GUARDINI, Romano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 60 (2003)

GUARDINI, Romano

Maria Virginia Geremia Borruso

Nacque a Verona, il 17 febbr. 1885, da Romano Tullo e da Paola Maria Berardinelli, entrambi appartenenti ad agiate famiglie di commercianti. Un anno dopo la nascita del G. i genitori si trasferirono a Magonza, per gestirvi una filiale della ditta di famiglia; nel 1910, inoltre, il padre vi venne nominato console d'Italia.

Oltre al G. la famiglia era composta da altri tre figli: Gino, Mario e Aleardo. Durante l'infanzia e l'adolescenza il rapporto del G. con i fratelli fu molto stretto; le scelte successive, diverse dalle aspettative familiari, operarono nel senso di un progressivo distacco dai suoi. Inoltre i genitori erano molto legati all'Italia; la madre, che proveniva dalle terre "irredente", non si era mai ben ambientata in Germania: in famiglia si parlava sempre italiano, le vacanze si passavano nella casa dei nonni paterni a Colognola ai Colli. Quando il G., nel 1911, decise di prendere la cittadinanza tedesca, fu una decisione sofferta, contrastata dai genitori.

Nel 1903, terminati con ottimi risultati gli studi secondari, il giovane G. si iscrisse alla facoltà di chimica nell'Università di Tubinga, per poi passare, nel 1905, a quella di scienze politiche a Monaco.

Sebbene egli non si appassionasse neppure a questi studi, il periodo trascorso a Monaco gli servì per ampliare la sfera dei suoi interessi: seguì, infatti, lezioni di logica, gnoseologia e psicologia, e frequentò i circoli artistici e culturali della città.

Già nel 1906 il G. si trasferì a Berlino, dove seguì corsi di filosofia con G. Simmel e di storia dell'arte, giungendo alla consapevolezza che le precedenti scelte non corrispondevano né ai suoi interessi né alle sue capacità; in questo periodo, inoltre, si chiarì la sua vocazione sacerdotale; consultò allora un teologo di Magonza, residente a Berlino, che lo confermò ulteriormente nella sua decisione. Invece di entrare subito in seminario, chiese di poter continuare gli studi e, nell'estate del 1906, si iscrisse all'Università di Friburgo, passando, subito dopo, alla più moderna Università teologica di Tubinga.

Qui venne in contatto con la profonda crisi aperta nella Chiesa dal modernismo; il suo professore di teologia dogmatica, W. Koch, venne privato della cattedra per sospette simpatie moderniste. Il giovane G. fu sicuramente scosso dalla controversia modernista e, pur vedendo i limiti del movimento, ne comprese l'anelito di rinnovamento, il tentativo di superare la divisione che si era creata tra la cultura ecclesiastica ufficiale e il moderno pensiero scientifico.

Nell'ottobre del 1908, il G. entrò in seminario a Magonza e il 28 maggio 1910 ricevette gli ordini nel duomo della città.

Seguirono anni di ministero pastorale come cappellano a Heppenheim an der Bergstrasse, a Darmstadt, a Worms e, infine, a Magonza. Questi frequenti cambiamenti implicarono anche impegni di diverso tipo, come coadiutore, insegnante e cappellano, e furono molto faticosi per il G., sia sul piano fisico (fu sempre piuttosto cagionevole di salute), sia sul piano psicologico e spirituale.

Soprattutto del periodo passato a Magonza, nella chiesa di S. Cristoforo, conservò un ricordo negativo, tanto da definire la città come roccaforte del bigottismo; negli anni di preparazione al sacerdozio, il G. era entrato in contatto, nell'abbazia di Beuron, con il movimento di rinnovamento liturgico e ne era stato fortemente influenzato, tanto da sentirsi molto a disagio di fronte agli atteggiamenti di ottuso clericalismo di alcuni ambienti della sua città.

Nell'ottobre del 1912, anche a causa di queste difficoltà, chiese l'esenzione dall'attività pastorale e ottenne di poter continuare gli studi universitari a Friburgo. Si laureò nel 1915, con una dissertazione sul tema della dottrina della redenzione in Bonaventura.

La stesura del lavoro si prolungò più del previsto, perché l'autore, poco interessato alle parti storiche, di cui peraltro gli fu richiesto di trattare, voleva applicare al tema della redenzione in Bonaventura i principî della sua teoria della opposizione polare, che aveva cominciato a elaborare già dal 1905 e che, nel 1912, trovarono la loro prima stesura (ed. definitiva Der Gegensatz. Versuche zu einer Philosophie des Lebendig-Konkreten, Magonza 1925).

Il 1915 fu un anno molto difficile per la famiglia Guardini: l'Italia era sul punto di entrare in guerra e il padre dovette lasciare in tutta fretta la Germania per rifugiarsi in Svizzera da dove cercò di mantenere i contatti commerciali con la sua azienda; due fratelli prestarono servizio militare in Italia. Il G., costretto a occuparsi delle cose di famiglia, dovette poi svolgere, dall'autunno del 1916 alla primavera del 1918, il suo servizio militare come infermiere nell'esercito tedesco. Intanto, già dall'agosto del 1915, gli era stata affidata la direzione dell'organizzazione giovanile Juventus, che era stata fondata nel 1890 in sostituzione della Congregazione mariana, vietata durante il Kulturkampf.

Vi si radunavano i giovani studenti cattolici di Magonza e, inizialmente, aveva la forma rigida delle organizzazioni ecclesiastiche per la cura della gioventù. Sotto la guida del G. il movimento si aprì al dialogo e all'impegno personale, ma la modernità dei suoi metodi destò preoccupazione nelle autorità ecclesiastiche che, in seguito, non lo vollero come insegnante in seminario.

Dal 1920 al 1922 fu all'Università di Bonn, dove prese la libera docenza con una tesi su Bonaventura (pubblicata nel 1964) e iniziò la carriera accademica. Questo periodo fu molto importante per la formazione del suo pensiero; il G. venne, infatti, in contatto con il circolo di M. Scheler e conobbe e frequentò M. Buber.

Nel 1920, durante la Pasqua, lo stesso sacerdote che lo aveva chiamato alla direzione della Juventus lo invitò al castello di Rothenfels, dove si riunivano i partecipanti al movimento giovanile Quickborn (Fonte viva) che, sorto nel 1913, si era sviluppato fino ad arrivare, nel 1917, a quasi 7000 iscritti, avendo peraltro ottenuto di porre la propria sede appunto nel vecchio castello di Rothenfels. Dopo quest'incontro, l'impegno nel movimento giovanile fu prioritario nella vita del G., che per un periodo sospese anche l'attività accademica, appena iniziata all'Università di Bonn; dal 1927 fu direttore spirituale del movimento sia negli incontri che si tenevano al castello, sia nella conduzione della rivista Schildgenossen.

Rothenfels divenne un importante centro culturale e spirituale per la gioventù cattolica e anticipò di quasi mezzo secolo alcuni degli sviluppi del concilio Vaticano II. Un suo limite, riconosciuto in seguito dallo stesso G., fu la carenza di impegno nella formazione politica che, se durante gli anni della Repubblica di Weimar dette luogo ad atteggiamenti antipartitici e antidemocratici, con l'avvento del nazionalsocialismo impedì pure l'immediata consapevolezza dei rischi gravissimi insiti nelle dottrine naziste. In ogni caso, la convivenza del movimento con il nazismo fu molto difficile: fin dal 1933 subì una serie di restrizioni e infine, nel 1939, il castello venne occupato e requisito dalla Gestapo.

Nel 1923 il G. aveva ripreso l'insegnamento universitario, questa volta su chiamata del ministro dell'Istruzione C.H. Becker che, nella prospettiva di dare nuovi spazi al mondo cattolico, gli aveva affidato, all'Università di Berlino, l'allora istituita cattedra di "Katholische Weltanschauung". Il G. ebbe notevoli difficoltà a inserirsi in un'università prevalentemente protestante, che manifestò sempre un atteggiamento di rifiuto e di disinteresse verso il suo insegnamento. Ulteriori difficoltà incontrò, poi, nel definire la materia del corso.

Importante, a questo riguardo, fu il suggerimento di M. Scheler di partire dal commento a testi della cultura occidentale per spiegare il punto di vista cristiano; non lezioni sistematiche, dunque, ma incontri con figure della storia, della cultura, della letteratura, per farne emergere le aspirazioni della loro epoca e confrontarle con il messaggio cristiano. Da queste lezioni sarebbero nati scritti su Socrate, Agostino, Dante e corsi monografici su B. Pascal, F. Hölderlin, S. Kierkegaard, F.M. Dostoevskij e R.M. Rilke. Questi corsi attirarono un pubblico sempre più vasto di studenti, cattolici e protestanti, e anche di persone estranee al mondo universitario.

Nel 1939 la cattedra venne soppressa dalla polizia nazista e il G. si ritirò volontariamente in pensione. Tentò allora di fondare una specie di università popolare, ma i suoi discorsi, tenuti il secondo martedì di ogni mese nella chiesa dei gesuiti di Berlino, insospettirono la Gestapo che ne impedì lo svolgimento.

Nell'estate del 1943 si rifugiò presso un amico, in una piccola parrocchia dell'Allgau bavarese; là, dopo venti anni di apostolato, ebbe l'occasione di approfondire in solitudine le sue riflessioni sull'esperienza della moderna civiltà europea, considerazioni che vennero sviluppate in due opere: Freiheit, Gnade, Schicksal (Monaco 1948) e Das Ende der Neuzeit (Basilea 1950).

Dopo la guerra, nel 1945, venne istituita, nell'Università di Tubinga, una cattedra ad personam di "Katholische Weltanschauung" che il G. accettò; nel 1948 passò all'Università di Monaco, dove insegnò fino al 1963, molto al di là dei previsti limiti di età. Dopo il suo ritiro intraprese la redazione di una Etica rimasta incompiuta. Nel 1965 Paolo VI gli offrì la porpora cardinalizia, ma il G., ormai ottantenne, la rifiutò.

Il G. morì a Monaco di Baviera il 1° ott. 1968.

Caratteristica del pensiero del G. è l'apertura verso numerosi e specifici problemi del suo tempo, come risulta dalla varietà dei temi che trattò e dall'imponente numero dei suoi scritti (quasi 500 tra libri, articoli, saggi e conferenze). Al centro dell'indagine resta, comunque, la crisi esistenziale e religiosa dell'uomo moderno, che, spezzato il rapporto tra natura e soprannatura, vive nell'angoscia della sua finitudine. Certamente vi è un debito, nella formazione del pensiero del G., verso l'esistenzialismo nella forma in cui si sviluppò in Germania nel primo dopoguerra con la rinascita kierkegaardiana, così come verso il metodo fenomenologico di E. Husserl e di M. Scheler. In queste correnti il G. trovò lo stimolo per tentare di superare l'unilateralità del pensiero moderno, sia nella forma dell'idealismo neo o postkantiano che tutto riduce al soggetto, sia nella forma del positivismo che, attraverso i risultati della scienza e della tecnologia, esalta la potenza dell'uomo e la sua autonomia nel creato. Compito del filosofo è, per il G., cercare di ricostruire su nuove basi l'unificazione del sapere, affinché l'uomo possa riappropriarsi dell'essere nella sua totalità. La sua teoria degli opposti, che, come si è visto, venne definendosi già dal 1914, vuole essere sia metodo del conoscere, sia fondamento di una nuova metafisica. Il principio dell'opposizione polare è un "tentativo per una filosofia del vivente concreto" in cui, attraverso l'oscillazione fra polarità opposte, come unità-pluralità, singolarità-totalità, originalità-regola, immanenza-trascendenza ecc., si renda conto del dinamismo unitario che costituisce la natura dell'essere; ogni polo, infatti, pur opponendosi e distinguendosi dall'altro, ne è allo stesso tempo condizionato. Il destino dell'uomo si compie nella possibilità o di mantenere la vivente unità degli opposti o di distruggerla con la sua libera azione. Gli errori della civiltà moderna nascono dall'unilateralità, dal proposito di annullare un opposto nell'altro, snaturando il movimento polare con lo scambiare gli opposti con i contraddittori (Widersprüche): sono contraddittori il bene e il male, il bello e il brutto, il vero e il falso, e lo spirito tende non già a conciliarli in una sintesi impossibile, ma a negare il male, il falso ecc.; al contrario, la negazione di un opposto porta alla cristallizzazione del movimento e alla snaturalizzazione del concreto.

Il compito che il G., filosofo e teologo, si era prefissato, consisteva, dunque, nell'aiutare l'uomo a ricostruire quell'unità spirituale che si era lacerata nel mondo moderno: determinate le leggi che dominano gli opposti e le metodologie del conoscere in rapporto alla persona intesa nella sua totalità, il G., in altri suoi scritti, indagò sul significato dell'io (Sorge um den Menschen, Würzburg 1958), del mondo (Welt und Person, ibid. 1939) e di Dio (Religion und Offenbarung, ibid. 1958). Di argomento più strettamente religioso è da ricordare Vom Geist der Liturgie (Friburgo 1918), testo di basilare importanza per il rinnovamento liturgico della Chiesa postconciliare.

Per una bibliografia completa delle opere del G. si veda: Bibliographie R. G., a cura della Katholische Akademie in Bayern (compilata da H. Mercker), Paderborn 1978; per la traduzione italiana: Opera omnia, Brescia 1979 ss.

Fonti e Bibl.: H. Kuhn, R. G.: l'uomo e l'opera, Brescia 1963; G. Sommavilla, La filosofia di R. G., Milano 1964; A. Babolin, R. G., filosofo dell'alterità, Padova 1968; H.U. von Balthasar, R. G., riforma dalle origini, Milano 1970; K. Rahner, Pensatore e cristiano. Ricordo di R. G., in Id., Frammenti di spiritualità per il nostro tempo, Brescia 1973; G. Riva, R. G. e la Katholische Weltanschauung, Bologna 1975; R. Gamerro, R. G. filosofo della religione, Milano 1981; P. Chiocchetta, La spiritualità tra Vaticano I e Vaticano II, Roma 1984, ad ind.; G. Faginn, Presentazione e note in R. G.: il significato dell'esistenza, Isola Vicentina 1985; H.B. Gerl, R. G.: la vita e l'opera, Brescia 1988; T. Schreijäck, R. G. (1885-1968). L'opera filosofica, in La filosofia cristiana nei secoli XIX e XX, III, Roma 1995, ad indicem.

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