosto isolato. Dopo di lui il romanzo langue per alcuni decennî, né a sollevarne le sorti bastò la grande fortuna che ebbero i romanzi storici di Carit Etlav e H. F. Ewald. Nuovi e fecondi impulsi giungono invece al romanzo dal naturalismo, i cui diversi aspetti si rispecchiano in un gruppo di scrittori quasi coetanei: dalla narrazione satirica, intrisa di materialismo, di H. Pontoppidan, al romanzo patetico e meditativo di K. Gjellerup e a quello pessimistico nel contenuto e impressionistico nella forma di H. Bang e J. P. Jacobsen, che, più anziano del gruppo, ne è nello stesso tempo il più moderno. Per quasi tutti questi romanzieri il naturalismo non è stato che un punto di partenza, e la loro arte, in stretta aderenza con le correnti della fine dell'800, se ne è sempre più allontanata per sboccare nell'idealismo, nell'impressionismo e nell'estetismo. Fra i romanzieri più giovani vanno rilevati Sophus Michaëlis, Harald Kidde (1878-1918) e J. V. Jensen.

In Norvegia il romanzo si afferma relativamente tardi. Ancora intorno al 1850 il romanzo sociale Amtmandens Døtre di C. Collet è un fenomeno piuttosto isolato. Il dramma e la poesia lirica assorbono per lungo tempo l'attività dei grandi scrittori norvegesi. Solo dopo il 1870, prima con Jonas Lie, poi con Arne Garborg (Bondenstudentar, 1883) e infine con Knut Hamsun (Sult, 1890; Pan, 1894, ecc.), il romanzo ha il suo periodo di splendore anche in Norvegia, soverchiando di gran lunga ogni altra forma letteraria e apportando nuovi elementi d'arte anche alle altre letterature. Oggi accanto al Hamsun, c'è tutta una schiera di romanzieri: dai più anziani J. Bojer (Troens magt, 1903), O. Duun (Juvikingarve, 1918), S. Undset (Kristin Lavransdatter, 1920-22), ai più giovani P. Egge, G. Scott, Nini Roll Anker e altri non pochi.

Nella letteratura svedese il romanzo ha una propria fisionomia fino dal principio dell'800. L'ampia descrizione della vita delle varie classi sociali, ora con spunti satirici e ora con atteggiamenti prevalentemente sentimentali, vi è infatti riccamente rappresentata: dal romanzo di costumi, legato ancora alla tradizione del secolo precedente, di F. Cederborgh (Uno von Trasenberg, 1809-10), ai vasti quadri della vita aristocratica di Sofia von Knorring (Cousinerna, 1834); ai romanzi ridondanti di elementi romantici di W. Fr. Palmblad (Familjen Falkenswärd, 1844-45). Altrettanto di moda vi è, e per lungo tempo, il romanzo a sfondo storico: sia che si tratti di avvenimenti quasi contemporanei come nei numerosi racconti di M. J. Crusenstolpe, sia che prevalga l'interesse per la storia medievale e antica, come in V. Rydberg (Singoalla, 1858; Den siste Athenaren, 1859). Negli ultimi decennî del secolo, quando penetra in Svezia il clima naturalistico, l'interesse per il romanzo non scema: ma tanto l'attività dello Strindberg (Röda rummet, 1879, ecc.), quanto, sia pure in misura minore, quella di G. of Geijerstamm (Medusa Hufvud, 1895), si svolgono piuttosto lontano dal romanzo narrativo; al quale invece ritorna con spontanea e feconda ripresa di tradizioni natie, Selma Lagerlöf col famoso romanzo Gösta Berlings Saga (1891).

Il romanzo romeno è assurto a dignità artistica con Dimitrie Bolintineanu nel 1855 col romanzo Manoil; seguito, nel 1862, da Ciocoii vechi ṣi noui ("Pescecani vecchi e nuovi") di Nicolae Filimon. I migliori nomi dell'anteguerra son quelli di llihai Eminescu Duiliu Zamfirescu (di cui si considera come il capolavoro Viaôa la Ôara, "La vita in campagna"), Ion Slavici (Maara cu niroe, "Il mulino della fortuna") e Mihail Sadoveanu. Negli anni seguenti, Ion Agârbiceanu (Stana; Doua iubiri, "Due amori"), Corneliu Moldovanu, Ion Minulescu, Ionel Teodoreanu, Liviu Rebreanu (Ion, Ciuleandra, Servilia) e Cezar Petrescu (Omul din vis, "L'uomo del sogno"; Adeverata moarte ale lui Guynemer, "La vera morte di Guynemer"; Calea victoriei, "La capitale").

Il romanzo nacque in Ungheria verso la fine del sec. XVIII, sotto l'influenza dell'illuminismo francese. Etelka (1788), romanzo pseudostorico a tendenza politica di A. Dugonics e Le memorie di Fanni, d'ispirazione wertheriana, dello scrittore G. Kȧrmán, ne segnano la prima tappa. Tra gli scrittori dell'epoca romantica, C. Kisfaludy diede un nuovo indirizzo alla letteratura ungherese coi suoi racconti umoristici di soggetto prettamente magiaro, A. Fáy scrisse il primo romanzo sociale ungherese (Casa Bélteky, 1832) e N. Jósika, seguace di Walter Scott, conquistò il favore del pubblico con i suoi romanzi tolti alla storia della Transilvania (Abafi, 1836, ecc.). Nei racconti d'argomento orientale di P. Vajda, l'influenza del romanticismo tedesco si collega a quella di Rousseau. A E. Sue s'ispirarono invece L. Kuthy ed I. Nagy, entrambi dotati d'una fantasia esuberante. L'elemento sentimentale appaiato a un profondo contenuto filosofico si riscontra nel Certosino di Eötvös, il quale pubblicò anche due romanzi a tendenza politica e sociale: Il notaro del villaggio (1845) e L' Ungheria nel 1514. I potenti affreschi storici del suo grande contemporaneo, S. Kemény (Paolo Gyulai, La vedova e sua figlia, Tempi foschi, Gli entusiasti) sono caratterizzati da un vigoroso realismo psicologico e da una profonda intuizione della storia. Meno profonda, ma più limpida e serena è l'arte di M. Jókai (1825-1904), il quale con la sua rigogliosa fantasia e col suo fresco umorismo seppe conquistare ȧnche il gran pubblico internazionale. Seguace della scuola di Jókai, ma più scettico e tecnicamente più esperto, è K. Mikszáth (L'ombrello di San Pietro, Il caso del giovane Noszty con la Mari Tóth). Scrittore dall'anima lirica è G. Gárdonyi, i cui romanzi (L'uomo invisibile, Le stelle di Eger, Gli schiavi di Dio) trattano con impareggiabile maestria gli eterni problemi umani. Fra i romanzi del terzo rappresentante del nuovo realismo ungherese, F. Herczeg, eccellono i Pagani, La porta della vita, Sette svevi, che si riferiscono a momenti essenziali e fatali della storia ungherese. L'influenza del romanzo francese moderno si risente, pur attraverso l'originalità, nelle opere di Z. Ambrus, E. Heltai, A. Bródy e F. Molnȧr. Poderoso per la sua rude forza magiara è il verismo di S. Móricz e di D. Szabó. Fra i romanzi che hanno per cornice la guerra mondiale emerge il romanzo di L. Zilahy: I due prigionieri. Grande successo ebbe F. Körmendy coi suoi romanzi che illustrano i caotici rapporti sociali del paese mutilato. Zs. Harsányi deve la sua popolarità alle sue vite romanzate di Petöfi, Zrinyi, Madách, Munkácsy e Liszt.

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