TROIA, Romanzo di

Enciclopedia dell' Arte Medievale (2000)

TROIA, Romanzo di

F. Cecchini

Durante quasi tutto il Medioevo il racconto delle imprese relative alla guerra di Troia, narrato da Omero nell'Iliade, venne tramandato in Occidente attraverso fonti indirette. La prima versione latina integrale del poema risale infatti solo alla seconda metà del sec. 14° ed è riconducibile all'iniziativa di Francesco Petrarca, che, avendo ricevuto nel 1354 da Costantinopoli un manoscritto greco dell'Iliade e dell'Odissea, ne affidò la traduzione a Leonzio Pilato, al quale Giovanni Boccaccio fornì ospitalità a Firenze.

L'epopea troiana era stata conosciuta fino ad allora essenzialmente attraverso l'Ephemeris de bello Troiano di Ditti Cretese (sec. 4°) e il De excidio Troiae di Darete Frigio (sec. 3°), versioni latine di testi greci non anteriori al sec. 1°, tramandate nel Medioevo in codici non illustrati. Concepite sulla scia della polemica antiomerica sviluppatasi nell'Antichità riguardo alle numerose incongruenze e inaccuratezze riscontrabili nel racconto di Omero, queste opere fornivano uno scarno e prosaico sommario dell'Iliade, costruito, secondo una prassi ampiamente sviluppata nella retorica d'età classica, sulla selezione di episodi arbitrariamente riveduti e corretti a difesa delle argomentazioni dei Troiani, nell'Ephemeris de bello Troiano (che va dal ratto di Elena alla morte di Ulisse), o a difesa dei Greci, nel De excidio Troiae (dalla ricerca del vello d'oro alla caduta di Troia). Quest'ultimo circolò nel Medioevo essenzialmente come appendice al testo di Ditti Cretese, la cui grande popolarità, soprattutto in area transalpina, fu legata alla diffusione delle leggende sull'origine troiana delle dinastie regali francesi e inglesi.Fu proprio nell'ambito del tentativo di creazione di una discendenza troiana per i re normanni d'Inghilterra che venne concepita la prima opera versificata in volgare sulla guerra di Troia, il Roman de Troie del monaco benedettino Benoît de Sainte-Maure (redatto intorno al 1160-1170), la cui Chronique des ducs de Normandie, scritta in francese intorno al 1175 per il re Enrico II Plantageneto (1133-1189), incorporava la leggenda delle origini troiane dei duchi normanni già inserita da Guglielmo di Jumièges nella Historia Normannorum ducum (prima del 1087).Modellato sull'esempio del Roman de Thèbes e del Roman d'Enéas, primi poemi d'argomento classico in volgare francese, ma ben più ambizioso nell'ampliamento dei motivi amorosi e nell'introduzione di accurate descrizioni psicologiche, così come nel tentativo di modernizzazione degli eroi antichi secondo codici di comportamento e costumi d'età feudale, il Roman de Troie riscosse un notevole successo, ricevendo a partire dagli inizi del sec. 13° e fino alla metà del secolo seguente numerosi adattamenti e traduzioni in lingua straniera e ben cinque versioni anonime in prosa, l'ultima delle quali venne inserita tra la fine del Duecento e gli inizi del Trecento nella quinta sezione della seconda redazione dell'Histoire ancienne jusqu'à César, al posto della traduzione francese del De excidio Troiae di Darete Frigio utilizzata ca. un secolo prima nella versione originaria del poema (prima del 1213). Tra il 1270 e il 1287 il Roman de Troie, insieme alle opere di Darete Frigio e Ditti Cretese, venne preso a modello da Guido delle Colonne nella Historia destructionis Troiae, che, nel recupero della narrazione in latino, nella tendenza a ricreare l'ambientazione classica degli episodi, nello sfoggio di lunghe digressioni erudite, riflette il tentativo di restaurare la credibilità storica del racconto assente nel romanzo francese, la cui fama soppiantò presto in tutta Europa. Il ricco materiale mitologico e narrativo fiorito sui racconti di Darete Frigio e Ditti Cretese nel corso dei secc. 12° e 13° confluì poi, nel 14°, nelle opere di numerosi poeti e prosatori, tra i quali in particolare Giovanni Boccaccio (v.), Geoffrey Chaucer e Christine de Pizan.Analogamente a quanto avvenne per altri poemi coevi d'argomento cavalleresco, la costituzione di una tradizione figurativa relativa agli episodi e ai singoli protagonisti della guerra di Troia ebbe luogo abbastanza tardi, intorno alla metà del sec. 13°, sull'onda dello sviluppo del nuovo stile narrativo rappresentato per es. dalle bibbie moralizzate e dai cicli dell'Apocalisse; in assenza di modelli iconografici relativi alle imprese troiane, le contemporanee illustrazioni bibliche avrebbero anzi fornito un vasto repertorio iconografico e compositivo cui attingere, in particolare per le scene di battaglia.Si è infatti ipotizzato (Buchthal 1971, pp. 9-13) che il più antico manoscritto illustrato del Roman de Troie (Parigi, BN, fr. 1610), eseguito nel 1264 in Borgogna o in Lorena, sia la copia maldestra di un ben più raffinato archetipo, oggi perduto, collegabile per ragioni stilistiche e compositive, come anche per la trasformazione degli eroi in personaggi contemporanei e per il compiacimento nella rappresentazione delle scene di sangue, a un noto taccuino di modelli dell'Antico Testamento realizzato verso il 1250 a Parigi e connesso con la corte di s. Luigi (New York, Pierp. Morgan Lib., M. 638, altrimenti noto come Bibbia Maciejovski).Da tale archetipo sarebbero derivate, senza varianti iconografiche significative, le successive copie illustrate del Roman de Troie, localizzabili, almeno fino alla fine del sec. 14°, principalmente in area italiana (Vienna, Öst. Nat. Bibl., 2571; Parigi, BN, fr. 782; San Pietroburgo, Saltykov-Ščedrin, Fr.f.v. XI, 3; Venezia, Bibl. Naz. Marciana, fr. Z. 17), in linea con una tendenza che vide, a partire dalla fine del Duecento e per quasi tutto il secolo successivo, lo specializzarsi degli scriptoria napoletani, bolognesi, lombardi e veneziani nella produzione di codici di argomento troiano corredati da estesi cicli narrativi.

Già durante i primi anni del regno di Carlo II d'Angiò (1285-1309) e per tutta la prima metà del secolo successivo, Napoli, grazie alla presenza della corte angioina, si configurò come il più attivo centro di produzione di codici illustrati di argomento troiano in Italia. Una serie di manoscritti dell'Histoire ancienne jusqu'à César (tra cui Roma, BAV, Vat. lat. 5895; Parigi, BN, fr. 1386; fr. 9685; Degenhart, Schmitt, 1977), risalente all'ultimo decennio del Duecento, mostra come la città abbia giocato un ruolo decisivo nella costituzione della seconda redazione dell'opera, nella quale il racconto di Darete venne sostituito dalla più recente e più riccamente illustrata versione in prosa del Roman de Troie. Corredati da schematici disegni a penna ravvivati da lievi velature di colore, questi codici, parte di un gruppo più esteso di romanzi francesi realizzati nell'ambito di una stessa bottega tra il 1290 e il 1320 (tra cui un Roman de Troie in prosa, Parigi, BN, nouv. acq. fr. 9603), rivelano, nella scelta di una tecnica illustrativa di rapida esecuzione e di facile ripetibilità, la necessità di far fronte in tempi brevi all'imponente aumento della richiesta di libri illustrati di argomento cavalleresco che si verificò a Napoli già nei primi anni della dominazione angioina (Degenhart, Schmitt, 1977).

Nei decenni successivi si arrivò alla produzione di opere di ben più alto livello artistico e respiro monumentale: il citato manoscritto del Roman de Troie conservato a Venezia, decorato a più mani intorno al 1330-1340 con scene popolate da personaggi dal vivace espressionismo (D'Arcais, 1984), e una copia della seconda versione dell'Histoire ancienne (Londra, BL, Royal 20. D.I), eseguita intorno alla metà del secolo per un membro della corte della regina Giovanna e decorata con disegni a penna iconograficamente collegabili a un manoscritto conservato all'Escorial (Bibl., h. I. .6), contenente la traduzione spagnola del Roman de Troie realizzata nel 1350 per Alfonso XI di Castiglia (Buchthal, 1971, p. 14ss.).Tra i non molti codici illustrati all'interno della vasta tradizione manoscritta dell'Historia destructionis Troiae di Guido delle Colonne, le due copie più antiche, realizzate a Venezia intorno al 1350 (Madrid, Bibl. Nac., 17805) e al 1370 (Cologny, Fond. Martin Bodmer), rispettivamente da un artista vicino alla cerchia di Paolo Veneziano e dal maestro Giustino di Gherardino da Forlì (Buchthal, 1971, p. 28ss.), rivestono un notevole interesse sia per la ricostruzione delle caratteristiche dell'archetipo della tradizione manoscritta illustrata dell'opera di Guido, sia come esempio paradigmatico di quella peculiare utilizzazione strumentale per fini propagandistici dell'epopea troiana, che già nel corso del sec. 13°, sull'onda del successo del Roman de Troie, aveva dato vita alla fioritura di pseudogenealogie troiane per spiegare le origini di numerose città dell'Italia centrale e settentrionale.L'apparato iconografico originario dell'Historia destructionis Troiae sembra essere stato concepito sulla base di una copia francese del Roman de Troie e su una serie eterogenea di fonti bizantine alle quali l'ideatore del ciclo sembra aver fatto ricorso per i dettagli del racconto assenti nelle illustrazioni del Roman de Troie (come per es. nelle scene relative al primo sacco di T., con gruppi di adulti e bambini in fuga dalla città ispirati alle immagini degli Ebrei in fuga o in cammino ricorrenti nella tradizione illustrativa bizantina dell'Ottateuco) e per tradurre in immagini quel senso di 'distanza storica' che Guido aveva tentato di restituire al racconto dell'epopea troiana: edifici e altari dallo spiccato aspetto classicheggiante riflettono modelli di età paleologa analoghi a quelli dell'Ottateuco di Vatopedi (Athos, Vatopedi, 602/515), mentre i costumi e l'abbigliamento dei personaggi dalle barbe fluenti e i copricapi a falde larghe, ispirati alla contemporanea moda paleologa, sono utilizzati per caratterizzare in senso 'greco' gli eroi achei. Nella copia di Madrid questo tentativo di 'storicizzare' la narrazione appare rivestito di una forte valenza simbolica: l'adozione, in più parti del manoscritto, di motivi di città, edifici e gruppi di figure desunti dal Genesi di Vienna (Vienna, Öst. Nat. Bibl., theol. gr. 31) o da un codice a esso molto vicino, potrebbe infatti riflettere (Buchthal, 1971, pp. 47-67) il tentativo di autenticazione, attraverso il ricorso a un modello di venerabile antichità, del racconto di Guido e quindi della leggenda della fondazione di Venezia da parte dell'eroe Antenore in esso contenuta ed echeggiata nella Chronica del doge Andrea Dandolo (1343-1354). A quest'ultimo è forse da ascrivere la committenza del manoscritto, le cui innovazioni rimasero senza seguito nella tradizione manoscritta dell'Historia destructionis Troiae, a partire dalle copie tardotrecentesche (tra cui Londra, BL, Add. Ms 15477; Milano, Bibl. Ambrosiana, H.86 sup.) realizzate in Italia settentrionale, che riflettono l'adesione al modello iconografico del manoscritto bodmeriano.Una connotazione decisamente cortese caratterizza la produzione bolognese e lombarda trecentesca di codici di argomento troiano, all'interno della quale spiccano in particolare alcuni manoscritti legati più o meno direttamente alla committenza dei Gonzaga e dei Visconti: il citato manoscritto del Roman de Troie conservato a San Pietroburgo, decorato intorno al terzo decennio del Trecento per un personaggio di alto rango da un artista lombardo già attivo per i Visconti e dotato di una potente vena realistica e di una vivace capacità di introspezione psicologica, soprattutto nella rappresentazione dei tormenti d'amore (Saxl, 1957; Pianosi, 1992); e il manoscritto dell'Histoire ancienne di Venezia (Bibl. Naz. Marciana, fr. Z. 2), realizzato da un artista vicino alla cerchia di Pietro da Pavia fra il 1389 e il 1394 (D'Arcais, 1984) e facente parte, insieme ad altri romanzi del ciclo troiano (tra cui il citato manoscritto napoletano dell'Histoire ancienne conservato a Venezia), della ricca collezione di opere illustrate di argomento cavalleresco raccolta dai Gonzaga nel 14° secolo.Il successo dell'epopea troiana presso le corti europee trecentesche è ben indicato, oltre che dalla produzione e dal collezionismo di opere manoscritte, anche dalla diffusione di tematiche troiane in altri mezzi d'espressione artistica. Perdute o gravemente danneggiate le scarse testimonianze della rappresentazione di soggetti troiani nella pittura monumentale, localizzabili per lo più in area italiana (per es. la Battaglia troiana, assai danneggiata, della Loggia dei Cavalieri a Treviso, ca. 1313; i perduti dipinti di palazzo Visconti a Milano, realizzati dopo il 1339 e rappresentanti eroi moderni e antichi, tra cui Ettore, Enea ed Ercole; l'esteso ciclo troiano del soffitto dipinto dell'aula magna del palazzo dello Steri a Palermo, 1377-1380), rimane il ricordo di una ricca serie di arazzi realizzati a partire dalla seconda metà del sec. 14° per la nobiltà inglese e francese (McKendrick, 1991; 1992): i due grandi arazzi rappresentanti la Distruzione di Troia e i due tapis abregies con la storia del pomo d'oro registrati nel 1364 nella collezione del duca Luigi I d'Angiò, fratello di Carlo V; i quattro arazzi con la Storia di T., del pomo d'oro e di Ettore, acquistati fra il 1384-1385 e il 1397 dal duca di Borgogna Filippo l'Ardito; i due arazzi con la Storia di Pentesilea ricordati nel 1396 tra i beni di Carlo VI e del fratello, il duca Luigi d'Orléans, quest'ultimo proprietario di un arazzo con la Distruzione di Troia di dimensioni enormi; infine, i cinque arazzi definiti de historia Grecorum et Troianorum acquisiti da Riccardo II d'Inghilterra alla morte di sir John Beaumont (1396).Sono inoltre da attribuire a membri della casa reale di Francia, in onore della quale nel 1382 e 1389 vennero messe in scena elaborate rappresentazioni teatrali del dramma di Troia, alcuni interessanti episodi di collezionismo che testimoniano la circolazione di manoscritti di argomenti troiano fra la corte di Napoli e quella francese nell'ultimo quarto del sec. 14° (Mckendrick, 1992). Poco prima del 1373 il lussuoso codice napoletano dell'Histoire ancienne oggi a Londra entrò in possesso di Carlo V. Carlo VI, che nel 1380-1381 aveva acquistato un altro manoscritto napoletano miniato del Roman de Troie, portò l'Histoire ancienne a Saint-Michel nel 1394 con l'intenzione di leggerla. Il codice entrò in seguito a far parte della collezione del duca di Berry, che ne fece trarre la copia contenuta nel manoscritto di Parigi (BN, fr. 301); un'altra copia (Londra, BL, Stowe 54) entrò in seguito in possesso di un associato del duca, Berardo III conte di Clermont e delfino d'Alvernia.

Bibl.: F. Saxl, The Troy Romance in French and Italian Art, in id., Lectures, London 1957, I, pp. 125-138 (trad. it. Il romanzo di Troia nell'arte francese e italiana, in La storia delle immagini, Bari 1965, pp. 17-34); H. Buchthal, Hector's Tomb, in De Artibus Opuscula. Essays in Honor of Erwin Panofsky, New York 1961, pp. 29-36; M.R. Scherer, The Legends of Troy in Art and Literature, New York-London 1964; H. Buchthal, Historia Troiana. Studies in the History of Mediaeval Secular Illustration, London-Leiden 1971; B. Degenhart, A. Schmitt, Frühe angiovinische Buchkunst in Neapel. Die Illustrierung französischer Unterhaltungsprosa in neapolitanischen Scriptorien zwischen 1290 und 1320, in Festschrift Wolfgang Braunfels, a cura di F. Piel, J. Traeger, Tübingen 1977, pp. 71-91; A. Perriccioli Saggese, I romanzi cavallereschi miniati a Napoli (Miniatura e arti minori in Campania, 24), Napoli 1979; B. Degenhart, A. Schmitt, Corpus der italienischen Zeichnungen, 1300-1450. II. Venedig. Addenda zu Süd- und Mittelitalien, Berlin 1980, II, pp. 187-241; V.B. Mann, Mythological Subjects on Northern French Tablemen, Gesta 20, 1981, 1, pp. 161-171; C. van den Bergen-Pantens, Guerre de Troie et héraldique imaginaire, RBAHA 52, 1983, pp. 3-22; F. D'Arcais, Les illustrations des manuscrits français des Gonzague à la Bibliothèque de Saint-Marc, in Essor et fortune de la Chanson de Geste dans l'Europe et l'Orient latin, "Actes du IXe Congrès international de la Société Rencesvals pour l'étude des épopées romanes, Padova-Venezia 1982", Modena 1984, II, pp. 585-616; C. Brandon Strehlke, Niccolò di Giovanni di Francesco Ventura e il Guidoriccio, Prospettiva, 1987, 50, pp. 45-48; S. McKendrick, The Great History of Troy: a Reassessment of the Development of a Secular Theme in Late Medieval Art, JWCI 54, 1991, pp. 43-82; R. Simon, Little and Large: Manuscript Reflections on Altichiero's Frescoes, Apollo 134, 1991, pp. 299-300; S. Mckendrick, "La vraye histoire de Troye la grant": Truth and Romance in the Late Medieval Story of Troy in Literature and Art, in Why Fakes Matter: Essays on Problems of Authenticity, London 1992, pp. 71-80; M.R. Jung, Les manuscrits de la légende de Troie, in Le roman antique au moyen âge, "Actes du Colloque, Amiens 1989", Göppingen 1992, pp. 83-100; A. Pianosi, Il Messale dell'Ambrosiana, il Tristan di Parigi e un capolavoro sconosciuto della miniatura lombarda trecentesca, AC 80, 1992, pp. 9-24; C. Raynaud, Hector dans les enluminures du XIIIe au XVe siècle, in Troie au Moyen Age, "Actes du Colloque, Lille 1991", Bien dire et bien aprandre 10, 1992, pp. 137-156; M. Gabriele, Il mito degli Argonauti e la guerra di Troia nell'affresco tardomedievale della villa di Bellagio: indagini iconologiche, CrArte, s. VII, 59, 1996, 5, pp. 26-42; M.R. Jung, La légende de Troie en France au moyen âge. Analyse des versions françaises et bibliographie raisonnée des manuscrits (Romanica Helvetica, 114), Basel 1996; Vedere i Classici, a cura di M. Buonocore, cat. (Città del Vaticano, 1996-1997), Roma 1996.F. Cecchini

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